La ludica commedia - Inferno, canti I e II

Dante e la Divina Commedia
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La Divina Commedia reintepretata in chiave ludica dall'estro del Signor Darcy

Articoli
Giocatori

Canto I

Peregrino trovai tra reti sociali

tal gruppo che lo nero spezzino

disse colmo di giocator casuali,

 

ossia color che di capir di fino

la struttura che ‘l gioco regge

non putan esser uopo; e vicino

 

a person che tra lor sono gregge

non anelano a conoscentia nova.

Esiste, o gioia, qualcun che legge

 

e che nozione ulteriore pur trova;

ma se a diffonder tra tali compari

la nova et valida sapientia ei prova

 

derision, astio et pensieri amari

a ei il gruppo reca; e sì esterna

minaccia non tange equilibri cari

 

e dunque lo gruppo langue, sverna,

felice di seguitar a petĕre  indolente

se Agricola sia meglio di Caverna.

 

Ormai tal convinzione mia mente

ha colmato; nondimeno speranza

– converrete meco – è presente

 

ché, pur tra li soliti mal di panza

e le person che solo vole giochi

a riempir la mensola e la stanza,

 

con passione l’opera di pochi

terreno fertile sembra rivoltar:

come sussurro tra soni rochi,

 

alfin recar possa seco all’altar

di sana divulgatione al giuoco,

- isola felice in fortunoso mar,

 

passion che arda come ‘l foco

- più d’un de’ casual giuocatori

che popolano ignavi tale loco.

 

Certo tutti noi siam peccatori

e come appresi tal definitione

non deve recar affatto timori.

 

Ma che casual non sia cagione

di mali pensieri: ei è giuocator

che con animo lieto si dispone

 

a provar quei titoli che il lator,

anela a provar co’ li amici suoi.

Di malintesi dunque basta: è or

 

che al carro si mettan li buoi

e che sia libero di pregiuditio

il pensieri di lor e di tutti noi.

 

E però la rete crea la conditio

per cui uomo che par cheto

esploda come batteria al litio.

 

Ne entrai che ero ben faceto

ma a lo mutar volsi attentione

de li umori che, come aceto,

 

ogni dì alimentan tensione,

lite dove ier era bisboccia;

egoismo, non più emozione.

 

Onde per cui gente si scoccia;

e la brezza diventa fortunale

se rabbia gonfia ogni goccia.

 

E per uscirne non v’è canale:

ahimé, quel che fu sì tan lieto

giace ora alla bocca infernale.

divina commedia

Canto II

Allor dunque entrai per vero

in tal cupo antro le cui pareti

alte e cupe, di grigio e di nero,

 

turbavan fin l’animi più lieti.

Feci due passi, in man il lume

ché nel buio con gli irrequieti

 

occhi non si scorgea barlume.

Ecco rapida verso me venne

di gente una folla: un fiume.

 

Mi scostai, sì rimasi indenne:

allor volli petere: “Donde ite?”

e risposta domanda ottenne

 

nel fruscio di anime cucite,

che giravan con poca gloria

in tondo, come enorme vite.

 

“Nostro destino, senza storia,

è ahimé girare: e pur ogni giro

sostar al parco della Vittoria.”

 

Come di brezza fresco sospiro

che nell’afa solleva lo stendardo,

allor del fato compresi il tiro:

 

Con lor destino fu beffardo,

giacché dietro, lor malgrado,

vidi rotolar, agile come pardo,

 

enorme minaccioso un dado -

e poi un altro ancor. “Suvvia!”

Urlai loro. “Venite ove vado.”

 

E lor, desolati, “Giammai sia.

Siamo qui, a scappar in tondo

Senza poter passar dal via.”

 

Passai oltre, andai più a fondo

e colsi allor sommesso boato:

soldati, stanchi come il mondo,

 

combatter demoni da ogni lato

impietrito scorsi a me davanti.

Mi domandai su loro qual reato

 

gravasse; ché demoni, sì tanti,

giammai vidi come in tal foro.

Poscia battaglia, a un de li fanti

 

domandai chi fosser costoro;

Ei stupito chiese: “Chi è lei?”;

ma rispose, mentre avea ristoro.

 

“Demoni che ben saria trofei;

e invece aumentan ogni volta

e attaccan solo con sei sei sei.”

 

Lasciai gente sì tan sconvolta

di quel territorio alla difesa,

per l’eternità ahimé travolta.

 

Volsi il passo, ché tal distesa

enorme appariva, e a uscita

menar gambe parea impresa.

 

Sul terreno gente compita

a resister con colte parole,

l’anima da coleotteri rapita.

 

Vidi pur uomo di gran mole,

i baffi folti, il cranio glabro,

la testa che sì tan gli duole

 

ché ogni ora destin scabro,

nella cucina de lo dimonio,

la percuote col candelabro.

diavolo

Commenti

Sei un folle! Meraviglioso, ma folle

Cafolavoro! 

Anche per me folle capolavoro!

La terzina migliore : 

"E però la rete crea la conditio

percui uomo che par cheto 

esploda come  batteria al litio"

Mi porta un cambio di pronuncia eccezionale!

La migliore allegoria: "il nero spezzino"

D'ora in poi per me Agz sarà solo questo!

Lo stile del Signor Darcy viene fuori in tutta la sua potenza  Inutile aggiungere che vogliamo i restanti 98 canti. 

Geniale il contrappasso per i giuocatori di Monopoli  

 

FA VO LO SO 

Stupendo!!!

Micidiale! :*-) Sto ancora pensando al paragone della batteria al litio!!

Meraviglioso! Non si può dire altro per definirlo, superbo lavoro ;-) 

Estasiato dalla lettura!  Il contrappasso dei giocatori di Monopoly è grandioso. Complimenti vivissimi!

Argh, nessuna metrica! Soccombo!

Grazie a tutti.

Argh, nessuna metrica! Soccombo!

Ci ho provato, eh; ma era chiedermi troppo.

Mi hai conquistato alla seconda riga con il "nero spezzino".

Bravo.

Numero uno assoluto

^_^

un pazzo!!!

mo lo stampo e lo appendo in stanza giochi!!!

^_^

...attendo l'odissea...

 

ahahahahahahahahaha

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