Elogio a Glen more, ovvero del prezzo dei giochi e delle olimpiadi

Signor_Darcy

Una riflessione amara sul mercato attuale dei giochi da tavolo, tra i giochi della "Alea" e un parallelismo improponibile

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Glen More

L'accensione del braciere olimpico, momento di intensa poesia, estasi catartica attesa due anni.

A Barcellona la trovata dell'arciere fu - va detto - molto suggestiva; mentre la città della Coca-Cola, quattro anni dopo, si affidò alla gloria di un vecchio campione, malato, mai dimenticato, emozionato quanto sofferente.

Poi è come se fosse successo qualcosa. A Sydney Cathy Freeman, orgogliosa come orgogliosa è la sua nazione, accese un braciere avveniristico - acqua, fuoco, entusiasmo. Ci fu poi il ginnasta cinese che corse senza peso e senza dimensioni; mentre, quattro anni dopo, come petali nelle immagini montate al contrario di un fiore che appassisce, steli di fuoco si inerpicarono verso il cielo di Londra, fino a formare un fuoco unico, complesso e immaginifico. Infine la notte brasiliana in cui un immenso turibolo diede luce a un colossale congegno, un po' orologio meccanico del Settecento, un po' Glockenspiel, un po' caleidoscopio.

Lo standard "Alea"
In altre parole, stiamo assistendo a una corsa allo sfarzo che, per inciso, non sta risparmiando nemmeno i giochi olimpici d'inverno - quelli che una volta venivano ospitati da un villaggione come Cortina d'Ampezzo e che ora necessitano di una metropoli come Pechino. Assistiamo a una spasmodica ricerca del colpo di scena, con le spese per l'organizzazione e per le cerimonie d'apertura che, sempre più, calamitano quasi più l'attenzione di quello che, in fondo, è il cuore di ogni edizione dei giochi dell'Olimpiade: lo sport. Il gioco.

Bisognerebbe che qualcuno - Pyeongchang? Tokyo? Parigi? - si mettesse una mano sul cuore, si facesse coraggio e desse un segnale chiaro, forte, tornando a puntare sulla semplicità, sull'originalità, sul contenuto. Più merito e meno forma, facendo risparmiare la collettività per il beneficio di tutti.

Bisognerebbe che i comitati organizzatori, insomma, avessero il coraggio di tornare alla purezza di Lillehammer 1994, che fu - mi perdonerete l'arditezza - la Alea dei giochi olimpici.

Chiariamolo subito: quelli della Alea sono giochi che non hanno i mezzi per imbrogliare, perché puntano all'osso, all'essenza; eppure, spesso - prendete Puerto Rico, o Die Burgen von Burgund, o ancora Glen more - sono giochi clamorosi: sono la staffetta italiana che sconfigge gli alfieri norvegesi in casa loro, sono i muscoli tesi di Jury Chechi ad Atlanta, sono i tredici secondi di Valentina Vezzali a Londra.

Lo so bene: fuori da quelle scatole, perlomeno fuori dai giochi di questa anacronistica, stoica collana della Ravensburger, il mondo sta cambiando. Il gioco non è più tutto, perché si cercano anche una bella confezione e, soprattutto, dei materiali da urlo; si vuole qualcosa che sia bello da vedere, che sia immediato per quell'unica partita in cui, magari, verrà giocato. Soffocato da queste ingombranti vesti, anche i giochi stessi stanno evolvendosi, talvolta compensando bilanciamenti poveri con l'ingannevole miraggio della varietà, lasciando all'utente il compito di mascherare i difetti, di risolvere le magagne, finanche di eseguire - pagando, per giunta - il playtest.

Composizione rurale
Ingordigia, richiamo cieco della novità, entusiasmi facili fanno il resto, rischiando di rodere le basi dell'intero settore, sempre più fuori controllo. Il mercato dei giochi da tavolo sembra quello del calcio, dove - invece di ristampare - si reinventa un gioco (e anzi, facciamo due, con una variazione sul tema); dove un titolo che funziona viene riproposto in nuove edizioni più belle, più grandi, più esclusive, quasi a vergognarsi di un glorioso passato di umiltà; dove le scatole si riempiono sempre più di miniature di plastica - sovente esagerate, quasi fuori luogo - e nel contempo si svuotano di sostanza; dove, soprattutto, i prezzi si gonfiano senza alcuna ragione: se già sembrava doloroso l'innalzamento del prezzo medio a quaranta, cinquanta euro, ora - in piena epoca Kickstarter - non dovremo più stupirci dei centoventi minacciati per la ristampa di giochi che, in fondo, hanno dalla loro un'aurea di miticità figlia, più che altro, del loro essere irreperibili a prezzi umani.

Il passato non ritorna. Ieri, Puerto Rico aveva un paio di espansioni - le ho, nella scatola: mai usate -, più per sfizio che per altro. Oggi Zombicide: Green Horde deve ancora nascere, e già sono acquistabili due espansioni di taglia forte e infinite aggiunte a pagamento. Che succederà domani non lo so; ma non la vedo bene.

Ho giocato molto a Glen more, ultimamente. Non è un capolavoro, sia chiaro, ma è un peso medio di eccellente qualità: ha la giusta dose di fortuna, lo spessore tattico-strategico che ci si aspetta da un bel tedescone della sua categoria e, soprattutto, un prezzo commovente. Da più parti leggo di gente che anela a una ristampa con materiali che "gli rendano giustizia", come se quelle tessere sottili e grandi il giusto, quegli ometti colorati e quei cubetti di cui ora tutti sembrano vergognarsi non andassero più bene; come se fosse non solo normale, ma pure giusto desiderare di spendere cinquanta euro per un gioco che può regalare decine di partite - sempre diverse - a venti e poco più.

(E comunque la sua porca figura la fa)
Che avere coraggio non convenga è evidente: non conviene perché i giochi si vendono sempre di più; perché ogni progetto della Cool-Mini-Or-Not finisce in un bagno di dollari; perché noi siamo sempre più collezionisti e sempre meno appassionati. I giochi sono sempre più come i ristoranti del centro di una città turistica: prezzi alti, qualità sovente discutibile, clientela che mangia, paga e non torna più, per lasciare il posto a nuovi avventori, la mente già rivolta al pranzo del giorno dopo.

Però non voglio farne solo un discorso di soldi, sebbene - inutile girarci intorno - i soldi siano il fulcro di tutto, specialmente in un'epoca economicamente delicata come la nostra. So bene che i materiali fanno tanto, che le miniature fanno la differenza in termini di ambientazione, che il drago con un'apertura alare di cinquantaquattro centimetri farà la fortuna di Giovanna D'Arco. Tuttavia non dimentichiamoci che i giochi vanno giocati, oltreché guardati: per quanto bello possa essere uno scatolone pieno di personaggi di Guerre stellari, di orchi zombi o di soldati Lannister (sempre più di quanti te ne potranno mai servire), il punto è che stiamo mettendo in secondo piano il gioco per dei giocattoli.

A quel punto sì che diventerà dura giustificare la nostra passione.

Commenti

Bravo! 

Che dire, i tuoi pezzi sono sempre eccezionali :)

mi permetto di aggiungere una piccola riflessione:

Il gioco da tavolo sta sempre più trasformandosi da attività ludica ricreativa intelligente a entertainment. Perché è cio che una parte dei giocatori mondiali vuole al momento, se vediamo il gioco come esperienza da 1/2/3 botte e via. Geniale è stato infatti l'avvento del sistema legacy da un punto di vista prettamente commerciale, colpendo a pieno la trasposizione dell'esperienza di una serie tv nel gdt.

L'Entertainment alla americana è una parola che mi spaventa in quanto distante dal concetto del gdt che ho personalmente e penso anche pericolosa per la salubrità dell'industria in generale.

E capiamoci: per noi giocatori esperti e la nostra nicchia di mercato la situazione non è così apocalittica.

Basta solo rendersi conto che non serve prendere container a tutti i costi in quanto abbiamo alternative altrettanto valide ancora da esplorare a fondo. Abbiamo una fortuna da questo punto di vista: i buoni strategici di un certo peso, vecchi e nuovi, hanno vita lunga.

Il mondo dei family/pesi medi invece è sempre più alla deriva da questo punto di vista. Scrivo queste righe durante il rientro da Essen, dove, per comodità, ho provato principalmente giochi di questa fascia. Ne avessi trovato uno di veramente buono....mille titoli uno uguale all'altro, alcuni che si inchiodano altri talmente banali da sembrar fatto apposta.

Per un meccanismo perverso l'unico che mi ha veramente colpito ha un look da prototipo.

In conclusione: l'industria ci da cio che viene richiesto. E come in molte altre sezioni dell'intrattenimento la maggior parte della massa pagante vuole: superficialità, distendere i nervi, pensare poco e sentirsi appagato.

Penso che gran parte del peso di mantenere in linea con gli standard qualitativi le produzioni attuali e future sia sulle spalle di tutti quei appassionati, dimostratori, blogger, recensori, giornalisti e associazioni che operano sul territorio. Solo con un extra lavoro di indirizzo, informazione e consiglio si potrà (spero) bilanciare la voglia di business che, giustamente, le case editrici hanno e la qualità del prodotto.

Ci vuole coraggio a scrivere un articolo come questo in concomitanza con due fiere così importanti.

Forse nel campo dei gdt è già stato inventato tutto.... 

A mio parere ben vengano i restauri di giochi che hanno fatto la storia piuttosto della produzione di giochi insipidi!

Quindi dipende tutto da ciò che compriamo!

A tal proposito penso che l'universo Goblin dovrebbe attuare un embargo a tutti i giochi gestiti dalle app!!!

W i grandi giochi!

Mi riesce difficile non apprezzare operazioni come quella di Santorini, ma non posso che condividere le tue impressioni sia riguardo alle meccaniche deludenti di molti giochi sontuosi sia sulla fastidiosa esigenza di molti giocatori, soprattutto nuovi, di avere per forza componenti eccelse per sedersi al tavolo...

Bravo Mr. Darcy... anche per l'analogia del braciere!

ammazza che bell'articolo!

 

Davvero una piacevole e riflessiva lettura, grazie!

Bel pezzo. A fine lettura ho pensato a giochi come l’isola di fuoco o Brivido, i giochi che avevamo da bambini e che non erano altro che delle rivisitazioni agghindate a festa del Gioco dell’oca. 

Vero, attuale e...ci caschiamo tutti. Poi magari la recensione stronca il gioco perché ci si rende conto, passata la sbornia da miniature, di aver comprato una ciofeca. Però intanto la si compra. 

L'occhio vuole la sua parte, il problema è che questa sta diventando sempre più grande, troppo.

Bellissimo articolo. Tanti criticano i legacy perchè una volta giocati sono non più utilizzabili e invece mi sembra, leggendo sul forum, che paradossalmente siano quelli che facciano stare al tavolo più ore di tanti altri titoli accantonati e mai approfonditi.

Grazie a tutti.

Ma sapete cosa, in realtà il legacy è l'ultimo dei problemi. Alla fine - per citarne uno - Pandemic Legacy è un gioco apprezzatissimo (io non vedo l'ora di cominciare la campagna) con un prezzo più che accessibile e che - cosa la cui importanza ben sottolinea Killa_Priest - mette in primo piano l'esperienza di gioco. Ma lo fa in maniera onesta, non relegando il tutto ai materiali (alla fine cubetti sono, per quanto trasparenti), bensì a un notevole lavoro di evoluzione degli elementi del gioco stesso, valorizzandolo.

Intendiamoci: giochi belli - e anche molto belli - ne escono ancora, eh; bisogna però cercarli di più, e non è detto che tutti ne abbiano i mezzi, anche solo per un discorso appunto economico.

In effetti recentemente ho cominciato a comprare i classici che mi mancavano e devo dire che sono i soldi migliori spesi in ambito ludico: Puerto Rico, Troyes, Caylus, El Grande, Nell'anno del Dragone sono dei capolavori che si trovano tutti tra i 30 e 40 Euro e sono giochi intramontabili che non stancano mai.

Al contrario le produzioni KS ti spillano prezzi folli per giochi che sanno di già visto, ma ti abbagliano con la produzione fastosa (tipo quella pacchianata di Container,).

Io continuo ad apprezzare produttori come Alea, PD Verlag, Argentum Verlag, Pegasus che offrono ottimi german a prezzi ragionevoli.

Nel ragionamento separerei però il lato german da quello american, in cui i materiali servono molto di più per l'immersione nell'ambientazione. 

Francamente vedrei difficile un Rebellion senza miniature.

Per me si stanno avendo due tendenze: i german soffrono di una mancanza di idee innovative (legacy a parte) e tendono a riproporre meccaniche collaudate, puntando su un miglioramento dei materiali. Gli american stanno invece introducendo meccaniche meno semplicistiche, creando ibridi sempre più interessanti. In tutto questo si inserisce KS che spesso punta solo su licenza e materiali, potendosi permettere produzioni lussuose, lavorando coi soldi dei backers.

Quindi il livello dei prezzi lievita, anche perché il mercato si sta allargando,  e la qualità media dei giochi si abbassa, perché vengono prodotti giochi francamente improponibili. 

In tutto ciò ci sono comunque delle perle che vanno scoperte: nel 2017 ho giocato gioconi come Gloomhaven, Rebellion, Tramways, ecc... e spero che nel 2018 ce ne siano altrettanti!

Applausi!!! Un'analisi veramente accurata. A conferma del fatto che concordo in pieno, nell'anno solare 2017 ho acquistato 3 giochi, di cui uno è uno Splotter usato...

Concordo in pieno con quanto scritto dal @Signor_Darcy ed aggiungo che un parallelismo, sempre in ambito ludico, lo possiamo trovare nei videogiochi. Nel corso di un ventennio si è passati da titoli complessi ed impegnativi che mettevano a dura prova i videogiocatori per oltre 40-50 ore di gioco a titoli della durata di 10-15 ore che, tralasciandone la durata, si giocano praticamente da soli.

Per non parlare dell'esplosione dei giochi Pay to Win con l'avvento delle microtransazioni. Giochi solitamente con uno spessore tattico/strategico non molto elevato che puntano tutto al far pagare l'utenza per scalare le classifiche.

Come nei Giochi da Tavolo, anche nel mondo dei videogame esistono ancora dei giochi che si distaccano dalla maggioranza, però vanno cercati in mezzo ad un mare di "nulla".

Come ha sottolineato @Killa_Priest, la chiave è la sostituzione dell'intrattenimento (passivo, aggiungo io) ad una attività di ricreazione dove in prima persona "ci si mette in gioco".

Io asciverei tutto alla diffusione del gioco in scatola, sembra brutto da dire ma:

si stava meglio quando si stavo peggio!!!

Perchè purtroppo la larga diffusione si presta a scelte commerciali fatte al solo scopo del massimo profitto.

...e No, non ci saranno più capolavori come Puerto Rico. Non perchè non ci sono più bei giochi ma perchè non abbiamo più il tempo di gustare i giochi che ci sono e capirne la profondità!

 

 

Discorso condivisibile, viva Glen More... anche se  di fatto non è in cima alle mie preferenze e non lo gioco mai.  :)

Per quanto mi riguarda, pur irritandomi l'atteggiamento attuale, non mi porta a strapparmi i capelli, cerco di evitare i kickstarter e non compro in base al solo appeal dei materiali (tra l'altro le miniature non mi impressionano più di tanto). Al contrario, gran parte dei miei acquisti è diretto verso i buoni giochi del passato, anche perché non sono un collezionista folle, ho ancora molto da recuperare e sono pure motivato ad approfondire la settantina di giochi che ho nell'armadio.

Questo per dire che in parte è una nostra scelta, così come lo è dare fiducia ai produttori che fanno delle meccaniche un aspetto centrale, mi pare che esistano ancora.

 

Lapidaria quanto vera la conclusione: "stiamo mettendo in secondo piano il gioco per dei giocattoli". Tendenza che affligge tutti gli attori del settore e soprattutto corre il rischio di dequalificare i giochi da tavolo agli occhi di chi li vede da fuori.

Francamente vedrei difficile un Rebellion senza miniature.

Chiaro: Star Wars Rebellion è un isola felice in cui la componentistica è funzionale al gioco - che è clamoroso. 

Complimemti per l'articolo, molto attuale e molto bella la similitudine con le Olimpiadi!!

Che l'andazzo consumistico arrivasse anche al mondo dei GDT era prevedibile. Alla fine come in altre situazioni che giornalmente ci capita di vivere starà al consumatore porre attenzione all'acquisto in quella marea disorientante di prodotti veri falsi fasulli che ci viene proposta. Ben vengano appunto blog e siti e persone che si impegnano ad osservare in profondità e condividere le proprie impressioni.

Verissima la riflessione di Killa Priest sulla deriva dei family/pesi medi. Conseguenza pare essere - già notata altrove - l'estinzione del "cinghiale". Sembrano infatti essere sempre meno presenti i giochi impegnativi, german o american che siano (o forse sono più diluiti nel mare magnum dei leggeri e medi?). Hardcore gamers uniamoci: che sia il momento di portare avanti azioni di "resistenza"?

Da novellino sto seguendo due strade. Da una parte ho acquistato qualche gioco per proporlo ai miei amici totalmente a digiuno di boardgames: titoli spesso recenti, accattivanti per l’occhio, non troppo complessi e soprattutto facili da spiegare. Dall’altra sto recuperando dei classici, sperando di arrivare un giorno a giocarli con loro. E in questo ambito, guardo dei gameplay di Brass e London di Wallace: me ne innamoro, scopro che del primo c’è un kickstarter con grafica pompata e del secondo c’è una nuova edizione. E, non so se ho fatto un errore, prediligo la novità, che rimedia alla grafica non totalmente piacevole delle edizioni precedenti. Probabilmente non sono stato lucido, potendo recuperare a prezzo inferiore le vecchie edizioni; ma se il mondo quotidiano ti richiede  costantemente di essere razionale, calcolatore, di non fare mai un passo più lungo della gamba, freddo come nessun german è stato mai, quello che cerco in questo mondo è un’oasi che ti distacchi dai problemi di ogni giorno, e vivo questa passione consapevole che mi farà fare un sacco di errori di valutazione, ma che è bruciante e per questo degna di essere vissuta con un pelo di irrazionalità senza farsi troppi problemi. Le esperienze passate, i “pacchi” presi, mi aiuteranno nelle scelte future. La matita rossa con la quale fare una bella croce su autori ed editori che propongono giochi non testati, sbilanciati, belli esteticamente ma vuoti come gameplay, è già pronta e bella affilata.

Ed ora vado ad ordinare Glen More.

Per un meccanismo perverso l'unico che mi ha veramente colpito ha un look da prototipo.

 

Sono curioso, qual'è questo unico titolo che ti ha convinto? (Un buon consiglio può essere d'aiuto a tutti.)

 

L'articolo è bellissimo e andrebbe approfondito ancora di più. Prima di rispondere vorrei sottoporvi una risposta che ho lasciato come commento ad una persona che, in un gruppo su Facebook, si chiedeva se Kickstarter "valesse veramente la pena". Se i prezzi fossero veramente sensati dato che in taluni casi superavano i 200€ ed obbligavano anche a 1 anno o più di attesa. 
Successe mesi fa. Vorrei riproporvi la mia risposta.

Kickstarter (ed in generale i siti di crowdfunding) hanno cambiato il modo di vedere e pensare i giochi. 
Rispondendo alla domanda iniziale: No, i giochi su KS non hanno (sempre) un prezzo fuori dall'umana comprensione. Ma capisco perché la percezione sia questa. 
KS è salito alla ribalta grazie principalmente ai giochi di miniature. Perché? Perché a livello pubblicitario e percettivo una miniatura figa fa più presa di un tabellone con dei cubetti. 
Le miniature però hanno anche prezzi esorbitanti per la produzione, soprattutto se i volumi non sono alti.
Ma il prezzo di vendita su KS non è fuori mercato. Titoli come Shadows of Brimstone, Zombicide, The Walking Dead, Blood Rage, Rising Sun, Village Attacks, Deep Madness, Sword&Sorcery, Conan (e potrei continuare parecchio) partono da un pledge base che sfonda i 100$ perché il materiale vale più di 100$ ed infatti alla fine l'esborso può essere anche di 300, parlo a livello materico e non di qualità di gioco, intendiamoci. Quello è un discorso a parte. 

Esiste però anche il Kickstarter di giochi meno impattanti. Giochi che ci sono ma sono meno pubblicizzati. 
Parlo di titoli italiani come Dungeon Digger o Wendake, che ti porti a casa a cifre inferiori ai 50€. Parlo di giochi di carte come Grimm Forest, Dare to Dream o Infected (meno di 30€). Brass, citato nella discussione, che se preso in bundle arriva a 100$ ma che in formato remake di Lancashire ti porti a casa con 60. 

Purtroppo Kickstarter viene percepito come mercato di bundle enormi e prezzi esagerati. Spesso cose belle e deludenti. 
Ma in realtà ci sono chicche come Lisboa di Vital Lacerda, come i titoli della Mindclash Games (Trickerion, Anachrony e adesso Cerebria), Clan of Caledonia o The Captain is Dead che ho potuto portare in prova al Play.VI di quest'anno con i ragazzi del Dunwich Buyers Club. 
Kickstarter è una scommessa e una occasione. Puoi aiutare una compagnia a nascere (tipo la Mindclash per l'appunto) e proporre il proprio pensiero di gioco, pagando il titolo un 10€ meno rispetto a quando arriverà in retail e aspettandolo per 6-12 mesi. 
Ma c'è ovviamente anche la possibilità di acquistare un gioco che, all'atto pratico, è una merda (perdonate il francesismo). Perché troppo pompato dall'Hype e che una volta messo al tavolo si dimostra scadente. Ma questo rischio si sta mitigando grazie ai video di gameplay, ai recensori e ai manuali che vengono resi disponibili in campagna. 

Perché ho riproposto questo testo? Perché io mi sono avvicinato ai boardgames dal 2004, introdotto al gioco dai ragazzi con cui ora condivido il microfono in un podcast dedicato. La mia responsabilità all'interno di questo programma è proprio monitorare Kickstarter, discutere e talvolta consigliare titoli e campagne, cercando di dare un senso al mare magnum di proposte che settimanalmente fanno la loro comparsa in questi siti. 

In realtà però prezzo dei giochi/offerta di giochi/estetica dei giochi non è imputabile a Kickstarter ma è specchio di input psicologici che viaggiano su più livelli. Perché questa regola vale ormai in ogni ambito. L'esempio dei videogame infatti è perfetto. Possiamo discutere di come una volta Doom fosse un gioco fatto e finito e della moderna offerta di Steam che ha a catalogo un 40% di titoli in Alpha Release. È lo stesso. Identico a trovarsi a giocare a Massive Darkness scoprendo che il regolamento è scritto da qualcuno che sembra non aver mai visto un gioco da tavolo. 
Io posso decidere di giocare a Doom, a Heretic, ad HalfLife. Ma il mondo va avanti e, per quanto sia bello far ripartire un Theme Hospital ogni tanto, c'è roba uscita dopo che oltre ad essere altrettanto divertente è anche più appagante dal punto di vista estetico. 

Perciò Kickstarter non va demonizzato ne' santificato. Va usato come quello che è, uno strumento che ti permette di scommettere su un gioco o su un autore, ottenendo in cambio "qualcosa in più" come esclusiva. Va usato perché c'è, con intelligenza e con attenzione perché dentro ci sono affari e "sòle". 

D'accordo quasi su tutto. Quasi.

I giochi della Mindclash secondo me sono proprio il classico esempio di overproduzione da KS: giochi nella media come meccaniche, ballerini nel bilanciamento, non sempre rifiniti a dovere, con componenti superlusso (a volte inutili), opzioni spesso ridondanti che danno idea di poca decisione nel game design.

KS non va demonizzato ma nemmeno assolto: da quando c'è tutti hanno alzato i prezzi e la sua influenza sul mercato è indiscutibile.

Su Lacerda taccio perché per me è proprio un esempio di bad game design nel gdt e Lisboa costa quasi cento euro che ê assolutamente fuori mercato per un gioco del genere... ricordo i tempi in cui si criticava la Splotter Spellen per capolavori venduti a 75 e ora si giustificano i collage di meccaniche di Lacerda a 100? Ma anche no.

Signor Darcy!

Partiamo dai complimenti: compagno di viaggio sul barcone redazionale solcante i 7 mari ludici, hai visto dall'albero maestro dietro la terra allontanarsi ed avanti il mare aperto. Quindi, dopo diverse traversate, ci hai raccontato nel tuo articolo l'esperienza di viaggio. Bella, riflessiva e ben scritta come al solito (rispecchi la mia stessa passione per le analogie ed i voli pindarici quando scrivi, perciò ti leggo sempre con edonistico piacere). Il tuo articolo però è una saggia riflessione del vecchio lupo di mare per i marinai sbarbatelli, quelli che non hanno visto il Kraken o non sanno ancora guardare il futuro con gli occhi di Yemaià!

Va bene, analogia a parte, cosa voglio dire: giustamente scrivi di non poter sapere cosa ci riserverà il futuro, ma le tua sensazioni non sono buone. Ecco, questo è il vero ed unico punto dell'articolo che non mi sento di condividere e con esso una serie di considerazioni a corollario. Per vedere il futuro, spesso, bisogna guaradare anche al passato... non necessariamente il nostro! Guardiamo il settore dei videogames, come ricordava il buon Finex: la giocabilità è un fattore che prescinde, storicamente, dalla piattaforma di utilizzo. I nostaglici, più e-grigi tra noi - come li chiamo io, si ricoderanno le favolose partite sul commodore 64 o sull' amiga dove anche 4 sprite in croce avevano il potere di emozionarci, perchè dietro c'era il gameplay!

Anche Puerto Rico è uguale, 4 tesserine in croce, 4 dischetti marroni che ticchettano la fine del gioco, identico risultato. Eppure, se ci fossimo voluti fermare a badare alla sostanza e non solo alla forma, ieri non mi sarei potuto emozionare a 41 anni suonati, indossando il Playstation VR e passando sotto uno Star Destroyer fedelmente riprodotto, con il fiato che mi moriva in gola subito seguito da una esclamazione di gioia ..."OH- MAMMA - MIA - INCREDIBILE - E' - LETTERARLMENTE - GIGANTESCO!"  Se non fossero usciti in commercio nel frattempo miliardi di videogames schifezza, se non fossero nate e morte centinaia di periferiche/pacco - se non fossero lievitati falsamente i prezzi dei giochi per mera speculazione, noi - i consumatori finali - non saremo cresciuti e maturati al punto tale da sapere cosa chiedere al mercato. E' un dazo da pagare e non sta scritto da nessuna parte che il gameplay è quello che conta, sempre. Probabilmente possiamo dire che è quello che conta maggiormente, ma se non ci fossero gli orpelli audio-video-tattili che incrementano l'effetto e quindi, alla fine, ritornano in esperienza di gioco come gameplay effettivo sotto mentite spoglie, staremo ancora giocando a Doom. Tornando a noi, giochi come Gloomhaven non avrebbero mai visto luce se non ci fosse stato un mercato pronto ad accorglierlo ed uno strumento fondamentale come KS per produrlo, hai voglia di parlare di produzione indie ed #iogiococlassico uber alles!

La realtà è che certamente è deprecabile il fatto che i prezzi si siano alzati anche per speculazione (sottolineo anche poichè certe produzioni american il loro costo lo hanno, volente o nolente) e che in giro la fuffa abbonda, ma è lo scotto da pagare per la crescita del settore. Ne sono più che convinto, il parallelismo con il mercato dei videogames, il suo passato ed il suo presente ma soprattutto il suo futuro me ne danno conferma. La massificazione non porta alla deriva delle perle, del nostro amato "cinghiale", del nascente "underdog", semplicemente ad una visibilità diversa. Sta a noi marinai , caro Signor Darcy, veleggiare a vista e gridare ad ogni porto sicuro:"Terraaaaa"!

Che poi su quella terra scopriamo un german cubettoso, un euro componentisticamente invitante o un american extra-lusso, poco importa in termini di gameplay: tra un poco di tempo anche il nostro portafogli sarà nuovamente alleviato, è una regola di mercato, la domada e l'offerta faranno il prezzo ma influenzeranno anche la futura offerta in termini di quantità e qualità da parte degli autori e degli editori, generando una cinica selezione della specie e dell'investimento su di essa, ma soprattutto del tempo prezioso, in noi giocatori da tavolo old school. 

( ...e sì, per tua sorpresa mi ci insersco anche io, pur curando una rubrica sul fenomeno KS!)

In conclusione: complimenti per l'articolo, ma riflettiamo sul fatto che non tutto il male viene per nuocere ;-)

Per un meccanismo perverso l'unico che mi ha veramente colpito ha un look da prototipo.

 

Sono curioso, qual'è questo unico titolo che ti ha convinto? (Un buon consiglio può essere d'aiuto a tutti.)

 

paper tales. Un draftino da 30 minuti, forse anche meno con giocatori stagionati, interessante e con qualche idea carina.

Signor_Darcy ha scritto ciò che sostengo da tanto tempo (e chi mi conosce, lo può confermare)...un particolare, questo, che mi fa sentire "meno solo".
Complimenti...!!!
Articolo eccellente, sotto qualsiai punto di vista!!!

...e niente... mi hai fatto commuovere.

Davvero un articolo interessante che offre tanti spunti, peccato doverne parlare qui nei commenti che si perde un pò il discorso, sarebbe meglio sul forum.

Da parte mia devo dire che sono essenzialmente in disaccordo col messaggio, sopratutto col tono nostalgico.

C'è un paragone tra Puerto Rico e Green Horde per difendere la tesi che però non ha molto senso. Sono due giochi di generi e target completamente diversi. La Games Workshop sono decenni che vende Space Hulk a 100 e più euro, i giochi di miniature costosi e col gameplay povero non sono una novità.

A me sembra che le cose in realtà stiano molto migliorando, senza KS non sarebbero potuti esistere capolavori come KDM, Gloomhaven, 7th Continent (che a me dice poco ma è comunque un bel progetto) o, su questo ci credo molto, Middara. 

I titoli Mindclash e quelli come i Lacerda secondo me andrebbero presi come le eccezioni che sono, eurogame che in quanto tali avrebbero potuto avere materiali molto peggiori e costare la metà ma che grazie a KS possono permettersi una qualità premium per chi li vuole. Per quelli a cui non interessa lo sfarzo Anachrony era ora ad Essen a 50 euro senza le miniature. Apparte questi due difficile che gli euro abbiano grosso successo su KS.

Per quanto riguarda i materiali devo dire che a me la grafica con i colori smorti Alea non è mai piaciuta e sono contento che si stiano facendo passi avanti da quel punto di vista, anche se questo vol dire dover spendere 10 euro in più a gioco. E alla fine anche la glorificazione Alea è giusta fino a un certo punto, per i capolavoro come Puerto Rico e Anno del dragone ha tanti titoli che ora non gioca più nessuno, dimenticati come si sono dimenticati titoli del 2016.

Io apprezzo molto la nuova tendenza a prendere i classici del passato e riproporli con grafica migliorata, quando poi il lavoro è della incredibile qualità della Roxley per Brass tenendo pure il prezzo basso per me si può solo applaudire e finanziare il progetto sperando sia il primo di tanti.

Sono anche contentissimo di recuperare tutti i titoli della Windrider (Euro Classic), Tigri ed Eufrate, Ra, Samurai, Citadels e tra poco Through the desert. Giochi che in originale erano poveri e ora per una decina di euro in più hanno delle versioni curatissime dal punto di vista grafico. E Tigri ed Eufrate l'ho pagato 15 euro da Spiele Offensive, basta aspettare l'offerta giusta non importa svenarsi. 

10 anni fa giochi astratti ma bellissimi da vedere come Santorini o come Photosyntesis non sarebbero esistiti, e io sono contento ci siano.

Di contro titoli come Container o il Principi di Firenze Uplay provano forse a tirare troppo la corda e li dobbiamo essere noi come clienti a punirli se non siamo d'accordo con la scelta commerciale. 

Poi anche io ho notato che il prezzo minimo dei giochi è aumentato in generale anche per chi non lo giustifica coi materiali, ad esempio il pur bello Terraforming Mars, e quello dispiace. Difficilmente esisterà ancora un capolavoro sotto i 30 euro come Hansa Teutonica, ma ce ne saranno a 20 euro in più che oltre ad avere ottimi regolamenti saranno anche belli da vedere e curati nell'ergonomia.  

Sono relativamente nuovo a questo hobby però ogni anno sento sempre dire che è l'inizio della fine poi i bei titoli a cui giocare si trovano sempre, ovviamente sopratutto per gli euro bisogna aspettare un pò che la gente li provi e filtri quelli meritevoli da quelli meno. Già per ora sembrano buoni o ottimi titoli Gentes, Noria, Lisboa, Clans of Caledonia, Yokohama, Keyper e non solo. 

Per ora mi pare che manchi il titolo pesante dell'anno, come poteva essere Tramways, ma magari ci è solo sfuggito nel marasma di Essen e verrà fuori con un buon passaparola tra qualche mese.

L'importante è non farsi prendere dal panico e spendere solo per i titoli che se lo meritano davvero.

eh, l’articolo pare collocarsi nell’illustre tradizione a tema “decadenza dei costumi ludici post-fiera”.

io ho comprato da poco alta tensione prima edizione, usato che puzza di muffa... che gioco eccezionale

Caro Signor_Darcy,
articolo bellissimo, complimenti ;) Sai già che apprezzo i Tuoi interventi, e mi sento di condividere gran parte di quel che hai scritto.
Hai dato voce ad alcune delle rimostranze che spesso avanzo anche io al nostro mondo ludico e alla direzione che sta prendendo.^^

A.

Gran bell'articolo , complimenti . Io sono da sempre un accanito detrattore dei Kick starter , che considero prodotti commerciali e basta , senza playtest , e senza cuore , adatti a un pubblico di inebetiti che si lasciano abbindolare da componenti aggiuntivi e miniature esclusive , che si dimenticano di pretendere l'unica vera cosa necessaria in un Board-game , il Game play ...

Io preferisco comprare titoli passati in sordina , tipo Topoum o Murano . oppure vecchi classici , preferisco comprare qualità e storia ,piuttosto che miniature senza un regolamento .

 

 

Accidenti Darcy

Sei giovane, ma scrivi come un vecchio che ricorda i bei tempi andati.

Al netto di metafore olimpiche mi sembra che il succo del tuo articolo sia il seguente:

Gioco povero = buon gioco

Bella confezione + materiale da urlo + prezzi gonfiati ed elevati = brutto gioco + poco giocato + poco testato

Ingordigia +  richiamo cieco della novità + entusiasmi facili = distruzione settore dei giochi

Giochi attuali = ristoranti città turistica

Glenn More = non è un capolavoro, ma peso medio con il pregio di costare poco

Miniature e materiali à OK ambientazione = giocattoli

In definitiva oggi c'è troppo sfarzo serve ritorno alla purezza dei poveri tempi andati.

 

La tua mi sembra una visione semplicistica, quasi messianica, in cui alcuni elementi di verità si mescolano alla tua visione personale in cui mi pare predomini il COSTO del gioco. 

La quantità di giochi che vengono proposti non è un problema fintantoché ci saranno i mezzi per poter scremare la pula dal frumento (vedi blog, siti, riviste, youtube, podcast ed il sempre efficace passaparola). 

Fustelle spesse, belle illustrazioni, miniature, scatole ergonomiche, mappe ampie e cartonate, regolamenti a colori ben illustrati non fanno da soli un buon gioco, ma aumentano il valore dell'esperienza ludica che stai vivendo non è un problema pagare per averle. 

Se vuoi ti posso raccontare di com'era il panorama ludico italiano (e financo europeo) alla fine degli anni '80 primi anni '90, anzi guarda non lo faccio proprio, ti toglierei l'illusione dei "bei tempi andati" che di bello hanno solo il fatto che se ne sono andati. 

Il fatto che oggi ci siano decine di migliaia di giocatori italiani, che tantissimi abbiano vissuto un'esperienza al tavolo da gioco, è solo un vantaggio per tutti; per le case editrici che possono vendere i loro prodotti, per disegnatori e illustratori, e anche per gli hard-gamers che tra tanto materiale umano troveranno sicuramente anime affini con cui confrontarsi e divertirsi.

Il gioco PIPPO PALLO vive un hype da un anno prima dell'effettiva pubblicazione, è supercool, zeppo di miniature, mappa tridimensionale, carte e dadi, la scatola pesa 5 chili e costa €99,99? Beh la soluzione è semplice: leggi il regolamento prima che esca così ti fai un'idea, se ti piace aspetta qualche recensione e magari provalo da qualche amico o ad una convention. Se ne vale la pena lo comprerari un mese dopo l'uscita, altrimenti avrai risparmiato. Non liquidarlo come un brutto gioco solo perché ha una bella confezione, bei materiali e un prezzo importante.

Volendo tornare ai soldi (perché alla fine tutto parte da li) la questione è sempre delicata, perché personale, ognuno di noi ha sensibilità diversa, priorità diverse, interessi diversi ed anche profondità di tasche diverse. Ognuno valuterà personalmente quanto è disposto a spendere per quel singolo titolo, però ti faccio presente che grazie ai bei tempi che viviamo oggi è altamente probabile che quella persona il medesimo titolo lo possa giocare senza possederlo (perché ce l'ha un amico, il club, l'affiliata)

Così come un buon gioco non si giudica da scatola e componenti, allo stesso modo non puoi giudicarlo dal prezzo.

Chiudo dicendo che viviamo tempi magnifici in ambito ludico, e faremmo meglio a goderceli prendendo quanto più è possibile. Io ho vissuto la miseria (ludica) dei tempi andati e vi assicuro che preferisco l'abbondanza (ludica) del presente.

Ho idea che stiate estremizzando un po' troppo quello che ho scritto: i "bei tempi andati" possono essere anche due anni fa.

Scherzi a parte, non esistono legge assolute; ma certe tendenze, onestamente, le vedo. Sono pur sempre pareri personali, eh.

L'articolo che hai scritto è sempre piacevole da leggere. È chiaro che la faccenda è molto più complessa e richiederebbe un vero e proprio approfondimento che non si può fare in questa sede.

Io non sono un nostalgico e quindi non rimpiango di certo i "bei tempi andati", semmai mi spiace non riuscire più a star dietro a tutte le novità che escono annualmente (ma questa è una mia fisima che fa parte del mio carattere che tende a voler avere il "controllo" su tutto un ambito specifico).

Allo stesso tempo ritengo che da un paio d'anni a questa parte, oltre a un cambiamento estetico, c'è stata una lievitazione dei prezzi piuttosto sensibile. Se penso ai prezzi dei german di 5/6 anni fa a Essen e osservo quelli di oggi mi viene effettivamente un colpo: come è stato possibile che Euphoria: build a better Dystopia lo si poteva acquistare per 40 euro nel 2014 e quest'anno Santa Maria (e ripeto, Santa Maria) della Aporta Games lo si otteneva a 45 euro?

Oppure Orléans (sempre nel 2014) costava 45 euro e Altiplano ne costa 55? E stiamo parlando della stessa casa editrice.

Mi chiedo cosa sia successo.

Questo è un segnale che personalmente trovo preoccupante. Tale lievitazione purtroppo è anche supportata molto bene da noi stessi, consumatori di giochi. Perché se corriamo allo stand per acquistare a prezzi folli un gioco a causa del rischio di "Sold Out" è chiaro che i prezzi non scenderanno mai.

Ciao

Dico solo che la mia copia di Glen More, verrà consegnata oggi!!!

Non è da pochi anni che il mercato sta volgendo verso l'aspetto estetico. Ora sempre di più ci si spinge anche al tridimensionale.

Quello che è peggio, però, è che il numero di titoli usciti stanno aumentando così tanto da essere difficile anche utilizzare le fonti d'informazione per verificare la bontà del prodotto prima di comprarlo. I recensori, oltre a continuare ad essere degli hobbysti, sono pur sempre uomini con la loro vita e i loro limiti temporali.

Inoltre la vita sempre minore dei giochi tende spesso a rendere i resoconti tardivi: le prime tirature dei bei giochi durano poco e se si aspettano i consigli altrui si rimane spesso a bocca asciutta fino alla ristampa successiva, quando la nostra attenzione sarà in realtà puntata altrove.

Peggio ancora coi KS, che vanno giudicati ancora prima che escano, per essere acquistati.

Non è da pochi anni che il mercato sta volgendo verso l'aspetto estetico. Ora sempre di più ci si spinge anche al tridimensionale.

Quello che è peggio, però, è che il numero di titoli usciti stanno aumentando così tanto da essere difficile anche utilizzare le fonti d'informazione per verificare la bontà del prodotto prima di comprarlo. I recensori, oltre a continuare ad essere degli hobbysti, sono pur sempre uomini con la loro vita e i loro limiti temporali.

Inoltre la vita sempre minore dei giochi tende spesso a rendere i resoconti tardivi: le prime tirature dei bei giochi durano poco e se si aspettano i consigli altrui si rimane spesso a bocca asciutta fino alla ristampa successiva, quando la nostra attenzione sarà in realtà puntata altrove.

Peggio ancora coi KS, che vanno giudicati ancora prima che escano, per essere acquistati.

Quant'è vero.

Io non penso che il Mercato sia brutto e cattivo. Penso si stia - giustamente! - "approfittando" dell'ingordigia ludica che ha preso piede tra i gamers e dell'entusiasmo dei molti che si avvicinano per la prima volta a questa passione. E catturare con materiali "belli" è molto più semplice. 

L'estetica, secondo me,  non è qualcosa che impedisce che ci sia anche la sostanza. Essendo un hobby che prende sempre più consensi è normale che girino più soldi e quindi ci siano anche più possibilità di abbellire un prodotto avvalendosi di professionisti (illustratori, grafic, etc.) e materiali più ricchi. Anche The Great Zimbabwe è un gioco bello per gli standard (io lo trovo gradevole a prescinere) SS ma rimane comunque un giocone. 

Il problema è quando manca "la sostanza", ma quello si risolve, quando possibile, provando un gioco invece di clikkare "acquista" il venerdì pomeriggio in pieno delirio da acquisto compulsivo. :-)

Detto questo non credo che i tutti giochi "nuovi" siano fatti per durare poche partite come leggo spesso. Ci sono giochi che "reggono" tranquillamente 20/30/50/100 partite ma quasi nessuno oramai si butta a capofitto in un gioco... dopo due partite si mette a prender polvere e si cerca altro.

Fortunatamente, se un gioco a me piace, tendo a giocarlo parecchio.

Gran bell'articolo , complimenti . Io sono da sempre un accanito detrattore dei Kick starter , che considero prodotti commerciali e basta , senza playtest , e senza cuore , adatti a un pubblico di inebetiti che si lasciano abbindolare da componenti aggiuntivi e miniature esclusive , che si dimenticano di pretendere l'unica vera cosa necessaria in un Board-game , il Game play ...

Io preferisco comprare titoli passati in sordina , tipo Topoum o Murano . oppure vecchi classici , preferisco comprare qualità e storia ,piuttosto che miniature senza un regolamento .

 

 

topoum grazie al cielo l’ho venduto!!

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