A&P Chronicles 2003-2004 (I, 4)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 2 Maggio 2010

Parte I, Capitolo 4: Destinazione Bor-Sesirim

Seduta del 30 Settembre 2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 2 Maggio 2010

Parte I, Capitolo 4: Destinazione Bor-Sesirim

Seduta del 30 Settembre 2003

Destinazione Bor-Sesirim

il
cielo era sereno e tutto lasciava presagire una soleggiata giornata di
tranquilla navigazione, le cui prime due clessidre sarebbero servite a
raggiungere la nave che ci avrebbe portati nei pressi della grande città
esmeldiana ormai in mano ai themaniti. L'aria fresca e di casa era una
piacevole sensazione, come la lieve brezza che spirava fra i capelli,
portando gli aromi delle bacche selvatiche e della primavera che si
preparava a diventare estate. Tutto sarebbe sembrato perfetto, se solo non
avessimo continuato a sentire il peso dell'agguato che di aspettavamo da un
momento all'altro, per via della misteriosa spia di cui non avevamo più
avuto tracce.

Warnom
prese posto alla prua della piccola imbarcazione dalla vela quadrata,
scrutando il mare nella nostra direzione, mentre Adesir si portò vicino al
pescatore che reggeva la barra del timone, mentre l'altro marinaio, poco
più di un ragazzo, si affaccendava nelle varie operazioni necessarie a
bordo, correndo da un capo all'altro per annodare o sciogliere le cime,
issare e orientare la vela, e tutto il resto. I nani erano saldamente legati
all'albero della vela, mentre io e Morick osservavamo la costa allontanarsi
dalla fiancata sinistra dell'imbarcazione.

Ad
un tratto, udimmo un sibilo fendere l'aria. Compresi che si trattava di un
proiettile di qualche tipo, ma non c'era né il tempo né lo spazio per
tentare di trovare un riparo, quando mi accorsi che la freccia era diretta a
me, fecci appena in tempo a voltarmi di lato. Il dardo si conficcò in uno
degli spallacci della corazza, procurandomi un dolore intenso alla spalla
destra. Istintivamente, mi abbassai a terra, stringendomi il braccio ferito,
e gridando agli altri di mettersi al riparo.

-
Frecce, dalla costa! - gridai, anche se gli altri se n'erano già accorti. I
nani iniziarono a trafficare con le corde per liberarsi, dato che in quella
posizione avrebbero costituito un fin troppo facile bersaglio. Warnom,
prontamente, invocò con le sue preghiere una sorta di protezione sul nostro
timoniere, affinché un colpo ben piazzato non rischiasse di farci trovare
senza guida.

-
Duecento passi dalla costa - gridò Adesir imbracciando l'arco sacro di
Uldan, - siamo troppo vicini, dobbiamo portarci fuori tiro!

La
ragazza iniziò a dare spettacolo con le sue abilità di arciere provetto,
creando dal nulla quattro, cinque dardi di energia magica che risplendevano,
anche di giorno, di un'intensa luce blu. Le frecce magiche comparivano e
scattavano, spinte da un'invisibile corda anch'essa magica, ad una velocità
impressionante, mentre altri dardi nemici piovevano sulla barca,
conficcandosi nel legno delle murate e anche sull'albero. Una freccia
diretta al pescatore fu provvidenzialmente deviata da una sorta di barriera
invisibile, mentre Adesir stessa riuscì a schivarne una seconda.

-
Abbiamo il vento contrario, siamo troppo lenti a prendere largo! - diceva il
pescatore.

- I
nani ai remi! - gridò Warnom, vedendo che i due nerboruti compagni si
errano ormai liberati dall'impaccio delle loro stesse corde. Quindi, si
chinò su di me per occuparsi della ferita, estraendo la freccia e curandomi
poi con le sue capacità magiche. Il dolore, inizialmente tanto acuto da
farmi gridare, si attenuò immediatamente quando il prete di Tais-Nokar mi
impose le mani, rimarginando buona parte della ferita, mentre sentivo la
barca sospinta da una nuova forza, probabilmente quella dei nani che
dovevano aver preso i remi.

-
Uno di quei bastardi l'ho ammazzato - diceva Adesir, continuando a scoccare
frecce in mezzo alla confusione. La ragazza era l'unica che potesse dare
filo da torcere ai nostri avversari, in quel frangente, poiché nessuno di
noi aveva un arco né sapeva usarlo a quella distanza. Tutto ciò che
potevamo fare noialtri era portare la nave il più possibile verso il largo,
per uscire dalla gittata delle frecce nemiche.

Poi,
d'improvviso, la costa svanì e ci ritrovammo completamente circondati dal
mare, come se un balzo ci avesse portati in mare aperto con un batter di
ciglia. Eppure non doveva essere così, dato che Adesir continuava a
scagliare frecce come prima, tirando ai nemici che evidentemente solo lei
poteva vedere. Altrettanto improvvisamente, le frecce nemiche cessarono di
bersagliarci. Come seppi in seguito, Warnom aveva invocato un'illusione che
ci nascondeva ai nemici, e la sola che poteva vedere attraverso la magia era
la ragazza, motivo per cui aveva continuato a scagliare frecce fino a quando
aveva visto scomparire i nostri avversari in lontananza. Ci trovavamo ora, a
dir suo, ad oltre trecento passi dalla costa.

Il
solo effetto residuo ai nostri danni doveva essere il mal di mare che aveva
colto Morick, il quale, pallido e sudato in volto, stava aggrappato
all'albero con entrambe le mani, con un aspetto da far star male anche chi
lo osservava.

dopo
un po', l'illusione svanì e tornammo a rivedere la costa, quando ormai ci
trovavamo molto più a sud, dopo aver ripreso la direzione giusta, grazie
all'orientamento di Adesir. Navigammo tranquillamente, senza più scorgere
tracce dei nostri misteriosi assalitori. Se quella era la trappola preparata
dalla spia, eravamo stati fortunati: evidentemente non avevano fatto in
tempo ad organizzare nulla di meglio che una frettolosa aggressione, che
data la distanza, aveva avuto fin dall'inizio ben poche speranze di
risultare particolarmente dannosa nei nostri confronti.

Dopo
un paio di clessidre, giungemmo infine in vista della nave che ci attendeva,
che in realtà non era molto più grande della barca da pesca, cosa che
suscitò ancora le lagnanze dei due nani. Si trattava di una goletta a vela
triangolare, decisamente più maneggevole e in grado di navigare anche con
il vento contrario, lunga quindici o diciotto passi in tutto, senza castelli
di prua o di poppa. Il nome "Principe delle maree" risplendeva,
inciso in caratteri dorati, lungo le murate alte non più di due braccia
rispetto a quelle della nostra imbarcazione, mentre sulla cima dell'albero
sventolava la bandiera themanita.Due uomini, dagli sgargianti abiti tendenti
al rosso uno ed all'azzurro l'altro, con cappelli dai pennacchi e gli ampi
stivali con laghi risvolti che caratterizzavano gli uomini delle Marche dei
Pirati, ci attendevano affacciati dalla murata destra, facendo cenni con le
braccia. Ci accostammo, e in pochi istanti fummo a bordo, dopo aver dovuto
issare a braccia i due nani nella pericolosa operazione, durante la quale
fui sul punto di far scivolare Thorin in acqua, con suo sommo
spavento...  

I
due uomini erano i capitani della nave, i due soli corsari a bordo, dato che
la restante mezza dozzina di uomini di equipaggio erano chiaramente
normalissimi marinai il cui aspetto ricordava tuttavia più quello dei
tagliagole che non quello di esperti uomini di mare. I due pirati si
chiamavano Thomas e Mathias, e furono cordiali nel darci il benvenuto a
bordo.

-
Quanto ci metteremo a raggiungere la destinazione? - chiese Warnom dopo le
presentazioni.

-
Cinque o sei giorni, se tutto va bene - fu la risposta di uno dei due.

-
Dovremo farcela in tre - aggiunse il nostro amico, suscitando un'occhiata
divertita da parte dei due pirati. Mathias ammiccò al compagno, con un
sorriso ironico. Era chiaro che quella non era gente semplice con cui
trattare, sarebbe stato difficile con loro usare quei trucchetti che ci
avevano permesso, ad esempio, di portare a bordo due nani. Ma Warnom
evidentemente non colse la differenza.

-
Ah, capisco, se non siete capaci di far andare più velocemente la nave... -
commentò, cercando di suscitare il loro orgoglio. - Scommettiamo che non
riescono a farcela in tre giorni, Gawain? - disse poi, rivolgendosi a me.

-
Io mi preoccuperei di non mettercene dieci di giorni.... - rispose Thomas,
sorridendo con fare beffardo. La minaccia era molto chiara e semplice, del
resto avevano loro il coltello dalla parte del manico. - Le nostre
istruzioni sono di portarvi a destinazione prima di dieci giorni da oggi, e
così sarà fatto, ci vorrà quel che ci vorrà, se non create problemi...

Considerammo
chiusa la questione, divagando su altri argomenti meno scomodi, mentre la
nave, issate le ancore, iniziava a muoversi lentamente. 

- A
proposito - mi disse Morick, badando bene a farsi sentire da Warnom, - quel
che è dovuto è dovuto, ecco le mie quaranta monete per la scommessa,
Gawain!- Mi porse una borsa di cuoio che subito afferrai soddisfatto,
gettando poi u'occhiata su Warnom.

-
Ed ecco le mie ottanta - fece seguito il prete, riluttante. Non avevo mai
ottenuto del denaro tanto facilmente, e mi compiacqui del fatto di avere un
po' di denaro in tasca, finalmente, dopo tante avventure. Feci cenno a
Morick che gli avrei restituito la sua parte, visto che la nostra scommessa
in fin dei conti era fasulla, ma lui mi fece intendere che, infatti, la
sacca che mi aveva dato era vuota.

navigammo
tranquillamente e senza problemi per cinque giorni, senza traccia alcuna dei
misteriosi assalitori e senza problemi di sorta, nonostante tenessimo tutte
le notti dei turni di guardia, dal momento che dormivamo in una stiva comune
con l'equipaggio. Di fatto, i giorni passarono lenti e noiosi, visto che non
c'era nulla da fare a parte rassicurare i nani di tanto in tanto e giocarsi
qualche moneta ai dadi o alle carte.

La
notte prima dell'arrivo fui raggiunto, durante il mio turno di guardia, da
Adesir, la quale mi rivelò le sue preoccupazioni relativamente a Thorin ed
alla staffa di Perigastus. Era dell'opinione che l'oggetto potesse avere
un'influenza sul nostro compagno, il quale, a dir suo, si mostrava strano e
nervoso da quando ne era entrato in possesso. Anche se non potevo avere
certezze, ero dell'opinione che i nani fossero più resistenti di noi umani
nei confronti di simili influenze, ma comunque le promisi che avrei tenuto
d'occhio Thorin per poter intervenire qualora le sue preoccupazioni si
fossero mostrate fondate..

A
metà giornata del primo Maggio avvistammo il porticciolo che si trovava
circa quindici leghe a sud di Bor-Sesirim, e ci preparammo per le operazioni
di attracco. Dopo l'ennesima discussione con i due nani, concordammo con
Thomas e Mathias di farli scendere nascosti dentro due barili, per evitare
spiacevoli sorprese. Come prima cosa avremmo acquistato un carro e con
quello ci saremmo mossi fino ad Arl-Ghasterim, il paese più vicino alla
grande città, dove avremmo preso alloggio in attesa che i contatti di
Thorin si facessero vivi.

-
Noi vi aspetteremo qui fino al pomeriggio del cinque maggio - aveva detto
Thomas, - se per quella data non sarete arrivati, dovremo salpare senza di
voi per non dare nell'occhio. In tal caso, vi recherete ad Arl-Lacherim,
alla locanda dell'Elfo Gobbo, dove contatterete l'oste che è uno dei
nostri. Buona fortuna, quale che sia la vostra missione.

Salutammo
i due pirati, augurandoci di non dover ricorrere al piano di emergenza
prospettato, dal momento che per noi era senza dubbio assai più pericoloso
doverci muovere via terra che non per mare. Quindi, sbarcammo portando con
cautela i due barili dei nani, e ci soffermammo nella zona dei magazzini
delle merci, dove Adesir e Morick ci lasciarono per andare a cercare un
carro.

Furono
di ritorno in meno di una clessidra, con un carro telonato in male arnese
tirato da due ronzini che difficilmente avrebbero visto un altro inverno. Ad
ogni modo, dato il breve tragitto che avevamo di fronte, quel misero
equipaggiamento sarebbe bastato ai nostri scopi, ed anzi avrebbe evitato di
attirare troppe attenzioni indesiderate. Caricammo tutto il materiale,
quindi Adesir salì in cassetta mentre io e Warnom, dietro, facemmo
finalmente uscire dai barili i due impazienti nani. Il problema era ora
camuffarli in modo da renderli irriconoscibili quando avremmo trovato una
locanda, ma la cosa si rivelò fattibile con la magia di Warnom, quindi
procedemmo speditamente verso la nostra destinazione.

arl-Ghasterim
era un villaggio miserevole che si trovava a sole cinque leghe da
Bor-Sesirim, su una modesta altura dalla quale, in lontananza, si potevano
intravedere le mura ciclopiche della città, apparentemente intatte. Da qui,
nulla sembrava cambiato nonostante i quattro anni passati, e fui felice di
respirare l'aria di casa, che mi dava sollievo nonostante le innumerevoli
incertezze che avevamo ancora di fronte.

Non
ci volle molto a trovare una locanda, l'Anatra Zoppa, che era anche la sola
del villaggio. Quando arrivammo, i due nani avevano l'aspetto di due uomini
normali e la sola raccomandazione fu di non parlare, dato che i loro modi
avrebbero certamente attirato l'attenzione, in contrasto con il loro aspetto
esmeldiano. Entrammo nella taverna che presentava al centro della sala, come
consueto da quelle parti, il calderone fumante nel quale veniva tenuto in
caldo il Dente di Drago, un liquore aromatico esmeldiano molto forte, anche
se certo non poteva competere con l'Olio di Torcia di Warnom tanto
apprezzato dai nani. Ammonii Polgrim di ordinare quella bevanda, piuttosto
che la birra come era in procinto di fare, poiché la cosa avrebbe destato
meno sospetti.

-
Guarda guarda, quella faccia da maiale di Gawain! - disse una voce dietro di
me, mentre una mano mi si posava su una spalla. Mi voltai mentre i miei
compagni proseguivano, non essendosi accorti dell'inopportuno quanto
indesiderato incontro.

-
Chi si rivede, quel bastardo di Orgos! - risposi, riconoscendo nel themanita
che avevo di fronte uno degli uomini con i quali ero stato sotto le armi
durante la mia permanenza a Bor- Sesirim. Un individuo sgradevole, ricordai,
uno che avrebbe venduto la madre senza pensarci due volte, che non avevo mai
avuto in simpatia neanche quando eravamo dalla stessa parte. Con la divisa
nera indosso, poi, mi parve ancor più insopportabile.

-
E' da tanto tempo che non ti fai vedere in giro, eh? - disse l'uomo, con la
sua voce melliflua e sospettosa. Notai che era in compagnia di altri
soldati, probabilmente una normale pattuglia, cinque o sei in tutto, che
erano rimasti al tavolo mentre solo Orgos si era avvicinato.

-
Lo sai, non ho mai amato fermarmi troppo a lungo in uno stesso posto come
te... - risposi, sperando di potermi liberare rapidamente di quell'incomodo
avventore. Ma Orgos non mollò la presa, anzi, strinse più forte la mano
sulla mia spalla.

-
Tu hai un debito con me, Gawain - disse, strizzando un occhio e battendosi
la mano sullo stemma themanita che aveva sul petto del farsetto di cuoio. -
Mi devi quaranta monete d'oro...

-
Impossibile, se mai ti dovevo qualcosa te l'ho sicuramente pagato, magari te
lo sei perso ai dadi...

In
quel momento giunse Adesir, insospettita dal mio ritardo.

-
Tesoro, ti stiamo aspettando... - disse, prendendomi per un braccio.

-
Vedo che ti sei accasato, Gawain, complimenti per la tua bellissima signora
- fu lesto a commentare lo sgradevole themanita, facendo un mezzo inchino e
baciando la mano di Adesir.

-
Vi raggiungo subito - dissi alla ragazza, invitandola ad allontanarsi, -
finisco di salutare questo vecchio amico e sono da voi.

Adesir
salutò l'uomo, non senza uno sguardo sospettoso, e si allontanò
lasciandoci soli. Guardai Orgos negli occhi, cercando di capire cosa avesse
in mente. Non ricordavo effettivamente di avere alcun debito in sospeso,
tanto meno con lui.

-
Non fare l'ingenuo, Gawain, hai un debito di riconoscenza con me - tornò a
battere la mano sullo stemma del Nero Signore. - Sei scomparso da quattro
anni, ed io ricordo chiaramente gli avvisi di taglia sulla tua testa a Bor-
Sesirim ancora tre anni fa... Credo ci sarebbe un sacco di gente felice di
sapere che sei tornato, non credi?

Era
un ricatto, ora compresi. Voleva che comprassi il suo silenzio per quaranta
monete d'oro. Era un individuo abietto e senza scrupoli, che ritenevo privo
di ogni senso dell'onore e della parola, ma in realtà non avevo alcuna
scelta. In quel momento, la mia faccia e quell'incontro potevano
compromettere l'esito della missione. Se fossi riuscito a far tacere Orgos
sulla mia presenza, avremmo preso il libro e poi per altro tempo saremmo
nuovamente spariti dalla circolazione.

-
Sta bene, Orgos, avrai quello che chiedi, ma non certo qui di fronte a
tutti, usciamo in strada - dissi, suscitando un minimo di sospetto
nell'uomo, il quale certamente valutò la possibilità che approfittassi
della situazione per aggredirlo. Evidentemente dovette giudicare comunque la
situazione a suo vantaggio, poiché dopo un istante sorrise e si disse
d'accordo, avvisando i compagni che si allontanava per qualche minuto in mia
compagnia.

Fuori
era ormai buio, uscimmo e ci portammo nella stradina laterale che era ancora
più buia della via principale del paese. Notai che Orgos stava in guardia,
con la mano sull'elsa della spada, pronto ad estrarre l'arma se avessi
mostrato segni di ostilità. Non ne avevo intenzione, anche perché, essendo
stato visto dai suoi compagni, la sparizione di Orgos li avrebbe facilmente
condotti a me. Così estrassi le monete dallo zaino e gliele consegnai,
notando la sua aria soddisfatta.

-
Bada bene, Orgos - gli dissi, stringendogli la mano nel pugno quando la
allungò per prendere il denaro, - se non manterrai questo accordo, farai
meglio a sparire tu per i prossimi quattro anni, perchè ti troverò e te la
farò pagare molto più cara di quanto ora mi sia costato il tuo silenzio.
Chiaro?

L'uomo
annuiì sorridente e beffardo come suo solito, ma non disse nulla. Prese il
denaro e se ne andò. Io, sperando che per una volta mantenesse la parola,
tornai all'interno dopo qualche istante, dove Morick stava dando spettacolo
con il suo liuto. Mi avvicinai, facendogli capire con un gesto che dovevo
dirgli qualcosa. Il bardo comprese e fece cenno a Dieb, il suo fuetto, di
raggiungerlo. La bestiola gli salì su una spalla e mi guardava quando mi
portai alle sue spalle.

-
Il themanita con la cicatrice in faccia, di fronte a te, si chiama Orgos e
mi ha riconosciuto - dissi, sentendomi un po' stupido a parlare con un
furetto, ma convinto che Morick avrebbe sentito quel che dicevo. - Ho
comprato il suo silenzio, ma non mi fido, tienilo d'occhio se ti riesce.

A
quel punto, presi le scale per salire di sopra, dove gli altri mi
attendevano. 

raccontai
dell'accaduto a Adesir, la quale si mostrò assai curiosa e propose di
eliminare l'uomo. Le dissi che ero d'accordo e che se vi fosse riuscita
avrebbe potuto tenere per sé metà delle quaranta monete d'oro che avrebbe
recuperato, tuttavia, la invitai alla prudenza, visto che era in gruppo con
altri cinque o sei soldati. La ragazza uscì dalla stanza per studiare la
situazione, mentre io mi preparavo per andare a dormire.

Non
avevo preso sonno che da pochi istanti quando qualcuno mi svegliò tenendomi
una mano sulla bocca per non farmi gridare. 

-
Sono colui che aspettavate - disse la figura misteriosa nell'ombra, mentre
svegliava gli altri allo stesso modo. - Ho visto il segnale ed ho risposto,
anche se era tanto tempo che non ci vedevamo con Tthorin...

L'uomo
era avvolto nell'ombra e sembrava fare di tutto per nascondere il suo viso,
che non riuscii infatti a vedere mai durante la conversazione. Rispettando
la sua segretezza, venni subito al punto, illustrandogli ciò di cui avevamo
bisogno. Subito, si dimostrò scettico sull'ipotesi di far entrare tante
persone sconosciute, in particolare iniziò a fare questioni di prezzo
quando seppe che doveva farci accedere alla biblioteca ducale. Voleva
duemila monete d'oro, ben più di quanto avessimo a disposizione per la
missione con i fondi datici da Shair prima della partenza. Cercai di
contrattare, ma sembrava irremovibile, fino a che non gli mostrai il
frammento di stellaria che avevo con me.

-
Questo vale quindici o sedicimila monete d'oro... - dissi, notando lo
sguardo improvvisamente attento anche al buio

-
Per te, forse, qui e per me ne vale duemila - replicò rapidamente
allungando una mano. - Questa vi pagherà quanto abbiamo concordato...

-
Al tempo - risposi, ritraendo la mano prima che potesse afferrare la gemma.
- Non penserai che ti dia questo valore senza altro in cambio, almeno mille
monete di resto penso sarebbero un equo scambio.

L'uomo
era irremovibile e perdemmo preziosi istanti cercando di contrattare sulla
stellaria, che sembrava desiderare a tutti i costi. Mentre parlavamo,
rientrarono prima Adesir, che doveva aver rinunciato ai suoi propositi
omicidi nei confronti di Orgos, poi Morick che doveva aver concluso il suo
spettacolo. In entrambe le occasioni, l'uomo si affrettò a nascondersi
nell'ombra, risultando di fatto invisibile al punto che quando riprendemmo
la conversazione pensai di parlare al muro.

Le
cose non cambiavano, sembrava non esserci via d'uscita. L'uomo voleva la
stellaria senza dare nulla in cambio oltre ai suoi servigi, che per me a
quel punto non valevano altrettanto. L'alternativa era che alla biblioteca
entrassero solo i due nani e Warnom, che sapeva riconoscere il libro, nel
qual caso ce la saremmo cavata con seicento monete d'oro. Eravamo ad una
situazione di stallo, quando Morick intervenne nella discussione, parlando
all'uomo così sottovoce che non riuscii a comprendere cosa si dicevano.

-
Sta bene, allora - disse l'individuo misterioso, in tono conclusivo. -
Possiamo andare, si parte subito, adesso.

-
Adesso? - fui sorpreso dal rapido mutare degli eventi. - E quanti...

-
Tutti - rispose frettoloso. - Tutti per seicento monete d'oro, l'offerta è
questa, prendere o lasciare, ma subito, è già tardi!

Solo
gli dei sanno cosa disse Morick a quell'uomo, ma doveva trattarsi di ben
convincente argomento se l'offerta inizialmente rigida si era trasformata in
una tanto favorevole alla nostra causa! Svegliammo Warnom che dormiva nella
stanza accanto, prendemmo rapidamente i nostri zaini e in pochissimi istanti
eravamo in strada, alla volta di Bor-Sesirim.