Bello e interessante come al solito!
Il gioco "Il Ritorno del Ratto d’Acciaio” uscì inizialmente allegato al numero 10 della rivista di settore Ares Magazine nel lontano Settembre 1981, ed è un solitario puro. In alternativa può essere un cooperativo da due.
In quest'ultima versione si può utilizzare anche la cattivissima e bellissima moglie.
Il giocatore impersona nientemeno che (l’allora) famoso Jim Digriz, ambiguo personaggio protagonista dei romanzi di fantascienza pulp degli anni 60’ e 70’ di Harry Harrison.
In Italia i romanzi con Jim Digriz furono pubblicati in alcuni volumi nella serie Cosmo Oro.
Jim alias il “Ratto d’Acciaio”, deve penetrare in una base spaziale orbitale, dove uno degli occupanti ha sabotato il computer della base stessa inducendo i robot presenti ad aggredire le altre persone.
La base è immensa, dotata di nuclei abitativi, locali di servizio, corridoi, magazzini.
I robot sono utilizzati per ogni tipo di attività, come camerieri, croupier al casinò, barman, utilità generica, sicurezza, ecc…
Alcuni dotati solo di forza bruta nei combattimenti corpo a corpo e altri di laser …o spara-bicchieri da whiskey….
Lo scopo finale del gioco è duplice: arrivare nella stanza del computer centrale e disattivarlo e individuare chi dei sei maggiori indiziati lo ha sabotato.
Arrivare al computer non è semplice, le vie di accesso sono limitate e occorre percorrere praticamente mezza base.
Nel percorso è possibile occasionalmente incontrare anche i sei personaggi indiziati e interagire con loro sia in maniera discorsiva che aggressiva.
La risultante può essere una serie di indizi, che messi insieme permettono di verificare l’alibi dei personaggi, incrociando le varie affermazioni.
LA PREPARAZIONE
Per attraversare la base è necessario un lavoro preparatorio da parte di Jim, scegliere alcuni oggetti che potenzialmente possono essere utili: armi da fuoco, armi da corpo a corpo, tuta spaziale, torcia elettrica, utensili vari quali un taglio al laser, un set di grimandelli per serrature, medi-kit e altro ancora.
Altri accessori calati nell’ambientazione: un bot-slaver, per sottomettere un robot nemico…un solvente per filamenti monomolecolari…armature riflettenti e altro ancora.
I counters degli oggetti poi impongono alcune scelte critiche: alcuni da un lato hanno un altro oggetto, quindi se scegli una spada monomolecolare, rinunci al solvente monomolecolare, oppure se scegli una autorespiratore rinunci al medikit.
Tutto ha un costo in termini di punti e pure questi sono limitati.
Il giocatore ha a disposizione 75 punti da utilizzare per arrivare alla fine del gioco.
Questi punti sono a scalare e si usano: per prendere oggetti all’inizio, per curare stordimenti o ferite, per forzare indizi e altro.
Se esaurisce i 75 punti prima di finire, ha perso.
Gli oggetti vanno poi posizionati addosso nei posti giusti: uno è già in mano, altri vanno riposti in altre tasche, con diversa velocità di estrazione.
Il posizionamento degli oggetti è importante.
Se scassini una porta col grimandello, dopo entri nella stanza con quello in mano, e se ti trovi un Securibot armato di laser, col grimandello non ci fai molto…
Se però decidi di prendere un submachinegun e riporre il grimandello, ma lo avevi posizionato nelle tasche delle gambe e ci voglio due round per tirarlo fuori, non ci fai molto neanche lì…
Si passa poi alla scelta del punto di ingresso nella base.
Jim entrerà da un portello esterno, scelto tra vari disponibili.
La stanza del computer è in una zona molto interna della base, e quindi sei comunque costretto a fare percorsi lunghi per raggiungerla.
Comunque non bisogna neanche avere troppa fretta di arrivarci, perché nel frattempo bisogna raccogliere più indizi possibile per ipotizzare l’autore del sabotaggio.
La base è composta da più anelli concentrici, ruotanti per simulare la gravità e comunicanti tra loro solo tramite alcune zone specifiche.
Gli anelli sono in realtà disposti a livelli decrescenti con uno superiore definito da quello interno e uno inferiore definito da quello più esterno.
Questo è importante, in quanto in situazioni limite c’è la possibilità di usare il taglio al laser per aprirsi dei passaggi tra le pareti e i pavimenti.
L’IMPOSTAZIONE DEL GIOCO
Il gioco consiste nella esplorazione stanza per stanza fino a raggiungere quella del computer centrale.
La impostazione è a paragrafi e il paragrafo viene scelto in base al lancio di dadi. Nel paragrafo stesso si sceglie poi il tipo di stanza in cui ci si trova e si legge l’evento, oppure il risultato del tentativo di apertura della porta.
Nel paragrafo stesso sono determinati gli eventuali oggetti trovati, le persone con cui interagire o i tipi di nemici da affrontare e COME sono disposti rispetto a lui.
Il COME è una delle caratteristiche peculiari dei combattimenti:
Jim Digriz è raffigurato al centro di un bersaglio, che in realtà sono cerchi concentrici rappresentanti la distanza dell’avversario rispetto a lui e rispetto anche alle quattro posizioni cardinali.
In quei cerchi vengono quindi posizionati sia i nemici che i compagni occasionali di viaggio.
Jim può ruotare e muoversi e il sistema ruota e si muove in funzione sua.
Il comportamento dei nemici è dato da automatismi regolamentati da tabelle e diagrammi di flusso.
La impostazione grafica consente di posizionare poi sul personaggio stesso gli oggetti e le ferite.
Ogni paragrafo può consentire anche diverse scelte, un po' in stile librogame.
AMBIENTAZIONE E GRAFICA
Il gioco è molto curato come ambientazione e grafica.
Prima di tutto occorre evidenziare che lo stesso Harry Harrison scrisse un racconto breve introduttivo al gioco, allegato nella rivista, per calare nell’atmosfera.
In aggiunta, la grafica dei personaggi e del gioco stesso fu fatta da Timothy Truman, noto fumettista dell’epoca.
Quindi personaggi di tutto rilievo all’epoca.
La sua tuta nel gioco ricorda quella di Judge Dredd, in quanto in quel periodo fu creata una serie a fumetti disegnata da Carlos Ezquerra, appunto famoso per Judge Dredd, quindi l’influenza stilistica era pesante.
Il tabellone di gioco è un esempio di perfetta ottimizzazione degli spazi, da cui dovrebbero imparare alcuni creatori moderni di giochi da tavolo.
Senza bisogno di schede personaggio a parte, tutto è presente e ruota intorno alla raffigurazione del personaggio: posizione e presenza ferite, posizione e presenza oggetti, posizione e presenza nemici, posizione e presenza compagni di viaggio (robot catturati o personaggi reclutati).
Come completamento, la base spaziale è circolare ad anelli concentrici, e circonda il personaggio.
Nel resto del tabellone sono presenti tutte le tabelle necessarie allo svolgimento del gioco: sequenza dei turni, risoluzione conflitti a fuoco, corpo a corpo, decompressione, ecc…
La parte cromatica è frutto di due scelte: una puramente estetica, con colori accesi tipici da fumetto anni 70, una altra puramente utilitaristica ( anche qui da cui dovrebbero imparare i creatori moderni di giochi da tavolo), con assegnazione del tipo di stanze in base al colore, il livello di pericolosità nella sezione degli scontri in base al colore, ecc.
IMPRESSIONI E RIGIOCABILITA’
Il regolamento è ostico, come si conviene a quelli dell’epoca, comunque molto completo.
L’impegno in termini di ore di gioco è elevato, a causa del tempo di attraversamento della base stessa.
Personalmente ci ho messo almeno tre ore.
Si può intendere come una avventura immersiva in uno dei romanzi di Jim Digriz, di livello di difficoltà medio.
Il gioco sicuramente ha delle parti ripetitive, visto che è un susseguirsi di test per aprire porte, esplorare stanze, trovare vie alternative e combattere nemici.
Queste sono calmierate comunque dalla parte narrativa dei paragrafi che sicuramente tengono alta l’attenzione sugli eventi e l’ambientazione.
Dal punto di vista tecnico hanno garantito una certa rigiocabilità del titolo, in quanto è previsto un sistema abbastanza articolato per definire dei pacchetti di indizi e personaggi sempre variabili.
I sospettati sono solo sei, ma gli indizi sono potenzialmente 216, e di quelli ce ne sono associati in generale solo 36 per sospettato, e in ogni partita ne vengono coinvolti solo 6 associati ad un numero risultante da un lancio di dado a inizio partita.
Quindi è difficile statisticamente per almeno 5-6 partite che capiti un indizio noto.
I paragrafi relativi alle stanze sono 66, ma ognuno è diviso a sua volta a seconda del tipo di stanza, quindi ognuno ha descrizioni specifiche dedicate per coprire 330 stanze differenti, in aggiunta a 66 tipi di casualità per l’apertura delle porte.
Si arriva poi in aggiunta ai 66 paragrafi, ad altri 159 paragrafi di eventi.
Quindi uno sforzo enorme che per diverse partite darà i suoi frutti.
Il ruolo dei dadi è determinante, non solo per la scelta degli eventi, ma per la gestione di tutti i combattimenti.
I risultati sono influenzati comunque dai parametri delle armi o degli utensili, quindi il gioco non procede completamente random.
Vale la pena ai giorni nostri?
Personalmente sì, ma con moderazione.
Il gioco non è esente da difetti e la meccanica di avanzamento del gioco a paragrafi, dopo un po' comincia a diventare ripetitiva.
E’ senza dubbio una avventura o esperienza interessante, da fare un paio di volte l’anno, che ti fa immergere in un mondo fantascientifico per niente desueto.
Non c’è niente di strampalato o curioso nelle descrizioni dei luoghi o nei tipi di oggetti. E’ perfettamente collocabile anche ai giorni nostri come data di creazione, a parte le meccaniche figlie dei suoi tempi.
Ho trovato più cura e originalità in questo gioco, preparato in pochi mesi dagli autori di una rivista, che in molti giochi moderni, dove talvolta vengono usate meccaniche senza guizzi di originalità e dove la esplorazione di una base spaziale o astronave è sempre e solo impostata alla Doom e con l’indispensabile utilizzo di secchiate di miniature sempre più grandi…
Anche stavolta il mio consiglio è di provarlo, per chi ne ha la possibilità, partendo dalla premessa però che non è per tutti.