Titolo cooperativo puro datato 2014 dell'eclettico Jim Felli. L'autore, che è anche il proprietario della casa editrice Devious Weasel Games, da sempre crea giochi autoprodotti senza l'ausilio di Kickstarter, che soddisfino se stesso e il proprio gruppo: se da un lato sembra un approccio un po' egoista o egocentrico, dall'altro gli dà carta bianca e libertà assoluta di sperimentare.
Questo
Shadows of Malice in particolare è il primo che ha pubblicato. Si tratta di un
sandbox a tema
fantasy, che risponde all'esigenza di avere un gioco che richiamasse le atmosfere di
Dungeons & Dragons, senza bisogno di avere un
master, da usufruire anche da soli o in due.
Scopo del gioco è impedire al demone d'ombra Xulthûl di acquisire una forma fisica attraverso un pozzo di luce.
I pozzi si trovano nel regno di Aethos all'interno delle roccaforti (stronghold), che sono sorvegliate da terribili guardiani. I giocatori all'inizio possono scegliere fra due possibili scenari: uno più breve, dove si perde immediatamente se il demone trova un pozzo di luce, e uno più lungo dove, se il demone prende forma fisica, lo si deve combattere e sconfiggere. Rimane fisso che si vince a prescindere se gli avatar trovano tutti i pozzi di luce prima del demone. In genere la durata del gioco è di un'ora, più un'ora per ogni esagono di Aethos in partita in aggiunta al primo.
Come si gioca
Il demone d'ombra parte dall'esagono scuro (the Shadow Realm, il Regno dell'Ombra), che all'inizio ha tutti e sei i varchi dimensionali sigillati. I varchi verranno sbloccati uno per turno, il demone si manifesta al centro dell'esagono e si muove casualmente una volta per turno in questo mondo parallelo mediante un lancio di dadi a sei facce, fin quando non incoccia un varco aperto e allora può arrivare su Aethos, dirigendosi sempre verso la roccaforte non espugnata più vicina.
Gli avatar (ovvero noi) sono equipaggiati con un'abilità speciale (mastery), cinque gettoni vita, sei cristalli mana di cui tre trasparenti e tre legati al colore della mastery. Nelle partite "veloci" è consigliato pescare un tesoro (che funge da equipaggiamento) e una pozione a caso per ogni avatar. In generale i mana colorati servono per interagire coi mistici e farsi preparare le pozioni o per attivare la parte inferiore della mastery, mentre i mana trasparenti servono più che altro a rafforzare la nostra potenza in battaglia.
Ogni esagono in gioco deve essere allestito con: sei gettoni creature (delle belve che affronteremo vagando per Aethos, e che nascondono tesori nelle loro tane), una città e un mistico, tre roccaforti che custodiscono i pozzi (due di ombra e uno di luce per ogni esagono, che però vengono mescolati tutti insieme e distribuiti sugli esagoni casualmente).
Gli
avatar partono dal varco presente in uno degli esagoni di Aethos in gioco e
possono muoversi sia singolarmente sia in gruppo, formando una compagine (
banding). Questa opzione è molto consigliata, soprattutto per spalmare su più fronti le ferite subìte in battaglia.
I turni si svolgono alternati avatar/demone (o demoni, più in là nel gioco); ogni avatar ha due azioni a disposizione: ci sono attività che non richiedono azioni, come formare una compagine, invocare un mana, rivelare una città o un mistico (girare il token e vedere che servizio offre), rivelare un pozzo, usare una mastery o un varco, oppure iniziare un combattimento; altre attività richiedono il dispendio di un'azione, come muoversi, provocare un combattimento, curare le ferite, usare i servigi di una città o di un mistico; altre ancora richiedono ben due azioni, come formare un nuovo corpo per l'avatar oppure armonizzare una mastery (Felli usa il termine attune, un'azione che si può effettuare solo se si è sopra un pozzo di luce scoperto).
Gli incontri con le belve, in genere più semplici da sconfiggere rispetto ai guardiani, servono a equipaggiarci bene per affrontare poi questi ultimi nelle roccaforti, in quanto le creature che sconfiggiamo ci lasciano un po' della loro forza sottoforma di mana (lanciamo un dado per ogni punto vita che aveva la fiera e otteniamo un mana trasparente per ogni 4/5/6 ottenuto e riscuotiamo comunque mana colorati per ogni abilità speciale che aveva) e un tesoro. Tra i tesori ci sono delle pergamene (scrolls) potentissime.
La rivelazione dei vari mostri da affrontare (sia belve, sia guardiani) è una delle trovate più interessanti di
Shadows of Malice.
Si lanciano tre dadi (in dotazione ce ne sono di bianchi e neri, sia grandi sia piccoli)
e se ne associa uno per caratteristica: il primo determina il tipo di creatura, subordinato al tipo di terreno in cui lo abbiamo incontrato, ad esempio nella palude (
swamp) possiamo affrontare un mutaforma, un rettilide (sic) o un ittico; il secondo il potere della creatura, che determina le variabili in fatto di aggiunte all'esito del lancio di dado in battaglia, a quanto ci ferisce e quanti punti vita ha; il terzo determina quante abilità speciali possiede (nessuna, una o due).
Ogni battaglia ha una fase preliminare in cui si cerca di togliere più punti possibile alla creatura che stiamo affrontando mediante l'uso di pozioni, di tesori e di eventuali abilità date dalla mastery. Successivamente, si prosegue a lanci di dadi, in genere uno nero per la creatura e uno bianco per ogni avatar nella compagine (ogni volta si determina prima sempre coi dadi quale degli avatar sta affrontando la creatura), si aggiungono/sottraggono i vari poteri dell'uno e dell'altro e si assegnano le ferite.
Se un avatar perde tutti i punti vita, muore la sua forma mortale, ma lui ritorna alla luce a cui appartiene e si reincarna prendendo un'altra forma (ovvero una nuovo token avatar con una nuova mastery). Altra condizione di sconfitta è non avere più avatar disponibili.
Materiali
Dalla scatola, che definirei dall'aspetto essenziale, al contenuto, tutto ha un'aura
vintage e nostalgica: come già detto,
niente miniature, solo mazzi di carte e segnalini per tutto, in più abbondanti dadi a sei facce e cristalli di vari colori (materiale che deve piacere parecchio a Felli, visto che i cristalli trasparenti sono anche gli
oomph di
Cosmic Frog).
Tra l'altro, l'autore spiega nel regolamento che le illustrazioni sulle carte così come le vediamo sono quelle del prototipo: sono proprio le persone che l'hanno testato ad aver chiesto di lasciarle così per avere quel non so che di retrò.
Il gioco funziona se siete disposti a lavorare di immaginazione. Io ci gioco anche con mia figlia (9 anni), che è bravissima a visualizzare e a descrivere le creature che affrontiamo.
Segnalo inoltre che esiste un'espansione pubblicata (Seekers of a Hidden Light) e una disponibile gratuitamente in print&play sul sito dell'editore (Hunger of a Shadow Vile).
Considerazioni finali
La variabilità è affidata alla mastery degli avatar (in solitario è consigliabile controllarne tre) e dall'equipaggiamento casuale dato dai tesori e dalle pozioni. Le carte tesoro sono talmente tante che ogni partita ti pone davanti a un'impostazione diversa nei combattimenti, che sono di fatto il cuore del gioco. Certo, l'obiettivo finale è sempre il medesimo, ovvero trovare i pozzi di luce prima che lo faccia Xulthûl oppure affrontarlo nello scontro finale.
Una scelta che dà pepe al gioco è il fatto di lanciare sempre due dadi per determinare il movimento, uno bianco e uno nero: verrà sempre considerato il numero più alto, ma, se i due numeri coincidono, dovremo pescare una carta destino (fate), che potrà essere un bonus o una maledizione (curse).
Azzeccata la scelta di mescolare durante il setup i pozzi di luce assieme a quelli d'ombra, così da non avere la certezza di trovarne uno in ogni esagono (a meno di non usarne solo uno, ovviamente).
Diciamo che per gustarsi bene
Shadows of Malice consiglio di allestirlo con due esagoni e tre
avatar in solitario, due esagoni e quattro
avatar (da gestire due a testa) in due. Con più di due esagoni si
allunga un po'troppo per i miei gusti.
Il regolamento è una delle ingenuità del gioco, si vede che è un prodotto quasi artigianale e inizialmente creato solo per il gruppo di gioco dell'autore o poco più, tutto sommato lo giudico abbastanza chiaro, anche se farcito di testo di colore, a volte con termini aulici o desueti, come spesso capita con Felli.
Avrei preferito più esempi di battaglie: all'inizio è facile confondersi tra i tipi di ferite. Come per tutti i giochi di una certa complessità, è normale apprendere le regole giocando una partita dopo l'altra, concedendosi di sbagliare qualche dettaglio le prime volte.
Altra ingenuità l'indicazione della scalabilità: non è il tipo di gioco che intavolerei volentieri per più di due persone, mentre la scatola recita un ottimistico 1-8.
Ciò in cui il gioco eccelle è a mio parere proprio il far vivere una storia
fantasy ai protagonisti,
ci aiuta a intessere nel gioco una parte narrativa, ma attenzione: non data da letture di testo preconfezionato, bensì dal far lavorare attivamente la fantasia dei giocatori.
Il fatto di non aver miniature non intacca il divertimento (gli aficionados di D&D vi confermeranno che non c'è bisogno di miniature per immedesimarsi nella storia), anzi, Felli ha trovato una spiegazione perfettamente plausibile, che gli avatar sono appunto esseri di luce che prendono una forma mortale di volta in volta differente e quando perdono tutti i token vita non muoiono ma deflagrano in un fascio di luce e i loro averi (pozioni e tesori) possono essere distrutti con loro, oppure passare ai compagni, oppure all'avatar che li sostituisce, in base a un lancio di dado. In questo modo, scampa anche al difetto dell'eliminazione del giocatore.
Il gioco gioverebbe di un libriccino di artwork, per aiutare chi è povero di fantasia a immaginarsi le belve e i guardiani delle roccaforti.