Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 4 Novembre 2019
Parte III, Capitolo 1: "Nubi all'orizzonte"
Seduta del 13 Gennaio 2004
"Nubi all'orizzonte"
gli
eventi dell'ultim'ora, quelli che avevano portato alla risoluzione forse
definitiva del problema Frostwind ed all'aggiunta di Perigastus al nostro
gruppo, si erano susseguiti con una cadenza tale da non lasciarci, sul
momento, la possibilità di analizzare chiaramente le profonde implicazioni
che tutto ciò avrebbe potuto comportare. Era evidente, tuttavia, che molti
di noi, ed io per primo, avessimo ormai accumulato tutta una serie di
considerazioni, riflessioni e perché no, timori, che al momento restavano
inespressi. La tensione, tuttavia, era quasi palpabile e sapevo che sarebbe
bastata un'occasione qualsiasi per portare a galla tutta una serie di
problemi finora taciuti.
E
l'occasione si presentò facilmente, la sera stessa che fummo nuovamente a
bordo della Divina Speranza, poiché molti di noi si erano chiusi in un
silenzio quasi monastico, interrotto solo dalle poche frasi di convenienza
che di volta in volta si rendevano necessarie. Era chiaro che se appena ve
ne fosse stata l'occasione ci saremmo trovati a dare sfogo alle nostre
sensazioni represse, i problemi c'erano e non potevano continuare a
sonnecchiare sepolti in eterno sotto il mucchio delle emergenze che di volta
in volta si presentavano. Per un motivo o l'altro, finimmo per ritrovarci in
cambusa, chi con la scusa di trovare qualcosa da mangiare o bere, chi per
una partita a carte o ai dadi.
Non
so neanche come, né chi parlò per primo, ma ben presto ci trovammo tutti
coinvolti in un'accesa discussione che verteva dei nostri destini, della
nostra utilità, delle nostre insoddisfazioni personali maturate nel corso
delle avventure nelle quali ci eravamo trovati coinvolti. Fattore scatenante
fu probabilmente Daeron, il quale ad un certo punto si venne a trovare
anch'egli in cambusa e fece un po' da interlocutore ideale per le nostre
considerazioni, come se rappresentasse Shair, Guglielmo, Aderlist e tutti
coloro che, coinvolti nelle nostre stesse vicende, sembravano sempre avere
una chiarezza maggiore ed un orizzonte di vedute più vasto.
In
breve, l'elfo si trovò a interpretare il ruolo di avvocato del diavolo,
cercando di esporre considerazioni e punti di vista che, a suo giudizio,
avrebbero dovuto o potuto mitigare le nostre sensazioni del momento,
mostrandoci le cose da un punto di vista assai differente dal nostro,
provenendo da qualcuno che aveva sulle spalle centinaia d'anni di vita.
uno
dei primi argomenti fui proprio io a esporlo, lamentandomi di qualcosa che
decisamente mi rodeva come un tarlo già da qualche tempo. Mi rendevo conto
che si trattava di qualcosa non riferito ad uno specifico evento recente, ma
piuttosto all'accumularsi di sensazioni simili nel corso del tempo, che
infine avevano colmato la misura, inducendomi a parlare.
-
Ma che bisogno ha mai Terala delle nostre azioni? - chiesi,
provocatoriamente ad un tratto, andando al punto della questione. - Tutte le
volte veniamo imboccati da qualcuno che ne sa più di noi e che ci rivela
solo frammenti di verità, abbiamo costantemente a che fare con nemici di
forze e capacità soverchianti, di cui troppo spesso abbiamo ragione solo
fortuitamente e grazie ad interventi esterni al nostro gruppo...
Mi
riferivo ovviamente alla distruzione del granchio da parte di Perigastus,
senza apparente sforzo. Ma quello era solo la goccia che aveva fatto
traboccare il mio personalissimo vaso. Potevo ricordare, e le citai, altre
situazioni simili, in cui non ce l'avremmo fatta senza l'intervento di Shair,
Guglielmo, Aderlist, o la stessa staffa di Perigastus utilizzata prima da
Frostwind e poi, anche se meno consapevolmente, da Thorin.
-
Vedi Gawain - rispose Daeron, - il fatto stesso che voi siate i soli eredi
dei cristalli, che abbiate avuto a che fare con Re, alti dignitari e nobili
di tutto il mondo conosciuto è di per sé una dimostrazione del fatto che
siate effettivamente importanti, dovreste tenerlo sempre a mente. E' ovvio
che qualche volta, tuttavia, in una situazione che coinvolge tanti poteri
anche ben oltre la mia stessa comprensione, sia necessario l'aiuto di altri,
ma questo non deve sminuire la vostra importanza...
-
Ma di che importanza parli, se tutte le nostre azioni vengono contrastate
sistematicamente e quando riusciamo in qualcosa è solo per merito di altri?
- intervenne Warnom, non meno critico di me a riguardo, facendo notare come
a suo giudizio, troppo spesso i suoi poteri si erano rivelati insufficienti
a contrastare chi avevamo di fronte. La sua osservazione chiamò in causa
gli altri, ciascuno dei quali espose a sua volta le proprie considerazioni,
in modo disordinato e confuso, tanto che ad un tratto penso si stessero
svolgendo quattro o cinque discussioni diverse in contemporanea.
Ad
un tratto Daeron ebbe addirittura a criticare il modo in cui ci eravamo
comportati nell'ultima occasione, indicando come sconsiderato l'attacco che
io e Adesir avevamo portato contro il granchio, poiché, a suo giudizio,
avevamo agito poco da gruppo e troppo da singoli. Non posso trascurare che
un elfo possa avere una visione diversa delle cose, ma onestamente fui
sorpreso da quell'osservazione. Infatti, a me sembrava tutto il contrario.
Quanto avevamo tentato io e Adesir, pur con scarse possibilità di successo
che ben conoscevamo, era servito a dare agli altri il tempo per contrastare
il tentativo di infrangere le protezioni di Perigastus, allo scopo di
interromperne il rituale in corso. Evidentemente, troppi erano i punti di
vista differenti da cui le cose potevano essere osservate!
Non
tutti condividevano la mia opinione sulle nostre reali capacità di farcela
da soli, tuttavia. Adesir e Polgrim sembravano fermamente convinti della
necessità di andare avanti comunque, e furono quelli che ebbero meno da
ridire, limitandosi inizialmente ad ascoltare ciò che accadeva loro
intorno, quasi stupiti dal fatto che vi fossero tanti sentimenti di
insoddisfazione all'interno del gruppo.
Thorin
era invece profondamente adirato per altre questioni, che riguardavano
l'ennesima situazione, a dir suo, in cui si era trovato a fare da bersaglio
per la magia di un membro del gruppo, nella fattispecie Warnom. Non potei
seguire la discussione anche perché si riferiva a qualcosa che era accaduto
mentre combattevo il granchio, ma i due presero ad altercare fra loro, e
Thorin non risparmiò neanche a me alcune critiche riguardanti il mio
comportamento. Con mia grande sorpresa mi trovai a constatare che il nano, e
non solo lui, ritenevano talvolta il mio modo di agire troppo
"invadente" ed autoritario, ad esempio nelle occasioni in cui mi
ero dato da fare per sancire la legittimità di Adesir in qualità di
comandante della spedizione.
Troppe
cose erano state taciute fino a quel momento, ed ora venivano fuori, nella
foga della discussione, senza freni e senza remore.
ma
la discussione prese una piega assai diversa e ben più drammatica quando fu
Morick ad intervenire, dando il via ad una serie di critiche e osservazioni
che non sembravano avere termine. L'ultimo componente che si era aggiunto al
gruppo, a parte Perigastus, aveva del resto i suoi validi motivi di sentirsi
frustrato, inadeguato e fuori posto, tanto più che non poteva vantare
legami affettivi forti come quelli che c'erano fra il resto di noi e che ben
potevano servire a vedere le cose con un minimo di ottimismo in più.
In
fin dei conti, Morick aveva perduto il suo famiglio, la donnola Dieb, che
era annegato quando lui si era dato da fare, stupendoci con molteplici
trasformazioni, per tirarci fuori dall'acqua. In seguito, durante lo scontro
navale, nel tentativo di rendere inoffensive le navi che avrebbero potuto
colarci a picco, era stato catturato dai Themaniti e privato dei vestiti e
del suo equipaggiamento, inclusi alcuni oggetti magici che sono così
preziosi per un mago. Infine, nell'episodio dell'incontro con Perigastus,
era stato costretto all'inattività a causa di un malessere che non gli
aveva consentito di seguirci sull'isola, dove certamente il suo contributo
avrebbe fatto comodo a tutti. Capivo il suo stato d'animo. Se io mi sentivo
insoddisfatto come guerriero, potevo ben comprendere come lui, e in parte
Warnom, non si sentissero soddisfatti come utilizzatori di poteri magici.
La
discussione prese tuttavia una piega piuttosto aspra, proprio per il modo in
cui Morick si rivolgeva, a noi ed a Daeron, scagliando accuse e critiche che
suonavano piuttosto aggressive se pur comprensibili sotto alcuni punti di
vista. Tale comportamento, reso ancor più penetrante dalla sua più che
efficace loquela, era tale inoltre da non consentire facilmente la replica
da parte di chiunque. Stanchi di quello che appariva sempre più un litigio
che non una discussione, Polgrim ed Adesir si allontanarono, probabilmente
facendo ritorno ai propri alloggi. Daeron riusciva ad abbozzare solo poche
frasi sconnesse, cercando di rispondere ai mille interrogativi proposti,
mentre noialtri non riuscivamo più ad inserirci nel discorso, dato che il
bardo alzava la voce coprendo le nostre e proseguendo incalzante secondo il
suo filo logico.
- E
allora basta, per Morgrim! - sbottò ad un tratto Thorin, dopo aver tentato
invano di introdursi nella conversazione più volte senza esito. - Quando
parlano gli altri tu interrompi sempre e prendi la parola, ma quando noi
vogliamo dire qualcosa non ci fai parlare, per la barba dei miei antenati!
Parlati addosso, mago, io me ne vado!
Dopo
non molto, anche Warnom se ne andò, come gli altri. Restavo io, con un mal
di testa fenomenale e senza particolari rassicurazioni sulle mie personali
perplessità. anzi, con qualche critica in più con la quale confrontarmi.
Restava Morick, che continuava senza tregua nella citazione di situazioni e
eventi in cui non aveva potuto intervenire adeguatamente o in cui un
intervento esterno al gruppo aveva sminuito le sue e nostre capacità.
Restava anche Daeron, che per la prima volta mi parve stanco, che ogni tanto
si inseriva con brevi commenti.
-
Mi sono stufato. Non so se ho voglia di proseguire! - concluse ad un tratto
Morick, con amarezza. Restammo per un po' senza parole, quindi ci separammo,
ciascuno per proprio conto, senza che nulla fosse stato risolto. Ora ero
certo che tutti erano innervositi, indispettiti ed amareggiati, chi per un
motivo chi per l'altro. Sembrava improvvisamente che il gruppo avesse perso
la sua coesione, al primo momento in cui la tensione era calata.
io
mi recai alla mia cabina, ma non per dormire, dato che il nervosismo aveva
ormai prevalso sulla stanchezza. Mi limitai a prendere alcuni fogli di
pergamena dal mio diario, e mi recai sul ponte, dove mi accovacciai,
avvoltolato in una coperta, iniziando a scrivere quanto era appena accaduto,
proprio queste righe. E in questo momento, mentre scrivo, nuove riflessioni
si affacciano alla mia mente, alle quali darò libero sfogo senza cercare di
trovare una forma particolarmente elaborata.
Siamo
tutti coinvolti in eventi drammatici, spesso più grandi di noi, oltre la
portata della nostra mortale comprensione. In queste vicende ci muoviamo a
tentoni, come fossimo al buio, cercando di fare del nostro meglio con le
informazioni che ci viene concesso di conoscere, con gli aiuti e gli
interventi che altri svolgono integrando il nostro lavoro. Certo, è
difficile sentirsi eroi quando si ha tanto bisogno di qualcun altro, ma il
destino non ci dà la possibilità di scegliere. Prendere o lasciare, questo
è il punto. E lasciare può significare consegnare tutto a Themanis,
abbandonare Terala come hanno fatto gli elfi, disinteressandosi delle
vicende umane e delle altre razze. Volevamo noi comportarci allo stesso
modo?
La
storia, per quel poco che potevo ricordare, spesso non era fatta dai grandi
eroi che potevano permettersi un bardo che ne cantasse le gesta,
imbellendole a bella posta in cambio di qualche moneta d'oro o un alloggio
sicuro. Spesso la storia era stata fatta da persone normali, con i loro
problemi, con le loro vicende personali, le loro difficoltà e le loro
insoddisfazioni. Noi eravamo insoddisfatti, certo, ma solo la tenacia poteva
dare un senso alle nostre azioni, al nostro ruolo, per quanto evanescente
potesse sembrare.
Ed
io, non posso negarlo, non vorrei avere altri compagni con me, di fronte a
tutto questo. Nutro una profonda stima per ognuno di loro, anche quando li
critico o mi comporto in modo che sembra mi voglia imporre su di loro, dando
sfogo a quel mio 'egocentrismo che, se può essere da un lato criticato, è
la caratteristica che mi ha mantenuto vivo fino a questo momento. Non vorrei
nessuno al posto di Warnom, di Thorin, Polgrim Adesir, e non vorrei nessuno
al posto di Morick, anche se lo conosco da meno tempo degli altri.
Per
questo ho deciso di copiare queste righe su altrettante pergamene che farò
scivolare sotto la porta dei loro alloggi, perché sappiano tutti cosa penso
di loro. Sono i soli compagni affidabili che abbia incontrato nella mia
seppur breve esistenza. Sono i soli che non mi hanno tradito o venduto, i
soli che si sono presi cura di me quando ne avevo bisogno, ed io voglio che
sappiano che sono fiero di mettere la mia spada al servizio di ciascuno di
loro.
Se
in una storia ci sono degli eroi, forse è proprio in momenti come questi
che vengono fuori. Dimostrando che c'è sempre qualcosa di buono per cui
vale la pena andare avanti, anche e soprattutto quando il fato fa di tutto
per convincerti del contrario. Nel nostro gruppo, nella nostra amicizia, nel
nostro affiatamento c'è la chiave per ritrovare lo spirito e la forza di
proseguire, per far capire al destino che, qualunque cosa lui tenti ai
nostri danni, noi saremo uniti ad affrontarlo e non ci piegheremo, faremo di
tutto per scriverlo con le nostre mani, non quelle altrui.
Spero
che anche Morick legga queste mie riflessioni e torni sulle sue decisioni...