In passato ho letto diversi articoli interessanti sul fattore fortuna, presente nei giochi in scatola. Ho letto di come questo aspetto possa piacere ad alcuni e non piacere ad altri, e come si cerchi di limitarla o indirizzarla. Questi aspetti non sono quelli che voglio analizzare in questo articolo, ma vorrei concentrarmi maggiormente sul concetto di “alea sottile” e, in un secondo tempo, confutare provocatoriamente l’esistenza dell’alea... Impresa non facile, vero?
L’aspetto che chiamo “alea sottile” è composto da tutte le dinamiche che accadono al tavolo, che rientrano nell’ambito dell’imprevedibilità e in genere non vengono considerate parte del gioco.
Un esempio? Generalmente nei boardgame, una volta deciso il primo giocatore, si procede in senso orario o antiorario. Ognuno di noi ha alla propria destra e sinistra un giocatore, con un particolare e diverso approccio al gioco. Dunque, la posizione che occupiamo al tavolo e i nostri relativi “vicini” possono influenzare l’andamento della partita.
Per esempio, in giochi come Eclipse, avere contemporaneamente alla propria destra e sinistra giocatori combattivi vuol dire dover faticare per esplorare ogni esagono; probabilmente, inoltre, su tre giocatori combattivi adiacenti uno finirà fuori partita entro i primi round. La stessa partita a Eclipse, sarebbe sostanzialmente diversa se i tre giocatori “combattivi” fossero distanti. Anche in Puerto Rico, gioco super blasonato e osannato, l’ordine con cui ci si siede al tavolo è importante. Mettersi dopo un giocatore niubbo o dopo il giocatore che persegue la vostra stessa strategia, può cambiarvi la partita. L’“alea sottile” la troviamo anche in Small World, quando si decide il primo giocatore della partita e si sorteggiano gli abbinamenti razza più abilità. Il primo giocatore, da regolamento, è “quello con le orecchie più a punta” che, oltre a essere preso in giro dagli amici, ha anche il bonus di poter scegliere la combinazione migliore. Il secondo giocatore, quello seduto alla sua sinistra, sarà ugualmente avvantaggiato nella scelta e... il 5° e ultimo giocatore? Peccato, dovrà scegliersi una combinazione più debole o pagare monete per prenderne una più forte e questo solo per causa della sua posizione al tavolo.
Sostanzialmente, la posizione che si occupa può essere un aspetto determinante in una partita, così come l’ordine in cui vengono risolti i turni. Anche volendo regolamentare questo aspetto, comunque ci si troverà sempre con un giocatore che inizia per primo e un giocatore che agisce per ultimo. Si può convenire, pertanto, che è impossibile eliminare completamente il fattore casuale da un gioco. Ma l’errore è proprio questo, cercare di eliminare l’alea piuttosto che imparare a padroneggiarla; sì insomma, imparare a tirare bene i dadi :)!
Vi sarà sicuramente capitato di giocare a un boardgame che comprende grosse, grossissime quantità di alea e il giocatore che vince il 90% delle partite è sempre lo stesso? Posso citare un’esperienza personale banale, quando da sedicenne passavo interi pomeriggi a giocare a Talisman 2° edizione, in compagnia dei soliti quattro amici e la maggior parte delle volte vinceva il solito fortunello. Per chi non conoscesse Talisman, questo titolo viene descritto dai detrattori come “il gioco dell’oca in versione complicata” e anche se questa descrizione è minimamente vera, l’alea permea numerosi aspetti del gioco.
In un gioco estremamente in mano alla dea bendata, le vincite dovrebbero essere distribuite equamente, lo dice “il teorema della campana di Gauss”: come si spiega, invece, il caso in cui a vincere sia sempre la stessa persona? Bara? Ha la sindrome di Gastone Paperone con il quadrifoglio nel cappello?
Come si spiega che il campionato Italiano (anno 2004 e 2005) dei Coloni di Catan sia stato vinto per due anni consecutivi dalla stessa persona che nel 2004 ha vinto anche il campionato mondiale? Coincidenza? Fortuna? Cito i Coloni di Catan, perchè è ritenuto da molti un gioco talmente dipendente dal caso che non vale la pena neanche di essere giocato. Forse, allora tutta questa alea è governabile, anche se si tratta di tiri di dado? Forse, chi meglio si adatta o improvvisa o conosce meglio il gioco, vince ”prevaricando” la dea bendata?
Personalmente, non credo nel concetto di “giocatori sfortunati o fortunati” e concludo esponendo il mio punto di vista:
in qualsiasi gioco, una componente aleatoria di imprevedibilità è presente, ma al tavolo vince comunque chi sa giocare meglio.