Ho apprezzato l'articolo, credo sia motivo di miglioramento un pò per tanti di noi.
Il gioco è un'attività innata negli esseri umani (e non solo), ma non per questo dovremmo arrogarci il diritto di credere che tutti sappiano giocare bene. Il gioco umano, in particolare quello adulto tanto amato qui in Tana, è un'attività sociale estremamente complessa, che implica regole di comportamento peculiari, in generale diverse da quelle della vita quotidiana. Quanto segue è il frutto di anni di esperienze con giocatori di ogni pasta: una proposta di tre "regole d'oro" che, se ogni giocatore si impegnasse a rispettare, rimuoverebbero la gran parte dei disguidi o malcontenti che si verificano dentro o intorno alle partite.
Chiunque è in grado di guardare un film. Eppure, non tutti sono sempre in grado di capire ogni film che vedono. Chiunque è in grado di guardare un dipinto, ma non tutti sono in grado di apprezzarlo. Lo stesso si potrebbe dire di qualsiasi forma d'arte. Un'opera d'arte degna di tale nome dovrebbe essere in grado di lasciare il segno su chiunque, tuttavia è innegabile che prima di poterne fruire è necessaria una certa educazione: ogni espressione artistica ha un suo linguaggio che deve essere padroneggiato per poterne cogliere i contenuti.
Lo stesso concetto si può applicare anche al gioco. Così come per poter apprezzare un Picasso è necessaria una certa cultura della storia dell'arte, anche per apprezzare un Caylus è necessaria una certa cultura ludica. Ma nel gioco, rispetto alle altre forme d'arte, c'è un elemento peculiare che non troviamo altrove: l'interazione sociale. Un film, una musica, un dipinto in genere vengono fruiti "da soli" (magari con qualcuno al proprio fianco, ma il rapporto con l'opera è uno-a-uno), un gioco per poter essere fruito ha bisogno di una compagnia, e quindi necessariamente la qualità della fruizione ne è inficiata. Giocare ad un gioco con pessimi giocatori è come guardare un film sul cellulare anziché al cinema: il film è sempre lo stesso, ma dubito che qualcuno ritenga indifferenti questi due diversi modi di vederlo.
Anche per giocare, insomma, è necessaria una certa educazione. O almeno, per giocare "bene". Di seguito, propongo una serie di tre "Regole d'Oro" con relative implicazioni specifiche, concepite dopo anni di esperienze di gioco per creare una sorta di codice di comportamento condiviso che permetta di educare rapidamente i giocatori inesperti e di evitare la gran parte dei litigi e dei malcontenti che si possono generare intorno ad un tavolo da gioco (in realtà, il discorso è applicabile a qualsiasi forma di gioco, non solo da tavolo).
Le Regole d'Oro del buon giocatore
Ogni giocatore dovrebbe tenere a mente, in ogni istante in cui sta giocando, le seguenti regole:
- La regola del divertimento: il fine ultimo di ogni giocatore è il proprio e altrui divertimento.
- La regola del buon senso: ogni giocatore deve sempre impiegare il massimo del suo buon senso.
- La regola del metagioco: ogni giocatore deve avere sempre ben chiara la distinzione fra gioco e metagioco.
NB: con "metagioco", termine dalla difficile definizione, si indicano in genere tutti gli elementi che creano contatti tra il mondo "chiuso" del gioco e la realtà: tutto ciò che esce dal gioco e va a contaminare la realtà, o viceversa tutto ciò che dalla realtà va a contaminare il gioco.
Osservazioni
Dalla Regola del divertimento discendono le seguenti conseguenze:
- Il divertimento di ognuno è prioritario rispetto alla corretta applicazione delle regole, all’esito della partita o a qualunque altro elemento che non rientri nel metagioco. Ad esempio, se tutti i giocatori preferiscono giocare a Puerto Rico con i punti vittoria visibili perché non apprezzano l'elemento di memoria nei giochi strategici, dovrebbero farlo senza porsi il problema "ma sulle regole è scritto cosà".
- Se per un qualunque motivo inerente al gioco non ti stai divertendo, dovresti evitare di esternare il tuo malcontento agli altri, a meno che il farlo non sia esplicitamente ed univocamente mirato a rimuovere la causa di tale sentimento. Ciascuno dovrebbe essere in grado di valutare l’effettiva utilità della sua esternazione, ricordando la Regola del buon senso. Cioè, ad esempio, evita di ripetere continuamente "questo gioco fa schifo" mentre gli altri invece si stanno divertendo: la tua esternazione non ha alcuna utilità se non quella di inficiare il gradimento medio del gioco da parte del gruppo; meglio conservare tutti gli improperi per il dopo partita (lì ha senso: stai dicendo che non vorrai rigiocarci). Se, invece, ti dà fastidio che il tuo amico dia continui suggerimenti all'altro, allora la tua esternazione "stai zitto, così non mi diverto" ha senso di esistere perché è volta a rimuovere una causa di malcontento.
- La gran parte dei giochi che prevedono un vincitore risultano divertenti se ogni giocatore fa tutto ciò che è in suo potere per vincere, chiaramente senza contravvenire alle regole del gioco e alle tre Regole d’Oro. Se decidi di giocare, impegnati al massimo per vincere, altrimenti rovinerai il gioco agli altri.
- Aspettare in genere non diverte. Ogni giocatore dovrebbe sfruttare tutti i tempi morti che ha per pianificare le proprie azioni, così da minimizzare l’attesa altrui durante il proprio turno.
Dalla Regola del buon senso discende:
- Il ripensamento di una propria azione dovrebbe essere ammesso fintantoché sia trascorso poco tempo e nessun altro evento inerente al gioco sia accaduto, in particolare mosse o commenti che aggiungono informazioni determinanti. Chiaramente, fanno eccezione i giochi in cui questo sia esplicitamente proibito dal regolamento, ad esempio i giochi di destrezza. Naturalmente, sempre che per alcuni questo non vada contro la Regola del divertimento. La tolleranza-zero nei confronti dei ripensamento può aumentare i tempi morti: un giocatore indeciso, se una volta che lascia il pedone non può tornare indietro, penserà alla sua mossa molto più tempo del necessario; di contro, un'eccessiva tolleranza porta a serie di ripensamenti a catena ("allora se tu non facevi questo neanch'io facevo quest'altro...") che rendono infernale il fluire del gioco.
- Anti-kingmaking: ogni giocatore dovrebbe sempre giocare con il fine di migliorare la propria posizione. Se non può vincere, deve comunque sempre ambire al miglior posto in classifica possibile. Ad esempio, se si trova a dover scegliere tra attaccare il primo in classifica e rimanere ultimo (magari, però, consegnando la partita al secondo) oppure attaccare il penultimo per superarlo in classifica, non dovrebbe avere dubbi nello scegliere la seconda opzione.
- Il libero dialogo inerente al gioco, durante il gioco dovrebbe essere sempre consentito, a meno che non sia esplicitamente proibito dalle regole. Questo, chiaramente, salvo che per alcuni non vada contro la Regola del divertimento (v. relativa osservazione 2). Tra amici, si dovrebbe sempre giocare per stare insieme, e non stare insieme per giocare: parlare liberamente durante una partita migliora la qualità dei rapporti sociali.
NB: se ve lo state chiedendo, la risposta è no: chiaramente non tutte queste regole di comporamento sono applicabili in contesti che non siano il gioco fine a sé stesso, svolto per il solo scopo di divertirsi; ad esempio, non sono applicabili durante un torneo.
Dalla Regola del metagioco discende:
- Una scorrettezza legale (ossia prevista dalle regole) all’interno di un gioco non deve avere alcun tipo di ripercussione nella vita reale, così come qualunque rapporto (di simpatia, di amicizia, di antipatia, ecc.) nella vita reale non dovrebbe avere alcuna ripercussione nel gioco. Fanno eccezione a questo le partite “di prova” (ad esempio, quando si gioca con un bambino o quando per alcuni è la prima partita di un gioco impegnativo).
- Un’azione nel gioco non deve essere volta a influire su partite o giochi diversi da quello in corso. Ad esempio, un giocatore che è stato attaccato non dovrebbe contrattaccare ripetutamente l’altro giocatore (magari perdendo la partita) con il solo fine di dissuaderlo dal fare altrettanto in partite successive.
- Un giocatore non dovrebbe prendersela sul personale se viene escluso da un tavolo perché in quel gioco non è molto bravo: se la partita non è "didattica" (cioè fatta con lo scopo di insegnare il gioco a chi non lo conosce), chi è esperto di un gioco difficilmente riuscirà ad apprezzare una partita poco competitiva. Non è cattiveria: semplicemente, non si divertirebbe.
Spero con questo articolo di aver fatto cosa gradita alla comunità. Sia ben chiaro che questo non vuole essere un punto di arrivo, bensì un punto di partenza: commenti e opinioni a riguardo sono assolutamente auspicati!