CHIUSO Chronicles of Drunagor: Age of Darkness

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Babbano
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Ciao a tutti, posso chiedere se e cosa verrà rilasciato come traduzione oltre il regolamento? Tipo le porte, il libro scenari, interazione, si sa qualcosa? Grazie
 

Kuraudio

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Ciao,
adesso che stanno togliendo il coprifuoco volgiamo cominciare la campagna. Siamo già in 3 e giochiamo una volta la settimana di sera. C'è qualcuno di Alessandria/Novi Ligure che vorrebbe unirsi?
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Sir_Alric_Farrow

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Sir_Alric
"Ho bisogno di una nemesi, altrimenti mi distruggerò. E di una nemesi non nell'infinito, chissà dove e chissà quando, ma qui, sulla Terra, che la possa vedere anch'io". (Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov).

L'essenza di molti eroi è definita dalla loro natura, dalle motivazioni che li muovono e dalle caratteristiche che li rendono unici. Condizioni disperate od estreme mettono alla prova questi paradigmi, costringendoli a conoscere i propri limiti e a superarsi, superandoli. Di solito questo avviene attraverso il confronto con l'operato di un agente adeguato, personificato nella fattispecie da un temibile figlio di buona donna, o per meglio dire la propria nemesi.

Sherlock Holmes, maestro di logica deduttiva, ha nel machiavellico Professor Moriarty la propria nemesi. He-Man, depositario dei poteri ancestrali del Castello del Teschio Grigio, ha nella perpetua e crudele ambizione di Skeletor la propria nemesi. Per Batman, paladino della giustizia forgiato dal contrasto tra una culla dorata e il sangue che l’ha indelebilmente macchiata, la nemesi è l'entropica ed imprevedibile astuzia del Joker. E qual è la nemesi del potente Sir Alric Farrow, una vita passata a fare crawler nei dungeon, campione di spada, pugna e sotterranei? Semplice. I cubbbetti e i giochi coi cubbbetti. Due mondi divisi come cielo e terra, come i mari e le fiamme.

Eppure per temprare una spada invincibile occorrono fuoco ed acqua.

Eppure in natura esiste, infinito alla vista, il filo dell'orizzonte.

Il tenebroso Sir Alric oggi condivide con voi le proprie impressioni riguardo il gioco che si è preso stabilmente il tavolo degli eroi da quando è arrivato nella mia magione. Non v'è stato un giorno, uno solo, senza almeno un po' di Chronicles of Drunagor da quando mi è arrivato.


PREMESSE SULLE IMPRESSIONI

Nato come giocatore da tavolo ai tempi di Heroquest, penso di aver giocato Advanced Heroquest ed il primo Warhammer Quest più degli stessi autori. Dai tempi di Space Hulk, fino a Jaws of the Lion, Sir Alric li ha provati tutti i giochi di un certo tipo. Come dico spesso, ho mandato in pensione, anticipata e non retribuita, più cattivi dei dungeon crawler (e affini) io col mio maglio che la previdenza medievale. Unica eccezione, Bloodborne, perché ho promesso ad un fratello di spada di giocarlo con lui a fine estate nella versione in lingua italiana.

Un cavaliere che non fa di tutto per onorare la propria parola vale ben poco, anche quando gli impegni presi, le promesse fatte, i cimenti e le sfide si accumulano. Franz, Kurokage, The Player, Raivan, Gatsu, Diago, Ocean, Zagarna, Victor, Kopalekor, Doc, Cosarara… non ho dimenticato nessuno di voi. E nemmeno altri che non so se leggono. Grazie per la vostra attenzione e stima.

Un guerriero respira, onora un proprio impegno, espira, abbatte un mostro. Senza sosta. Senza esitazione. Senza dubbi. Magari ci vorrà tempo. I mulini a vento degli Dei macinano lentamente, ma molto molto finemente.

Veniamo a noi. Come capire il valore delle impressioni e i parametri dell’imponente Sir Alric? Il suo gioco preferito di questo genere è Gloomhaven. Ho giudicato molto degni anche Conan della Monolith (per la meccanica dell’energia e per la resa di alcune dinamiche d’azione), Gears of War (per l’intelligenza artificiale) e il già citato Jaws of the Lion.

I giochi ai quali ho dedicato più ore in assoluto sono la prima e la seconda edizione di Descent, Viaggi nelle Tenebre. Questione di fede. C’è chi è ateo, chi credente. Io sono descendente. Delle loro lacune e di come sono invecchiati si può parlare tranquillamente, in maniera matura, civile. Poco prima di essere gettati nelle segrete del mio castello.

Sono stati apprezzati moderatamente, al netto di vari difetti, Sword & Sorcery, Assalto imperiale, Blackstone Fortress, Perdition Mouth, Forbidden Fortress (e Shadows of Brimstone), Darklight. Ma non hanno meritato un posto nella Sala degli Eroi.

A Castel Farrow non è stata gradita la presenza di Dark Souls, Dungeon Saga, Warhammer Quest Silver Tower, Massive Darkness, Mice & Mystics. Via, lontano dalle nostre mura!

Non sono stati citati tutti, bensì solo quelli che sovvenivano alla mia mente nel tempo di un boccale di sidro, tanto perché ciascuno possa tarare le impressioni che seguono sulla base di gusti simili o meno.

Infine è giusto dire che ho provato solo il gioco base de Le Cronache di Drunagor, più le due espansioni Il Deserto di Sfregio-Inferno e il Drago NonMorto. Niente Luccanor, niente aggiunte, nient’altro.


LE CRONACHE DI DRUNAGOR, L’ERA DELL’OSCURITA’
(breve ma mica tanto breve panoramica sul gioco in due parole, o forse ventimila parole, per chi non lo conoscesse)

Un regno fantasy, Daren. Una storia di conflitti tra popoli e razze. La scoperta della Magia. Un Male antico. L’avvento dell’Oscurità. La lotta disperata di un gruppo di avventurieri, o forse di un solo eroe, per salvare il destino dei mortali.

Trattasi di gioco da tavolo, di genere dungeon crawler con miniature, completamente cooperativo e per un numero di giocatori compreso tra 1 e 5, incentrato su combattimenti tattici ed esplorazioni, su mappe composte da tessere divise in caselle a quadretti, progressivamente rivelate durante l’incedere dei protagonisti. Esiste una modalità competitiva, ma è solo una variante sviluppata in maniera non approfondita. I nemici degli eroi saranno gestiti da un sistema di intelligenza artificiale. Non richiede applicazione, né strumenti tecnomantici di altro tipo. Può essere giocato in forma di partita singola, ma è stato concepito per dare il suo meglio giocando una campagna che lega molti scenari uno dopo l’altro.

Cosa contraddistingue in maniera più spiccata codesto gioco da altri di genere simile? Secondo me sono sei aspetti.

(I) Il meccanismo dei cubbbetti azione. (II) Scenari a tre dimensioni, con mappe che si sviluppano su più livelli, e porte rivelatrici. (III) L’eroe, definito da una combinazione di identità, classe e ruolo all’interno del gruppo. (IV) Il tracciato dell’Iniziativa. (V) Il ruolo svolto dall’Oscurità. (VI) Il libro delle interazioni.


IL MECCANISMO DEI CUBBBETTI AZIONE
E LE CONDIZIONI DI SCONFITTA

(ovvero, la sintesi di Sir Alric, questa sconosciuta)

I malvagi cubi che in altri giochi rappresentano noiosi lavoratori, raccolti di grano, fasci di legname (che se ne occupi il siniscalco delle questioni del volgo!), qui vanno a rappresentare le epiche azioni degli avventurieri sotto il vostro controllo. Probabilmente la scelta dei cubbbi, al posto di lucide gemme affini ai tesori dei dungeon, o di token medievaleggianti, è stato un deliberato affronto da parte della casa produttrice brasiliana nei confronti di Castel Farrow. Qualcuno l’ha pagata cara per questo. Ovvero il “nemico finale” della campagna, sul quale ho sfogato la mia acredine. Non sul drago nonmorto. Per quello non è stato necessario molto livore, purtroppo…

Comunque.
In ogni turno ciascun eroe può compiere 3 azioni. Una è un movimento "gratuito", di 3 caselle, che può essere eseguito tanto ortogonalmente, tanto in diagonale. Le altre due richiedono la spesa di un cubo cadauna, a scelta tra quelli a disposizione del vostro eroe.

I cubi sono di diversi colori: quelli gialli sono dedicati agli attacchi in mischia, alla resistenza e alla forza fisica, quelli rossi agli attacchi a distanza, alla mira e alla precisione, quelli verdi al dinamismo, alle evasioni, alle acrobazie e all’agilità in genere, quelli blu alla saggezza, al misticismo e alla sfera mentale del vostro personaggio. A grandi linee e con eccezioni. Vi sono altri colori legati a casi specifici. Ovviamente diversi eroi avranno una differente disponibilità di cubbbetti. Come potete immaginare, il personaggio scelto da Sir Alric era più giallo del sole.

Il cubbbetto selezionato verrà spostato dalla riserva di disponibilità dell’eroe (rappresentante le sue energie) e posto su uno spazio relativo ad una delle abilità disponibili (all’inizio ve ne sono 8, tipicamente 2 per colore, ma col progredire se ne sbloccheranno altre) sulla scheda dell’eroe o su altre capacità/oggetti specifici.



L’azione associata allo spazio cubo appena occupato verrà immantinente eseguita e poi resterà bloccata finché quel cubo non verrà rimosso. Ciò tipicamente accade quando l’eroe compie un’azione (gratuita, non costa cubi) di recupero: lo deve fare obbligatoriamente quando resta senza cubi a disposizione ma può farlo anche prima, se giudica la propria dotazione non adeguata alla situazione che sta affrontando (deve avere non più di due diversi colori di cubi nella riserva). Li riporta quindi tutti nella riserva, rifiatando. Ma in quel momento acquisisce un cubo nero (o più d’uno, in certi casi come quando si giocano le avventure singole), maledetto e pregno di tenebra, che deve porre su una delle proprie abilità, bloccandola.

E’ la rappresentazione dell’Oscurità che va a corrompere l’eroe man mano che perde lucidità e che le sue difese interiori aprono pericolose brecce. E’ possibile rimuovere cubi neri con azioni speciali legate alla purificazione dalle forze oscure, alla meditazione o alla propria forza d’animo, ma non è un qualcosa di banale o scontato. L’altro meccanismo che va a bloccare gli spazi azione sono i cubbbetti viola: nel momento in cui un eroe perde tutti i suoi punti vita, deve acquisire un cubo viola Trauma che deve giustappunto collocare su una delle proprie abilità. Rappresenta le gravi ferite che ne limitano l’azione. Tuttavia, seppur parzialmente limitato e sofferente, continuerà l’avventura.

Cubi neri e cubi viola costituiscono anche la condizione di sconfitta per gli eroi. Se un eroe arriva a possedere 6 cubi neri, o se un eroe che ha già un cubo viola vede nuovamente azzerarsi i propri punti vita, il gruppo perde lo scenario. Le condizioni di vittoria invece sono correlate allo scenario stesso e molto spesso si scoprono giocandolo.

Alcune azioni-effetti sono delle reazioni, attivabili al di fuori del proprio turno: ad esempio un eroe può schivare un attacco, riducendo il danno subito, contestualmente spostandosi. Anche la protezione fornita dalle armature viene attivata in codesto modo.

Vi sono poi abilità/azioni di colore grigio, tipicamente legate ad effetti passivi. Inoltre una buona parte delle azioni non richiedono un cubetto di un singolo colore specifico, ma permettono di collocarne uno a scelta tra due o più colori (comunque indicati nella zona di attivazione dell’azione stessa), ampliando le opzioni tattiche di ciascun avventuriero.

Ogni eroe ha poi delle capacità speciali, dette focus: durante il gioco è possibile “concentrarsi” e preparare quell’azione speciale, aggiungendo appunto un gettone focus ogni volta. Durante il turno dell’eroe sarà possibile scartare un numero di gettoni focus pari al numero indicato da una delle proprie capacità di quel tipo per utilizzarla automaticamente, in aggiunta alle altre azioni facenti parte della propria attivazione. Ci si prepara quindi durante le fasi più tranquille, per poi dare il meglio di sé o prodursi in manovre spettacolari successivamente.

E’ possibile usare i due cubetti del proprio turno anche per muoversi una seconda o addirittura una terza volta. Vi sono poi tutta una serie di azioni minori, eseguibili gratuitamente ma non più di una volta a turno per ogni tipologia d’azione stessa: scambiare oggetti, aprire forzieri (c’è un dado specifico che ci fa capire se accade qualcosa di brutto nel farlo), aprire porte, esplorare punti di interesse. Alcune di queste possono essere eseguite solo se non siamo ingaggiati da un nemico. I nemici vanno abbattuti prima. Sempre. Trattasi di questione igienica e socialmente utile. Siate virtuosi e impartite loro l’unica lezione che sanno comprendere: un braccio forte, un maglio pesante.

E’ anche possibile che qualcosa provochi in noi un affaticamento, che comporta il dover rinunciare temporaneamente ad un cubbbetto fino al momento in cui li recupereremo nuovamente tutti.


GLI SCENARI A TRE DIMENSIONI E LE PORTE RIVELATRICI



La mappa si sviluppa su diversi livelli d’altezza, essendo composta da tessere quadrettate che vengono appoggiate su vassoietti in plastica made in Game Trayz (chiaramente questa innovazione di peso è sempre citata insieme al nome della casa produttrice, e ciò è giusto, costituendo un progresso per l’umanità secondo solo all’invenzione della ruota, alla scoperta del fuoco e al concepimento dei giochi deckbuilding).


La mappa viene rivelata progressivamente attraverso l’apertura delle porte; quest’ultime sono costituite da foglietti di carta abilmente ripiegati a mostrar la foggia d’antica soglia; ma all’apertura della porta, il foglietto-porta verrà spiegato ed aperto, rivelando un breve testo atto a descrivere come prosegue la storia, la mappa della zona successiva con posizionamenti di nemici e dettagli, le regole speciali per quell’area oltre a varie ed eventuali.



Le porte sono numerate e specificamente legate agli scenari, ma presentano un codice a s-barre (le segrete stavolta non c’entrano) tecnomantico che permette di collegarsi al mare della rete, venendo reindirizzati ad una versione alternativa di quella medesima area. Metti che vuoi rigiocare la campagna dopo millemila scenari (18) e ti ricordi ancora tutto. Quindi codeste porte diventano un frammento, delocalizzato, del manuale delle avventure.


EROE, CLASSE E RUOLO

Ogni avventuriero è definito dalla propria identità, con nome, scheda, immagine, punti vita e abilità disponibili tra sbloccate e sbloccabili. Ad essa viene associata una Classe, come ad esempio assassino, mago, ranger, guerriero o chierico (e altre). La personalizzazione ulteriore è il proprio Ruolo all’interno del gruppo, scelto tra questi cinque: Difensore, Controllore, Aggressore, Condottiero, Supporto (e basta). Ciascuna di queste scelte apre un proprio albero o colonna di azioni, che vanno realmente a rendere unico il proprio personaggio, ampliando le possibilità di scelta man mano che l’eroe acquisisce nuove capacità col progredire dell’esperienza.




IL TRACCIATO DELL’INIZIATIVA

L’ordine di turno non viene tirato casualmente, non riguarda il senso orario, non è intervallato in maniera regolare o alternata tra avventurieri e nemici. Le Cronache di Drunagor presenta un tracciato, nella forma di una lunga barra orizzontale componibile, che mette in sequenza e sempre nello stesso ordine gli eroi in base al loro ruolo all’interno del gruppo: prima gioca il Difensore, poi il Condottiero, a seguire il Controllore, il penultimo è il Supporto e infine tocca all’Aggressore. Sempre e comunque.

Resta inteso che i turni di attivazione di ruoli che non sono stati scelti (con 4 o meno eroi in gioco) vengono semplicemente saltati. Quando i nemici entrano in azione e vengono collocati sulla mappa, è la loro carta statistiche ad indicare tra quali ruoli degli avventurieri vanno collocate le rispettive posizioni di attivazioni. Il tracciato dell’Iniziativa vede anche posizionati su di essi degli indicatori di effetti speciali che vengono man mano attivati durante l’avventura: le Rune, pescate dall’apposito sacchetto quando lo scenario lo richiederà.


L’OSCURITA’

L’Era dell’Oscurità. Non un mero sottotitolo d’effetto, bensì una chiara indicazione del tema che emerge e diviene ben concreto anche grazie alle meccaniche: i cubi neri, maledetti, acquisiti quando si effettua un recupero dei cubbbetti usati, pian piano corrompono l’eroe, avvicinandolo ad una delle due condizioni di sconfitta. Poi vi sono le inquietanti tessere Oscurità: esse vanno a ricoprire parte del suolo durante le avventure, danno una sensazione di tenebra viva et presente, andando a seguire gli eroi, accompagnano il loro cammino e trasmettendo un'impressione palpabile, concreta, di come il male stia prendendo il sopravvento in questo regno in pericolo.


L’Oscurità danneggia gli avventurieri che camminano al suo interno. Esserne avvolti o averla vicino, va ad aumentare il danno inflitto dai mostri e diminuisce le possibilità degli eroi di andare a segno con i propri colpi. Molti temibili antagonisti vengono potenziati dall’Oscurità. Ricordate, compagni d’arme: non v’è peggior nemico d’uno, oscuro ed evanescente, privo d’un corpo che voi possiate percuotere col vostro maglio. Ma se l’Oscurità in Druganor è il Male, voi eroi e il vostro rintracciarne l’origine, sarete la Cura.


IL LIBRO DELLE INTERAZIONI

Durante le avventure incontrerete alcuni punti di interesse. L’atto di dare attenzione, con azione gratuita ma limitata nei tentativi, alla zona che presenta codesti elementi degni di nota, ci porterà ad una pagina specifica del Libro delle Interazioni.



Queste interazioni presentano un’immagine spesso evocativa o d’effetto, con una gamma di possibilità tra le quali potremo scegliere cosa fare e quindi a che pagina andare a leggere le conseguenze, in puro stile iper-testo (o storia a bivi): alle volte saranno richieste delle prove tra le più disparate, come di forza, agilità o intelligenza, per le cui probabilità di riuscita, oltre ad un fattore aleatorio ad ampio spettro di varianza statistica (tira e prega), conterà anche quanto si è versati in quella tipologia di interazione ovvero quanti cubbbetti possiede il nostro eroe di un determinato colore.


LE IMPRESSIONI DEL PRODE SIR ALRIC RIGUARDO
“LE CRONACHE DI DRUNAGOR, L’ERA DELL’OSCURITA’”


Drunagor è un gioco spettacolare e bello a vedersi. Vi piacerà.

A meno che non siate tra coloro che pensavano ai livelli di altezza e ai mitici vassoietti su cui appoggiare le tessere mappa come ad un autentico elemento distintivo, fortemente caratterizzante all’interno delle meccaniche. Non lo sono. Aspettate, devo chiamarli col loro nome, che la casa produttrice ne va tutta fiera: Game Trayz. Certo, sono un elemento di sostanza. Nel senso che occupano gran parte della scatolona del gioco. Avete visto che spettacolo, l’arrivo del kickstarter, con le sue dimensioni monumentali? Chissà quanto spazio avrebbero richiesto i componenti di gioco, senza questa cosa dei vassoiett… Game Trayz.

E come funzionano poi, a livello di regole? Se sei più in alto hai il 10% in più di colpire qualcuno che si trova più in basso. Pochino, ma il peggio è che accade raramente di trovarsi in questa situazione. Va bene, ma il movimento? Spostarsi dall’altezza 0 all’altezza 1 di una mappa non comporta penalità. Ugualmente dal livello 1 al livello 2. Va bene, ma se invece voglio passare direttamente da altezza 0 ad altezza 2 sto praticamente scalando una parete alta quanto il piano di un palazzo, sicuramente avrò ardue difficoltà… uh, no. Richiede solo il costo di una casella aggiuntiva di spostamento. In un gioco in cui un personaggio si muove gratuitamente di 3 caselle a turno, e se vuole impegnarsi può arrivare a 9, il passaggio tra due livelli di altezza estremamente diversi penalizza quanto un colpo di tosse.

Ad agosto esce Descent Leggende delle Tenebre che, pur richiedendo un’applicazione, quando sei su scale, ponti sospesi e in equilibrio precario, di cose spettacolari e significative ne fa accadere diverse. E non è un gioco che si basa solo su quello.

Tuttavia il tenebroso Sir Alric dichiara senza mezzi termini che la resa visiva di una mappa di Drunagor a missione completata fa davvero la sua bella figura. Gli ha ricordato molto una sua impresa giovanile, quando affrontò i cimenti de La Leggenda di Zargon (Legend of Zagor, gioco dell’Anno del Signore Supremo 1993), attraverso aree appoggiate su piattaforme di plastica, collegate da ponti di ossa e passerelle insidiose. L'aspetto di Drunagor intavolato, con le sue tessere mappa sfavillanti e i suoi diversi livelli di altezza, è ovviamente di gran lunga superiore.
28 anni dopo ci sta.






Drunagor è un’opera del brasiliano Creative Games Studio. Drunagor è stato consegnato mediamente 10 settimane dopo la data di consegna indicata. Che, in ambito di kickstarter, è quasi come spedire il gioco in anticipo. Ambiziosi, creativi, promettenti, veloci. Va considerato perché è veramente degno di menzione.

Peccato per qualche piccolo dettaglio. Chissà se qualcuno, quando sono state progettati i vassoi porta token, ha provato mai a verificare se i token vi entrassero davvero tutti e bene. Chissà, chissà. Qualcuno avrà mai provato a riporre, anche solo una volta, le tessere Oscurità, nei vani preposti? No? Nessuno si è accorto che non c’entrano?

Sicuramente erano febbrilmente occupati in attività di revisione e playtest. Nel frattempo qualcuno del loro staff, certamente spinto da giullaresca simpatia, progettava le dimensioni delle scatole del gioco. Belle, sono belle. E uniche. Nel senso che ciascuna ha dimensioni sue e le misure sono tutte diverse. Ma l’arte non la puoi imbrigliare, l’arte non la puoi chiudere nell’armadio ordinatamente, va messa in mostra nella sua ispirata disorganicità. Una soluzione possibile sarebbe gettare le scatole, coi loro bei disegni, e mettere tutto in un forziere.

Non si sono presi nemmeno una settimana in più, consci che il gioco era già perfetto. A parte qualche sottigliezza. Qualcuna. Apri una certa porta, leggi il foglietto e capisci che le informazioni contenute sono sbagliate. Ti colleghi al mare della rete (col rischio di spoilerarti una campagna lautamente pagata), scoprendo che altri hanno già scritto, su BGG o altrove. E lì, di là, ovunque, c’è un educatissimo “CreativeGameStudio Customer Service Representative” che scrive: “Ciao a tutti, come state? Effettivamente la porta va interpretata come ha scritto poco prima di me quel bravo giovine, non come abbiamo scritto noi sul mitico foglietto porta che vi abbiamo spedito”.

Succede. Pure Mage Knight ha avuto le sue carte sbagliate.

Poi incontri un’interazione sul mitico libro delle interazioni. Fai la tua scelta. Ti ritrovi in un anello cieco della storia. Non se ne esce. Allora torni nel mare della rete (col rischio di spoilerarti una campagna lautamente pagata), e c’è già la discussione pure su questo. Ed è ancora lì, messer cortesia: “Ciao a tutti, come state? Effettivamente il paragrafo da leggere lo ha capito perfettamente il giocatore che ha scritto prima di me. Seguite quello che ha detto lui (qui su questo sito non nostro e non ufficiale del gioco), non il paragrafo del libro interazioni che avete pagato e che vi abbiamo spedito noi".

Chi ha giocato da tavolo per anni sa che queste cose possono accadere.

Poi seguono le regole delle tessere oscurità. Elemento cardine del gioco. Spiegate bene, benissimo, anzi no, spiegate meglio dopo.

Poi una delle avventure avanzate della campagna, che se fate una certa cosa capite che non è stata testata mica con tutte le combinazioni di eroi e capacità, proprio no. Poi lo scenario della campagna del Drago NonMorto, di parleremo inevitabilmente dopo ma che rappresenta qualcosa di indecoroso. Quello status-condizione è indicato e spiegato qui sì e lì no. La non spiegazione esplicita, a cavallo tra due avventure, che le rune e l’Oscurità andavano gestite in una certa maniera. E ancora, e ancora. Ogni volta cerco. E trovo. E c’è sempre lui. “Ciao a tutti, come state? Effettivamente avete ragione…”. Solo su BGG questa cosa appare un numero di volte tale da farmi osservare con malevole intenzioni lo spadone e la tastiera.

Drunagor. Bizzarra distribuzione delle informazioni. Avventure testate molto, ben bilanciate, provate con diversi eroi e classi, soprattutto all’inizio. Ma il playtest si è rivelato piramidale. Perché con l’avanzare della campagna, gli equilibri sfarfallano gradualmente e cominciano ad accadere cose strane: picchi di difficoltà o di facilità, a seconda di quello che avete scelto, ma estremi. Tipico delle campagne testate molto all’inizio ma solo con determinati personaggi verso il finale. Ovviamente, per scrivere questa cosa, non ho giocato la campagna una sola volta.

E poi accade l’orrore: distratto dal sidro e dalla battaglia, lascio cercare Lady Farrow, che legge uno spoiler. Lady Farrow odia gli spoiler pure nelle barzellette. Da quel momento in poi decido di scrivere il mio parere al rappresentante molto cortese. Avevo appena terminato la mini campagna del Drago. Il cui finalone è stato bilanciato dal cugino stolto di uno degli autori, e testata da nessuno.

Il rappresentante mi ha risposto, chiedendomi come stavo. Ed effettivamente ha ammesso che c’era stato qualche problema. Ma ha promesso che con l’edizione riveduta e corretta del “manuale delle regole” molto verrà risolto. In versione digitale. Nessuno ha parlato di spedirmi una versione cartacea corretta di manuale delle regole, delle avventure, della porta errata, del libro delle interazioni sbagliato. Lo capisco anche, queste sono cose che fa la Monolith e pochi altri.

Drunagor è un gioco bello a vedersi ed appagante. Vi piacerà.

A meno che non siate tra coloro che hanno acquistato l’espansione del Drago NonMorto, pensando che con quella miniatura, massiccia e di presenza, avreste fatto qualcosa di diverso dall’utilizzarla come soprammobile. Quanti hanno scelto di acquistare quell’espansione, rapiti dal Drago? Dalla sua immagine, dalla postura, dalla miniatura? Quanti hanno giocato la mini-campagna del Drago?

Io frequento il forum della Tana solo sporadicamente, ad intervalli. Eppure mi vengono in mente i nickname di almeno una trentina di goblin, presi al volo, che testando quelle avventure si sarebbero resi conto degli errori di concetto giocandole anche una sola volta.

Si scrive playtesting e controllo qualità dei testi, si legge rispetto verso i sostenitori della campagna. Perché se miniature, immagini e presentazioni di meccaniche sono la promessa (per attirarmi), il patto (per rendermi tuo sostenitore), poi funzionalità delle meccaniche e playtesting accurato sono il mantenimento di quella promessa e di quel patto. Non solo del gioco base. Anche delle espansioni.

Ma loro erano al loro primo vero progetto impegnativo. E hanno consegnato rapidamente. Lo hanno fatto per non far aspettare i sostenitori, per farli giocare subito. Nessuno a Castel Farrow ha osato, nemmeno per un istante, gridare (ma dirlo con tono di voce normale sì) che la consegna in tempi rapidi era motivata dal voler lanciare in tempi brevissimi la nuova campagna della ristampa, con l'espansione finale. Speriamo che non correggano solo il manuale delle regole, con la ristampa, ma tutto. Speriamo che rivedano anche qualche scenario. Speriamo che pensino ai sostenitori della prima ora, quelli che hanno permesso al sogno di realizzarsi.

Comunque Drunagor è un gioco soddisfacente e spettacolare.

L’importante è che al suo interno non vi aspettiate di trovare un vero e proprio sistema di Intelligenza Artificiale. Quello di Drunagor è un sistema più innovativo, più diretto: a Castel Farrow la chiamiamo Prevedibilità Artificiale.

I mostri muovono sempre prima di attaccare. Attaccano sempre dopo aver mosso. Muovono verso il nemico e lo attaccano. Attaccano sempre quello che ha più punti vita. Sempre. Se hanno un’arma a distanza e sono in mischia, prima si allontanano, poi attaccano. Insomma, attaccano. Se possono attaccare più persone, si muovono in maniera da attaccare più persone. Colpiscono automaticamente. Il danno è fisso.

Sempre così? Sempre così.
Ogni mostro? Ogni mostro.
Variazioni? Non scherziamo.

Ce n’è uno di mostro, uno. Che ha la prerogativa Cercasangue. Lui è diverso. Vuole attaccare il più debole degli eroi. Pussavia in un’espansione e mostrati poco, mostro cattivo! Rischi di complicare la questione a questi bravi giovani che vogliono pensare a governare il proprio personaggio, mica affrontare un avversario complesso e multisfaccettato.

Diamine.
Sono rimasto stupito dall’idiozia degli autori di tutti quei giochi cooperativi che si sono dannati l’anima nell’ultimo quindicennio per inventare sistemi comportamentali a mazzetto di carte, a carta tarocco, ad applicazioni, ad albero di casistiche, a tabella.

Chissà quanto tempo ha impiegato lo staff di Gears of War, per bilanciare con certosina precisione il numero di caselle di spostamento e il danno inflitto da ogni carta A.I. Quanti insulti si sono presi gli autori di Sword & Sorcery, che con fervore avevano ideato tutta una pletora di azioni e tattiche, modificatori ed opzioni, per i loro mostri, per finire con l’annoiare i giocatori rallentati da un sistema troppo pesante. Che sciocchi coloro che hanno concepito l’applicazione Road of Legend per Descent seconda Edizione, inserendo due o tre comportamenti unici per ciascun mostro, legati a poteri e caratteristiche specifiche: due o tre; non troppi da rendere il gioco imprevedibile e casuale, ma abbastanza da portare il giocatore ad apprendere i vari approcci di ciascuna creatura, stimolando adattamento, tattica previsionale e soluzioni dedicate.

Non serviva tutto questo sforzo. Senza saperlo, Zombicide era un pezzo avanti. Certo, lì sono tutti zombie. Qui nemici diversi. Ma mica vorremo fare come in Gloomhaven, che la gente dopo un po’ ha buttato i mazzetti e si è affidata ad un’applicazione gestionale? Giochi intelligenti, mica mostri intelligenti.

Persino un giochino leggerino come Legend of Drizzt, senza complicare le cose, aveva creato un piccolo quadro di casistiche per i suoi mostri. Una carta per tipologia di mostro, due o tre opzioni cadauno. Comunque leggibili prima, prevedibili, senza sorprese. Deterministico. Ma con varietà e un pizzico di studio, anche poco poco, per ogni creatura. Tutto in una carta.



Le Cronache di Drunagor, nuovo fenomeno cooperativo-dungeon crawler di inizio decennio, spernacchia rumorosamente chi studia mazzi specifici e chi investe in applicazioni: dovrete pensare solo al vostro eroe; i nemici saranno numerosi e forzuti facinorosi che non faranno altro che caricarvi in maniera diretta. Non vi minacceranno mai con la strategia o con una scelta di design, tutt’al più con tanti danni, resistenza ed effetti speciali fissi.

Ma forse l’esperto Sir Alric ha capito. Forse l’obiettivo degli autori è rendere il gioco snello, rapido, lesto. Non si deve perdere tempo con la gestione mostri in Drunagor, bisogna giocare e vivere l’avventura tutta d’un fiato.

Uh, mica tanto.

L’avventura procede aprendo le porte rivelatrici. E lì parte la ricerca da parte dei giocatori dei componenti per creare la nuova area. Anche prevedendo una buona organizzazione, non impiegherete poco per creare le nuove aree. Io ho risolto chiamando sempre la pausa-partita, all’apertura delle porte. Chi doveva mandare messaggi, chi doveva riempire i bicchieri, chi recarsi nelle sale da bagno reali (o nelle latrine, a seconda del posizionamento sul tracciato dell’iniziativa). Ma nella sostanza, il tempo che avete risparmiato non affrontando un nemico intelligentemente automatizzato, lo spenderete cercando i componenti di ogni nuova area. Descent Seconda Edizione aveva affrontato efficacemente il problema, mantenendo sì l’esplorazione progressiva, ma indicando ad inizio avventura quali tessere mappa e componenti sarebbero state necessarie lungo lo sviluppo della stessa, magari impedendo che il tutto diventasse troppo prevedibile ed inserendo bivi o una o due tessere in più all’elenco, raramente chiamate in gioco da effetti rari.

Ma forse il potente Sir Alric ha compreso. Drunagor vuole essere un gioco il più deterministico possibile, limitando gli elementi aleatori o eccessivamente vari, creando una ragnatela di elementi prevedibili che diano soddisfazione anche al giocatore più teutonic e che mettano al riparo da sorprese.

Uh. Mica tanto.

C’è il dado.
A venti facce!

Si, quel dado dalla mostruosa varianza statistica, che può essere piuma un momento e ferro due istanti dopo. Non parlo dei dadi a sei facce di Cyclades, quelli con due “1”, due “2” e due “3”, che alla fine fanno vincere le guerre praticamente quasi sempre a chi era più forte. No no, proprio quell’infame poliedro che ora dice 3, ma può dire anche 18, così, in leggerezza. Il simbolo american dei giochi american. Deterministico come un'Orca Cola rovesciata sul tabellone.

Ma comunque si usa poco. Solo per i tiri per colpire degli eroi. E per i test degli eroi.

Poco è meglio?

Mi sovviene alla mente una partita che ebbi modo di giocare alla Guerra dell’Anello contro un esperto di numeri, statistica e altre amenità, per me che sono esperto di spade e magli. Mentre gli entravo con i troll dentro Lothlorien, trasformando le fontane di Galadriel in una piscina per goblin, lui amabilmente mi spiegava, con una penna e un pezzo di carta che poco prima era stato un tovagliolo del ludopub La Civetta sul Comò, che nei giochi con i dadi, il fatto di avere tanti tanti tiri durante la partita rendeva più probabile che i risultati si avvicinassero alle medie statistiche rispetto ai giochi che di tiri ne prevedevano meno, e che quindi andavano più incontro alle casistiche estreme. Io annuivo e muovevo sudroni e mumakil verso le montagne dei nani, preso da guerra e conquista. Ma ora ho rammentato quel colloquio.

In ogni caso tira 1d20 e aggiungi un modificatore, cercando di eguagliare un valore soglia. Almeno si può dire che è una meccanica originale, fresca. Almeno quello. O no? L'avete mai vista da qualche parte?

Dicevamo che il dado non si tira sempre. Se usate una capacità magica, l’effetto è automatico, senza tiri o test. Questo è strano. In molti giochi la magia è potente, misteriosa, ma rischiosa. L’acciaio è limitato, terreno, ma fedele e sicuro. Qui la situazione è capovolta. Sulle prime mi sembrava anti-climatico. Ma apprezzo il tentativo di differenziare in qualche maniera la meccanica degli effetti magici dal resto delle azioni. Preferivo una demarcazione più spiccata ed immersiva, come quella di HeroQuest o Dungeon Saga, ma devo ammettere che alla fine questa regola funziona a dovere e dopo un po’ scorre che è un piacere.

Comunque il valoroso Sir Alric non vorrebbe sembrare troppo polemico.
Infatti Drunagor è un gioco divertente e presenta una lunga campagna. Vi divertirà.

A meno che non siate tra coloro che si aspettano una trama scritta particolarmente bene. Proprio no. In fondo un gioco da tavolo non è un libro. Chi vuole un nuovo Tainted Grail, dove a un certo punto leggere gli eventi è più appassionante di quanto funzionino le meccaniche? Chi vuole Sword & Sorcery, dove chi vuole solo picchiare il nemico è costretto a leggere paragrafi e paragrafi, per nulla avvincenti? Tranquilli, anche qui la trama non l’ha scritta mica uno scrittore.

L’ha scritta un esperto di giochi. Avete presente la situazione, no? Chi non ha un tizio del vicinato che il giovedì fa il master di Dungeons & Dragons e che per questo si sente un gran bardo? Ecco, questi tipi non sono mica quelli pagati per scrivere libri o articoli. Il livello di scrittura è questo qui, i sacchi d’oro quelli pesanti devono andare a coprire miniature e campagna crowfunding. Che la storia sia sempre la stessa tanto lo si scopre a gioco pagato, ricevuto e giocato. Il male antico, gli eroi, il regno in pericolo. Ha sempre funzionato, finché il gioco diverte.

Certo Drunagor non fa molto per costruire una sua mitologia, un mondo pieno di flavour, una realtà in cui vi immergerete, sognando di vederne magari il film. E’ un simulatore di avanzata, esplorazione e botte. Bisogna muoversi rapidamente, altrimenti i cubetti neri diverranno troppi. Bisogna picchiare duro, altrimenti ci picchia la Prevedibilità Artificiale e prendiamo i cubetti viola. I personaggi vi sembreranno affetti da narcolessia, le volte in cui l’introduzione sarà: “Ti svegli e sei lì, il perché non lo sai, forse è meglio fare qualcosa”.

Va detto comunque che Drunagor è un gioco zeppo di eroi, classi e di combinazioni, sia tra loro che con i ruoli all’interno del gruppo. Vi piacerà.

A meno che non pensiate che questo possa diventare un difetto.

Le combinazioni di costruzione del personaggio sono moltissime. Questo vi rende davvero protagonisti. Avete l’eroe tizio, di classe wow, con ruolo mariuolo? Avete raggiunto la penultima missione della campagna? Ora siete i veri protagonisti. Perché state giocando ma anche perché siete forse i primi a farlo in quella maniera. Lo state testando voi quel personaggio costruito così in quella determinata missione. A meno che non pensiate che i nostri certosini autori abbiano fatto testare davvero tutte le combinazioni possibili nella maggior parte delle missioni.

Come dite? Gli eroi vi sembrano slegati a livello di motivazione dalla storia? La storia non sembra mai parlare ai vostri personaggi? Dei vostri personaggi? E come potrebbe? Come può, chi ha scritto la trama, sapere se siete Jade la paladina o Tork l’orco? Lo sapete che i giochi modulari devono mettere al centro di tutto la missione, perché potenzialmente chiunque deve essere in condizione di affrontarla.

Anche questo è vero fino ad un certo punto. Mettiamo che stiate giocando con un solo personaggio, in solitaria, o magari in coppia. Riporto come la penso sull’argomento, da un discorso fatto ai tempi per Sword & Sorcery, ma che calza ancor meglio.

Sir Alric, per quanto riguarda la fantasy in generale, ha le idee chiare ed ama dividere tutti i tipi di personaggio in due sole categorie. Nette, distinte, separate e lontane come lo sono gli antagonisti del cavaliere nero e le loro speranze di sfuggire al loro destino.

Ci sono cavalieri, guerrieri, barbari, berserker, templari. Gente fiera, diretta, essenziale, micidiale. Li riconosci perché sono i migliori in quello che fanno e perché ciò che fanno è bello e giusto: fare male ai propri nemici e sopravvivere a chi dovesse avere i medesimi propositi nei loro confronti. Pochi trucchi, poche esitazioni, poche storie: vivere è combattere e loro sono i dominatori del combattimento.

Poi ci sono tutti gli altri, quelli che il possente Sir Alric è solito chiamare, con generosità e nel rispetto del codice di cavalleria, gli scappati di casa. Gente che scassina serrature, ama libri e biblioteche, fa giochi di prestigio, evoca altri esseri per fare ciò che non sono in grado di fare da soli. Li riconosci perché non possono brandire armi enormi, perché a volte hanno le orecchie appuntite e perché costituiscono un pavido ammasso d’umanità che, nella vita, deve sempre capire come scalare ed aggirare mura e difficoltà, quando la cosa più giusta è buttarle giù le mura, le difficoltà e pure tutto il resto.

In mezzo ci sono duellanti e spadaccini, artistucoli della lama convinti di avere stile se combattono con fioretti e aghi troppo cresciuti, senza sapere che quando il magrolino con lo stuzzicadenti incontra il colosso con la bipenne, il magrolino dura poco. “Infilzali con la punta” va bene al massimo in taverna con i salsicciotti dell'oste. Gli scappati di casa sono stati concepiti, agli albori del genere fantasy, per non avere soltanto il protagonista poderoso e gagliardo sulla scena. Cambia poco, le cose serie le deve sempre fare lui, ma ai cantastorie e scribacchini divertiva l’idea di circondarlo di furfanti-giullari, stregoni sapienti e pocofacenti, religiosi molto devoti e pieni di divieti.

C’è chi disinnesca trappole alle quali il vero eroe comunque sopravvivrebbe. Chi si nasconde tra le ombre quando a nascondersi dalla tua ira che tutto può travolgere dovrebbero essere i nemici. I peggiori sono i maghi, arroganti e complicati. Possono far male, più o meno quanto un guerriero. Ma se gli metti le mani addosso resistono molto meno di un guerriero e a quel punto l’arroganza scompare in un attimo.

Ecco, se giocherete tutta la campagna di Drunagor in solitaria o in coppia, io ad almeno un tizio di sostanza penserei, ascoltate Sir Alric. Che lì fuori c’è gente prevedibile ma poco cordiale: avanzano sempre, attaccano sempre, colpiscono sempre, fanno danno fisso e non ridono alle vostre battute: raccontargli che siete bravissimi a scassinare le serrature potrebbe non servire.

Parlavamo del legame tra trame e personaggi. Ad agosto esce Descent Leggende delle Tenebre. Costa uno stonfo e ha dentro solo sei eroi, dei quali peraltro NON apprezzo molto l’aspetto ed i disegni rispetto a quelli di Drunagor. Ahhhh, se la guerriera di Leggende delle Tenebre somigliasse di più alla barbara del Deserto di Sfregio-Inferno!

Dicevamo, solo sei eroi. Senza scelta del ruolo all’interno del gruppo, senza selezione di classe. Ciascuno dei sei ha tutto il suo kit di avanzamento, molto corposo, con tantissime scelte, ma quello è. Il punto però è che quei sei sono stati testati moltissimo e per tutta la durata della campagna. La campagna è scritta su di loro, accadono cose proprio a loro sei. Perché anche se ne usate di meno, sono tutti presenti nella trama. Vivranno gli eventi da protagonisti perché quelli sono i loro eventi. Io non ho empatizzato molto con i personaggi che ho usato in Drunagor. Mi ha divertito il loro utilizzo, a livello di capacità e su un piano tattico. Ma non è accaduto nulla che me li farà ricordare negli anni avvenire. Mi sono rimasti molto più impressi personaggi di altri giochi, come Assalto Imperiale (con le missioni dedicate!), Case della Follia, Eldritch Horror e persino Time Stories o Tainted Grail. Sono delle formidabili e fredde macchine da guerra, questi qui, e mi piace la cosa. Perfette per chi cerca esclusivamente questo. Da guerriero navigato ve lo assicuro, lo fanno benissimo.

Vorrei adesso dire che Drunagor è un gioco appassionante ed adrenalinico. Vi piacerà.
A meno che non crediate che qualcuno si è impegnato per creare degli intermezzi tra le varie avventure minimamente rilevanti. Niente eventi cittadini, niente indagini, niente scelte, niente forgiature, niente interazioni di collegamento. Niente.

C’è la carta accampamento, che vi riassume in pochi punti quello che dovete fare a fine avventura. In modo che volendo, possiate cominciare subito la successiva.

Se odiate le attese e quello che volete è giocare subito, Drunagor ha la fase di intermezzo che fa per voi. Inesistente. A costo zero. L’hanno pensata una sera dopo aver visto un film. Se pensate che quasi tutti gli autori di altri giochi hanno quantomeno provato ad inventare qualcosa di nuovo, interessante e funzionale, forse siete troppo critici. Forse.

Prima di eiettare sentenze, dovete rammentare che Drunagor si candida a diventare la pietra di paragone per questo genere di giochi. Sicuramente vi piacerà.

A meno che non siate giocatori pretenziosi che amano valutare con cura i posizionamenti, cercando zone poco raggiungibili dai nemici o dando vita a tattiche di coperture e di interposizioni. Non serviranno. Perché ci si muove in diagonale, l’acqua vi fa perdere al massimo 1 casella di movimento solo la prima volta che ci entrate dentro durante il vostro incedere, scalare diversi livelli di altezza è uno scherzo, volerete come brezza e le pareti verticali non vi fermeranno.

Se volete, potete usare tre azioni per muovervi di una cosa come 9 caselle, sempre se non avete capacità speciali legate al movimento. E le avrete, oh se le avrete. E vale anche per i mostri. Sono prevedibili ma veloci, hanno un movimento medio da centometrista: siamo in una specie di Zombicide deterministico, ma al posto degli zombie abbiamo dei velocisti. Vi raggiungeranno quasi sempre, poco da stare a studiare il posizionamento, anche perché se vi allontanate troppo, vi perdete gli obiettivi e i cubi scorrono. Ma tanto attaccano sempre quello con più punti vita: esponete lui, riempitelo di bonus difensivi e picchiate forte. Sempre. Siete lì per questo.

Alcuni giochi hanno le caselle. Altri hanno le aree. Drunagor ha entrambi. Ha le caselle a quadretti e le aree che raggruppando quadrati di 2 caselle per 2. Usa le caselle per certe cose, come per il movimento. Usa le aree per altre, come il raggio d’azione degli effetti.

Castle Ravenloft, nell’Anno de Signore Supremo 2010, per questo fatto di avere un sistema doppio di caselle ed aree, utilizzate alternativamente per diversi effetti, è stato giudicato un gioco dal design confuso e dalle dinamiche poco eleganti. Oltre al fatto delle sue contraddizioni interne, con il dado da 20 per i tiri per colpire ma i danni fissi per eroi e mostri.

Va detto però che a me, sia in un giochino come Ravenloft, e ancor di più in un gioco massiccio come Drunagor, la doppia scelta di caselle-aree mi sembra ben pensata e funzionale.


Drunagor merita molto. Vi piacerà, con i suoi colori sgargianti.
A meno che non siate affetti da daltonismo.

Alcuni giochi sono concepiti pensando anche a giocatori con problemi di questo tipo.
Ad agosto esce Descent Leggende delle Tenebre. Un gioco moderno, che pensando anche a chi vive questa difficoltà, presenta dadi di colori ma anche forme diverse. Inoltre gli indicatori identificativi dei nemici presentano sia una connotazione cromatica che un numero di tacche diverso tra l’uno e l’altro, proprio per mettere i giocatori affetti da questa problematica sullo stesso piano degli altri.

Per molti sono soltanto aggiunte superficiali. Ma la falange funziona quando riesce a chiudere gli scudi al meglio, anche se uno dei propri membri è ferito. E’ una questione di attenzione.


CONSIDERAZIONI FINALI

Considerato tutto quello che ha scritto, il potente Sir Alric non può ritenere Le Cronache di Drunagor il dungeon crawler definitivo. Troppi problemi, troppi errori, troppi punti discutibili. Non con quell’intelligenza artificiale semplicistica. Non con quella povertà emotiva a livello di coinvolgimento con i personaggi. Non con quella gestione dei movimenti.

Il voto del mai generoso Sir Alric nei confronti di Drunagor è però un 7 pieno. E sarebbe stato anche un po’ più alto, senza alcuni scivoloni a livello di presentazione e playtest. Un voto pari a 7, dato da qualcuno che pone come confini in questo ambito il 9 dato a Gloomhaven e il 4 riservato a Dark Souls. Mediamente il 70% dei voti che ho rilasciato su BGG vanno dal 5 al 6, ho controllato poco fa.

Perché un voto così alto? Dopo tutte queste apparenti critiche?

Perché l'aspetto più importante in un gioco da tavolo è come rende quando lo si gioca, e il temibile Sir Alric con Drunagor si è divertito moltissimo. Come dissi per Conan della Monolith, ma in questo caso ancor di più, al netto di tanti difetti, quando la meccanica fondamentale di un gioco funziona a meraviglia, quando ti fa ragionare e ti mette di fronte a scelte concrete, questo ha un peso enorme sul suo valore.

Giocare a Drunagor è appagante. Il belligerante Sir Alric ama la battaglia. Combattere in Drunagor è avvincente. La scelta di ogni singolo cubetto da usare, da scartare, anche solo il colore, ha su di sé tutto il peso del destino dell’eroe.

E’ vero, c’è il dado a venti facce. Ma a parte gli 1 e i 20 naturali, che rispettivamente fanno perdere un cubetto di fatica e raddoppiano i danni inflitti, tutto il resto crea un’alternanza tra colpi a segno e altri a vuoto, che finiscono per rendere speciale la magia, infallibile e priva di tiri.

L'Oscurità è tema e meccanica al medesimo istante. E' viva, ti segue, ti corrompe. E' attorno a te. E' dentro di te.

Le interazioni e il loro libro non sono quasi mai decisive, ma aiutano ad immergerti, se non nel mondo o nell’animo dell’eroe, almeno pienamente nella scena e nell’ambiente esplorato.

Detesto l’attivazione dei mostri. Ma hanno il pregio di essere contraddistinti da effetti caratterizzanti e di essere divisi tra un adeguato numero di ranghi e tipologie. Non sono moltissimi ma fanno il loro sporco lavoro.

L’evoluzione del personaggio è soddisfacente. Tante possibilità, che si concretizzano col peso di nuove azioni che si sbloccano. E sul ragionare al meglio, per combattere meglio, combattere sempre, senza sosta. Questo è il bello di Drunagor. Questo è il pane del guerriero.

Consiglio di acquistare il gioco di base Le Cronache di Drunagor a tutti gli appassionati di Dungeon Crawler. Solo il gioco base. Questi signori al momento non si meritano di più. Il gioco base basta e avanza per godersi il gioco a lungo, ed il meglio è tutto lì.

Se proprio non resistete e volete un’espansione, puntate sul Deserto di Sfregio-Inferno. La mini-campagna è passabile e i due eroi barbari al suo interno sono interessanti.

Ma più che prendere espansioni, ascoltate Sir Alric. Prendete solo il gioco base. Vi basterà. E scrivete agli autori. Fategli i complimenti… per il gioco. Ma chiedete correzioni. E cura sulle espansioni. E attenzione.

Si scrive attenzione. Si legge rispetto.
Se siete sostenitori, pretendetelo sempre.

Da guerriero a guerrieri,
uniti nel gioco e nella battaglia.
 
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LudicoPedro

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Complimenti a Sir Alric.
Riguardo le considerazioni sui livelli di altezza del dungeon ed il raggio d'azione dei nemici mi permetto una considerazione. Se inizialmente risulta complicato e occasionale trarre vantaggio dal primo ed evitare il secondo, dopo alcuni avanzamenti dei personaggi è più facile trovare soluzioni interessanti pur privilegiando l'economia delle azioni/ cubi.
 
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Grazie come sempre @Sir_Alric_Farrow , c'è stato un arrivo in concomitanza nella mia dimora di Chronicles of Drunagor, la wave 1 di S&S Ancient Chronicles e Bloodborne versione KS. Al momento sto giocando a quest'ultimo e poi mi dedicherò a Drunagor, spero di godermi molto la parte di combattimento perchè effettivamente i difetti che hai descritto fanno calare un po' anche il mio entusiasmo.
 

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Grazie moltissime al prode Sir Alric per la pazienza e la passione con cui dispensa la sua esperienza! Utilissime indicazioni in vista dell'imminente rilancio del titolo su Kickstarter!
 

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Lode al poderoso Sir Alric Farrow!!! I suoi scritti di divulgazione ludica sono preziosi come l'oro per me! :inchino:
 

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Lode al poderoso Sir Alric Farrow!!! I suoi scritti di divulgazione ludica sono preziosi come l'oro per me! :inchino:

Grazie moltissime al prode Sir Alric per la pazienza e la passione con cui dispensa la sua esperienza! Utilissime indicazioni in vista dell'imminente rilancio del titolo su Kickstarter!

Il cupo Sir Alric è lieto di aver fomentato belligeranza in tanti compagni d’arme. Gloria a chiunque segua la via della spada e del coraggio

Complimenti a Sir Alric.
Riguardo le considerazioni sui livelli di altezza del dungeon ed il raggio d'azione dei nemici mi permetto una considerazione. Se inizialmente risulta complicato e occasionale trarre vantaggio dal primo ed evitare il secondo, dopo alcuni avanzamenti dei personaggi è più facile trovare soluzioni interessanti pur privilegiando l'economia delle azioni/ cubi.

L'indomito Sir Alric concorda su questo. Tuttavia il fiero Sir Alric ritiene che il peso effettivo nelle meccaniche dei livelli di altezza in gioco non sia debitamente commisurato allo spazio che occupano i Game Trayz nelle scatole e al tempo aggiuntivo che richiede integrarli quando si assembla una mappa. Soprattutto durante la "campagna di raccolta sostenitori" sembrava giocassero un ruolo determinante. Secondo me sono solo un'aggiunta, anche se interessante. Per fortuna va considerata anche la resa visiva che donano alle mappe e che permette quindi, nel complesso, di considerarli un elemento globalmente promosso. E in effetti molto Sir Alric è stato lieto di poter far precipitare i suoi avversari dalle altezze di Drunagor, questo è vero, accade sovente di poterlo fare ed è cosa giusta.

Complimenti Sir_Alric_Farrow per l'ottima recensione. Middara l'hai mai provato? Mi piacerebbe sentire anche le tue opinioni in merito

Sì, il prode Sir Alric sa.
Il potente Sir Alric ti sosterrà.

Per non spezzare il sacro cerchio del rispetto del tema, chiamerò in causa un paio di volte Drunagor, nonostante, a mio dire, si tratti di giochi concettualmente molto diversi, pur abbracciando il medesimo genere.

Sicuramente già saprai che parliamo di un cooperativo con miniature per 1-4 giocatori. Esiste anche la modalità competitiva, ma è una lama meno affilata rispetto a quella di nativa concezione, anche se non aggiunta tanto per farlo, come in altri casi. Un po' ci hanno lavorato su.

Il pilastro di Middara è la storia, che si sviluppa in un mondo sospeso tra fantasy ed estrema modernità tipica di molti tecno-giochidiruoli in salsa nipponica, come la celebre saga della Fantasia Finale.

Si possono giocare anche scenari singoli, ma qui a ha poco senso: Middara è una cosa sola con la sua campagna, che è molto lunga.

Le ore complessive necessarie per giocare due volte i 18 scenari dello scrigno base di Drunagor, più una decina di missioni in sessione singola, più una volta la minicampagna del Drago NonMorto e due quella del Deserto di Sfregio-Inferno, insomma parecchie, sono state senz'altro inferiori rispetto a quelle da me investite nella sola saga principale di Middara. Esperienza comunque a suo modo unica giocarla tutta. Se ci riuscirete. Sono quasi 500 pagine di Libro dell’Avventura.



C'è molto da leggere. Si gioca, ma si legge anche tanto. Parecchie scelte si effettuano relativamente alla trama: incidono profondamente su di essa ma le si assapora veramente soltanto se si è interessati alla storia. Amare quella tipologia di ambientazione può aiutare, perché alcuni eventi strizzano vistosamente l'occhio ai paradigmi della futurfantasia e agli esponenti tecnoludici del genere, e quindi piaceranno a chi ne è fervente seguace. Rispetto a Drunagor, in Middara l'ambientazione è molto più sfaccettata, delineata e curata.

Però c'è del testo prima degli scenari, dopo gli scenari ed anche, inizialmente nascosto, all'interno degli scenari. Quindi bisogna scegliere con attenzione con chi giocarlo. A costo di sacrificare i fratelli di spada più tosti, di giocare soltanto in due o tre, scartate a priori e senza remore i compagni d'arme che già sapete sono meno interessati a flavour e trame. Farete loro un favore.

Qui meglio essere lungimiranti e convocare più una damigella appassionata di Fantasie Finali e serie animate dal taglio sospeso tra le prospettive adolescenziali e il dramma (ma che ami davvero anche i giochi da tavolo però!) che i guerrieri più inossidabili. Non sidro. E’ un gioco da calici di vino, da degustare in pochi, convinti, pazienti e proni a farsi rapire dalla vicenda, con fasi da lettura di gruppo praticamente, più che adatto ai corni di guerra e al clamore dei fratelli di spada che inneggiano a un nuovo nemico da abbattere.

Su BGG la complessità-peso (in una scala che prevede un massimale di 5) è valutata 3,35 per Drunagor e 3,86 per Middara. Se ne potrebbe parlare a lungo. Sicuramente il sistema di intelligenza artificiale che governa i nemici in Middara è leggermente più articolato della maggior parte dei concorrenti (e nettamente rispetto a Drunagor). Ogni nemico ha la sua carta attivazione, basata su flussi decisionali analoghi a quelli che avete visto in Sword & Sorcery. Ciascuno si comporta in maniera unica, ha peculiarità specifiche e reazioni completamente differenti cui adattarsi, riassunti da un'unica carta.



Come difficoltà degli scenari Middara è più impegnativo all'inizio e poi a sprazzi, Drunagor nel finale, anche se vi sono eccezioni a seconda di alcune scelte di progressione effettuate. In definitiva nessuno dei due giochi è proibitivo da questo punto di vista.

L'evoluzione dei protagonisti a livello di potenzialità è graduale, lenta ma presente: partirete con un giovine tranquillo e un po' magico (bravo o mariuolo lo capirete via via), e finirete (se arriverete alla fine) con un incrocio tra Febo Apollo, Cloud Strife e Chuck Norris. Ma per dire, dopo solo le prime 10 ore di gioco, vi sembrerà di aver malapena imparato due trucchetti e una finta. Occorre pazienza.

Si progredisce attraverso il miglioramento in cinque discipline: Sacralità (cura e sostegno), Marzialità (combattimento in corpo a corpo), Sotterfugio (attacchi a distanza, agilità e capacità legate alla furtività), Sangue (si sacrifica qualcosa di sé, spesso la vitalità, per ottenere effetti) e Fusione (evocazione eseguita in congiunzione con se stessi o esterna e indipendente).

La meccanica di base si basa su punti energia (fatica/azione), ottenuti ogni ad inizio attivazione, sommati a quelli eventualmente ereditati dalla fase precedente ed utilizzati per agire nel proprio turno ed in quello dei nemici, con schivate e contrattacchi.

Il gioco poi fornisce 17 dadi personalizzati a sei facce in nove colori/tipologie, ciascuno con i propri valori e simboli speciali. A seconda dell'insieme di capacità, abilità e armi, "l'eroe" tira specifici dadi: il valore numerico deve superare la soglia bersaglio, come la difesa del nemico, mentre i simboli speciali permettono di attivare effetti specifici. La magia in combattimento ha, di base, la caratteristica di ignorare le armature convenzionali dei nemici. Fa anche altre cose, ovviamente.



L'attrattiva-prerogativa dovrebbe quindi risiedere nel comporre una riserva di dadi efficace che andrà idealmente a rappresentare parte dell'essenza del nostro personaggio. E' un colorito e allegro modo per provare a svecchiare, almeno in superficie, le classiche meccaniche del genere. L'intento è riuscito. Tuttavia l'appagamento che si prova nelle scelte che propone Drunagor quando si controlla un eroe è, secondo il monolitico Sir Alric, parecchio ma parecchio superiore: si sente la sottile influenza di Gloomhaven che nel frattempo ha cambiato il mondo dei sotterranei, dove non basta più rinnovare qualcosa per risultare notevoli. E' nella gestione dell'avventuriero, soddisfacente e ragionata, che il dungeon crawler cubbbettoso sferra uno dei suoi pochi colpi di vantaggio e a segno contro Middara, ma è un fendente smaccatamente micidiale.

Vi sono però in Middara tutta una serie di suggestive trovate ed idee, da metodi di rivelazione a colpi di scena, da come vengono gestiti alcuni trabocchetti ai segreti della storia, passando per la narrazione audio dell'applicazione (ci sono appassionati del nostro regno che hanno lavorato alacremente per versioni localizzate di testi, lacrime, voci e sangue).

E' un gioco dettagliato, che regolamenta di tutto, dalle condizioni alle situazioni più disparate. Quando uscì era veramente zeppo di errori, con alcuni scenari concepiti in maniera totalmente insensata. A seguito i ragazzi della Succubus Publishing hanno corretto molto, ma la prima consegna del prodotto denotò veramente poca cura nel controllo qualità e nel playtesting. Scrivere una campagna lunghissima è dura ma la vera impresa è provarla seriamente.

Middara spicca per il ruolo dei personaggi nella storia: la compenetrazione è totale ed efficace. Come in Descent Leggende nell’Oscurità, non sono tizi che fanno cose, bensì eroi cui potreste tranquillamente affezionarvi, se riuscirete ad andare avanti, perché protagonisti di eventi molto personali ed in alcuni casi memorabili. Non affrontano la campagna. Sono la campagna. Al termine di tutto ne sarete certi. Se raggiungerete il termine.

Ci sarebbe veramente tanto tanto altro da dire, ma qui siamo nei domini di Drunagor.

L'uroboro del parere finale del tenebroso Sir Alric ci riporta infine sull'aspetto della narrazione.

Confrontandolo con altri giochi narrativi non dungeon crawler, ma di altro genere, Tainted Grail ha una storia scritta meglio ma meccaniche più limitate, mentre Sleeping Gods ha una trama bellissima, molto più breve (però rigiocabile almeno qualche altra volta) ma sotto c'è anche un gioco di grandissima sostanza. Se li avete provati e i vostri giocatori sbuffavano durante la lettura, o vi chiedono di saltare i paragrafi durante le partite a This war of mine, non prendete Middara o ipotizzate di giocarlo con altri. Se volete avere al tavolo bambini piccoli, meglio un Mice & Mystics.

Si tratta inoltre di un Atto 1, privo di un suo finale indipendente. La storia prosegue nell’espansione Atto 2. Tenetene conto.

Se vi interessa la trama e quel tipo di ambientazione, Middara è uno dei migliori dungeon crawler che potete trovare in circolazione. Prendetelo tranquillamente e vedrete che riempirà degnamente il vostro anno. E magari alla fine spererete che qualcuno ne racconti la trama in un'altra foggia d'arte. Perché avrete condiviso con essa così tante ore, da sentirla un po' una parte di voi.

Se terminerete la campagna
 

Stexx

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Quanto ci si mette per ogni scenario di Drunagor? Considerando che il base ha 18 scenari, 1 ora a scenario? Farebbero 18 ore di gioco per finire la campagna?
 

LudicoPedro

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Quanto ci si mette per ogni scenario di Drunagor? Considerando che il base ha 18 scenari, 1 ora a scenario? Farebbero 18 ore di gioco per finire la campagna?
Anche qualcosa in più direi… però chiaramente dipende da scenario e pg!
Con due direi minimo comunque un oretta
 

Sir_Alric_Farrow

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Sir_Alric
theclapofonehand ha scritto:
Gradirei avere un parere/recensione di Sir_Alric_Farrow su "Dungeon Aliance" che non è stato citato nell'articolo.

Grazie

Grazie per aver posto la domanda pubblicamente, in modo da poter condividere la risposta con tutti i guerrieri che magari conoscono poco Dungeon Alliance.

Si tratta di un gioco per 1-4 giocatori dedicato all’esplorazione di sotterranei pullulanti di nemici, trabocchetti e tesori da parte di ambiziosi avventurieri, in un contesto medievaleggiante rallegrato dalla ben nota presenza di mostri e magia. Fin qui poco di nuovo.

Può essere giocato in modalità competitiva, cooperativa e in solitario.

L’Alleanza del titolo sta ad indicare che ciascun giocatore controllerà quattro avventurieri, scelti ad inizio partita tipicamente con l’arcana tecnica del draft (ma vi sono varianti), tra una rosa di diciassette, caratterizzati da razza, specialità (quasi sempre una “classe”), una miniatura, la sua carta statistiche (con movimento fisso, danno fisso, difesa e vitalità) e poi dalle sue tre carte uniche; le dodici carte uniche dei propri eroi riunite formeranno il mazzo iniziale di quel giocatore.



La mappa si forma man mano, inserendo i tasselli-quadrati-stanza del dungeon durante l’esplorazione. All’inizio abbiamo solo le aree di partenza di ciascuna compagnia sotto il controllo di ogni giocatore. Il colpo d’occhio iniziale ricorda vagamente Dungeonquest, con un perimetro quadrato atto a delimitare i confini del dungeon che andrà man mano formandosi. Ma Dungeon Alliance è gioco totalmente differente per natura da quello appena citato.



Il cuore del gioco non sono la mappa o le miniature, bensì i mazzi di carte stessi, in quanto la meccanica principale del gioco è la gestione della mano. Peschi sei delle dodici carte, scegli quale eroe utilizzare e giochi una sua carta unica dalla mano: la carta statistiche ti dirà cosa può fare di base mentre la carta unica andrà ad aggiungere modificatori o manovre specifiche all’interno di quell’attivazione. Spesso ci si muove, si attacca e si apre una porta o esplora un forziere. Poi ne peschi un’altra. Durante la partita, alcuni modificatori andranno ad intervenire su ampiezza della mano, pesca e vantaggi relativi allo scarto.

Nella modalità multigiocatore ci si alterna: il primo giocatore attiva un eroe e poi gli altri fanno lo stesso in senso orario; a seguire se ne attiva un altro (tra quelli non usati precedentemente) fino a che tutti gli avventurieri presenti nel dungeon hanno agito, condizione che decreta la fine del round.

Nella modalità competitiva, dopo aver agito con un suo eroe, un giocatore attiva un mostro contro il gruppo di un altro giocatore (quindi inizialmente in una zona della mappa lontana dalla propria); in modalità cooperativa, è un mazzo di carte intelligenza artificiale, abbastanza semplice da gestire, ad indicare le diverse azioni dei mostri. Un solo mazzo per tutti i mostri: ne ho visti di migliori e di peggiori a livello di studio dei comportamenti.

C’è una parziale attività di costruzione e modifica del mazzo (gli strateghi abili lo chiamano deckbuilding) durante la partita: alle 12 carte uniche, se ne sommeranno mediamente da 5 a 10 acquisite durante la missione. L’importanza delle carte iniziali e della gestione delle stesse è preponderante.

Il fattore aleatorio è limitato alla pesca delle carte, un dado utilizzato per rari casi specifici (come le trappole) e poco altro. La dinamica ricorrente è la ricerca del massimo sfruttamento delle possibilità offerte dal turno per muoversi e infliggere danno nella maniera più incisiva possibile. Uccidere i mostri fondamentale: è così che si ottiene l'esperienza necessaria per ottenere nuove carte. E' così che si vince, facendolo più e meglio di tutti gli altri.

Il tema non scintilla praticamente mai. Siamo più di fronte ad un puzzle game, dove va ottimizzata la mossa turno per turno. La grafica è di livello medio per gli eroi e carente per i mostri e le creature incontrate, che sono le tipiche rese famose dalle ambientazioni fantasy più classiche.

Gioco molto lontano dai Drunagor ed affini, il prode Sir Alric lo colloca più a metà tra Altar Quest ed Heroes of Terrinoth. Togli le carte a questi giochi e li hai privati di tre o quattro dei cinque sensi.

Il suo punto debole è legato ad una lunghezza eccessiva rispetto all’esperienza che dona e alle noiose pause tra un’attivazione e l’altra, poco sopportabili soprattutto in quattro o tre giocatori. L'alternanza di attivazioni sorprendentemente non preserva dal downtime.

E infatti il meglio Dungeon Alliance lo da come solitario, con uno svolgimento agile, con una durata commisurata all’esperienza e con l’uso di scenari tematici che presentano sfide da superare o condizioni da soddisfare missione per missione (banali come scartare un certo numero di carte, trovare una porta segreta, oppure accettabili in questo contesto come abbattere nemici in una certa quantità o uno in particolare). Tuttavia, per com’è stato concepito il sistema, il cupo Sir Alric dubita che fosse questa l’intenzione degli autori; al contrario, forse una modalità non dico aggiuntiva, ma ritenuta un caso particolare (alludo sempre al solitario), è divenuta la più riuscita.

L’altro difetto è il manuale delle regole, che riesce a spiegare male flussi di gioco non complessi ma anche ad ignorare alcuni casi così ricorrenti da meritare di essere spiegati al suo interno. Altre situazioni sono esposte in maniera poco intelligente: ci sono ad esempio due diversi paragrafi per spiegare eventi che si risolvono esattamente alla stessa maniera.

Non ci sono campagne, non vivi mai un’epopea e non “senti” l’avventura; ma puoi trarre soddisfazione, giocando da solo, da missioni non eccessivamente lunghe in cui sarà necessario concentrarsi al meglio per ottimizzare i propri risultati. Erroneo sarebbe il paragone con la natura di puzzle game de Le Leggende di Andor: in Dungeon Alliance il focus è la distruzione dei nemici, sempre e comunque, e in questo senso le 51 carte uniche dei 17 eroi sono state concepite con una cura sufficiente a garantire da una parte scelte concrete e significative, dall’altra un certo spessore relativamente all’azione del gruppo (che pur frammentandosi attraverso le diverse attivazioni, va coordinata per far lavorare i propri quattro eroi al meglio).

Al contrario, in certi momenti la pianificazione del turno è più parente ad alcuni andamenti mentali di calcolo anticipativo che si vivono in un'opera ludica come Mage Knight, magari prima di un assedio o di un assalto a delle rovine: parente alla lontana però; diciamo cugini con qualche grado di mezzo. Qui non c'è arte ma buone intenzioni e un accettabile lavoro di concetto.

Il voto del monolitico Sir Alric nei confronti di Dungeon Alliance infatti è di promozione, ma senza particolari lodi, ovvero un meritato 6.
 

albamk

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Si tratta di un gioco per 1-4 giocatori dedicato all’esplorazione di sotterranei pullulanti di nemici, trabocchetti e tesori da parte di ambiziosi avventurieri, in un contesto medievaleggiante rallegrato dalla ben nota presenza di mostri e magia. Fin qui poco di nuovo.

Può essere giocato in modalità competitiva, cooperativa e in solitario.

L’Alleanza del titolo sta ad indicare che ciascun giocatore controllerà quattro avventurieri, scelti ad inizio partita tipicamente con l’arcana tecnica del draft (ma vi sono varianti), tra una rosa di diciassette, caratterizzati da razza, specialità (quasi sempre una “classe”), una miniatura, la sua carta statistiche (con movimento fisso, danno fisso, difesa e vitalità) e poi dalle sue tre carte uniche; le dodici carte uniche dei propri eroi riunite formeranno il mazzo iniziale di quel giocatore.



La mappa si forma man mano, inserendo i tasselli-quadrati-stanza del dungeon durante l’esplorazione. All’inizio abbiamo solo le aree di partenza di ciascuna compagnia sotto il controllo di ogni giocatore. Il colpo d’occhio iniziale ricorda vagamente Dungeonquest, con un perimetro quadrato atto a delimitare i confini del dungeon che andrà man mano formandosi. Ma Dungeon Alliance è gioco totalmente differente per natura da quello appena citato.



Il cuore del gioco non sono la mappa o le miniature, bensì i mazzi di carte stessi, in quanto la meccanica principale del gioco è la gestione della mano. Peschi sei delle dodici carte, scegli quale eroe utilizzare e giochi una sua carta unica dalla mano: la carta statistiche ti dirà cosa può fare di base mentre la carta unica andrà ad aggiungere modificatori o manovre specifiche all’interno di quell’attivazione. Spesso ci si muove, si attacca e si apre una porta o esplora un forziere. Poi ne peschi un’altra. Durante la partita, alcuni modificatori andranno ad intervenire su ampiezza della mano, pesca e vantaggi relativi allo scarto.

Nella modalità multigiocatore ci si alterna: il primo giocatore attiva un eroe e poi gli altri fanno lo stesso in senso orario; a seguire se ne attiva un altro (tra quelli non usati precedentemente) fino a che tutti gli avventurieri presenti nel dungeon hanno agito, condizione che decreta la fine del round.

Nella modalità competitiva, dopo aver agito con un suo eroe, un giocatore attiva un mostro contro il gruppo di un altro giocatore (quindi inizialmente in una zona della mappa lontana dalla propria); in modalità cooperativa, è un mazzo di carte intelligenza artificiale, abbastanza semplice da gestire, ad indicare le diverse azioni dei mostri. Un solo mazzo per tutti i mostri: ne ho visti di migliori e di peggiori a livello di studio dei comportamenti.

C’è una parziale attività di costruzione e modifica del mazzo (gli strateghi abili lo chiamano deckbuilding) durante la partita: alle 12 carte uniche, se ne sommeranno mediamente da 5 a 10 acquisite durante la missione. L’importanza delle carte iniziali e della gestione delle stesse è preponderante.

Il fattore aleatorio è limitato alla pesca delle carte, un dado utilizzato per rari casi specifici (come le trappole) e poco altro. La dinamica ricorrente è la ricerca del massimo sfruttamento delle possibilità offerte dal turno per muoversi e infliggere danno nella maniera più incisiva possibile. Uccidere i mostri fondamentale: è così che si ottiene l'esperienza necessaria per ottenere nuove carte. E' così che si vince, facendolo più e meglio di tutti gli altri.

Il tema non scintilla praticamente mai. Siamo più di fronte ad un puzzle game, dove va ottimizzata la mossa turno per turno. La grafica è di livello medio per gli eroi e carente per i mostri e le creature incontrate, che sono le tipiche rese famose dalle ambientazioni fantasy più classiche.

Gioco molto lontano dai Drunagor ed affini, il prode Sir Alric lo colloca più a metà tra Altar Quest ed Heroes of Terrinoth. Togli le carte a questi giochi e li hai privati di tre o quattro dei cinque sensi.

Il suo punto debole è legato ad una lunghezza eccessiva rispetto all’esperienza che dona e alle noiose pause tra un’attivazione e l’altra, poco sopportabili soprattutto in quattro o tre giocatori. L'alternanza di attivazioni sorprendentemente non preserva dal downtime.

E infatti il meglio Dungeon Alliance lo da come solitario, con uno svolgimento agile, con una durata commisurata all’esperienza e con l’uso di scenari tematici che presentano sfide da superare o condizioni da soddisfare missione per missione (banali come scartare un certo numero di carte, trovare una porta segreta, oppure accettabili in questo contesto come abbattere nemici in una certa quantità o uno in particolare). Tuttavia, per com’è stato concepito il sistema, il cupo Sir Alric dubita che fosse questa l’intenzione degli autori; al contrario, forse una modalità non dico aggiuntiva, ma ritenuta un caso particolare (alludo sempre al solitario), è divenuta la più riuscita.

L’altro difetto è il manuale delle regole, che riesce a spiegare male flussi di gioco non complessi ma anche ad ignorare alcuni casi così ricorrenti da meritare di essere spiegati al suo interno. Altre situazioni sono esposte in maniera poco intelligente: ci sono ad esempio due diversi paragrafi per spiegare eventi che si risolvono esattamente alla stessa maniera.

Non ci sono campagne, non vivi mai un’epopea e non “senti” l’avventura; ma puoi trarre soddisfazione, giocando da solo, da missioni non eccessivamente lunghe in cui sarà necessario concentrarsi al meglio per ottimizzare i propri risultati. Erroneo sarebbe il paragone con la natura di puzzle game de Le Leggende di Andor: in Dungeon Alliance il focus è la distruzione dei nemici, sempre e comunque, e in questo senso le 51 carte uniche dei 17 eroi sono state concepite con una cura sufficiente a garantire da una parte scelte concrete e significative, dall’altra un certo spessore relativamente all’azione del gruppo (che pur frammentandosi attraverso le diverse attivazioni, va coordinata per far lavorare i propri quattro eroi al meglio).

Al contrario, in certi momenti la pianificazione del turno è più parente ad alcuni andamenti mentali di calcolo anticipativo che si vivono in un'opera ludica come Mage Knight, magari prima di un assedio o di un assalto a delle rovine: parente alla lontana però; diciamo cugini con qualche grado di mezzo. Qui non c'è arte ma buone intenzioni e un accettabile lavoro di concetto.

Il voto del monolitico Sir Alric nei confronti di Dungeon Alliance infatti è di promozione, ma senza particolari lodi, ovvero un meritato 6.
Leggi questa recensione di Dungeon Alliance e ti chedi se stia parlando dello stesso gioco che tu adori 😂😂😂😂😂.
Non ha la campagna????? Non puoi giudicare questo gioco senza almeno aver provato i 4 pack avventura. Non ho provato Drunagor, ma se potete recuperate DA. Non ve ne pentirete 😉👍
 

Stexx

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Leggi questa recensione di Dungeon Alliance e ti chedi se stia parlando dello stesso gioco che tu adori 😂😂😂😂😂.
Non ha la campagna????? Non puoi giudicare questo gioco senza almeno aver provato i 4 pack avventura. Non ho provato Drunagor, ma se potete recuperate DA. Non ve ne pentirete 😉👍
Dai, contro-recensione da parte tua! ;)
 

Sir_Alric_Farrow

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Sir_Alric
Leggi questa recensione di Dungeon Alliance e ti chedi se stia parlando dello stesso gioco che tu adori 😂😂😂😂😂.
Non ha la campagna????? Non puoi giudicare questo gioco senza almeno aver provato i 4 pack avventura. Non ho provato Drunagor, ma se potete recuperate DA. Non ve ne pentirete 😉👍

Certamente è un gioco che promuovo. La sufficienza è un tipo di votazione che comprova il valore di un prodotto ludico nel soddisfare la maggior parte delle finalità di base dell’utente bersaglio per il quale è pensato.

L’imponente Sir Alric si è divertito giocandolo, soprattutto dal punto di vista dell’ottimizzazione del turno.

La scatola base è priva di una vera campagna. Per scrivere di questo gioco, chiaramente ho provato anche i pacchi scenario, che non fanno parte della scatola base. Siamo a Castel Farrow, mica alla fiera del cubbbetto a bordo tavolo. Qui si combatte praticamente a clessidra continua, e nei dungeon tutte le volte che è possibile. Abbiamo giocato con espansioni, errata e i chiarimenti richiesti dal manuale redatto in maniera non proprio professionale (ma ammetto che questo problema affligge molti giochi).

Ne parlavo, citandoli come scenari tematici, che appunto ho giocato.

Quelli e il solitario (o la partita a due), secondo Sir Alric lo rendono un gioco moderatamente degno di considerazione. Ma siamo lontanissimi dal tema lasciato emergere da moltissimi giochi a campagna vera. Ho giocato recentemente Cursed City, Jaws of the Lion, Drunagor e poco prima le ultime campagne per Descent Seconda Edizione, il Dungeon del Mago Folle, Altar Quest, Middara ed altri: a livello di tema e ambientazione vivida non c’è davvero confronto (anche se alcuni di questi giochi sono inferiori a Dungeon Alliance per meccaniche di calcolo e gestione).

Anche il pacco scenario che mi ha divertito di più, lo rammento più che altro per i turni giocati più soddisfacenti a livello di programmazione e azione. Sono pensati con sufficiente passione e impegno, ma hanno una scrittura deludente, una concezione scolastica e falliscono miseramente nell’immersione, rispetto a giochi meglio ambientati (mi devo impegnare per trovarne tanti meno freddi rispetto alla cinquantina di dungeon crawler e affini che ho provato).

Non mi hanno lasciato molto a livello di eventi. Non rammento alcun nome di un personaggio. Nessun momento in cui mi sono sentito davvero tra le pareti di un dungeon. Ovviamente, lo ribadisco, rispetto a giochi più spiccatamente tematici. Ma quando lo sono di più praticamente tutti i concorrenti, secondo me va sottolineato.

Non è grave. Basta sapere ciò che si cerca dal gioco che si sceglie.

Lo trovo adatto per chi vuole appunto calcolare, anticipare, programmare. In quel senso sono stato soddisfatto. Soprattutto come solitario o gioco da due. Sapevo cosa stavo giocando e cosa aspettarmi. Ma dal punto di vista di storia, obiettivi tematici, flavour e scrittura, Dungeon Alliance è molto povero in confronto a quasi tutto quello che ho giocato. Il potente Sir Alric trova sia un modo corretto di far capire cosa troverà chi si impadronirà di questa scatola. Anche il fatto che in tre o quattro giocatori diventi un gioco di durata problematica rispetto a quanto offre (a meno di conoscere tutte le carte a memoria, ma quelli sono casi particolari che vanno secondo me considerati poco in fase di recensioni), va sottolineato. Perché gli autori non volevano certamente creare un gioco che alla fine viene giocato quasi ovunque più come solitario che da due a quattro giocatori. Al di là dei gusti personali, è necessario dirle codeste cose a chi valuta l'acquisto.

Non lo boccio. Per me resta un gioco da promuovere e da consigliare… ma solo a chi vuole certe cose e non ne cerca altre. Non a caso, per la sua particolarità, e pur giocandolo poco rispetto ad altri, è ancora a Castel Farrow.
 
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