A&P Chronicles 2003-2004 (II, 1)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 10 Ottobre 2019

Parte II, Capitolo 1: "Possibile futuro o ignoto presente?"

Seduta del 18 Novembre 2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 10 Ottobre 2019

Parte II, Capitolo 1: "Possibile futuro o ignoto presente?"

Seduta del 18 Novembre 2003

"Possibile futuro o ignoto presente?"

ci
svegliammo la mattina, e subito mi resi conto di essere di nuovo a
Bar-Arghaal, in casa di Polgrim, per la precisione. Cosa strana, notai che
avevamo dormito tutti nella stessa stanza, anziché disporre dei consueti
alloggi separati come le volte precedenti, e ciascuno di noi aveva ai piedi
del letto un basso tavolino sul quale stava adagiato un libro dalla
copertina in pelle, tutti più o meno della stessa dimensione, circa un
centinaio di pagine. Del resto non ricordavo molto della sera prima, e
supposi di aver preso la solita sbornia con i nani prima di coricarmi, anche
se non seppi spiegarmi i libri e il fatto di aver dormito tutti assieme.
Tuttavia, questa volta non dovevo essere stato solo io a partecipare alle
sontuose bevute di birra degli AltoColli, dal momento che più o meno tutti i
miei amici avevano un'aria assai stanca e provata, almeno alla pari di
quella che dovevo avere io, a giudicare dai loro sguardi. Warnom in
particolare, sembrava invecchiato di dieci anni almeno.

Per dovere di cronaca, devo qui avvisare il lettore che non conservo memoria
di molte delle cose che accaddero, e quanto scriverò è in parte frutto della
ricostruzione che mi fu fornita da Warnom con l'aiuto del contenuto dei
misteriosi libri e del mio diario. Del resto, come spiegherò in seguito,
posso affermare di essere uno dei pochi uomini che abbia visto il proprio
futuro e ne conservi memoria, o almeno un possibile futuro, come quello che
ci fu dato di vivere e che gli dei ci concessero di modificare.

Ancora oggi non so se mi trovo nel presente o se stia vivendo in
un'illusione di passato, scrivendo queste cose dal futuro. Sono cose che non
comprendo pienamente e che non posso sforzarmi di far capire con queste mie
semplici cronache. Di certo, la sola cosa di cui sono ormai convinto è che
quando gli dei decidono di giocare con le vite degli uomini, noi non
possiamo fare altro che subirne i capricci, fronteggiando il destino che ci
viene assegnato con i pochi mezzi che la scienza e la magia ci mettono a
disposizione.

al
risveglio, tutti eravamo alquanto perplessi, come ho già anticipato, e
presto vennero le prime domande, dato che nessuno ricordava niente di quanto
era accaduto dallo sbarco in poi. Avevamo chiari i ricordi di tutto ciò che
avevamo passato nel corso delle nostre vite, ma dal momento dello sbarco in
poi non c'era più nulla, il buio assoluto. Warnom, scuotendo la testa, ci
invitò a leggere i misteriosi libri che si trovavano ai piedi dei nostri
letti, e con sommo stupore ci accorgemmo che recavano la calligrafia di
ciascuno di noi; nel caso di Thorin, poi, le pagine si susseguivano con due
diverse calligrafie, una delle quali era quella di Frostwind. Avevamo dunque scritto tante pagine in una sola giornata,
dopo lo sbarco? Sembrava impossibile, e in realtà, lo era. Tornarono allora
le domande, incalzanti e pressanti più di prima, mentre Warnom, dall'aspetto
quasi sconsolato, cercava di farci leggere i nostri libri, con l'aria stanca
di chi aveva ripetuto le stesse cose per tanto, troppo tempo.

Erano passati nove anni e mezzo dallo sbarco.

La
verità fu annunciata così, semplicemente, senza una particolare intonazione
e senza tradire emozioni da lungo tempo sopite. Anche se l'ultima cosa che
ricordavamo era il ritorno verso Bar-Arghaal, erano in realtà passati quasi
dieci anni da quel momento, dieci anni che avevamo passato a combattere
inutilmente il morbo misterioso. Ogni giorno ci svegliavamo con la memoria
azzerata, ogni giorno ripetevamo la stessa scena, ogni giorno Warnom ci
faceva leggere e aggiornare i nostri libri perché il giorno dopo, tornando
al punto di partenza, potessimo leggerli constatando che quanto ci aveva
detto non era un terribile, agghiacciante scherzo di cattivo gusto.

Ed
in effetti, nel mio libro trovai le annotazioni dei giorni precedenti, tutti
uguali, tutti passati a ricostruire una memoria di fatti che venivano
inesorabilmente cancellati al primo sonno. Avidamente, rileggemmo le pagine
per ricordare, ancora una volta, quanto era accaduto.

-
E' mia, nessuno la tocchi - ricordò improvvisamente Thorin, stringendo
minacciosamente la staffa di Perigastus.

-
C'è ancora in sospeso la questione delle monete d'oro che ci devi per la
stellaria di Gawain - diceva Morick a Shair, anche lei nelle nostre stesse
condizioni.

Intanto, avevo preso uno specchio dal tavolo e mi stavo osservando,
trovandomi invecchiato, con le prime rughe ed alcuni capelli bianchi.
Istintivamente, scagliai lo specchio a terra per la frustrazione.

-
Anche oggi Gawain ha rotto lo specchio - commentò qualcuno.

Era
chiaro che stavamo ripetendo ancora una volta un copione rimasto immutato
per nove anni e mezzo. Era sconvolgente per noi che ci rendevamo conto della
cosa, ma quanto doveva risultare insopportabile anche per Warnom, il solo a
non essere stato vittima del contagio, il quale si era occupato di noi per
tanto tempo senza alcun risultato tangibile?

superato
il primo momento di sconforto, e tuttavia con gli animi non meno pesanti di
prima, terminammo di ricordare quanto avevamo scritto nei nostri libri,
prima di tornare a fare le nostre domande, con evidente apprensione. Così ci
fu raccontato che il libro di Siir Barjack, che ora giaceva sul tavolo
centrale, era stato messo a disposizione dal giorno dopo al nostro rientro a
Bar-Arghaal, per consentire ad un altro gruppo di intraprendere la missione
che noi evidentemente non avremmo potuto portare a termine. La Divina
Speranza era partita nove anni fa, e non aveva fatto ritorno; le ultime
notizie risalivano appena ad un anno dopo la sua partenza, ma da allora non
se n'era saputo più nulla.

Qui la situazione non era migliorata, del resto. I themaniti erano riusciti
a penetrare nella confederazione nanica conquistandone gran parte delle
città, e quella in cui ci trovavamo era di fatto l'ultima isola di libertà
al riparo dalle mire dell'Oscuro Signore. Oltre i confini di Bar-Arghaal,
tutto era ormai nero e corrotto dalla presenza themanita, non esistevano più
nuclei di resistenza organizzata, né città libere, né altre bandiere al
vento che non portassero il grande drago nero.

Per tre anni Warnom.aveva viaggiato da una parte all'altra del continente,
spingendosi fin nei luoghi meno accessibili, nel tentativo di trovare una
cura per la nostra malattia, dopo che fu chiaro che nessuno qui era in grado
di curarla. A nulla erano serviti Aderlist, i chierici di Morgrim e delle
altre divinità, né tantomeno l'intervento del Patriarca dei Nani, colui che
attingeva quasi direttamente al potere del dio nanico.

Era stato dunque tutto vano? Ogni nostro sforzo, ogni tentativo, ogni
ferita, nulla era servito? Tutto il nostro affannarci per compiere un
destino annunciato doveva così naufragare miseramente nel modo più
disonorevole che potessi immaginare: dimenticato da tutti in un mondo
cambiato che non volevo, a mia volta dimentico degli stessi eventi che mi
avevano condotto a quel misero destino? Maledissi gli dei per
l'insopportabile destino che ci avevano riservato.

La sola nota positiva fu apprendere che il processo a Thorin per l'omicidio
di Frostwind si era risolto con una piena assoluzione. Infatti, ci raccontò
Warnom, era stato dimostrato al di là di ogni dubbio che lo spirito di
Frostwind albergava nel corpo del nano e questo era stato sufficiente per il
concilio di nani a giudicare il mago non effettivamente morto. Peraltro,
Daeron era riuscito comunque a provare che Thorin fu preceduto da qualcun
altro, quella sera, che prima di lui assalì Frostwind, o almeno il suo
corpo.

Ma cosa poteva mai importarci a quel punto dell'esito di un processo
avvenuto quasi dieci anni prima? L'indomani non lo avremmo neanche
ricordato, e ogni giorno avremmo avuto una pagina in più da leggere, solo
per sapere cosa avevamo fatto, solo per ricordare che le nostre vite non si
erano fermate a quel maledetto sbarco.

E fu allora, quando tutto il mondo sembrava esserci ormai crollato addosso,
che Warnom gettò una tenue luce di speranza sulla nostra sorte. Era ormai
appurato che la nostra condizione avesse a che fare con le energie dei
cristalli, così come sembrava accertato che si trattasse di energie preumane.
Tale infatti era la ragione per cui nessuno era stato in grado di
intervenire, poiché per fronteggiare le energie preumane occorreva il
ricorso alla magia runica, un'arte antica e dimenticata da tempo. Ma durante
il suo ultimo viaggio, Warnom aveva avuto la fortuna di conoscere un certo
Jigmar, che solo dopo molto tempo scoprii essere lo stesso nome di colui che
aveva teorizzato e di fatto inventato la magia runica alcuni secoli prima.
Questo Jigmar, che fosse lo stesso o un suo discendente, era comunque stato
in grado di indicare al nostro compagno un certo Rambadak, l'ultimo mago
runico esistente, ritiratosi a vivere in un villaggio di hobbit nelle Terre
Brulle.

Quella era la nostra meta, e tutto era pronto per la partenza all'indomani
mattina.

non
si sarebbe trattato di un viaggio normale, come venimmo a sapere l'indomani,
quando leggemmo nuovamente i libri dopo aver inscenato la consueta pantomima
che aveva portato a rompere un altro specchio, a chiedere denaro a Shair e
così via, di fronte ad un Warnom sempre più dimesso. Le distanze che ci
separavano dal villaggio delle strane creature dall'aspetto fanciullesco
erano tali da richiedere mesi di viaggio, se affrontate con mezzi
tradizionali. Almeno in questo, invece, la magia di Aderlist ci tornò utile.
Lo trovammo, assai invecchiato, mentre finiva di tracciare un pentacolo
magico al centro di quella che un tempo era stata la sala dei banchetti del
clan Scudodiquercia. Ci invitò ad entrarvi e, quando fummo tutti all'interno
del cerchio magico, mormorò alcune parole, dopo di che ci trovammo a
precipitare all'interno di una sorta di galleria d'aria.

Lentamente, iniziammo a vedere una luce dal fondo del cunicolo irreale, una
luce che presto mostrò prati verdi e ridenti colline costellate di piccole
porte e finestre rotonde. Di colpo ci trovammo a precipitare e la nostra
caduta terminò su uno spesso covone di fieno, che fortunatamente attutì i
danni. Seppi in seguito che era stato predisposto appositamente a quello
scopo, dato che attendevano il nostro arrivo.

Le
buffe creature simili a bambini dai piedi spropositati e rivestiti di
pelliccia si avvicinarono, curiosi, scherzosi e ilari, come se non
conoscessero la gravità della nostra situazione. Eppure, nonostante tutto,
riuscirono a farmi sorridere, con i loro modi gioviali e lieti che ricorderò
sempre con piacere. Festanti e chiassosi come solo gli hobbit possono essere
su Terala, ci condussero all'unico edificio in pietra, nel quale abitava
l'anziano Rambadak.

Si
trattava di un uomo che sfiorava il secolo, dai capelli grigi e dai lenti
movimenti che esprimevano tutta la stanchezza di una vita vissuta
interamente e intensamente. Ci accolse con cordialità, ed ascoltò le nostre
preghiere di intervenire per debellare il terribile morbo che ci aveva
colpito, anche se si dimostrò incerto sulle sue capacità di poter fare
qualcosa. Ad ogni modo avrebbe avuto bisogno di un volontario che si
prestasse per effettuare alcune analisi preliminari, che gli avrebbero
consentito di studiare l'intervento più opportuno, se possibile. Mi offrii
senza indugi e lo seguii al laboratorio, mentre gli altri prendevano
possesso degli alloggi accuratamente predisposti da Warnom con i soliti
libri ed alcune iscrizioni che avevano il compito di facilitarci le ccose
quando ci fossimo svegliati all'indomani.

Naturalmente,
al risveglio non ricordavamo nulla, come di consueto, ed in particolare io
fui difficile da convincere, poiché non avevo potuto trascrivere di essermi
offerto volontario per le analisi del vecchio. Ad ogni modo, dopo aver rotto
uno specchio, litigato per i soldi e ostentato il possesso della staffa di
Perigastus come di consueto, fummo pronti ad ascoltare l'esito di quanto
Rambadak aveva potuto capire dal mio esame.

-
Una grande energia si trova in voi - disse il vecchio, - un'energia della
stessa natura preumana che hanno i cristalli, e la vostra affinità a questi
artefatti è stata la ragione per cui il morbo si è rivelato tanto efficace e
difficile da estirpare. Da quanto mi avete detto, il contagio vi è stato
comunicato dal gruppo di themaniti che avete combattuto dopo lo sbarco, e
con tutta probabilità è stato il Cercatore, nel momento in cui è stato
distrutto.

-
E' vero - lo interruppi, ricordando quanto avevo annotato nel mio diario. -
Infatti, quando il Cercatore è stato distrutto dalla freccia di Adesir, per
un istante siamo stati avvolti da una nube di oscurità che ci ha mostrato il
mondo dei morti...

-
Come supponevo, Gawain - riprese Rambadak, - ma purtroppo, anche sapendo
queste cose io non posso intervenire direttamente...

A
quella frase ci sollevammo in una sorta di tumulto, profondamente delusi per
l'infrangersi della nostra ultima speranza. Ci vollero alcuni minuti perché
si ristabilisse un minimo di ordine che consentisse al vecchio di
proseguire.

-
Ad ogni modo - proseguì infine - farò la sola cosa che posso fare, ovvero
innestarvi magicamente dei ricordi antecedenti a quello scontro, dei ricordi
che dovremo scegliere accuratamente e che vi consentano di fare delle scelte
diverse, in modo da non subire il contagio.

-
Vuoi rimandarci indietro nel tempo? - chiesi, incuriosito.

-
Non esattamente. Semplicemente, immettendo in voi dei ricordi appositamente
studiati per evitare quella situazione, faremo in modo che, nel passato, voi
non siate stati contagiati dal Cercatore, il che significa che ora, nel
futuro, non avreste contratto gli effetti del morbo e non sareste qui a
chiedere il mio aiuto...

La
cosa era assai difficile da comprendere, sia per me che per gli altri, anche
se non tutti si avventurarono in maggiori approfondimenti. Morick e Warnom
sembravano essere i soli a comprendere pienamente le implicazioni di quell'assurda
situazione, e visto che non sollevavano obiezioni, alla fine ritenemmo il
piano soddisfacente.

passarono
quasi quindici giorni prima che Rambadak fosse pronto per lo sforzo fisico e
mentale che l'operazione gli richiedeva. In quel periodo, con la difficoltà
causata dalla necessità di rileggere i libri ogni mattina, scegliemmo
accuratamente quali ricordi avremmo dovuto ricevere, badando bene a
scegliere per essi dei soggetti che potessimo ritenere affidabili nel
passato, quando non avremmo avuto alcuna memoria dell'incontro con Rambadak.

Fu stabilito che Morick e Adesir avrebbero dovuto sentire l'impulso di
scendere dalla nave a bordo di una scialuppa, in modo da portarsi lontani
dal pontile e affrontare il Cercatore quando fosse comparso, molto lontano
da noi. Una volta scagliata la freccia mortale, Morick avrebbe usato la
magia per teletrasportare sé stesso e Adesir vicino a noi, prima di essere
investiti dall'onda nera di morte che li avrebbe altrimenti contagiati di
nuovo. I genitori di Adesir e l'anziano maestro di Morick sarebbero stati
convincenti a suggerire alle loro menti questa sequenza di azioni.

Polgrim e Thorin avrebbero ricevuto il ricordo di Felgrim e di una visione
di Morgrim che avrebbe suggerito loro di combattere i themaniti sul pontile
senza avvicinarsi al Cercatore, mentre io, su suggerimento dello stesso
Rambadak, avrei ricordato tutto, anche quanto stava accadendo ora nel
futuro, perché potessi narrarlo nelle mie cronache e convincere gli altri
una volta che il corso delle cose fosse cambiato.

Ci
volle un istante, quasi troppo poco considerando l'immane importanza di ciò
che stava per accadere. Rambadak ci salutò cordialmente augurandoci che ogni
cosa potesse andare per il meglio, quindi afferrò la sua staffa e, con un
comando che ricordava più un rumore osceno che una solenne invocazione,
attivò la sua magia. Un istante dopo, mi ritrovai con gli altri nuovamente a
bordo della nave, in prossimità dello sbarco, come era accaduto nove anni e
mezzo prima... o come forse accadeva allora per la prima volta?.

Ero
il solo ad essere cosciente della straordinaria esperienza che stavamo
vivendo. Una seconda possibilità. Forse nessuno prima di noi aveva osato
tanto, cogliere il sottile gioco degli dei capricciosi e volgerlo contro di
loro, per ottenere una nuova possibilità di affrontare diversamente una
parte della propria vita, sapendo come avrebbe potuto andare!

In
quel momento, Adesir e Morick sentirono l'istinto di scendere con la
scialuppa, come previsto e come ricordavo che avessimo stabilito, anche se
per i miei compagni la cosa sembrava assolutamente anomala. E tuttavia, dal
momento che erano state persone di fiducia a ispirare quell'istinto-ricordo,
non ebbero dubbi sul da farsi. Poco dopo, noi attraccammo e incontrammo
Shair sul pontile, , accompagnata dai nani che come già sapevo, ci
notificarono la data del processo per l'omicidio di Frostwind. Ovviamente,
fui il solo a non stupirmi della cosa, mentre si sollevavano discussioni già
sentite.

Quindi arrivò Daeron, per avvisarci dell'agguato dei themaniti, e subito ci
rituffammo nel combattimento, che per molti versi sembrava del tutto
identico a quello che ricordavo nel passato che cercavamo di cambiare.
Questa volta, mi accorsi di poter prevedere in anticipo le mosse dei miei
avversari, e così anche i due nani, al punto che non riportammo una sola
ferita in quello scontro. Poi un urlo agghiacciante ruppe il silenzio alle
nostre spalle, dal lato del mare, e seppi che Adesir aveva distrutto il
Cercatore. Era il momento più importante. La ragazza e Morick ricomparvero
al nostro fianco prima ancora che la creatura avesse finito di emettere il
suo ruggito, quindi vi fu una specie di esplosione, ma questa volta la nube
nera nonci portò visioni dell'aldilà. Il Cercatore era stato ucciso troppo
distante da noi perché potesse trasmetterci il suo morbo nefasto. Avevamo
vinto.

naturalmente,
i miei amici e la stessa Shair erano assai perplessi su come si erano svolte
le cose, non riuscendo a spiegarsi come avessimo potuto prevedere così
accuratamente il modo di affrontare il combattimento. Per effetto di uno dei
ricordi innestati, tuttavia, Shair sapeva che io potevo chiarire le cose, e
mi avventurai nella difficile quanto inverosimile narrazione degli eventi di
quel futuro lontano e ormai irrealizzabile. Cercai di spiegarmi al meglio
delle mie possibilità, ma dubito che qualcuno abbia potuto credere a ciò che
dissi in quel momento, io stesso mi sarei preso per pazzo. Il solo che
ancora oggi sono certo mi abbia creduto fu Morick, poichè conosceva bene
Rambadak e la mia descrizione dell'anziano fu tanto accurata che colsi il
suo sguardo farsi più attento, e non mise neanche per un istante in dubbio
ciò che raccontavo.

Naturalmente, il processo a Thorin, che si tenne tre giorni dopo il nostro
rientro a Bar-Arghaal, si concluse con la piena assoluzione, esattamente
come era scritto nel mio libro e come avevo predetto ai miei amici, che
rimasero ancora una volta impietriti di fronte alle mie apparenti capacità
di chiaroveggenza. Se solo avessero potuto credermi, a parte Morick! Quanto
incredibile è ancora oggi il ricordo di quell'esperienza unica, al punto da
farmi dubitare talvolta che sia accaduto veramente... se non fosse che ho
scritto tutto, nel futuro.

A conclusione di quegli straordinari eventi, il Reggente della Forgia si
complimentò con noi a seguito dell'assoluzione di Thorin, indicendo per il
giorno successivo un sontuoso festeggiamento in nostro onore. La sera
stessa, trovai nel mio zaino una sacca di cuoio con una dozzina di gemme, il
cui valore totale superava le trentamila monete d'oro.

Un nuovo futuro si schiudeva davanti ai miei occhi suscitando un rinnovato
ed insperato ottimismo.