Gran bella recensione.
Personalmente - nelle angosce per un futuro incerto della vita moderna di noi privilegiati che stiamo tranquilli e seduti a giocare nelle nostre case - ho sempre trovato rassicurante rapportarmi alla situazione di chi ha come obiettivo della propria vita non la serenità e una vita piena di soddisfazioni, ma la sopravvivenza. Se con la finzione scenica posso farlo con The Walking Dead e altre serie post catastrofiste, coi giochi da tavolo ora posso farlo con questo nuovo This War of Mine, tratto dall’omonimo videogioco con attenzione a mantenerne le atmosfere tristi da profughi di guerra, oltreché le meccaniche.
La prima cosa da chiarire
Questio gioco è un solitario. Poi potete anche giocarlo in gruppo - gli autori hanno previsto un sistema per spartire il diritto di ultima parola nelle scelte fra i vari partecipanti -, ma non c’è alcuna suddivisione di ruoli e profughi fra i vari giocatori, né informazioni che sono a disposizione esclusiva di singoli. Se esiste nel gruppo di giocatori un giocatore dominante, è più che probabile che egli possa anche prendere tutte le scelte sulle sue spalle e che i compagni di gioco si stiano tranquillamente a seguire la storia che si va a dipingere - come fosse, appunto, una serie televisiva liofilizzata ai minimi termini.
I protagonisti
Nel gioco guidiamo un gruppo di tre civili arroccati in una casa in rovina durante una guerra civile di cui subiscono le conseguenze, pur non combattendovi in prima persona: i rifornimenti sono tagliati e la civiltà come noi la conosciamo non esiste più. Niente funziona; ci si concentra nel sopravvivere giorno per giorno, scavando fra le macerie per recuperare qualsiasi cosa possa esserci utile, rintanandosi in casa di giorno per paura dei cecchini e uscendo di notte in cerca di provviste - badando bene, però, a lasciare qualcuno a casa propria a guardia da altri disperati che, a loro volta, potrebbero saccheggiarla per le loro necessità.
I civili che comanderemo hanno una loro storia e un loro carattere, che potremo scoprire durante la partita e di cui vi sono importanti indizi sulla carta che li descrive. Oltre ad una possibile abilità speciale sono caratterizzati da un punteggio di coraggio (da leggersi come la quantità di volte che sarà possibile far rilanciare i loro dadi in situazioni di combattimento o comunque critiche), da uno di empatia (che stabilisce quanto sono emotivamente fragili e portati ad intristirsi per la durezza della vita che si manifesterà presto) e da… abitudini che li aiutano a vivere. C’è chi ha bisogno di farsi una sigaretta ogni tanto per non intristirsi, chi si tiene su col caffè e chi magari vorrebbe solo tenere alto il morale del gruppo strimpellando una chitarra ogni tanto. Sono necessità secondarie che si tende a trascurare in partita, quando già si fa fatica a trovare da mangiare e bere ogni giorno; diventano però presto indispensabili per aiutare i nostri eroi di ogni giorno a non perdere la voglia di vivere, che può ucciderli (o far loro decidere di abbandonare il gruppo) quanto le più letali ferite, malattie e fame.
Ferite, malattie, tristezza e fame, insieme alla fatica, sono le condizioni che ogni civile deve tenere a bada. Livelli troppo alti di ognuna di quelle cose tendono a limitare le azioni che siamo in grado di compiere durante il giorno e, se raggiungono il livello 4, portano alla morte del personaggio o alla sua fuga dal gruppo (di solito di notte e dopo aver saccheggiato il magazzino comune). La dipartita di un personaggio fra l’altro potrebbe portare ad un letale intristimento di quelli rimasti coi livelli di empatia più alti, con possibile effetto a catena. Per vincere la partita è necessario che almeno uno dei personaggi del gruppo iniziale (che può essere integrato accogliendo nuovi rifugiati durante la partita) sopravviva nel nostro rifugio fino alla fine degli eventi che funesteranno questi terribili giorni di guerra.
Il rifugio
Non pensiate che sia come in un gestionale, dove tutto si può pianificare per bene e per tempo ottimizzando la crescita della nostra casetta, manco fosse un villaggio: le cose che ci servono sono tante, particolari e non sempre di facile reperimento. Per darvi un’idea di quanto siamo lontani dal concetto di ottimizzazione di tempo e risorse, vi faccio un piccolo elenco a memoria dei segnalini e risorse che vi troverete a dover cercare, o produrre tramite i miglioramenti del vostro rifugio: acqua, legno, componenti, parti meccaniche, parti elettriche, filtro, libri, sigarette, caffè, zucchero, liquore, alcol, chems, erbe, erbe mediche, verdure, bende, medicine, cibo crudo, cibo in scatola, parti di arma, chitarra rotta, gioielli - a cui si aggiungono quelli che chiamerei attrezzi, con un loro utilizzo: grimaldello, pala, sega, gioielli, coltello, accetta, pistole, fucile, fucile d’assalto, chitarra, assi di legno (da utilizzare per chiudere le crepe nei muri).
Non bastando tutto ciò per coprire tutte le situazioni verificabili, gli autori hanno anche incluso segnalini neutri su cui scrivere cosa specifiche che potrete trovare ed utilizzare. Io ad esempio ho potuto smantellare il rivestimento termico di un edificio per migliorare in tal senso il nostro rifugio con questo sistema.
I miglioramenti stessi che costruirete spesso produrranno pure cose che in termini di spesa (di tempo e materiali) vi sembreranno talvolta poco convenienti e vi faranno sentire l’immediata necessità di un… miglioramento del miglioramento, che il gioco propone inizialmente come idea da concepire in apposto spazio.
Se arriverete a veder crescere il vostro rifugio fino a darvi la soddisfazione di assomigliare ad una piccola fabbrica sarà comunque perché sarete stati fortunati, oltre che esperti nel gioco.
La vita fuori dal rifugio
Potrete uscire dal rifugio durante il giorno o durante la notte. Di giorno uscirete - col rischio di beccarvi la pallottola di un cecchino - più che altro per cercare aiuto, di solito sotto forma diLa notte è invece il momento dell’esplorazione - per chiamare in modo delicato il saccheggio degli edifici circostanti. Questa è risolta formando un mazzetto di carte che rappresentano sia gli impedimenti che troverete, sia il tempo che avrete a disposizione. Girando una carta alla volta da tale mazzo più volte verrete messi di fronte alla possibilità di investire il vostro tempo (scartando altre carte dal mazzo invece di poterle giocarle poi) per cercare di fare qualcosa: perlustrare, cercare fra i detriti, attraversare uno spazio aperto senza farvi notare. Spesso la scelta è fra investire più tempo per essere silenziosi o rischiare di allertare qualche abitante dei dintorni (c’è una scala per il rumore e un dado da tirare): questi potrebbero essere un semplice gruppo di senzatetto anche disposto a barattare, sempre che non violate i loro spazi personali; oppure gente che preferisce cercare di depredarvi e coi quali sarete costretti a un combattimento mai auspicabile, visto che ogni ferita toglie azioni ai rifugiati e che tali ferite vengono curate - molto lentamente - tramite preziose bende da applicare al ferito.
Il combattimento avviene lanciando dadi speciali di tre colori che fanno riferimento al livello di armamento del partecipante (mani nude, arma bianca, arma da fuoco) e simulano in modo crudo - ma efficace - gli effetti dell'arma impugnata, producendo ferite o, talvolta, eliminazioni dirette come effetto di certe armi abbinate a certe facce del dado.
Oltre alla bivalenza tempo/ostacoli delle carte esplorazione, il sistema è interessante anche perché si intreccia con carte di altri mazzi, tabelle, parole chiave e codici colore, in modo assolutamente naturale, per fornire una varietà di soluzioni diverse, difficilmente esplorabili per intero nella vita del gioco e che riescono sempre a risultare perfettamente ambientate. Risulta difficile da spiegare senza far sembrare complicata la cosa: infatti neppure gli autori lo fanno, lasciando che sia una riga di testo al momento giusto a indirizzarvi sull’utilizzo dell’unica meccanica che vi serve al momento.
Vita dura - ma regole semplici
Quello che infatti impressiona è l’abilità degli autori nel far assimilare giocando un sistema di regole che - come potete immaginare - è decisamente complesso: non vi è richiesto di leggere prima il regolamento. Potete mettervi al tavolo e seguire semplicemente il diario, che vi guida, con veloce ambientazione e poche regole alla volta, nelle ben sette fasi che comporranno la giornata dei vostri rifugiati. Tale diario non spiega tutto, ma confida nel fatto che l’impianto fortemente simulativo del gioco vi porti a fare le scelte giuste, anche senza che vi vengano spiegate immediatamente le conseguenze di certi accadimenti; non c’è veramente situazione della realtà simulabile che non sembra essere stata prevista e ben gestita nel sistema pensato dagli autori. Morale, malattie e guarigioni, freddo, cure e bendaggi, sono tutti argomenti trattati con semplicità e in un modo che vi sembrerà assai meno meccanico di quanto sia lecito aspettarsi da un gioco da tavolo.
Quello che forse un poco infastidisce, al contrario, è l’assenza di una tabellina riassuntiva di tutte le fasi del giorno per evitare di dover sfogliare continuamente il diario, anche quando abbiamo assimilato il sistema, per la paura di dimenticarsi un passaggio importante.
Il libro delle storie
Coloro che però si aspettano le poetiche storielle di Above and Below o un sacco di testo narrativo si sbagliano: gli autori sono riusciti - anche qua - a evitare di tediare i giocatori esprimendosi con uno stile estremamente asciutto, nonostante l’intenzione prettamente narrativa. Poche righe che inquadrano perfettamente la situazione, arricchendo la simulazione, e un rapido ritorno al gioco. Addirittura meno prolissi delle carte Crossroad di Dead of Winter!
La simulazione della triste situazione dei civili durante la guerra non viene narrata dal libro delle storie, ma proprio dall’intreccio delle meccaniche che rendono il gioco così difficile e crudele. Il fato stesso, che influenza pesantemente il gioco, fino a farvi venire spesso il dubbio che le vostre probabilità di contrastarlo sono fin troppo fievoli, in un gioco del genere dona in realtà qualcosa: parte della stessa rassegnata disperazione che i vostri alter ego nel gioco stanno vivendo.
Il futuro del gioco da tavolo?
Con questo gioco gli autori vogliono indicare una strada da seguire, ancora poco accettata, ma sempre più praticata: la stessa strada di 7th Continent, Dead of Winter e Above and Below - che infatti citano nelle note finali insieme a vecchi classici come Sherlock Holmes Consulting Detective che, a fronte di regole sempre più modeste, aprono a vaste possibilità narrative. La soluzione scelta, che loro stessi auspicano sia in futuro anche superata da idee migliori, è ottima e sicuramente da seguire. Ringrazio la Pendragon per aver tradotto in italiano questo strano capolavoro, più difficilmente apprezzabile in inglese, e consiglio senza indugio This War of Mine a chiunque sia rimasto abbastanza interessato dalla mia descrizione, tanto da leggere fin qui.
Aggiungo che, sebbene il gioco sia stato descritto più volte come estremamente adulto e dalle atmosfere tristi e cupe, sinceramente giocandolo non abbiamo trovato, finora, grossi motivi per cui non giocarlo assieme anche ai nostri figli cresciuti (motivo per cui non lo comprai prontamente, sbagliando, mesi fa), soprattutto se essi sono già purtroppo desensibilizzati alla violenza dai videogiochi attuali o dalla televisione. Anzi, può forse essere un modo per capire quanto lo siano.
Legenda del voto
Come mai, nonostante il mio entusiasmo, il mio voto, è così “basso”? Be', stiamo comunque parlando fondamentalmente di un gioco da fare in solitario (seppur sia possibile anche viverlo in gruppo), dominato dal caso, tanto lungo da prevedere un sistema di salvataggio della partita e con una certa dose di ripetitività: in fondo sempre la stessa casa si sta arredando, e probabilmente alla lunga si tenderanno a fare sempre le stesse scelte (di sviluppo del rifugio). Il vantaggio rispetto ad altri giochi è che potrete riporlo per mesi e poi riprenderlo senza paura di dover reimparare le regole: non sarà necessario.
Confronti con titoli che potreste già avere - o voler comprare al posto di questo
Il titolo in assoluto più simile è 7th Continent, per la sua struttura esplorativa quasi da libro-game e il senso di crescita dato dall’assemblamento di oggetti utilizzando componenti, oltreché per la sua natura fondamentalmente da solitario. L’iniziale impeto esplorativo (un intero continente da scoprire!) di quest’ultimo, combinato alla sperimentazione dell’originale sistema di gestione della mano e dell’inventario, lo rende per le prime sedute preferibile a This War of Mine, dove ci si sente più sballottati dagli eventi - ma non dimenticatevi che per giocare a 7th Continent dovete studiare le regole per bene, mentre quest'altro lo intavolate subito). Sul lungo periodo (dopo quindici ore di gioco) però ho come l’impressione che il primo, una volta conosciuto il continente per averlo viaggiato in lungo e in largo per risolvere la prima maledizione, tenda a diventare più noioso e ripetitivo della simulazione di rifugiati, dove il caso è più pesante e non da modo di sedersi su situazioni che possano apparire ormai sotto controllo - come quando in 7th Continent si ha la pancia piena e la bisaccia carica di cibo. L’esperienza, insomma, in 7h Continent pesa molto più che in This War of Mine.
Se lo volete invece mettere a confronto con Dead of Winter per esperienza a metà fra la narrazione di una storia apocalittica e gestionale troverete che quest'ultimo è in realtà un gestionale molto classico, quasi tedesco, dove gli zombi li conti e ne prevedi perfettamente la contromossa - e puoi pure scegliere quando prenderti ferite e lasciar morire qualcuno. La parte narrativa lì è ricondotta tutta alle carte Crossroad, che sono quasi un’aggiunta al sistema (e funzionano in modo altalenante). In This War of Mine la gestione è invece quella d’emergenza: ci si trova più spesso a decidere dove mettere una pezza e dove, invece, incrociare le dita e sperare che le cose tengano abbastanza da poterle sistemare in futuro. Se in Dead of Winter si va alla stazione di polizia per trovare l’arma che ci serve, facendo la stessa cosa in This War of Mine percentualmente abbiamo solo una minima possibilità in più di trovare qualcosa che ci servirà a costruire un’arma, rispetto al recarci in un supermercato. Si parla sempre di speranze e colpi di fortuna, più che di vera programmazione. Quest'ultima in This War of Mine la puoi fare scegliendo che miglioramenti costruire, non dove andare ad esplorare. Del resto, Dead of winter è un gioco multigiocatore, solo in parte collaborativo.
Indecisi se prendere invece Above and Below? Quest'ultimo è, ancora una volta, più un gestionale semplice che un gioco di esperienza: le storielle sull'esplorazione narrate sul suo libro sono sì più evocative, ma hanno anche degli effetti molto più banali, tranne che in pochi casi particolari. Inoltre, si parla di un gioco competitivo per anche quattro giocatori.