Un gioco solo per 2 giocatori che però ha fatto un gran successo spianando la strada ad espansioni (ben 3!!!!) e ad altre in arrivo… Un gioco non originale ma ben congeniato, che raddoppiandosi arriva a coinvolgere fino a 8 giocatori. Un gioco che vi renderà felici se avete molta fortuna ai dadi. Un gioco (questa te la rubo, Lobo).
La recensione la trovate qui.
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Innanzitutto chiedo venia a chi potrebbe rimanere infastidito dall’ennesimo post su Memoir 44, ma dopo ModCon ho deciso che il gioco mi piace assai…. (vero Falcon?????)
Ebbene si il gioco è Memoir 44, gioco che riprende un sistema semplice di carte e dadi già di Battlecry e in parte ripreso e poi meglio sviluppato dalla Giogames coi suoi prodotti. Quindi nessuna originalità strutturale solo una componentistica davvero eccezionale con miniature (molte). Il sistema è semplice si pescano carte comando in base alla propria forza comando, se ne gioca una e se ne pesca una. Nella carte c’è scritto quanto serve per sapere cosa muovere. Il come è semplicissimo grazie ad una mappa esagonale e il tiro o combattimento ancor più semplice grazie ad una interfaccia dei dadi davvero intuitiva. Qualche regola in più per differenziazione di unità e dei terreni. Il gioco è tutto qui.
Nel sistema apprezzo moltissimo la semplificazione delle numerose regole che un wargame deve avere. Semplificazione che non si riduce ad una banalizzazione e questa on è operazione facile. Il tiro è agevolato dall’icone sui dadi, i terreni invece richiedono una conoscenza, ma son pochi e facile da ricordare. Le varietà possibili grazie alla componentistica sono tali da renderlo davvero intrigante anche solo come design. I ponti, i fiumi, le città, i boschi, le colline, le trincee, gli ostacoli tutto… davvero tutto. E sul tabellone questo risulta gradevole e ben visibile. Certo poi il gioco risente di un debito con la sorte e una tendenza ad un in equilibrio ma di questo ne parleremo più avanti. Ora mi preme fare qualche piccola considerazione. Primo l’overrun, quello dei carri che risulta essere la vera arma definitiva specie dell’esperto contro il novizio. I carri sono la forza del gioco, ma devono essere saputi giocare. L’overrun permette giochino intelligenti e coinvolgono più un ragionamento possibile. Sono importanti e devono essere saputi fare. Quindi non indiscriminatamente (come niente nei giochi) ma ragionati, tali da non portarvi dove il nemico vuole e dove vi aspetta. Un aspetto questo davvero intrigante. Ma, ovviamente, non si vince coi soli carri. L’anima del gioco sono le fanterie che però possono morire più facilmente, sparano a poco e se impegnate contro carri hanno difficoltà serie. Anche queste devono essere sapute muovere compatte e protette, ma una vera strategia madre non esiste, esiste una conduzione che deve tener conto delle carte che avete e della situazione in generale, altrimenti l’andamento del gioco sarebbe già scritto. Una nota di demerito va alla regola della ritirata. La bandiera sa essere punitiva quanto un risultato di danno, ma non sempre e non bene. Ritirarsi di uno in Memoir <?xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" />44 ha un suo lato negativo, ma fino ad un certo punto. Indietreggiare ti impone solo di recuperare la posizione ma non ti da altri svantaggi. Certo potresti essere chiuso e perdere pezzi, ma è eventualità remota, ancor di più quella di toccare il bordo del tabellone. Anzi qualche volta un risultato di ritirata salva l’unità. In questo trovo le regole di Commands & Colors: Ancients davvero superiori: ci si ritira di tanti spazi quanto è il movimento base dell’unità e essere a contatto con altre due proprie unità da supporto ossia ignorare un risultato di ritirata ottenuto dall’avversario. Si da più spessore alla ritirata che diventa micidiale proprio per le unità più veloci che rischiano di arrivare veramente fuori del tabellone. Le fanterie sentono la necessità di procedere compatte per evitare di perdere turni inutili e il gioco sarebbe più tattico. Almeno la ritirata avrebbe un suo perché, quasi universale invece che momentaneo.
Ma la critica più feroce fatta a Memoir 44 è che il gioco è solo fortuna. Come dare torto? Come dire che la fortuna non impera? Dadi e carte, chiede a Falcon se proprio volete avere una opinione… su 4 dadi lanciati 4 bombe a mano, col risultato che mi approprio della vittoria (costruita lungo i turni ovviamente, ma grandiosa botta di fortuna). Innegabile che se si hanno fortuna ai dadi e con le carte non si può non vincere. A meno di immensi svarioni tattici, fortuna ai dadi e carte consegnano automaticamente la vittoria.
Ma allora perché piace? Forse la domanda però è sbagliata. Come la maggior parte dei casi, oserei dire. Di sicuro il gioco ha dalla sua una velocità che non è normale per il tipo di gioco, una complessità tattica e strategica bassa, ma senza rinunciarci del tutto. Ottima impressione visiva. Ma il gioco da, davvero, un momento di riflessione in più. Spesso ci si rapporta con un wargame in modo tale da convenire che chi comanda è il giocatore, chi sceglie è il giocatore, chi determina la vittoria è il giocatore. Il giocatore davanti a ogni altro attore. A parte la sorte che, di fatto, gestisce i destini umani dagli inizi dei tempi, il giocatore del wargame ha il controllo della situazione. In Memoir 44, no. Questo non accade perché è il gioco l’attore principale, non i giocatori, loro faranno scelte ma tutte su una base che il gioco ha preparato per loro. Le carte sono la vera fonte di divertimento del sistema, comandare una unità in un meccanismo così semplice, se non avesse alcun limite sarebbe noioso e frustrante specie per chi storicamente parte svantaggiato. Le carte servono per definire quei fenomeni che la storia non ci tramanda, ma che esistono: ordini perduti, messaggeri traditori, incomprensioni alzate d’ingegno…. Tutto. Quindi storicamente la carta ha un suo senso, ma anche nel sistema lo ha. Senza la carta, l’ho detto, il gioco sarebbe piatto, con essa il meccanismo acquista straordinaria forza strategica/tattica, ma perché la ricerca della strategia e della tattica si sposta dal tabellone alla propria disponibilità di carte. Il gioco lo si vince con le carte e su come le sappiamo utilizzare, prima ancora su come siamo bravi a tirare i dadi. Le carte ci permettono gli spostamenti che sono alla base di ogni azione tattica, certo dovremmo anche sapere come muovere l’unità un esagono avanti o indietro, con quella linea di vista, etc… Ma il vero gioco è sul sapere usare quello che il gioco ci propone. Saper far fruttare le nostre carte al meglio possibile. Poi certamente, ci sono dadi c’è la bravura dell’avversario, c’è anche il fatto che le carte potrebbero non venire mai… ma tutto il vero divertimento è nel saper utilizzare le carte. Tanto è vero che più una partita è sfortunata e difficile più il divertimento, la tensione cresce. Da qui ne venie che il gioco è molto più tattico di quanto si poteva pensare e molto più intrigante strategicamente di quanto ci poteva apparire. Potrebbe essere un non senso dunque vedere che molte carte sono sbilanciate o apprendere che alcune sono molto migliori di altre. Invece anche qui dobbiamo tranquillamente notare che è giusto che sia così. Per due motivi: primo non si potrebbe fare altrimenti, occorrerebbe sviluppare un sistema nuovissimo di come far arrivare le carte migliori a chi sta perdendo e secondo non sarebbe giusto. Perché chi sta perdendo deve forzatamente tornare ad una situazione di equilibrio. Anzi perché è necessario partire da una situazione in equilibrio? Per dare ad entrambi i giocatori la possibilità di vincere? Uhm interessante, dunque il divertimento è solo esclusivamente legato alla vittoria… Partire svantaggiati e giocarsela è, forse, più godurioso che partire alla pari. Allora chi vince con la parte avvantaggiata non vince… o peggio (o forse per questo?) non si diverte. Direte…. Io penso invece che la vittoria rimane comunque sudata proprio perché dall’altra parte c’è chi venderà cara la pelle e non tutte le vittorie sono uguali, non tutte le vittoria sanno di vittoria, quella troppo facile, ad esempio, non sa di vittoria. Ma una sudata, si, anche se si partiva avvantaggiati. L’altra parte ha il compito difficile di fare una partita tirata da cui entrambi i giocatori ne trovino divertimento. Altrimenti che si gioca a fare? La due parti in causa sono attori non principali, quasi comparse, ma che devono fare il loro ruolo bene affinché tutto porti il risultato sperato. D'altronde la guerra non è mai paritaria e storicamente qualcuno deve pur perdere, l’importante è come perdere. Insomma Memoir 44 ci insegna come la vittoria e la sconfitta non siano la sola cosa importante e che un gioco prima ancora che essere un gioco deve divertire, non sarebbe un gioco altrimenti già di partenza. Ma proprio per parlare di partenza…. La domanda ma allora perché piace? È sbagliata, dicevo, ma quale è quella giusta??? Io credo sia cosa ci diverte?