A&P Chronicles 2004-2005 (IV, 1)

Le Cronache della Rinascita

dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 7 Settembre 2120

Parte IV, Capitolo 1: "Una calorosa accoglienza"

Seduta del 19/10/2004

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Le Cronache della Rinascita

dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 7 Settembre 2120

Parte IV, Capitolo 1: "Una calorosa accoglienza"

Seduta del 19/10/2004

Una calorosa accoglienza

ci
volle circa mezza giornata per raggiungere la zona verdeggiante avvistata da
lontano, che preannunciava i lussureggianti boschi del Dorinan, una distesa
enorme e quasi leggendaria di rigogliosa vegetazione che già in tempi passati
era stata eletta a dimora da parte degli elfi silvani. Durante gli anni oscuri
che avevano conosciuto le invasioni themanite, si diceva che l'intera regione
fosse disabitata, ma si sussurrava anche che gli elfi vi avessero lasciato
creature a loro fedeli e magie in grado di impedirne l'accesso agli umani ed
alle altre razze, forse in previsione del loro ritorno, come in effetti era
accaduto. Ora che da meno di un secolo l'Antico Popolo aveva fatto ritorno su
Terala, il Dorinan era tornato ad ospitare gli elfi dei boschi, i più schivi e
misteriosi di quella razza, le cui vie si intrecciavano con quelle degli dei e
della natura e che nessuna delle altre razze avrebbe mai potuto comprendere
pienamente. 

Dopo il lungo ed estenuante viaggio attraverso le Terre Brulle, si prospettava
ora agli occhi della compagnia una terra più ospitale, dove avrebbero potuto
trovare riparo e magari un po' d'aiuto per la loro missione. E tuttavia, non
erano loro del tutto ignote le possibili difficoltà che potevano sorgere in un
contatto con gli elfi silvani, dal momento che il fatto di accompagnarsi con un
nano, un orco e soprattutto un Elfo Oscuro non poteva certo essere la migliore
presentazione agli occhi di quella gente...

Ma
ciò che si parò ai loro occhi superava ogni immaginazione. Dopo gli stenti
patiti nelle Terre Brulle, bastò la sola vista di quella specie di paradiso
terrestre perché ogni freno venisse meno, perché ogni considerazione di prudenza
fosse accantonata, sopraffatta dal desiderio di godere di quelle inimmaginabili
bellezze. Alberi secolari dai tronchi immensi, le cui fronde parevano in grado
di oscurare il cielo tanto erano fitte di foglie e fiori, cespugli che
rigurgitavano bacche di tutti i tipi, frutti carnosi e profumati, fiori di ogni
genere e colore fra i quali si muovevano un'infinità di piccoli e operosi
insetti, animali per nulla intimoriti dalla estranea presenza degli avventurieri
che si avvicinavano loro annusando e ammiccando, ignari anche solo del concetto
di malvagità.

Stremato e con i piedi doloranti, Merpol si portò all'ombra di un colossale
ontano e si lasciò cadere a terra alla sua ombra, sul soffice manto erboso, dove
trasse un sospiro di sollievo. Poco più avanti, un corso d'acqua gorgogliava
con un suono cristallino che già solo all'udito lasciava immaginare acque
limpide ed incontaminate. Oltre la testa del nano, in alto su rami non visibili
al suo sguardo, uccelli di qualche specie non conosciuta gorgheggiavano felici
in una miriade di suoni melodiosi che parvero musica ai loro orecchi. Jack colse
due frutti che sembravano grosse mele rosse e lucide, e indeciso su quale delle
due scegliere, le addentò entrambe inondandosi di succo dolce e rinfrescante,
porgendone una terza a Merpol.

Hond, Foraeean, Mutumbark e Krilzit si avventurarono un poco più avanti, fino a
giungere al corso d'acqua, che scorreva limpido e fresco da un'ampia pozza nella
quale si riversava da una piccola cascata non più alta di due o tre braccia.
Animali della foresta, giunti fin lì per abbeverarsi, li guardavano incuriositi,
per nulla timorosi, mentre pesci di ogni colore e dimensione saltavano a pelo
d'acqua, ulteriore testimonianza della quantità di vita che doveva ospitare quel
luogo ameno. In breve, i quattro si erano tolti i vestiti e si erano tuffati
nell'acqua, godendone il fresco mentre la polvere del viaggio veniva lavata via
dalla loro pelle, assieme ai brutti ricordi. 

ad
un tratto, un improvviso sibilo attraversò la foresta rompendone l'incanto,
seguito da un urlo di dolore. Jack, che aveva impugnato la balestra nel
tentativo di abbattere un daino del quale già pregustava il sapore arrosto, si
ritrovò con la mano destra trafitta da una sottile freccia la cui fattura era
decisamente più fine e raffinata di quelle che avevano mai visto fino a quel
momento. Il mezzuomo, dolorante e grondante sangue dall'arto ferito, si
stringeva con l'altra mano osservandosi attorno, nel tentativo di scorgere chi
gli avesse inflitto l'immeritata punizione, senza esito. Merpol era balzato in
piedi afferrando la sua ascia da guerra, e scrutava i cespugli e gli alberi
senza vedere o udire nulla.

Con
un balzo, Krilzit afferrò i propri vestiti e si nascose all'interno di un
frondoso cespuglio ai margini della pozza d'acqua, mentre gli altri tre
accorsero per vedere cosa stesse accadendo. 

-
Posate le vostre armi - intimò una voce melodiosa in lingua elfica, che solo
Foraeean e Hond compresero, curandosi di riferire agli altri. Prontamente, l'esmeldiano
depose a terra la sua spada, levando le mani verso l'alto, nella speranza che
l'antico anello di famiglia che portava alla mano sinistra fosse notato. Si
trattava infatti di un simbolo che testimoniava i legami di amicizia della sua
famiglia con il popolo elfico, guadagnato tanto tempo prima da un suo qualche
antenato.

-
Posate le vostre armi, tutti - giunse nuovamente la voce, senza che alcuno si
manifestasse ai loro occhi. Merpol e Mutumbark si rifiutavano di obbedire,
nonostante gli inviti dei loro compagni, scrollando la testa con un'espressione
dura e risoluta sui volti pur tanto differenti fra loro.

Passarono alcuni istanti di tensione, ma i due non intendevano cedere.
D'improvviso, alcuni sibili sottili attraversarono l'aria, seguiti da lievi
rumori sulle corazze dei due riluttanti, che si ritrovarono addosso alcuni
piccoli dardi, evidentemente lanciati con le cerbottane. Molti dei piccoli
proiettili erano rimbalzati senza esito sulle armature di metallo, ma alcuni
avevano trovato i punti di giuntura riuscendo a conficcarsi nei piccoli spazi
scoperti dove la pelle era esposta. Merpol crollò a terra, privo di sensi.

- A
me queste cose non fanno niente! - ruggì l'orco, strappandosi di dosso i dardi
mentre digrignava i denti. Quindi, con fare minaccioso, se ne portò uno alla
bocca e ne succhiò la punta, per dimostrare la sua resistenza al nemico. In un
istante, fu a terra anche lui privo di sensi, come il nano.

Solo allora la foresta parve animarsi, rivelando decine di figure fino ad un
momento prima del tutto invisibili, che emersero dai tronchi, dalle fronde, dai
cespugli con i quali erano abilmente mimetizzati. Gli elfi erano
sorprendentemente vicini al gruppo, considerato che nessuno era riuscito a
scorgerli fino a quel momento, e che probabilmente non li avrebbero mai potuti
vedere se loro non avessero desiderato così. I loro volti, dai lineamenti simili
a quelli di Tandel e Gelgoog, erano duri e dall'espressione sospettosa,
abilmente nascosti e resi più fieri dal trucco che gli aveva permesso di restare
nascosti, recavano archi e cerbottane, spade al fianco e abiti appositamente
lavorati in modo da consentire loro la mimetizzazione fra il fogliame, senza per
questo apparire affatto trasandati o privi di cura. Le loro voci erano melodia
pura agli orecchi di coloro che ancora erano in piedi, anche se non dubitavano
della durezza delle loro parole.

-
Cosa fate qui? - chiese quello che doveva essere il comandante del drappello.

-
Nobile elfo - tentò di spiegare Foraeean - la nostra presenza qui è amichevole e
veniamo in pace, non era nostra intenzione...

-
Avete violato la nostra terra, avete mangiato i nostri frutti e sporcato la
nostra acqua, avete tentato di uccidere gli animali - interruppe l'altro. - E
non siete stati invitati. Cosa fate qui?

-
L'orco ha anche insozzato la Pozza della Rigenerazione con i suoi escrementi! -
esclamò un altro, suscitando un moto di disprezzo da parte dei suoi compagni.
Hond levò gli occhi al cielo "no, non può averlo fatto...", ma sapeva in
cuor suo che non aveva motivo per dubitarne. Altri due elfi avevano intanto
scoperto Krilzit, il cui tentativo di nascondersi non era passato inosservato ai
loro occhi attenti.

A
nulla valse il parlare, soprattutto perché gli elfi non erano disposti ad
accettare né le scuse né le motivazioni che i membri della compagnia cercavano
di dare, faticosamente, mentre le accuse venivano rinfacciate loro. Quello che
doveva essere il capo risolse la questione inviando due dei suoi a informare
qualcun altro, presumibilmente il re o una figura similmente autorevole in quel
posto, mentre nell'attesa dava istruzioni per accamparsi agli altri.

Merpol, Krilzit e Mutumbark vennero legati mani e piedi, quindi assicurati con
una fune al tronco di una grossa quercia, confermando agli occhi di Foraeean e
Hond chi fosse nel loro gruppo a suscitare la reazione ostile dei silvani. Le
corde erano sottili ma decisamente più resistenti di quelle che conoscevano, e
si conficcavano nella carne ad ogni movimento, rendendo assai penoso ogni
movimento, o anche lo stare fermi. I polsi del nano e di Mutumbark già
sanguinavano dopo pochi minuti. Jack fu medicato ma venne lasciato libero
assieme agli altri due, ai quali dissero semplicemente di stare seduti attorno
al fuoco, dove all'imbrunire fu servito loro un pasto caldo. Hond fu costretto a
imboccare Krilzit e gli altri due legati, poiché non vi fu modo di convincere
gli elfi a liberarli, neanche temporaneamente. Il capo dei silvani dovette
notare l'anello che portava l'esmeldiano, comunque, poiché dopo lungo
contrattare lo accettò come garante per liberare dalle corde chi avesse dato la
propria parola di non avere comportamenti ostili nei loro confronti; tuttavia,
della cosa beneficiò la sola Krilzit, poiché Merpol e Mutumbark si rifiutarono
categoricamente quella che a loro pareva una resa senza condizioni, soprattutto
per quanto riguardava il cocciuto nano.

passarono
in tal modo la notte e tutta la giornata seguente, senza che fosse possibile
tornare a parlamentare o scoprire in qualche modo quale sarebbe stata la loro
sorte. Non vennero trattati male come forse si aspettavano, ma di certo non
trovarono calore né comprensione, solo sospetto e occhiate storte che non furono
loro risparmiate in nessuna occasione. Gli elfi erano per lo più silenziosi,
calmi, sembravano non affrettarsi e non prendere particolarmente a cuore nulla,
fatta eccezione per l'odio nei confronti di Krilzit e Mutumbark in particolare,
del quale non facevano affatto mistero. Pareva proprio  l'atteggiamento di
chi ha tutto il tempo del mondo e ha visto ogni cosa per non stupirsi troppo
delle cose quotidiane.

La
giornata trascorse all'insegna della noia per alcuni e del nervosismo per altri,
soprattutto per Mutumbark che attribuiva la colpa di quella disparità di
trattamento a Foraeean e Hond, i quali secondo lui non avevano fatto nulla per
intercedere in suo favore. Le corde gli segavano i polsi conficcandosi sempre
più profondamente nella carne, provocando lancinanti fitte di dolore ad ogni
minimo movimento, ma per quanto si sforzasse, neanche la sua forza sovrumana fu
in grado di vincerne la straordinaria resistenza.

Verso sera, infine, notarono un minimo di agitazione che fece loro capire che
dovevano essere arrivate notizie sulla loro sorte. Tuttavia, nonostante i loro
ripetuti tentativi, nulla fu detto loro e quando fu nuovamente il momento della
cena sembrava proprio che il loro destino dovesse restare a loro celato per
chissà quale motivo. Dopo giorni e giorni di carne salata nelle Terre Brulle,
nessuno di loro fece caso al sapore vagamente speziato che aveva la zuppa che
gli fu servita, causato dall'Erba del Sonno che fu loro somministrata in tal
modo. In breve, si ritrovarono a piombare in un sonno profondo e privo di sogni.

Quando riaprirono gli occhi, con loro grande sorpresa, non si trovavano più nel
bosco, non c'era traccia dei silvani e Krilzit, Mutumbark e Merpol non erano più
legati. Si trovavano ora in una grande distesa pianeggiante, movimentata solo da
lievi ondulazioni del terreno che era comunque soffice ed erboso, non arido e
secco come quello delle Terre Brulle. Ovunque si trovassero, erano a miglia e
miglia di distanza dal Dorinan, come potevano intuire dall'orizzonte, anche se
per orientarsi esattamente avrebbero dovuto attendere la notte. I polsi dei tre
che erano stati legati con le funi elfiche non solo non sanguinavano più, ma le
ferite erano quasi completamente rimarginate, il che lasciava intuire che fosse
passata ben più di una sola notte, o che gli elfi si fossero premurati di
prestare loro cure magiche, ipotesi decisamente meno probabile, vista
l'accoglienza.

A
pochi passi da loro, una freccia conficcata nel terreno recava una pergamena
arrotolata, probabilmente un messaggio che avrebbe spiegato loro qualcosa.
Krilzit si mosse per raccogliere l'oggetto, mentre un tonfo sordo alle sue
spalle la fece voltare. Mutumbark, rialzandosi, aveva appena assestato un
violento ceffone di manrovescio a Hond, il quale era andato a cadere seduto
all'indietro, sputando sangue dal labbro rotto.

-
Questo per come ti sei comportato con gli elfi, senza pensare a me! - gli
rimproverò l'orco, che di certo non era tipo da dimenticare i conti in sospeso.
Hond preferì non reagire, e si limitò ad asciugarsi il sangue dalla bocca.

Krilzit nel frattempo srotolava la pergamena, con Foraeean alle sue spalle che
le chiedeva insistentemente di poter consultare quanto vi era scritto. Per
liberarsi dalle insistenze del vecchio, la Drow non seppe far di meglio che
allontanarlo con un calcio che gli piazzò esattamente fra le gambe, il che le
concesse di esaminare con tranquillità il contenuto della pergamena, che solo in
seguito passò a Hond e quindi allo stesso Foraeean. Chiunque aveva scritto
quelle parole, si era premurato di fare in modo che tutti potessero leggerle,
poiché la lingua usata era il Romeldano, la sola che più o meno tutti i membri
del gruppo conoscevano:

 

"L'anello del cavaliere di Elendos vi ha salvato la vita, ciò nonostante non
siete graditi nel Dorinan e non sarete trattati in maniera altrettanto
tollerante qualora vi doveste fare mai ritorno. Il nostro Re, tuttavia, è a
conoscenza della vostra missione e l'ha giudicata meritevole di attenzione,
pertanto vi è stato concesso un aiuto. Non vi sarà necessario recarvi in Auldia
alla ricerca di indicazioni, il luogo che cercate è una piramide che
si trova in questa terra, la cui posizione esatta è di seguito rivelata."

 

Seguivano una serie di numeri, sulle prime assolutamente incomprensibili. Solo
Jack, quando infine riuscì a leggere la pergamena, comprese di cosa si trattava.

-
Sono coordinate! - disse il mezzuomo, allegro, - ma per capire bene dove
dobbiamo andare, bisogna prima capire con esattezza dove ci troviamo...

Jack si sedette a terra ed aprì la sua borsa rossa, cominciando a tirarne fuori
ogni sorta di oggetti. Ciascuno di loro si era rivelato determinante in una
parte della missione che avevano affrontato, ora sembrava proprio che fosse il
suo momento, finalmente.