Intervista ad Andrea Angiolino

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Pochi dei nostri lettori (si riferisce alla rivista Tabula, ndt) non conosceranno Wings of War (pubblicato in Spagna dalla Edge e analizzato sul numero precedente della rivista Tabula, per quanto riguarda gli italiani, al di là della rivista valgono le stesse considerazioni, ndt), uno dei fenomeni di mercato del momento in Spagna. Il suo sorprendente sistema di gioco e l'attraente ambientazione l'hanno catapultato nella lista dei giochi preferiti dagli spagnoli. Esito che s'è ripetuto in molti paesi dove è stato tradotto. Desiderando conoscere le origini di Wings of War, Tabula ha intervistato Andrea Angiolino, co-autore di Wings of War con Pier Giorgio Paglia.

Autori

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Pochi dei nostri lettori (si riferisce alla rivista Tabula, ndt) non conosceranno Wings of War (pubblicato in Spagna dalla Edge e analizzato sul numero precedente della rivista Tabula, per quanto riguarda gli italiani, al di là della rivista valgono le stesse considerazioni, ndt), uno dei fenomeni di mercato del momento in Spagna. Il suo sorprendente sistema di gioco e l'attraente ambientazione l'hanno catapultato nella lista dei giochi preferiti dagli spagnoli. Esito che s'è ripetuto in molti paesi dove è stato tradotto. Desiderando conoscere le origini di Wings of War, Tabula ha intervistato Andrea Angiolino, co-autore di Wings of War con Pier Giorgio Paglia.


Tabula:


Grazie Andrea per aver risposto così rapidamente e cortesemente. Vorremmo iniziare conoscendo qualcosa in più di te, specialmente una cosa che interessa molto la redazione: come mai a volte appari con il nome di Angiolino e altre come Angiolillo?


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Andrea:


In Italia siamo grandi cultori di Enigmistica, ossia di classici giochi di parole come le parole crociate e cose così. Molti di questi giochi vengono pubblicati sotto pseudonimo. Ho lavorato facendo molte di queste cose.


Kaos era un'ottima rivista di gioco di ruolo, wargame e simili che per molti anni è stata pubblicata e distribuita a livello nazionale nelle edicole. La si può vedere su http://www.kaosonline.com. C'è una sezione umoristica chiamata Kaosino a cui ho avuto il piacere di collaborare. Come in tutte le riviste di enigmistica, lì tutti hanno un nome d'arte: normalmente piuttosto sciocco, e io ne avevo uno dei più sciocchi - Angiolillo, quasi lo stesso del mio nome vero Angiolino. La rubrica ebbe un buon successo e tempo dopo le persone nelle fiere di giochi cominciarono a indicarmi "Ehi! C'è Angiolillo!". Così iniziai a firmare le mie opere meno serie come Angiolillo, e quelle di enigmistica come Lillo Angiò.


Dopo un po' di tempo la cosa divenne un gioco, ma sono sempre io! Anche se a volte alcuni si trovano spiazzati. In una fiera di gioco stavo presentando una collezione di libri di cui ero editore e una persona chiese al mio amico Alberto, seduto accanto a me, se "quello era Andrea Angiolino". Il mio amico rispose che si, era proprio lui. E quella persona replicò "e crede che interverrà anche il suo amico Andrea Angiolillo? Vorrei conoscerlo..."


 


T:


Tutti abbiamo alcuni momenti particolari nella vita e nel gioco da tavolo. C'è un momento particolare che identifichi come momento-chiave?


 


AA:


Credo di no... i giochi mi hanno sempre appassionato, tanto inventarli quanto giocarli, e non riesco a ricordare quando nacque il mio interesse. Ne feci un paio, usando come ambientazione il traffico ed i segnali stradali, su un foglio protocollo quadratetto come quelli che usavamo in classe per le lezioni di matematica. Non erano molto originali ma mi divertivo a giocarci con i miei cugini e mia sorella. Con mio cugino Martino e con i compagni di classe stendemmo regole per usare i soldatini di plastica come gli Airfix o gli Atlantic, misurando i movimenti e le distanze a spanne e dita e lanciando monete per i colpi (una per pistole e fucili, tre per le mitragliatrici e cinque per l'artiglieria). Più tardi convertimmo il tutto in centimetri e dadi.


Quindi non è facile dire quando iniziai a progettare giochi. Ricordo però un paio di momenti importanti quando scoprii che potevo convertire il mio hobby in una professione. Dall'82 all'84 ho redatto articoli sul gioco di ruolo sulla rivista Pergioco. Ancora non venivano stampati giochi di ruolo in italiano (il primo apparve nel dicembre dell'83) e il mio amico Gregory Alegi ed io eravamo nel numero di quei pochi giocatori - non posso dire esperti. Io avevo sedici anni ed ero ancora alle superiori... Alcuni mesi dopo l'apparizione del mio primo articolo ricevetti il primo e insperato assegno di pagamento: 35 euro per articolo. Non male per uno studente alle prime armi. Lì iniziai a pensare che mettere assieme giornalismo e giochi potevano essere una buona professione. Ma continuai come se fosse impossibile: alla fine scelsi Economia per trovare un lavoro regolare e per continuare a coltivare come hobby la progettazione di giochi.


Nell'86 pubblicai un piccolo gioco da tavolo di combattimenti aerei in un mondo fantasy, Cacciatori di Viverne. E nell'87 lanciai il primo libro-gioco (il primo di un autore italiano, già erano in commercio traduzioni dall'inglese) da cui l'anno successivo è stato tratto un ipertesto per Apple Macintosh. In quello stesso periodo avevo pubblicato anche unlibro sulla rockstar Edoardo Bennato. Antonello Lotronto, un altro autore che aveva scritto un libro su George Brassens con lo stesso editore, mi disse che c'era un gruppo a Roma, la mia città, che raccoglieva autori professionisti di giochi. Si chiamava C.UnS.A., Cooperativa Un Sacco Alternativa, già famoso grazie a Corteo, una simulazione su tabellone a esagoni di tumulti con polizia e manifestanti. Io lo avevo e lo adoravo. Chiesi subito di collaborare. Ero giovane e inesperto, però mi accettarono. Iniziai con piccoli giochi per gli inserti estivi del settimanale L'Espresso.


In seguito mi occupai di un paio di giochi per computer promozionali per banche, e più tardi di giochi per la radio e la televisione. Per dodici anni ho vissuto solo di quello, prima che le ultime scintille della nuova economia mi costringessero ad occuparmi di siti web per grandi aziende. Feci anche un paio di altri giochi ma il mercato italiano non era così vasto da poter vivere di quello.


Ora sono per metà del tempo autore e esperto di giochi e per l'altra metà amministratore web. Sto provando ad essere di nuovo autore a tempo pieno, non appena il paese lo permetterà. Gli ultimi anni sono stati particolarmente duri, così che lavorare per un'azienda rappresentava una qualche certezza.


 


T:


Parlando dei tuoi inizi, poca gente sa che per qualche anno hai prodotto giochi per una ditta spagnola. Come nacque la cosa?


 


AA:


Si, ho lavorato con la Sarpe di Barcellona nel 1990. Stavano pensando di lanciare dei fascicoli sugli animali da vendere in edicola, ed avevano bisogno di una specie di Trivial perché il prodotto fosse più interessante e divertente. Ci lavorai con Massimo Casa della C.UnS.A. e credo che ne uscì un buon lavoro. Non potevamo essere troppo originali, però introducemmo meccaniche interessanti e alcune domande divertenti con l'aiuto di uno zoologo e di un biologo.


In realtà non avevo una relazione diretta con Sarpe: fummo messi in contatto tramite uno dei suoi soci italiani, la Armando Curcio Editore, poiché facevamo giochi da tavolo e riviste sul gioco e tutto il lavoro fu discusso con personale italiano. Quello che mi dispiace è che invece di mettere i nostri nomi il gioco fu firmato come Cunsa. Dissero che suonava più spagnolo...


In seguito una casa editrice spagnola si interessò ad I Cavalieri del Tempio, un gioco di ruolo sulle cospirazioni dei Cavalieri Templari che per un certo tempo fu pubblicato in Italia. Purtroppo tradurlo in spagnolo o inglese solo per vedere se erano interessati era troppo: e così la cosa terminò lì.


Nel duemila feci un gioco sui personaggi e la storia del Mediterraneo. Era pensato per la scuola e si chiamò Tam Tam nel Mediterraneo. I disegni sono molto buoni. Fu stampato in francese, spagnolo ed italiano e fu distribuito gratis nelle scuole e nelle biblioteche. Il gioco era parte di Identità in Gioco, un progetto promosso dai responsabili scolastici di Catania, dal Centro de Profesores y Recursos di Medina del Campo e dal Mouvement francais pour le Planning familial di Nizza.  Ebbi inoltre la possibilità di andare a Medina a concludere il progetto, un giro meraviglioso nonostante fosse un viaggio di lavoro. I nostri colleghi spagnoli furono molto ospitali e cooperativi.


Forse apparirà in spagnolo un mio libro sui giochi con carta e penna e un altro sui giochi fatti con le cose trovate sulla scrivania. Però ci vorrà tempo, temo. Per ora sono felice che Wings of War sia apparso in spagnolo così presto...


Dopo tutto lo abbiamo pensato proprio in modo che fosse facile tradurlo. Sono molto contento che finalmente sia stato fatto.


 


T:


Saltiamo gli altri tuoi progetti precedenti e passiamo alla attualità. Dal tuo punto di vista professionale, qual è la cosa più interessante sulla scena dei giochi da tavolo?


 


AA:


Domanda difficile. In Italia la Nexus Editrice e la daVinci stanno facendo un gran lavoro con buone tirature e traduzioni, il che è indice di successo. Non saprei dirti molto sui giochi degli altri, con tutto il lavoro che mi impegna ora. Ultimamente mi sono piaciuti Santiago, Ys, War of the Rings, Word Jam, Bang!, Ostrakon... però non sto molto attento al mercato per poter dire qual è la tendenza, quali i migliori autori o editori. Posso però dire che ho la sensazione che i nuovi prodotti abbiano una buona qualità, e solo poche volte resto deluso quando provo un gioco.


 


T:


Cosa pensi del mercato del gioco in Europa? Pensi che continuerà ad essere un piccolo mondo isolato riservato agli iniziati, o che si aprirà come accade in Germania?


 


AA:


Credo vada come le onde, a volte alte e a volte basse, per lo meno in Italia. Quand'ero piccolo i giochi da tavolo erano molto popolari. Poi passarono di moda ma alla fine degli anni '80 nacque la tendenza del Trivial Pursuit e dei Party Game che erano rivolti ai giocatori occasionali ed erano spesso disponibili in molti locali pubblici dove la gente poteva riunirsi e giocare. La moda passò ma a meta degli anni '90 i giochi di carte collezionabili divennero popolari tra gli adolescenti, e in seguito i giochi di miniature. I bambini imparavano gli uni dagli altri a scuola, e così molta gente arrivò a questo hobby. Ora noto che i giochi di carte non collezionabili ed i giochi da tavolo si stanno espandendo un'altra volta... non molto, però sono ottimista. Ad ogni modo, insieme al mio amico e co-autore Beniamino Sidoti stiamo realizzando un Dizionario dei Giochi per una casa editrice italiana. Il fatto che ci siamo impegnati in questo progetto indica un interesse editoriale, e chissà se il nostro lavoro potrà aiutare la nuova ondata di gioco.


 


L'Europa è un continente con molte differenze. Penso che in Italia non arriveremo mai ai numeri della Germania, che ha una cultura ludica profonda e differente. Così come, temo, neppure a quelli di Francia e Inghilterra, però stiamo certo andando nella direzione corretta. Come italiani stiamo facendo cose intelligenti, come i giochi indipendenti dalla lingua che si possono distribuire negli altri paesi cambiando solo le istruzioni e la confezione. Questo aiuta a raggiungere tirature elevate. Gli autori italiani stanno raggiungendo un prestigio elevato e anche questo permette ogni anno di fare un passo ulteriore. Ad ogni modo io sono cresciuto ad ovest del muro di Berlino, molto ad ovest, e penso all'Europa come quella che va da Trieste a Lisbona, però adesso l'Europa dell'est è un posto pieno di possibilità. Tre dei miei libri sul gioco sono stati tradotti in ceco, stiamo trattando per una edizione in ceco e una in russo di Wings of War, ho prototipi di vari editori dell'est... dobbiamo pensare ad una Europa più ampia di quella durante la guerra fredda. Ci sono differenze economiche che rendono difficile la collaborazione con editori dell'est, ma le prospettive sono buone.


 


T:


Per quel che sembra la chiave dei tuoi inizi come autore sembra esser stata trovarsi nel posto adatto con la gente adatta. Che raccomandazioni daresti a quegli affezionati che ci stanno leggendo e che avrebbero voglia di entrare nel mondo della progettazione dei giochi?


 


AA:


Forse direi loro che prima di iniziare con i propri giochi, studino molto e provino i giochi classici e moderni, leggano le riviste e frequentino le Fiere e le Convention di giochi. Ciò permette di evitare il rischio di lavorare a qualcosa simile a qualcosa di esistente. Se succede, pazienza, la sfortuna può capitare ma tenere gli occhi chiusi no.


Prova molto le tue creazioni, giocandole con gli amici e dandole ad altri per "test alla cieca", senza spiegazioni prima che il gruppo le provi, essendo presenti ma senza dare aiuti fino al termine della prova.


Apprenderai molto sulla chiarezza, su ciò che manca, la semplicità, le tattiche che rompono il gioco, e così lo migliorerai rapidamente.


Sii modesto: accogli qualunque suggerimento e pensaci sopra seriamente. Specialmente se viene da gente del giro o che gioca molto.


 


T:


Famoso è il caso della Kosmos che consigliò di togliere i dadi da Coloni di Catan e la Teuber difese il gioco così com'era...


 


AA:


Si, e per dare un altro esempio, il mio prossimo gioco di carte Obscura Tempora si pubblicherà in italiano, tedesco e inglese per Rose & Poison. Questo gioco era previsto per il Natale del '92 con un altro editore. In quel momento non c'erano tanti giochi "speciali" di carte come Grass o Family Business, però mi piacevano molto e pensai che fosse una buona idea portarli nel mondo che i giocatori di ruolo e i wargamer conoscevano meglio. Speravamo di vendere circa 1500 copie in Italia, però i due distributori più importanti dissero che un gioco di carte fantasy/medievale non l'avrebbero voluto i giocatori di ruolo e non ne avremmo venduta una copia. Ci arrendemmo. L'anno successivo questi due editori si scontrarono duramente per acquisire i diritti dell'edizione italiana di Magic: The Gathering che, come forse avete sentito dire, è esattamente un gioco di carte fantasy.


 


T:


Più o meno come inventare la ruota e sentirsi dire che non ha futuro.


 


AA:


Più o meno. Magic solo nel primo anno vendette 160.000 mazzi base in Italia, sono abbastanza sicuro che noi avremmo potuto vendere le 1500 previste. Anche questo è un esempio della poca lungimiranza del mercato italiano e di un consiglio al quale non avremmo dovuto far caso. Però in generale meglio mantenere le orecchie aperte, ascoltare e cercare di apprendere.


Quando realizzi un prototipo, sia per provarlo sia per mandarlo agli editori, non perdere molto tempo nella grafica e nelle illustrazioni. Durante le prove si cambia molto della struttura e dei materiali e aver fatto molti di questi sforzi diventa una perdita di tempo. Inoltre, se il prototipo è fatto molto bene, potresti essere tentato di non introdurre un miglioramento per non rovinare parte del disegno... Così che meglio non preoccuparsi molto dell'estetica, basta che non sia particolarmente brutto o poco chiaro.


 


T:


Già, però sono sempre cose che colpiscono, no?


 


AA:


Per quanto riguarda i prototipi finali l'opinione varia molto tra gli autori, essendo un po' come un biglietto da visita; ma un editore serio non deve lasciarsi fuorviare dall'estetica. L'editore finale, che forse non sarà lo stesso con cui avete per primo preso contatto per primo, ha il suo personale stile per la grafica e le illustrazioni. La sua politica di marketing potrebbe farvi cambiare l'ambientazione o il formato. Difficilmente si useranno i tuoi disegni. Così il mio consiglio è che le cose siano chiare e che non ti preoccupi più di tanto. Se sei molto bravo con le illustrazioni, o conosci qualcuno bravo, andrà bene realizzare qualche pezzo (carte, segnalini, parte del tabellone o cose così) ma fare tutto è una perdita di tempo.


 


T:


Come affronti la progettazione di un nuovo gioco?


 


AA:


Cerco di focalizzarmi sul progetto dal punto di vista di un artigiano più che di un artista. Un gioco, prima di tutto, deve funzionare bene ed essere divertente. Se desideri che venda deve essere originale e gustoso, però non cerco solo l'originalità. Gli artisti di solito sono persone speciali focalizzate sulle proprie personalità, gli artigiani mettono a fuoco le loro abilità e ciò che realizzano: e per un autore di giochi credo che questa sia la cosa migliore. Quando voglio dare un tocco più artistico scrivo una storia: ne ho pubblicate qualcuna su riviste o antologie, soprattutto fantasy. Una piccola la si può trovare nelle regole di Obscura Tempora.


 


T:


Quando hai un prototipo pronto, che norme segui per presentarlo ad un editore?


 


AA:


Quando invii un gioco, sii paziente. Gli editori impiegano molto tempo ad esaminare un gioco adeguatamente; non insistere troppo o li potresti infastidire. Se non ti rispondono, una chiamata di cortesia dopo qualche mese è sufficiente.


Un'altra cosa importante è non mandare prototipi non richiesti per posta. La cosa migliore è andare alle fiere, conoscere gli editori e chieder loro se vogliono dare una occhiata alle tue proposte; se è così puoi spiegare il gioco rapidamente. Forse ti chiederanno di giocare un paio di turni o magari una partita completa. Se sono interessati ti chiederanno di spedir loro una copia. Se preferisci prendere contatto per posta avrai meno impatto però può funzionare: soprattutto se già conosci la persona. Però manda solo una piccola descrizione del tuo progetto e attendi la risposta. Forse l'editore sta lavorando a qualcosa di simile, o semplicemente non sono interessati e ti chiederanno di non spedire nulla. Non è una tragedia; ti avrà preso tempo, denaro e darà la sensazione di esser stato copiato quando appare qualcosa di simile sul mercato.


 


T:


Inoltre adesso sembra ci siano più editori che mai almeno a livello europeo.


 


AA:


Come nell'amore, si va semplicemente in cerca di un'altra ragazza... e loro fanno lo stesso. E con "loro" parlo sia degli editori sia delle ragazze.


 


T:


Che ne pensi del tema dei diritti che pare ossessionare tutti gli autori e non solo in questo campo?


 


AA:


Personalmente non cerco di proteggere le mie opere con brevetti, registrazioni, protezioni eccetera. Non sono utili con le leggi italiane e tendono ad essere fastidiosi. Se ci sono editori di cui non mi fido... beh, non mostro loro il gioco.


Non credere di poter diventare ricco con i giochi, a volte succede che ci si possa vivere ma non tanto spesso quanto accade a scrittori, cantanti o pittori. Maureen Hiron inventò a Londra un gioco chiamato Continuo, e alcuni anni dopo era una autrice professionale che riusciva a vivere dei diritti del gioco che aveva venduto sette milioni di copie. Lasciò l'Inghilterra e ora vive in Costa del Sol.


 


T:


Ottimo risultato!


 


AA:


Senza dubbio! Un altro caso è quello di Niek Neuwhal che propose a MB un piccolo gioco di viaggi e vendette due milioni di copie, così che lasciò il lavoro e diventò professionista. Ebbero fortuna e merito. Però la maggior parte degli autori non vive di quello.


Allo stesso modo non bisogna essere ingordi: semplicemente cerca di stabilire un buon rapporto con un editore di fiducia.


Quando proponi le tue piccole creature cerca di individuare quegli editori col cui catalogo vai d'accordo: se proponi un wargame a Ravensburger stai perdendo tempo e ne fai perdere a loro, e le tue possibilità future di proporre altri giochi diventeranno piccole. E infine... in bocca al lupo!


 


T:


Creare un nuovo gioco sembra complicato: dall'idea al progetto al testing alla messa a punto, contattare l'editore, faccende legali, distribuzione, marketing... Quanto è lungo questo processo e qual è la parte più difficile?


 


AA:


Può essere rapido, specialmente se l'editore è già interessato. Con la C.UnS.A. facemmo un gioco in un mese per la Clementoni, chiamato Dinoland che cercava di approfittare del lancio di Jurassic Park quando fu lanciato e aveva fretta. Usava una videocassetta come "Atmosfear", che aveva venduto bene l'anno prima. Probabilmente Clementoni aveva già chiesto qualcosa al suo team di autori ma non ne era uscito nulla di interessante: così noi vi siamo messi al lavoro all'ultimo minuto, però credo che il risultato sia stato migliore anche di quello che speravamo. Mi ci è voluto di più con Dragonball per la Nexus, ma solo perché volli studiare tutti i fumetti e cartoni animati correlati. Alla fine i due giochi da tavolo ed il gioco di ruolo sono venuti fuori rapidamente e senza problemi.


 


T:


E esempi di quello che tutti credono sia il contrario?


 


AA:


Bene, per esempio oggi è usciuto un mio libro-gioco per bambini che non sanno leggere, intitolato Osvaldo e i cacciatori. Il prototipo era pronto dal 1998, però come vedi ci è voluto tanto a trovare un editore finché non ho incontrato la Lapis Editrice di Roma che ha creduto nel progetto. I due giochi successivi saranno Oscura Tempora e Stardust (quest'ultimo progettato con Pier Giorgio Paglia). Rose & Poison li farà uscire entrambi quest'estate e i prototipi li abbiamo pronti dal '91. Così ditrei che trovare degli editori è stato complicato: tranne che per Ulisses e Wings of War, entrambi con Pier Giorgio, che furono accettati immediatamente da Venice Connection e dalla Nexus Editrice. Però poi ci vollero un paio d'anni per trovare case editrici per co-produrli all'estero...


La parte legale non è un gran problema. I contratti sono sufficientemente standard e si arriva rapidamente a un accordo. La distribuzione è molto complicata in Italia, però quello e il marketing sono affari dell'editore: io posso aiutare ben poco, giusto contattare via web riviste o presentazioni in negozi, scuole, librerie e fiere. E quindi quando il gioco è pronto io sono già occupato in nuovi progetti.


 


T:


A noi sembra che sia molto complicato fare questo come unico lavoro e tu diversifichi con altre cose; libri, il web eccetera. Quindi è impossibile essere autori a tempo pieno?


 


AA:


Io sono stato autore "full time" dal 1988 al 2000. Si, è possibile: il mio primo appartamento (anche se molto piccolo) e la mia prima auto (di seconda mano) li pagai con denaro guadagnato in quell'epoca. Adesso mi dedico anche ad altro come la Rete. In Italia si intregra traducendo giochi, recensendoli, portandoli in scuole e fiere o scrivendo libri sul tema. I giochi promozionali per la televisione, le radio o le riviste, aiutano molto. Forse all'estero ci si riesce a guadagnare da vivere progettando giochi, come abbiamo detto prima, ma qui probabilmente no.


Sono molto pochi gli autori a tempo pieno, specialmente perché ci sono pochi editori in Italia. Lavorare come freelance è la cosa migliore secondo me, specialmente perché si possono fare quei lavori "secondari" che ti aiutano a pagare le bollette.


 


T:


Prima dicevamo che la gente più o meno ti riconosce alle Convention. Come ti trovi con questa piccola popolarità?


 


AA:


Ovviamente sono felice che la gente mi riconosca e mi dica che apprezza i miei giochi, e che ciò accada da qualche anno. Progetto i miei giochi da solo o con gli amici, però normalmente nella mia casetta. Dopo li porto agli editori e ne leggo qua e là, li vedo sugli scaffali, ne sento parlare alle presentazioni o ai tornei... e anche li vedo in molti negozi, sento di gente che non riesce a trovarli e leggo recensioni non proprio indulgenti. Però quando le persone mi danno un riscontro diretto e mi dicono che hanno apprezzato i miei giochi, penso che qualcosa ha funzionato. E questo mi da la forza per farne di nuovi.


 


T:


Mi pare che ora sta diventando popolare il culto dell'autore: il vostro nome compare sulla scatola, avete fama e appassionati, le persone acquistano il gioco solo perché è di un determinato autore...


 


AA:


Questa è una abitudine piuttosto recente: non era così alcuni anni fa, almeno in Italia. Ad ogni modo penso che sia un po' come per gli scrittori: lo stesso autore può realizzare romanzi storici, umoristici, saggi o libri per ragazzi, però si può identificare il suo stile. Ecco perché è un bene che il nome dell'autore sia sulla scatola: così si può bene o male sapere se il prodotto ti piace prima ancora di aprirlo.


 


T:


Torniamo al tuo paese e parliamo della scena italiana. Sembra un mercato molto grande e senza dubbio i vostri giochi stanno avendo successo nel mondo: War of the Ring, Bang! o il tuo Wings of War. Qual è la chiave di questo successo? Si può parlare di uno stile italiano?


 


AA:


Credo di si: c'è uno stile italiano. Abbiamo passato molti anni inventando giochi, provandoli e giocandoli. Ci incontriamo in convention piccole o grandi e lì proviamo i giochi gli uni degli altri. Abbiamo riviste sui giochi, piccole collane di giochi e altre pubblicazioni dove mettiamo alla prova la nostra creatività di fronte al pubblico. Confrontiamo le nostre idee e c'è l'opportunità per gli autori di mostrare il proprio lavoro e di unirsi alla comunità anche senza pubblicare.


Cosicché di anno in anno abbiamo sviluppato un tipo particolare di giochi: direi che i giochi italiani, quelli di cui parlavo ma anche altri, hanno un sapore speciale. Meccaniche semplici, razionali, meno complicate dei, diciamo, giochi americani. Per esempio War of the Ring ha delle istruzioni complesse nella versione avanzata ma penso che ogni regola si incastri nel sistema in un modo più armonioso rispetto a, dico per dire, Axis & Allies, così risulta più semplice e fluido da giocare.


In molti giochi italiani ci sono trovate inusuali, come le identità segrete in Bang! o il fatto che i tuoi aerei volino sul tavolo in Wings of War, il che suppone una esperienza differente dagli altri giochi di carte. In generale, le regole dei giochi italiani sono correlate al tema in modo migliore rispetto ai giochi tedeschi, dove lo stile implica tenere una meccanica astratta sulla quale si stende una ambientazione, e forse nella edizione successiva si può cambiare l'ambientazione senza cambiare le regole. Non potremmo fare un nuovo War of the Ring, Bang! o Wings of War cambiando l'ambientazione. Inoltre ai mediterranei piace l'arte: credo che noi prestiamo una attenzione all'estetica che supera quella degli altri paesi. Forse non sono la persona più adatta per criticare i giochi italiani, alla fine della fiera io sono un autore e quindi non posso essere tanto obiettivo…


 


T:


E ora passiamo a una parte che interesserà molto i nostri lettori. Parliamo di Wings of War. Prima raccontaci da dove viene l'idea. Ti sei ispirato ai classici come Blue Max o Canvas Eagles?


 


AA:


Non conosco Canvas Eagles, o meglio ne ho sentito parlare in internet ma non ci ho giocato mai. Ho una collezione completa di giochi di simulazione della Prima Guerra Mondiale fino al 1983, oltre ad alcuni più recenti. Con Pier Giorgio, il mio co-autore, abbiamo giocato a Richtofen's War, Blue Max, Ace of Aces, Aces High, Wings, Sopwith… e anche a molti giochi sulla Seconda Guerra Mondiale. Ci hanno incantato la semplicità di Ace of Aces, che è molto buono per due giocatori, e i combattimenti di massa di Blue Max, che però è troppo complicato per il pubblico in generale.


D'altra parte nonostante fossero molto divertenti, i turni alternativi di Richtofen's War erano troppo poco realistici, Sopwith era molto astratto, Blue Max è molto buono ma ha il problema che non si può sparare durante il movimento, a volte non ci sono mosse che consentano di sparare a qualcuno che si trova a solo due esagoni di distanza, la maglia ad esagoni lo rende troppo astratto, alcuni dettagli storici non erano precisi e non sono stati corretti in Canvas Eagles… Così noi abbiamo tentato di imparare da tutti questi giochi e abbiamo deciso che c'era spazio per un altro titolo più vicino ai nostri gusti personali e alle nostre idee. Ed eccoci qui.


 


T:


Commercializzarlo in set collezionabili pare che sia stato un fatto controverso tra gli affezionati. L'idea di lanciarlo così proviene dalla progettazione o è stata imposta dall'editore?


 


AA:


Pier Giorgio ed io pensammo all'inizio a un gioco vendibile in scatole da 66 carte con due aerei ciascuna e carte danno per entrambi. Ogni giocatore avrebbe potuto comprare gli aerei che preferiva e giocarlo con un amico che non possedesse il gioco, provare differenti aerei con giocatori che possedessero altre copie, o decidere di comprarne altre se gli piaceva l'idea. In ogni scatola sarebbe stato chiaro il contenuto: Camel, Dr.I eccetera, le carte di manovra e le carte di danno A, per esempio. Non sarebbe stato collezionabile nel senso stretto della parola, certo non come Magic The Gathering o giochi così.


La Nexus decise di espandere ogni scatola per raddoppiare il numero di carte e permettere così di arrivare a quattro persone e dare più possibilità al giocatore. Inoltre aggiunsero segnalini e tabelloni per agevolare il gioco. Vedendo il risultato ed i commenti delle persone, credo che abbiano fatto bene. Però la prima idea era di una serie di kit da giocarsi indipendentemente o uniti per creare scenari più grandi. Continuo a pensare che sia una buona idea presentare il gioco come abbiamo fatto piuttosto che in una sola scatola grande e cara con tutti gli aerei possibili. E mi riferisco al vantaggio per i giocatori: possono provare il gioco con minor costo e comprare solo quello che desiderano.


Sto facendo lo stesso con questo libro per ragazzi che sta per uscire: ogni storia della collezione è indipendente, però si possono comprarne varie e unirle per formare una storia più grande.


 


T:


Al di là di tutto c'è comunque molta gente che considera Wings of War un gioco di carte collezionabili, o almeno semicollezionabili.


 


AA:


Non lo è, in nessun modo. E neppure noi o l'editore lo abbiamo pensato così. L'enorme differenza è che sai esattamente cosa troverai in ogni scatola. Ora, comprando due set (WoW Famous Aces e WoW Watch your back!) hai la collezione completa senza carte duplicate o inutili. Se desideri la collezione completa di qualche GCC ti servono molti diversi acquisti, molti soldi e ti ritroverai con carte che non ti servono. Volevamo evitarlo per il bene del consumatore.


 


T:


Hai qualche tipo di relazione con Edge Ent., l'editore spagnolo?


 


AA:


Tutti i contatti li mantiene la Nexus Editrice e furono loro a scegliere Edge Ent. per la pubblicazione in Spagna. Io ho solo scambiato un paio di email con loro e sono contento del sito che hanno realizzato, della traduzione del materiale reperibile in internet e con le sensazioni sul gioco che mi hanno trasmesso.


 


T:


Quindi non sapevi che in Spagna il gioco ha un prezzo di vendita superiore al resto d'Europa?


 


AA:


Non lo sapevo e mi sorprende che il prezzo in Spagna e Francia (uguale nei due paesi) sia tanto più alto che in Italia, Germania e Grecia. E' qualcosa che non posso controllare direttamente. Non so quali criteri ci siano dietro, se ci sono tasse o costi extra, o semplicemente se la cosa sia dovuta a diverse strategie di marketing. Comprendo la differenza di prezzo con gli Stati Uniti, dove i giochi arrivano via oceano: anche ci sono stati problemi con le rese al momento del lancio. Il Regno Unito è nella posizione peggiore per un fan di Wings of War: le copie arrivano dall'America e le scatole devono attraversare l'Atlantico due volte, così i loro prezzi sono i peggiori. Speriamo di poter risolvere il problema del Regno Unito con invii diretti dall'Italia, però per gli altri paesi non so cosa succede tra la importazione ed il negozio.


 


T:


In ogni caso pare che il gioco sia funzionando molto bene nel nostro paese (la Spagna, ndt).


 


AA:


Il lancio in Spagna è recente ed in effetti non so se sta andando bene. Ad ogni modo abbiamo iniziato con una grossa tiratura, la stessa di Germania e Francia e molto maggiore della greca e olandese. E' promettente.


 


T:


Tornando alla Spagna, sai altro sulla scena spagnola?



AA:


In realtà no. Ho letto qualcosa a proposito di alcuni giochi progettati in Spagna ma non ho avuto l'opportunità di giocarli.  Tra l'altro mia madre ha insegnato spagnolo nella scuola per trentacinque anni, ed io non ho imparato questa lingua… Suppongo che andrà come il mercato italiano: la maggioranza della gente preferisce uscire, bere buon vino, ballare e cose così. Si giocano cose tradizionali come i giochi di carte, però i giochi da tavolo non sono tanto popolari in famiglia o nei gruppi di amici come lo sono in Germania. Questo è quel che immagino…


 


T:


Può darsi che non ti sia sbagliato! Torniamo a Wings of War e i piani per il futuro. Cosa è rimasto e cosa vuoi proseguire a sviluppare? Pensi che troppi cambiamenti possano rovinarlo?


 


AA:


Penso che la semplicità sia un punto molto forte di WoW ed una delle chiavi del suo successo. Si possono spiegare le regole in due minuti. I bambini e la gente poco predisposta ai wargame possono giocarlo senza problemi. Non di meno piace alle bambine e alle ragazze. Quindi le regole base non cambieranno.


Ora stiamo lavorando su Burning Drachens, il terzo set in cui ci saranno i palloni frenati. Le istruzioni saranno divise in diverse sezioni opzionali. Con questo set si potrà ricreare un duello tra due caccia con le regole base o con più regole opzionali, di cui alcune sono già apparse su internet. Si possono aggiungere i palloni, l'artiglieria contraerea, la quota… o anche aggiungere regole opzionali per ognuna di queste sezioni. Così è possibile mantenerlo fedele alle regole base, oppure se si vuole qualcosa di più sofisticato si possono aggiungere cose in base allo scenario o ai giocatori.


Non è solo la nostra opinione che conta. Ci saranno regole sulla quota perché la gente le desidera, e quindi le avranno anche se crediamo che si possa giocare bene anche senza, come nella prima edizione di Blue Max o nelle prime regole base di Ace of Aces. Sembra che chi lo ha provato si diverta con le nuove regole sulla quota. A me piacciono per gli scenari di attacco al suolo o con ipalloni, ma preferisco non inserirle nel combattimento tra caccia. Dopotutto il gioco è piaciuto tanto perché è molto semplice.


 


T:


Parlaci di questo nuovo set che hai annunciato e dei futuri cambiamenti.


 


AA:


Pier Giorgio Paglia ed io stiamo ultimando le istruzioni del nuovo set Burning Drachens, mentre la Nexus ha quasi terminato i materiali della scatola. Intanto stiamo preparando una nuova scatola di una seconda collana ambientata nella seconda guerra mondiale. Ci stiamo concentrando sul periodo dal 1939 al 1941, e poi vorremmo espanderlo dal 1936 al 1945. E' un progetto ambizioso, però significa che potremo includere la guerra civile spagnola: dopotutto i Chirri, gli Stuka, i Rata e i Bf109 sono aerei che hanno combattuto sia nei cieli di Spagna che nella seconda guerra mondiale. Sono arrivate persone da tutto il mondo, qui, e quindi credo sarà un tema che interesserà a molti.


Stiamo facendo un paio di piccole espansioni per la prima guerra mondiale, con solo due mazzi di manovra e alcuni aerei che permetteranno a chi ha già un WoW di aggiungere nuovi modelli e aumentare il numero di giocatori senza dover comprare altre scatole. E' un modo economico e nuovo di sostenere la linea del prodotto. Se funziona lo faremo anche per la seconda guerra mondiale.


Dopo vorremmo aggiungere bombardieri plurimotori per la prima guerra mondiale e sviluppare le abilità degli assi che si possono trovare in internet con una scatola che possa consentire intere campagne di gioco.


 


T:


Un problema che molti giocatori sollevano è la leggerezza delle carte, come si spostano le carte modificando la partita. Hai pensato a introdurre delle miniature?


 


AA:


La Nexus sta cercando dei modelli e anche noi, ma per il momento non abbiamo trovato nulla che vada bene. C'è un produttore di miniature che ci ha offerto modelli predipinti in metallo, però il problema è che vorremmo mettere tutti gli aerei che possiamo nel set. Abbiamo bisogno di cercare ancora, ci stiamo lavorando però per il momento non c'è nulla di sicuro.


 


T:


Pochi giorni fa ho provato Pirates of the Spanish Main e dopo mi è venuto in mente WoW e ho pensato "che gran gioco poteva essere con un sistema di movimento simile". Hai pensato che le vostre meccaniche esplorano nuovi temi?


 


AA:


Abbiamo molte idee per nuovi giochi oltre alla aviazione. Stavamo studiando una versione navale ambientata nel secolo XVI, dove ogni giocatore possa pianificare solo un movimento per una flotta di più navi: dopo Pirates of the Spanish Main ci stiamo concentrando sulle guerre puniche o sulla Grecia antica. La guerra navale moderna non è tanto interessante: Pier Giorgio ed io usavamo giocare con modelli negli anni 80, ma sparavano a distanze così grandi che le manovre perdevano di importanza.


Ci piacerebbe fare un gioco di guerra terrestre, moderno con carri armati o antico con legioni e falangi. E chissà, forse un gioco sportivo… Però abbiamo così tante cose da fare con gli aerei che tutto slitta al prossimo anno. Ad ogni modo c'è stato un autore che ha provato WoW Famous Aces alla Idea G di Piossasco, una convention dove gli autori italiani provano i loro prototipi tra loro, e gli è piaciuta l'idea. In poco tempo ci mostrò un prototipo del sistema solare con scenari storici e di fantascienza: aveva bisogno di qualche limatura ma era una buona base per nuove idee e possibilità.


Vediamo cosa ci riserva il futuro. Siamo molto ottimisti rispetto a WoW, crediamo che non sarà una moda passeggera ma un sistema che durerà abbastanza a lungo prima che la gente si annoi. Finché i giocatori e noi continueremo a divertirci con quello, intendiamo esplorare tutte le direzioni.


 


T:


D'accordo, questo è tutto, Andrea. Molte grazie per aver risposto a tutte le nostre domande tanto apertamente e ad averci ricevuto con tanta simpatia. E buona fortuna per il futuro!


 


AA:


Molte grazie a voi e… forza Tabula!


 


 


Tratto da Tabula - el primer ezine en castellano sobra Juegos de Mesa - Anno 1 numero 9 luglio 2005 (http://ludere.ual.es/bsk/modules.php?name=Downloads&d_op=viewdownload&cid=68)


tradotto in italiano da Riccardo Caneba della Reindeer Corporation - TreEmme Roma (http://www.reincorp.it)