Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 4 Maggio 2010
Parte I, Capitolo 6: "La polvere di Zeldana"
Seduta del 14 Ottobre 2003
"La polvere di Zeldana"
la
sparizione della mia stellaria mi aveva seriamente innervosito. Non sapevo
cosa pensare. In effetti gli individui che ci avevano condotto fino
all'interno della biblioteca del Duca di Bor-Sesirim si erano mostrati assai
interessati alla gemma e, considerato che doveva trattarsi di elementi poco
raccomandabili, tutto lasciava supporre che avessero trovato il modo di
"pagarsi" la prestazione come preferivano. D'altra parte, durante
il tragitto eravamo stati bendati, guidati talvolta a spintoni per i
cunicoli sotterranei, e una mano abile avrebbe anche potuto intrufolarsi nel
mio zaino per prelevare ciò che bramava, per quanto fossi sicuro del
contrario. Il sospetto che qualcuno del gruppo avesse approfittato della
situazione mi ripugnava, sebbene affiorò più volte alla mia mente,
nonostante i miei tentativi di scacciare quel pensiero scomodo.
Presto
gli altri si accorsero del mio disagio e vollero essere informati di cosa
era successo. Scoprii così che Morick non aveva detto nulla di particolare
all'uomo nell'ombra, limitandosi ad ascoltare le sue decisioni, e tutti
chiaramente si mostrarono dispiaciuti per l'inconveniente che mi rimetteva
nella condizione di nullatenente dopo un breve periodo in cui ero stato
convinto di avere una piccola ricchezza in tasca. Il solo che non si
pronunciò fu Warnom, misteriosamente sparito dopo aver detto ad Adesir che
sarebbe andato a fare un giro di perlustrazione nei dintorni.
Riposammo
un poco, ed io mi concentrai con Morick sulla misteriosa mappa di Siir
Barjack. I gessetti colorati che portavo con me furono assai utili per
verificare un'intuizione comune: unendo e segnando le "X" sulla
mappa, partendo dall'indizio sul segno della croce, ci ritrovammo
improvvisamente ad avere per le mani la sagoma stilizzata del continente
meridionale di Terala. Non poteva essere un caso. Del resto c'erano un solo
"2" ed un solo "8", che risultavano essere
rispettivamente il punto di partenza e quello di arrivo di una rotta via
mare che era indicata dai "4", proprio come gli indizi avevano
indicato.
Infervorati
dalla scoperta, iniziammo a fare congetture sulla reale utilità della
mappa, dal momento che non erano indicati punti di riferimento né dati
precisi che avrebbero potuto essere utili per una navigazione reale. Forse
ci sfuggiva ancora qualcosa e Morick sembrava convinto che le "Z"
avessero un ruolo speciale, data la loro disposizione in alcuni casi assai
particolare. Tuttavia io ero scettico a riguardo, poiché tali simboli
comparivano indifferentemente sulla terra e nel mare, ed inoltre il
messaggio per decifrare la mappa non lasciava intuire nulla a proposito di
una particolare importanza di questi caratteri.
Rinunciando
per il momento a proseguire i nostri ragionamenti, era ormai quasi l'alba ed
eravamo quasi pronti a lasciare la locanda, quando qualcuno bussò alla
porta.
-
Sono l'oste - disse una voce in tono assai imbarazzato. - Dovete scendere,
signori, sono spiacente. I gendarmi hanno circondato la locanda ed hanno
chiesto di far uscire tutti, pare stiano cercando dei... forestieri!
Trattenni
a stento un'imprecazione, cosa che i nani non fecero. Congedammo l'oste
rassicurandolo che saremmo scesi a breve, e ci guardammo negli occhi,
ciascuno sperando che l'altro avesse una proposta risolutiva per quella
scomoda situazione. Come erano arrivati i themaniti in così breve tempo? E
come ci avevano trovati a colpo quasi sicuro? Tutto sembrava organizzato ai
nostri danni, e ancora una volta dovetti ricacciare a fatica un pensiero
malizioso su uno dei miei compagni: Warnom.
-
Quando siamo usciti dalla biblioteca sicuramente hanno visto almeno uno dei
nani - disse Morick, pensieroso. - Occorre dissimularli come quando siamo
entrati qui, ci posso pensare io, ma avrò bisogno di sostenermi durante lo
sforzo...
-
Puoi poggiarti su di me - gli dissi, prontamente. - Diremo che ti ha fatto
male qualcosa che hai mangiato e ti sei sentito male questa notte...
Adeisr
ed i nani non erano convinti dell'idea di uscire ubbidendo all'intimazione
dei soldati. D'altra parte, fu sufficiente sbirciare dalle imposte per
accorgersi che la locanda era circondata. Dalla nostra stanza si potevano
chiaramente vedere quattro file di soldati in armi, uno spiegamento di forze
davvero smisurato per cercare dei semplici forestieri senza avere prove
certe di ciò che stavano cercando. Ancora una volta, i sospetti su Warnom
fecero capolino nella mia testa. Poteva essere un traditore? Poteva aver
rubato la stellaria, visto che il suo compito era al termine e non aveva
più bisogno di copertura, e poi magari era andato ad avvisar i themaniti?
Per Maethus cosa stavo pensando! Mi vergognai con me stesso. Nel momento in
cui avrei perso la fiducia nei miei compagni sapevo che tutto mi sarebbe
crollato nuovamente addosso, precipitandomi nuovamente nell'abisso di
disperazione e sfiducia in cui mi trovavo quando Shair venne a cercarmi la
prima volta. Ricacciai i pensieri e mi concentrai su ciò che avremmo detto
ai soldati, se interrogati, mentre già ci avviavamo per le scale.
il
portone della locanda era chiuso e rimbombava dei battiti di un ufficiale
che intimava per l'ennesima volta di uscire rapidamente dall'edificio. Notai
che il camino non era neanche stato acceso quella mattina, e tutto puzzava
maledettamente di una trappola ordita appositamente ai nostri danni. Valutai
la situazione cercando una via di fuga.
-
Potremmo passare direttamente nelle stalle, prendere il carro e tentare una
sortita - dissi poco convinto, indicando la porta sul retro. - Con un po' di
fortuna potremmo travolgere le prime linee grazie alla sorpresa ed
allontanarci...
-
Se hanno degli arcieri saremmo morti prima di fare cento passi - commentò
Morick, scuotendo lievemente la testa mentre cercava di mantenere la
concentrazione sull'incantesimo che alterava l'aspetto dei due nani
facendoli sembrare dei normali esmeldiani.
- E
con la velocità del carro, se hanno dei cavalieri ci sarebbero addosso in
un istante - aggiunse Adeisr. Non che ci avessi fatto particolare
affidamento, ma la mia idea faceva evidentemente acqua da tutte le parti, e
sembrava incontrare il favore solo dei nani, ansiosi, a quanto pareva, di
morire in una valorosa battaglia finale con molti nemici.
Il
portone continuava a rimbombare e l'ufficiale ripeté per l'ennesima volta
il suo ultimatum. Era chiaro che di lì a poco avrebbero deciso di sfondare
l'ingresso per venirci a prendere con le cattive. Notai che Morick era
scosso da tremiti come di freddo.
-
Qualcuno sta usando la magia per individuarci - mormorò, con un filo di
voce. Quella era la conferma definitiva. Non era una normale pattuglia, non
era un rastellamento in cerca di normali malfattori. I themaniti erano
attrezzati di tutto punto, se avevano portato degli stregoni, e quasi
certamente cercavano noi, per qualche ragione ancora ignota. Qualcuno doveva
aver rivelato la nostra impresa, maledizione!
Qualcosa
si mosse verso il fondo della sala. Immediatamente facemmo silenzio,
percependo una presenza che emise un lieve rumore. Poi lo udimmo più
distintamente, una specie di singhiozzo strozzato. Mi sporsi in avanti, la
spada in pugno, per vedere meglio. Nascosto sotto una delle panche, tremante
di paura, c'era un fanciullo che avrà avuto si e nò dieci anni.
- E
tu chi sei? - chiesi, istintivamente. Il bambino era così impaurito da non
riuscire a rispondere. Morick si fece avanti e si presentò, cercando di
mostrarsi gentile e amichevole.
-
Sono... sono Goberto - sussurrò ad un tratto, gli occhi timorosi fissi su
Morick. - Sono il figlio del cameriere... ho sete... e paura!
Uno
degli inservienti doveva essere stato costretto ad uscire tanto rapidamente
da non poter badare al figlio, il quale per paura si era nascosto sotto la
panca. Ripensandoci bene, forse avevamo intravisto il ragazzino aggirarsi
fra i tavoli, la sera prima, durante l'esibizione del bardo. Se conosceva
bene la locanda, forse poteva rivelarsi inaspettatamente utile...
-
Sai se c'è un'altra uscita, Goberto? - chiese gentilmente Morick.
-
Si... ma papà si arrabbia... ed io ho sete di quello... - rispose il
fanciullo, indicando il barile dell'idromele che stava sul banco, troppo in
alto perché lo potesse raggiungere da solo.
Passarono
lunghi istanti durante i quali cercammo di conquistare la fiducia del
bambino, rassicurandolo, facendogli capire che l'uscita secondaria poteva
essere il solo modo che avevamo per riportarlo da suo padre, ma lui si
impuntò, capriccioso, dandomi l'impressione di essere un bimbo assai
viziato ed indisponente, nonostante la sua modesta estrazione sociale. Alla
fine riuscimmo a convincerlo, soprattutto quando imbracciai il barile
dell'idromele promettendogli che l'avremmo portato con noi in modo che
potesse berne ogni volta che ne aveva voglia...
goberto
ci condusse giù per le scale verso lo scantinato, dove c'era una sala
adibita a dispensa, riccamente provvista di prosciutti, salsicce, stoviglie
e ogni altra cosa utile per la gestione della cucina. Dietro uno dei tavoli
addossati alle pareti, ci indicò quello che in realtà era un ampio
pannello di legno. Rapidamente lo aprimmo, mentre sopra sentivamo i primi
colpi che avrebbero abbattuto il portone d'ingresso. Dietro al pannello, un
buio ed angusto cunicolo polveroso si addentrava nell'oscurità, unica
possibile via di fuga per noi tutti.
Imboccammo
il pertugio uno dopo l'altro, trascinando quasi a forza il ragazzino
capriccioso che aveva nuovamente tentato di impuntarsi, dicendo che il padre
non voleva che entrasse in quel luogo. I nani, più abili di noi ad
orientarsi sottoterra e soprattutto dotati di una migliore vista
nell'oscurità, furono i primi, mentre io e Morick eravamo in coda al
gruppo, assicurandoci di richiudere il passaggio alle nostre spalle. Fu in
quel frangente che Morick mi sorprese rivelando di non essere un semplice
bardo. Mormorò qualche parola e scomparve lasciandomi di stucco, per
riapparire quasi subito dopo, passando attraverso la parete di legno.
-
Ho rimesso a posto il tavolo - mi disse strizzandomi l'occhio, ignorando il
mio stupore. Ma avevamo troppa fretta per commentare, così ci affrettammo a
raggiungere gli altri che intanto procedevano in avanti nell'oscurità. Alle
nostre spalle, già provenivano i rumori ovattati dei primi soldati che
erano riuisciti ad entrare nella locanda. A breve sarebbero certamente scesi
anche nella dispensa che avevamo appena lasciato.
Avanzammo per un po' nel buio, finché qualcuno davanti ci fece capire che
quasi sicuramente dovevano esserci soldati appostati anche dall'altro lato
del cunicolo. Questo rovinava i nostri piani di fuga, alla fine saremmo
stati comunque costretti ad uno scontro con un nemico più numeroso di noi.
Ma improvvisamente Polgrim, che guidava la fila, si fermò facendoci
arrestare tutti.
-
Questa sezione di pavimento è diversa - commentò il nano, spingendoci
indietro per farci arretrare di qualche passo. - E' come pietra lavorata...
Morick
estrasse un bastoncino luminoso che consentì di vedere ciò che avevamo
sotto i piedi anche a noi umani. Si trattava di una sezione di pietra
circolare, lavorata in modo da riprodurre una specie di "Y"
all'interno del cerchio; i settori delimitati dal disegno erano neri, mentre
il resto aveva toni del verde ed era cosparso di incisioni in caratteri per
me sconosciuti. Il solo che sembrava capirci qualcosa fu Thorin, che si mise
a interpretare quello strano linguaggio che doveva avere origini
mistiche.
-
Perché ci fermiamo? - esplose ad un tratto Goberto, quasi isterico per la
paura, poichè ora era evidente che i themaniti fossero penetrati nella
dispensa alle nostre spalle. - L'uscita è davanti, dobbiamo andare davanti!
Ma
non avevamo alcuna intenzione di scontrarci con i soldati, se potevamo
trovare un modo per evitarlo. E forse quella pietra poteva rivelarci un
condotto secondario e dimenticato che faceva proprio al caso nostro.
Tuttavia il bambino non sembrava ascoltare ragioni e si impuntò, alzando la
voce e protestando, minacciando di chiamare aiuto.
-
Ascolta - gli disse ad un tratto Polgrim, avvicinando la sua faccia a quella
di Goberto e digrignando i denti dalla rabbia in un'espressione feroce, - se
non la pianti ti stacco la testa dal collo, chiaro?
Goberto
fu sul punto di scoppiare in lacrime, poi si trattenne e per un istante
pensammo che l'intimidazione del nano avesse avuto l'effetto sperato, mentre
ancora Thorin sembrava pensieroso di fronte alle scritte misteriose.
-
Aiuto! Aiuto! - Goberto perse il controllo ed iniziò a strillare come un
capretto sgozzato. Fu più forte di me, non seppi trattenermi, nonostante
fosse solo un fanciullo, e gli sferrai un pugno violento in pieno viso, che
lo mandò istantaneamente a terra. Gli sguardi stupefatti dei miei compagni
erano su di me, che nno sapevo cosa dire.
-
Devi avergli rotto la mascella, Gawain - commentò Adesir, constatando le
condizioni del fanciullo esanime.
-
Non potevo mica permettergli di avvertire tutti i themaniti da qui a Bor
Sesirim! - tentai di giustificarmi, mentre Thorin si rialzava con
un'espressione incerta che presto ci fece accantonare il problema di Goberto.
-
Cosa sai di Zeldana, Gawain? - mi chiese il nano.
-
E' la dea della malattia, della corruzione fisica e forse anche della morte,
da quanto ricordo, perché?
-
Cosa c'è scritto esattamente, Thorin? - intervenne Morick. Alle nostre
spalle, sembrava che i soldati stessero per aprire il pannello di legno.
Avevamo pochi istanti per prendere una decisione.
-
Dice: "questo sigillo è posto perché ciò che Zeldana ha reso polvere
resti tale da qui al mare", ma non capisco... - rispose Thorin,
grattandosi la barba.
-
Forse si riferisce a qualche sortilegio della dea, una malattia, una
pestilenza... - commentai, mentre i primi rumori provenivano dal fondo del
cunicolo alle nostre spalle.
-
Ad ogni modo sembra chiaro che porti al mare - osservò Polgrim - e non
abbiamo altra strada, quindi apriamo questo maledetto buco prima che ci sia
addosso tutto l'esercito themanita!
Ma
non c'era alcun appiglio per sollevare la pietra, nonostante gli sforzi e i
tentativi con la lama delle spade. Fortunatamente il bardo vi pose le mani
sopra, pronunciando alcune parole, quindi un lampo verdastro illuminò i
contorni della fessura e Morick ci disse che in quel modo erano state
nullificati eventuali blocchi magici e protezioni. Quindi, agitò una mano
sopra la pietra circolare e ad un tratto disse "piccolo!".
Incredibilmente, il pietrone si ridusse restringendosi, fino a cadere nel
buco sottostante, ormai troppo largo per tenerlo in posizione.
i
themaniti avevano già iniziato a sciamare nel cunicolo quando ci calammo,
alla cieca, nel pozzo profondo forse due braccia, uno dopo l'altro,
aiutandoci a vicenda. Lasciammo Goberto di sopra, visto che in fin dei conti
non aveva nulla da rischiare e forse qualcuno avrebbe potuto prestargli le
cure necessarie meglio di quanto potessimo fare noi. Nella fretta non mi
accorsi quasi che continuavo a portare con me il barile di idromele, ormai
saldamente stretto sotto il mio braccio sinistro. Una volta giunti di sotto,
Morick invocò una nuova magia per riportare la pietra circolare al suo
posto, bloccandola con un altro incantesimo. Questo ci avrebbe dato un certo
vantaggio sui nostri inseguitori. Ora si trattava di capire dove eravamo
finiti, e quali pericoli ci attendevano.
Nella
tenue illuminazione del bastoncino di Morick osservammo il luogo in cui ci
trovavamo. Era una sala sotterranea abbastanza ampia, sebbene l'altezza
fosse così ridotta da costringermi a stare chino in una posizione assai
scomoda. L'ambiente era assai polveroso ed anche le pareti erano molto
rovinate, come in un luogo antico che non conosceva da secoli una visita
umana. Ai lati si aprivano degli incavi che un tempo dovevano essere state
piccole nicchie, e cinque aperture sembravano uscire dalla stanza.
I
nani stavano cercando di capire quale direzione portasse verso il mare,
mentre io esaminai la polvere, trovandovi un frammento d'osso umano che
subito posai, starnutendo al contatto.
-
La polvere di Zeldana - mormorai, comprendendo. - Questa non è polvere di
calcinacci, è polvere d'ossa! Di ossa umane!
Data
la consistenza e le nubi che si sollevavano ad ogni nostro movimento, c'era
da chiedersi quanti corpi fossero stati ridotti in polvere in quel luogo, e
soprattutto come. Morick sembrava ricordare qualcosa a proposito di una
grande pestilenza che aveva colpito quei luoghi, ma si trattava di un
millennio addietro, troppo tempo per sapere qualcosa di più utile.
Starnutii nuovamente, ma sul momento non feci caso a quello strano
raffreddore, ad ogni modo prendemmo la precauzione di coprirci i volti con
dei fazzoletti che inumidimmo nell'idromele, il cui barile a questo punto
abbandonai, poiché era chiaro che sarebbe stato di impaccio nei cunicoli
ancor più angusti che avremmo dovuto seguire.
Thorin
e Polgrim erano concordi circa la direzione da prendere, così ci
incamminammo, intenzionati a uscire da quel luogo macabro nel più breve
tempo possibile. Entrammo nel nuovo cunicolo, ancora più stretto dei
precedenti, che andava verso il basso in una sorta di scalinata resa
irregolare dalla consunzione che il tempo aveva causato sui rudimentali
gradini di pietra. Ovunque posassimo i piedi si levavano volute di finissima
polvere che cercammo di non respirare, temendo chissà quale osceno
sortilegio. Ad un tratto trovammo anche uno scheletro umano quasi intatto,
sebbene fosse così riarso da sgretolarsi al minimo contatto con i nostri
stivali.
Procedemmo
così verso il basso per lungo tempo, fino a quando il cunicolo giunse ad un
incrocio da cui poteva proseguire verso destra e verso sinistra, sempre in
discesa. Di fronte a noi, al centro dell'incrocio, un abbozzo di finestra
che un tempo doveva essere stata una bifora, si affacciava su una densa
oscurità dalla quale non proveniva un alito d'aria. Probabilmente non dava
verso l'esterno come avevamo sperato. Anzi, ciò che videro i nani ci
lasciò del tutto senza parole. Sotto di noi, al di là dell'apertura, un
gigantesco ambiente sotterraneo conteneva una piccola cittadina fantasma,
sulla quale ci affacciavamo da quello che doveva essere un bastione delle
mura o forse un tempio collocato in una zona particolarmente elevata
dell'abitato. Fu allora che mi sovvenne un'antica storia esmeldiana.
-
Arl-Sesirim! - esclamai, incredulo alle mie stesse parole. I compagni si
girarono verso di me, chiaramente aspettandosi maggiori chiarimenti.
-
E' il villaggio originario da cui deriva la città di Bor-Sesirim -
aggiunsi, cercando di ricordare quanto più possibile. - Secondo le
cronache, qui si insediarono i primi esmeldiani della zona, oltre mille anni
fa.... Poi, appunto mille anni fa, Arl-Sesirim scomparve misteriosamente, da
un giorno all'altro, svanì senza lasciare traccia dopo una grande epidemia,
forse quella di cui parlava Morick. Dopo molti anni, un nuovo insediamento
venne costruito e da lì nacque Bor-Sesirim. A quanto pare, siamo i primi a
scoprire dove andò a finire l'antico villaggio...
-
Ma come ha fatto a finire quaggiù un intero paese... - commentò Polgrim,
stupito, grattandosi un orecchio.
-
Forse è meglio non scoprirlo - aggiunse Thorin, risoluto, mentre continuava
a guardare verso l'esterno. - Laggiù sembra esserci qualcosa che si muove,
lento... delle forme umanoidi. Qualunque cosa possa vivere in questo luogo,
sembra comunque che dovremo passarci attraverso, visto che da qui non c'è
altra via che scendere verso la città fantasma...
Restammo
in silenzio alcuni istanti, soppesando la gravità della situazione. Non
potevamo tornare indietro e tutti sapevamo cosa poteva attenderci laggiù. I
riferimenti alla pestilenza, a Zeldana, alla città scomparsa da un
millennio, potevano solo significare che oscure forze dell'oltretomba erano
all'opera in quel posto, e noi dovevamo riuscire ad aprirci la strada in
mezzo a loro, per guadagnare la via del mare.
A
peggiorare le cose, iniziammo a udire dei rumori, e poi dei rantoli
agghiaccianti, che provenivano dalle nostre spalle. Gli abitanti di quel
luogo si stavano risvegliando per prepararci una degna accoglienza? Lo
avremmo saputo a breve, poiché iniziammo subito a scendere verso il basso
prendendo la scala di destra, tanto non c'era altro da fare...
ci
affrettammo quasi correndo giù per la scalinata, che proseguiva verso il
basso cambiando spesso direzione, al punto che fu presto evidente che solo i
nani potevano avere un'idea di dove saremmo andati a sbucare. Ad un tratto
ci ritrovammo all'aperto, o meglio, all'interno dell'ambiente sotterraneo
più ampio che ospitava l'antica città fantasma. La scala terminava in
basso, uscendo da uno dei bastioni di cinta della roccaforte interna, e
davanti a noi, ad una decina di passi, vedevamo l'altro bastione che non
aveva tuttavia una scala simile.
-
La nostra direzione è quella - gridava Thorin, indicando un punto lontano
davanti a noi, lievemente verso sinistra.
-
Travolgiamo le creature che ci si parano davanti senza perdere tempo a
combatterle - aggiunsi, notando che l'intera città sembrava brulicare di
orrende creature scheletriche o comunque simili a cadaveri ambulanti. I non
morti avanzavano pigramente, lenti, ma guidati in modo infallibile dalle
nostre essenze vitali, uscendo da ogni edificio e da ogni pertugio, una
moltitudine silente che incuteva ancor più paura perché non aveva nulla da
dire e nulla poteva ascoltare. Anche alle nostre spalle sembravano
avvicinarsi altri esseri, mentre i primi tre scheletri in armatura ci si
pararono di fronte sui gradini più bassi della scalinata.
Un
lamento agghiacciante echeggiò nell'immensa caverna, facendomi rizzare i
peli della schiena.
-
Con noi... restate con noi... - la voce ultraterrena delle creature sembrava
invitare ad abbandonarci a loro senza resistere.
-
Facciamo una linea di sfondamento, noi tre - gridai ai nani, portandomi al
loro fianco, ora che c'era più spazio per combattere. - Morick e Adesir,
voi dateci una mano e seguiteci, se serve pensate alle spalle!
I
primi dardi lanciati da Adesir iniziarono a piovere dalle nostre spalle,
colpendo la seconda linea dei non-morti, mentre io ed i due nani ci
precipitammo in carica sui primi tre, che furono abbattuti dalle nostre
armi. Subito furono su quelli successivi, guadagnando preziosi passi in
avanti, ed abbattendoli con la stessa semplicità, grazie alla foga con la
quale ci tuffammo nel combattimento.
Ora
avevamo un po' di spazio a disposizione, visto che le creature erano
lentissime e non potevano chiudere i varchi lasciati liberi dai caduti con
la stessa rapidità con cui noi li aprivamo. Così iniziammo a correre in
avanti, schivando i più vicini ed assicurandoci che nessuno venisse
bloccato durante la corsa. I nani erano i più lenti, e ogni tanto fu
necessario fermarsi per abbattere alcuni dei non morti che riuscivano ad
ostacolare la loro corsa. Ora, oltre agli scheletri, ci trovavamo ad
affrontare più frequentemente dei veri e propri cadaveri putrescenti,
dall'aspetto indescrivibile, che quando venivano abbattuti causavano schizzi
di sangue infetto e puzzolente che spesso ci chiazzavano ben oltre le lame
delle armi.
-
La donna con la spugna, la vedi? - gridava Morick a Adesir, dietro di noi.
Chi altro partecipava allo scontro, dunque? Era comunque impensabile che mi
voltassi per constatare di persona, così confidai nei due, proseguendo a
fare di tutto per aprire il varco.
Proseguimmo
correndo e schivando, di tanto in tanto combattendo, fendendo l'orrenda
massa di mostri che sembrava sempre più stringersi attorno a noi. Le armi
grondavano di fetidi liquami, come del resto le nostre corazze e gli abiti,
le frecce di Adesir continuavano a piovere da dietro con rapidità
impressionante, contribuendo ad aprirci il varco che ci avrebbe condotti
alla salvezza, mentre Morick ci ammoniva di non perdere tempo nei
combattimenti, poiché le creature abbattute dopo qualche istante sembravano
rianimarsi come se nulla fosse..
Ad
un tratto Thorin fu bloccato da parecchi esseri mostruosi, e subito io e
Polgrim fummo in suo aiuto, cercando ancora di aprirci la strada. Il
combattimento ora era serratissimo e gli schizzi di sangue ci inondavano da
ogni parte quando colpivamo i nostri avversari. Mi accorsi di non riuscire a
trattenere dei colpi di tosse che sempre più frequentemente mi scuotevano
dall'interno, facendomi talvolta sputare sangue. Anche Polgrim sembrava
contaminato dalla stessa maledizione, ma non c'era tempo per occuparsi di
quelle cose, e in ogni caso Thorin aveva ben altro da fare che trovare il
tempo e le forze per invocare su di noi i poteri curativi di Morgrim.
Ad
un tratto, sembrò che fossimo riusciti a superare la massa più consistente
di non morti, e ci ritrovammo a correre dietro Thorin, lasciandoci quasi
tutte le creature alle nostre spalle. La loro velocità era tale che non
avrebbero potuto raggiungerci in condizioni normali, ma presto mi accorsi di
non riuscire a proseguire. La tosse era sempre più forte e mi sentivo assai
indebolito, costretto a fermarmi frequentemente per riprendere fiato.
-
Andate avanti voi, vi sto rallentando troppo! - gridai ad un tratto, fra i
colpi di tosse.
-
Non se ne parla neanche - esclamò Thorin, brandendo l'ascia contro uno dei
mostri, troppo vicino per i suoi gusti.
Polgrim
si avvicinò e mi prese sulle spalle, riprendendo la corsa, mentre anche
Adesir e Morick, rimasti indietro, ci raggiunsero discutendo della
misteriosa donna che sembrava guidare le orde in qualche modo. Iniziavo a
perdere lucidità, il sangue mi colava dalla bocca e non ero quasi più in
grado di parlare, così appena raggiungemmo un punto abbastanza distante,
Thorin si isolò per cercare di invocare il suo dio perché facesse qualcosa
per me.
Con
lo sguardo ormai offuscato e confuso, vidi Morick dare qualcosa a Adesir.
-
Dagli questo, presto - disse il bardo alla ragazza, che tentennava,
indecisa.
-
Daglielo ora, subito, non c'è tempo! - Morick alzò la voce. - Versaglielo
in gola, sbrigati!
Adesir
mi sollevò la testa e mi versò in bocca un liquido viscoso dal vago sapore
amarognolo. Appena fui in grado di mandarlo giù, reprimendo a forza la
tosse, sentii un calore invadermi le viscere, la vista si fece ancor più
annebbiata e finalmente persi conoscenza.