- Genere: wargame, simulazione storica.
- Target: giocatori bassa-media esperienza.
- Scalabilità: 2-3 giocatori (il sistema si presta però al gioco a squadre, specie nella modalità campagna).
- Meccaniche principali: hex and counter, tabelle di combattimento a rapporti di forza, zone di controllo.
- Meccaniche secondarie: valori di comando, linee di comunicazione.
- Importanza storica: Ci sono titoli che sono importanti per la più ampia storia del gioco e poi ci sono titoli che, oltre a questo, sono importanti per la tua storia personale. E qui, uscendo per una volta dal ruolo di scrittore, vi devo confessare di provare una non piccola emozione nel parlare di quel che è stato, a conti fatti e per quello che la memoria mi consente, il mio primo wargame, provato per la prima volta quando avrò avuto si e no 10 anni. Succede, quando sei il figlio di uno dei primi esperti di wargame italiani e sei caduto nel “pentolone” degli hex and counter da piccolo.
Ma torniamo professionali.
Ora, cosa fa di Napoleon’s Last Battles un wargame così importante per la storia di questo genere e per alcuni versi del gioco in generale? La risposta che in molti danno è che si tratta del primo quadrigame, intendendo con questo termine quelle scatole di wargame che contenevano quattro scenari differenti, tutti basati sullo stesso sistema con alcune piccole (ma significative) regole particolari a distinguerli. E tuttavia la risposta sarebbe sbagliata, perché i quad erano già nati nell’anno prima, 1975, quando la SPI aveva fatto uscire ben due volumi di Blue & Gray (guerra di secessione americana) e la scatola di Napoleon at War (non lo direste mai: guerre napoleoniche) che ampliava il sistema semplice ma efficace del primo Napoleon at Waterloo.
Le vere novità di Napoleon’s Last Battles furono invece altre due, peraltro strettamente collegate al formato dei quad: il fatto che le mappe dei quattro scenari (Quatre Bras, Ligny, Wavre e ovviamente Waterloo) potessero essere unite tra di loro in un unico grande scenario che ti permetteva di rivivere l’intera Campagna dei Cento Giorni, coprendo praticamente tutto il terreno belga compreso tra la frontiera e Bruxelles, con un ampliamento smisurato delle possibilità di manovra; il fatto che tutto ciò portasse il sistema oggettivamente ristretto di Napoleon at Waterloo a un’altra scala, neanche immaginata dal “seguito” Napoleon at War, ossia la scala operazionale, riuscendo comunque a rappresentarla con un regolamento di livello solo intermedio… una semplice evoluzione del primo Napoleon at Waterloo, perfettamente avvicinabile per l’appunto anche da un bambino di dieci anni, pur se guidato dal summenzionato padre esperto di wargame (che, detto tra noi, è molto bravo a impostare la manovra generale, ma non ha mai imparato a usare correttamente l’artiglieria a sostegno delle azioni di linea… ciao, papà, ti voglio bene e sì, ci giochiamo la rivincita quando vuoi).
Quel che era successo è questo: a Kevin Zucker, allora giovane sviluppatore di sistemi altrui, era stata data l’opportunità di creare un titolo proprio con un nuovo quad napoleonico, stavolta incentrato sulle quattro battaglie dei Cento Giorni (campagna ideale per un quad in effetti, quasi un “regalo imperiale” da parte di Napoleone ai ragazzi della SPI). Il nostro Kevin non se lo fa dire due volte e si getta a capofitto nella prima cosa che fa ogni autore di wargame che si rispetti: non disegnare mappe o scrivere numeretti su pezzetti di carta da trasformare in segnalini ma leggere, leggere e leggere ancora tutti i testi che riusciva a trovare su queste quattro battaglie.
Tra questi testi, spicca una pubblicazione che riporta tutte le mappe dei quattro scontri, non solo un elemento fondamentale per la creazione di un buon wargame, ma anche un’improvvisa fonte d'ispirazione: perché il nostro Kevin vede le mappe delle quattro battaglie, si rende conto che l’intera campagna si è svolta in uno spazio complessivo molto ristretto, fa un rapido giro di calcoli e scopre che le quattro mappe esagonate che ne sarebbero venute fuori erano geograficamente una attaccata all’altra, se non addirittura in certi punti sovrapponibili. Quindi, si dice Kevin fregandosi le mani, perché oltre ai quattro scenari piccoli non ne creo un quinto più grande, da giocare combinando insiene le quattro mappe e generando una rappresentazione dell’intera campagna? E così facendo fa il primo terno.
Quaterna, cinquina e tombola le vince pensando che, sì, accostare le quattro mappe è una grande idea, ma una ancor più grande sarebbe mantenere il tutto assolutamente giocabile anche in questa nuova supermodalità, aggiungendo al più che affidabile sistema di Napoleon at Waterloo solo alcune regole specifiche per gestire il comando e i rifornimenti: il ragionamento zuckeriano, ancora oggi per certi versi rivoluzionario, è che se il gioco si allunga nella sua durata a causa dell’estensione fisica e temporale dello scenario, le regole devono rimanere quanto più semplici possibile, proprio per non appesantire eccessivamente l’esperienza e mantenere la familiarità dei giocatori con un sistema di base solido e ben conosciuto.
L’idea è così buona che ancora oggi Kevin continua su quella strada con la propria casa produttrice indipendente, l’Operational Studies Group, che con la Library of Napoleonic Battles sta ricostruendo letteralmente tutte le battaglie e le campagne dell’epoca napoleonica con uno stesso sistema, evoluzione diretta del caro vecchio Napoleon’s Last Battles. - Elementi di innovazione/twist: l'idea dello scenario di campagna che unisce quelli singoli non solo temporalmente (si gioca il primo e si segnano i punteggi, poi si gioca il secondo, poi il terzo e così via) ma anche e soprattutto funzionalmente (uniti tra di loro i quattro scenari “piccoli” creano un quinto scenario più ampio che è molto più ricco di possibilità e “aperto” della semplice somma matematica delle quattro parti) ha già un valore estremo di per sé. Quel che vi si aggiunge è l’agilità della gestione di una scala, quella operazionale, che prima di allora veniva rappresentata in maniera eccessivamente semplicistica, quasi che fosse stata solo una “battaglia delle battaglie”, e dopo verrà simulata da regolamenti fin troppo dettagliati e quasi oltre il limite della giocabilità.
Napoleon’s Last Battles non fa niente di tutto questo. Prende Napoleon at Waterloo (che già era stato una bella innovazione di suo, consolidando alcune meccaniche che diventeranno con lui i capisaldi dell’hex and counter classico) e ci aggiunge due moduli fondamentali, per molti versi applicabili anche nei quattro scenari parziali: il comando (rappresentato da punti comando assegnati in varia misura ai leader che devono “spenderli” per attivare le sottoformazioni, dovendo dunque scegliere chi muovere a piena efficienza ogni turno e chi invece lasciare indietro o, peggio, preda dell’iniziativa personale del subalterno) e il rifornimento (rappresentato in maniera indiretta, ossia con la necessità di proteggere le proprie linee di comunicazione presenti in alcuni punti chiave della mappa e dei suoi bordi). Oltre a questo, poco o niente altro rispetto al sistema base di Napoleon at Waterloo, il che mantiene il tutto non solo molto semplice e ragionevolmente rapido (elemento fondamentale, specie se si decide di giocare l’epico scenario campagna che - sorpresa delle sorprese! - può essere portato a termine in tempi lunghi ma decisamente umani rispetto ad altri wargame, ossia una singola sessione di 5-6 ore), ma anche assolutamente familiare a chi abbia giocato i primi e più semplici titoli napoleonici precedenti, sia SPI che Avalon Hill.
Il combinato disposto, unito all’estrema convenienza economica di questo pack e alle sue elevate tirature, faranno di Napoleon’s Last Battles un “wargame formativo” non solo per il sottoscritto ma per intere generazioni di futuri grognard. Ancora oggi, parlare di Napoleon’s Last Battles a un wargamer è come parlare di Divina Commedia a un italianista o di Ascesa e Caduta dell’Impero Romano di Gibbon a uno storico dell’antichità: con tutti i suoi limiti, si è partiti da lì, ci si è fatti le ossa lì, e si ritorna lì sempre volentieri e alla prima occasione utile. Prova ne è il fatto che qualsiasi wargame napoleonico, compresi quelli che “girano” su scale diverse, avrà sempre qui o lì un “pezzetto” preso o quantomeno ispirato dalla creazione di Zucker, immediatamente riconoscibile agli appassionati. Un po’ come ogni film di fantascienza avrà “un po’ di Guerre Stellari” o come ogni film fantasy avrà “un po’ di Tolkien” nel suo DNA, compresi quelli che cercando di distinguersi maggiormente.
In più, come già accennato, il successo di Napoleon’s Last Battles ha dato a Zucker la notorietà e il prestigio necessari per fondare, diversi anni dopo, una propria ditta, la OSG, e dare inizio al progetto di una vita: la serie Library of Napoleonic Battles, che parte da Napoleon’s Last Battles, vi aggiunge elementi ulteriori come tabella per gli assalti ravvicinati, nebbia di guerra, valori di efficienza e perfino l’utilizzo opzionale di mazzi di carte evento. Una serie che a oggi conta più di una dozzina di titoli, si avvale del contributo di storici e cartografi di tutto il mondo, è ancora considerata punto di riferimento dagli appassionati e non pare avere alcuna intenzione di smettere di produrre nuove uscite ogni anno. - Longevità e alternative: certo, ricordando il cavallo del Delfino di Francia citato nell’Enrico V, pur con tutte le sue qualità assolute questo Napoleon’s Last Battles rimane pur sempre un wargame e soprattutto un gioco, e in quanto tale ha le sue piccole magagnette e distorsioni. A cominciare proprio dalla tanto decantata scala scelta nella rappresentazione che, dovendo unire tra di loro quattro giochi tattici, scende un po’ a compromessi e si rivela avere mappe un po’ troppo ampie per essere un vero tattico e unità un po’ troppo numerose per essere un vero operazionale. Anche i sistemi di attivazione e comando sono stati criticati da alcuni, che hanno proposto propri correttivi, peraltro concentrandosi però sui giochi della serie della Library, che a oggi hanno preso il sopravvento rispetto al “vecchio” Napoleon’s Last Battles, considerato nei fatti la versione “introduttiva” e “alleggerita” della nuova serie.
La Library e in particolare il titolo su Waterloo Napoleon’s Last Gamble sono dunque i primi concorrenti diretti, per quanto “interni” alla stessa produzione zuckeriana, ma non certo i soli, soprattutto se suddividiamo il gioco nelle sue due scale effettive: quella più propriamente tattica dei singoli scenari e la via di mezzo dell’intera campagna definibile grande tattica.
Nel primo caso la scelta è amplissima. Andiamo dai sistemi più dinamici come la serie Jours de Gloire di Ludifolie/Vae Victirs basata sul chit pull ad attivazione casuale, a quelli più elaborati come il sistema Eagles della Hexasim (sì, due produttori francesi… e vabbeh, oltralpe questa storia di Waterloo non l’hanno ancora mandata giù), per arrivare all’iperdettaglio della serie La Bataille di Clash of Arms. La lista però sarebbe lunghissima e sterminata perché, come già ricordato, l’intero genere del wargame napoleonico è debitore in una maniera o nell’altra a Napoleon’s Last Battles.
Nel secondo e geograficamente più ampio caso, basti ricordare gli operazionali “veri” come il Napoleon della Columbia Games (tra i primi esempi di giochi “a blocchi nascosti”), la serie Les Maréchaux e la sua versione “ibridata” eurowargame Napoléon 1806, 1807 e 1815, come anche i titoli di altre serie più puramente operazionali create dallo stesso Zucker con titoli come The Last Days of the Grande Armée che riportano il sistema ad una scala più corretta con una sola mappa di dimensioni convenzionali e il solo scenario di campagna.
E, a ogni modo, pur con tutte queste opzioni alternative, Napoleon’s Last Battles rimane totalmente e perfettamente giocabile ancora oggi, soprattutto nell'ultima edizione della Decision Games che ha sistemato alcuni problemi di ordini di battaglia, rivisto la grafica (anche se con alcune scelte un po’ discutibili), proposto regole aggiuntive (alcune buone, altre meno), ricompilato i vecchi scenari e proposti di nuovi. Da evitare come la peste l’edizione “di mezzo” della Decision Games, ricolma di errata e graficamente orripilante, mentre ancora attrattiva l’edizione originaria della SPI: un po’ nostalgica nel suo stile retro, ma perfettamente fruibile ancora oggi.
Ci si deve fermare qui, però, perché non basterebbero altri dieci articoli solo per citare i titoli che, in qualche maniera, sono debitori o comunque collegati a quel gran capolavoro (nel vero senso del termine, ossia opera che si erge come prima tra tante altre opere successive, aprendo loro la strada e definendo i veri capisaldi fondamentali di un intero genere) che è Napoleon’s Last Battles.
Commento
Questo articolo è fin troppo lungo, me ne scuso, e dirò poco altro come commento. Anzi, solo una cosa: è stato il mio primo wargame e ancora oggi quello che gioco con maggiore soddisfazione, anzi con pura e semplice gioia.