Difetti e Problemi

vetro rotto

Quando un problema per alcuni diventa un vero e proprio difetto dei giochi da tavolo?

Editoriale
Giochi

In questo editoriale passato abbiamo riassunto una delle sezioni che trovate all'interno della Goblinpedia, ovvero quella dei Difetti dei giochi da tavolo, da quelli codificati nella letteratura a quelli emergenti. 
Nei difetti trovate tutte quelle cose che rendono oggettivamente meno piacevole l'esperienza di gioco e che ogni autore dovrebbe tentare di correggere o quanto meno limitare.
Il fatto è che però, quando giochiamo, spesso ci sono cose che ci danno fastidio ma che non sono ascrivibili al campo dei difetti oggettivi. Sono aspetti che danno fastidio – a volte anche molto, spesso condizionando l'acquisto stesso di un gioco ad una fetta di giocatori, ma magari non sono un problema per un'altra grossa fetta.

Pensiamo ad esempio alla durata di un gioco, uno degli aspetti più controversi e discussi di questa categoria. Il tempo di tutti è limitato, spesso ad una serata di gioco di 3-4 ore, magari vincolato agli orari di un locale o di un club, spesso ostacolato anche dalla possibilità di lasciare una partita apparecchiata per la sessione successiva. Certamente non tutti hanno questi problemi, qualcuno prediligerà persino i giochi da 4+ ore, qualcuno potrà lasciare un tavolo occupato per settimane intere e così via. 
Oppure pensiamo alla mancanza di ambientazione, che per alcuni è un trascurabile orpello, per altri parte fondamentale del divertimento. O magari ad una scalabilità ristretta, per un gruppo che si ritrova sempre in 5 persone, o magari gioca sempre in 2 e in quella configurazione il gioco non rende o non è proprio possibile giocarlo. O ancora un gioco che richiede forte negoziazione o capacità di narrare/inventare in un gruppo di timidi. O la bellezza e l'ergonomia rispetto a materiali poveri e scomodi. 

Più è piccola la percentuale di giocatori per cui l'aspetto in questione diventa in problema, meno sarà avvertito a livello generale, anche se il recensore dovrà sempre segnalare quel possibile problema in recensione, per quei pochi che vanno messi in guardia contro un acquisto sbagliato o una serata persa dietro ad un gioco non nelle loro corde.

orologio
Ma il punto di questo editoriale è un altro: quando un problema diventa difetto?
Procediamo per paradossi, prendendo il più facile: se una partita a un gioco durasse 1000 ore (non parlo di una campagna, ma di una singola partita), sarebbe solo un problema? Se tutti i giochi durassero 1000 ore, chi li giocherebbe? Quanto tempo ci vorrebbe prima che l'hobby morisse? Probabilmente meno di mille ore. Iniziamo a ridurre questo tempo di gioco, a 500 ore, a 250, a 125 e così via. Quando ci fermiamo? Qual è il limite accettabile dalla maggior percentuale di popolazione giocante perché un gioco da tavolo diventi tale e non sia solo una scatola su uno scaffale o una spunta nelle collezione online? 
In poche parole: esiste una soglia per la quale un problema soggettivo diventa inevitabilmente un difetto oggettivo?
Per me esiste ed è quando più della metà dei giocatori interessati a quel gioco non riescono a giocarlo con frequenza ed esperienza soddisfacenti a causa del suddetto problema. Non è una formula matematica, è empirica e verificabile solo con un sondaggio, o con un voto su un'apposita scala nella scheda gioco. Notate bene i parametri della definizione: 
- più della metà. E qui è facile: non deve essere un problema circoscritto a pochi che si lamentano, ma diffuso.
- dei giocatori interessati a quel gioco: significa che se uno che gioca solo e unicamente filler e mi vota che un gioco di civilizzazione, provato una volta con un amico, è troppo lungo, il suo voto non vale, perché il suo target non è quello.
- con frequenza ed esperienza soddisfacenti: se lo intavoli una volta ogni due anni eppure è un gioco che ti piace moltissimo, significa che c'è qualcosa che non va; se quando lo intavoli, il problema rilevato non ti fa godere della partita o la limita in qualche modo, c'è un problema. 
- a causa del suddetto problema: il motivo dell'insoddisfazione verso il gioco deve essere causato da quel problema specifico, magari assieme ad altri, ma lui deve essere identificato con certezza.

I giochi si adattano e mutano a seconda della ricettività dei giocatori. La ricettività cambia con i gusti ma anche con le esigenze del pubblico. Giochi che presentano un problema per la maggioranza di questa popolazione giocante, finiscono per diventare inevitabilmente giochi con un difetto. L'oggettività in campo artistico – e quindi anche nel gioco – è qualcosa di sempre molto labile e sfumato, ci sarà sempre qualcuno per cui quel difetto non sarà un problema, quel problema addirittura un pregio. L'importante è che sappia che lo sarà molto probabilmente solo per lui e che più la percentuale di giocatori si discosta da quel modello, ritenendolo spiacevole, tanto più sconveniente sarà proporre o creare un gioco con quella caratteristica, con quel problema, con quel difetto, infine. 
 

Commenti

Inutile. Demanda alla soggettività della massa la definizione di un problema.

Nake, esiste un modo di verso per definire un problema? Tu cosa proponi?

E' un articolo troppo generico per non poter demandare ad una successiva analisi ogni singolo caso. In realtà sta semplicemente dicendo che una caratteristica diventa un difetto certificabile solo quando confrontata con un'analisi di mercato che prende in oggetto le varie tipologie di giochi messe in relazione al loro target.

Condivido l'analisi e il metodo empirico proposto, a patto che il giocatore che debba giudicare il difetto sia scrupoloso nel seguire le indicazioni proposte.

Inoltre ci vorrebbe un'ampia partecipazione al sondaggio per legittimare il tutto.

Tutto fattibile comunque

bell'editoriale. 
personalmente concordo sulla prima metà (anche perché è semplicemente osservativa, e facilmente rilevabile da tutti) meno sulla seconda (ma ci sta, perché è quella argomentativa e valutativa). Criticitàsui 4 parametri proposti:
1. perché il criterio del "50%+1"? secondo me perché l'autore ha una visione di microinsiemi di diverse tipologie di giochi (american, filler, cinghiali, etc) che si ritiengono ben delimitati e quantificabili; personalmente vedo le diverse esperienze ludiche come un continuum, dal filler al wargame, per cui troverei più adatta una campana gaussiana, dove "il giusto" sta nel 90-95% in mezzo.
2. reale "interesse". eh, a parole è facile, ogni tanto mi sembra di percepire un "machismo da cinghiale" per cui non si vuole ammettere che il superprofondo giocone da 6 ore...
3.... lo si gioca una volta l'anno. Senza finire la partita, magari. Meno matematica, più empirismo si diceva, Son d'accordo. Mi sembra che il punto 2 e 3 talvolta non solo non vado a braccetto, ma confliggano spesso. ogni tanto mi immagino il gamer innalzare il cinghialone come Amleto col teschio, di fronte al drammatico dilemma del giocone bellissimo che però non hai tempo di giocare.
4. "è un problema del giocatore, non del gioco". ehh, facile detto così. continuo a pensare che alcune caratteristiche ostiche di fruizione hanno più responsabilità dei limiti del fruitore, come suggerito dall'esempio per assurdo iniziale. "Gioco eccellente di +14 ore, per soli 11 giocatori": ma che roba eh?! :)

un'ultima riflessione sulla conclusione. lì si parla di gusti estetici, come apprezzare un pezzo degli Stones o ammirare una foto di Doisneau. Ma quando dico che certe caratteristiche proibitive di durata, scalabilità e ergonomia sono le uniche che possono ambire allo status di "difetti oggettivi", è proprio perché hanno caratteristiche strutturali che condizionano, prima ancora della valutazione estetica, la fruizione a priori. Sono più simili all'illuminazione inadeguata in una mostra di fotografie, o a un volume bassissimo di registrazione di una canzone.

D'altra parte dice bene chi scrive che è l'analisi di mercato, ovvero l'acquirente finale nelle sue soggettive potenzialità di fruitore e giocatore, ad essere l'ultimo, vero termometro di qualità o difetti.

Esistono diversi metodi per DEFINIRE. In ogni caso questa non è una definizione, né teorica, né tantomeno empirica.
Quando si vogliono porre le basi di una disciplina servirebbero dei rudimenti di epistemologia.

Ad ogni modo parlarne con i commenti è inutile quanto questa definizione, che sarà dimenticata tra una settimana.

Grazie Thegoodson per le interessanti osservazioni. Non volevo dare alcuna definizione in questo articolo, solo qualche spunto di riflessione. Settimana prossima, invece, qualcosa di più specifico è in arrivo...

Per scrivere un commento devi avere un account. Clicca qui per iscriverti o accedere al sito

Accedi al sito per commentare