Avevo già acceso i radar per questo titolo e la tua recensione me lo ha rifatto salire, di prepotenza, in cima alla Wishlist dei giochi che usciranno in Italiano...
Alzi la mano chi non ha mai aspirato ad avere un “Simcity da tavolo”?
Il videogioco della Maxis è l'archetipo che ha segnato indelebilmente la psiche di una moltitudine di giocatori, al pari di Tetris o Monkey Island, e la fantasia di trovare una sua incarnazione da tavolo in questa nuova età dell'oro del boardgame viene naturale. Ma la realtà è un po' diversa.
Il mercato ludico attuale offre un ventaglio piuttosto ampio dei cosiddetti city-building, e tra i tanti il titolo che ha avuto maggior fortuna credo di poter dire sia stato Suburbia, da molti ritenuto (forse non a torto) il migliore della categoria: eccellente rapporto semplicità/strategia, rilevanza di topografia e di efficaci combo, elegante senso di crescita veniva però penalizzato da un approccio calcoloso, meticoloso e cerebrale al gioco che non me l'hai mai reso sinceramente godibile.
Ecco invece come il nuovo gioiello della AEG, Tiny Towns, predilige un approccio tanto semplice ed essenziale dallo sconfinare nell'astratto, ugualmente raffinato, ma tanto schietto da risultare spassosissimo.
Come funziona lo si spiega subito: dopo il velocissimo setup un giocatore chiama uno dei cinque possibili materiali/colori; tutti i giocatori DEVONO porre il cubetto corrispondente su uno dei 16 spazi della propria griglia/paese; quindi, se i cubetti formano il pattern corrispondente ad uno degli otto edifici edificabili (sette comuni, uno personale per il singolo giocatore) vengono rimossi e sostituiti con un meeple di tale edificio, che offre determinati bonus e punti.
Il gioco finisce quando tutti hanno riempito la propria griglia, e si contano quindi i punti sommando quelli indicati dagli edifici costruiti e sottraendo malus dati dagli spazi vuoti non edificati.
Un elemento apprezzabilissimo del titolo è la buona interazione, anche di una certa cattiveria se giocata bene, tale per cui se il materiale lo scegli sì per costruire i tuoi edifici, ma anche per bloccare le combinazioni sulla griglia avversaria.
Il titolo è un family (ma gradevolissimo anche per un gamer, sia chiaro) caratterizzato sì da un significativo livello di astrazione ma, vuoi per il gradevolissimo artwork, vuoi per piccoli ma ben integrati tocchi tematici (i pozzi devono stare vicino alle case, le case devono essere alimentate da una fattoria, etcetc), vuoi - soprattutto- per l'elevato coinvolgimento e divertimento che il gioco sa offrire, restituisce una sensazione di soddisfazione e affetto verso il paesello che stai man mano venendo a creare (anche se ammetto di avere tendenza più spiccata della media a percepire temi e ambientazioni: personalmente ritengo ambientato pure un titolo come Antike e so già che molti non troveranno per niente ambientato questo Tiny Towns, ma tant'è...).
Altro elemento da valorizzare, la buona longevità offerta dalle combinazioni estremamente variabili del set di edifici: le 7 carte comuni sono scelte da un pool di 25, e la carta monumento speciale tra un pool di 15. La lettura ragionata di tale set prima che si cominci a chiamare i materiali è quindi fondamentale per impostare una strategia di gioco efficace.
Il gioco ha una limitatissima dipendenza dalla lingua, nel senso che ciascuna delle 40 carte edificio ha due righe di spiegazione del proprio effetto, ma sono comunque pubbliche per cui basta un foglio di note di traduzione o un'unica persona che conosca un inglese di base.
Tra i difetti segnalo una scalabilità buona ma non impeccabile: in particolare in solitario l'assenza di interazione gli fa perdere davvero mordente; in 2 e 3 è il top, perchè si gioca con naso sopra la griglia altrui minacciando di chiamare materiali indigesti agli avversari; in 4 o 5 resta piacevole ma diventa meno controllabile, per cui suggerisco di utilizzare la varianti proposte dallo stesso regolamento (la “Town Hall”, in cui la scelta del materiale non è completamente libera e a chiamata, ma decisa tra una gamma ristretta di carte; e la “Cava”, che permette di conservare alcuni cubetti senza necessariamente disporli immediatamente e irreversibilmente sulla griglia del proprio paese); in 6 mai provato ma facile immaginare il casino che possa essere.
Alcuni segnalano un prezzo forse leggermente eccessivo rispetto alla produzione (ma non rispetto al valore intrinseco del gioco e alla potenziale giocabilità e rigiocabilità, a mio parere).
Ho letto inoltre di utenti BGG che l'hanno schifato in quanto “ennesimo, noioso shapemaker”.
E in effetti l'idea di base è semplicissima e ripresa da tanti altri giochi, ciò che io penso però è che questo caso il risultato è così ben focalizzato e personale da meritare davvero di essere promosso ed elogiato.
In conclusione, questo gioco mi è piaciuto davvero molto. Mi ha ricordato per certi versi Onitama, altro gioco meraviglioso che riprendeva la meccanica di pattern recognition dei giochi a scacchiera declinandolo in qualcosa di immediato, profondo, interattivo e divertente.
Insomma, Tiny Towns: l'Onitama dei city-building!