Erano un po’ le considerazioni che temevo anche io. Ma esiste o è in programma una versione digitale?
La Spielworxx è famosa per due cose: pubblicare giochi per giocatori duri & puri che pochi altri si arrischierebbero a fare; e pubblicare delle prime edizioni con grafica ed ergonomia da far accapponare la pelle. Chi, come me, ha preso il gioco in preordine ha il privilegio di poter toccare con mano entrambi questi aspetti.
L'autore Jeff Warrander arriva sul mercato con in gioco dalla lunga gestazione, preceduto da una guida strategica che rivela ben trenta diverse strade per giocare e far punti, presentando quello che, probabilmente, aspira ad essere un nuovo punto di riferimento per i giochi di civilizzazione ambientati nell'antichità.
Come si gioca a The Sands of Time
Il tabellone raffigura il bacino del mediterraneo secondo le mappe dell'epoca, per cui abbiamo attorno ad esso le regioni più prossime di Europa, Asia e Africa. Ogni regione ha una produzione in oro o cereali che va da tre a cinque, sorteggiata a inizio partita, anche in base al numero dei giocatori - per cui, effettivamente, la mappa scala e la si usa tutta solo in cinque giocatori.
A questo tabellone si affianca una plancia delle cronache, che contiene tre categorie di civilizzazione: civile, politica e culturale. Il giocatore può salire su questi tracciati e questo gli serve sia per poter andare a punti con una delle carte associate, sia per avanzare nella corrispondente scala tecnologica. Ogni categoria ha infatti associati due diversi settori in cui fare punti (ad esempio per la politica contano il numero di abitanti – contadini e guerrieri – o il numero di territori posseduti), così come due alberi tecnologici distinti.
C'è poi un tracciato per i punti vittoria e uno per il livello di rivolta (unrest), che determina ad esempio il costo per costruire edifici, la possibilità di avanzare sulle tecnologie, la spesa per fare una guerra.
Ogni giocatore parte scegliendo tre regioni e dotandone una di una capitale, poi mettendo contadini (i cubi) e guerrieri (i prismi). Il round è composta da due a quattro turni individuali (il protrarsi dello stesso dipende dal tiro di dado), in cui ogni giocatore cala dalla mano due carte; oppure ripete l'azione di una già calata in precedenza, prendendo però un punto di rivolta.
Il combattimento, senza illustrare tutto il meccanismo che da spiegare è abbastanza lungo, si basa essenzialmente sul contare le forze in campo (i contadini valgono uno, i guerrieri due) e poi fare un'asta cieca puntando al massimo la differenza tra la rivolta massima e quella attuale del giocatore. Chi perde si ritira, chi vince rimane - ma aumenta la sua rivolta del dado puntato.
Alla fine di ciascuna delle tre dinastie con cui è infatti scandito il tempo di gioco, ogni giocatore scopre le carte che ha piazzato nella plancia di civilizzazione e prende punti in base alla categoria scelta e all'obiettivo che si è prefissato (se lo ha raggiunto, naturalmente). Le carte hanno valori diversi e, naturalmente, a uno più alto in punti corrispondono condizioni più difficili da realizzare.
Alla fine delle tre dinastie, chi ha accumulato più punti vittoria è il vincitore.
Azioni spiazzanti
La prima sensazione che avete di fronte a The Sands of Time è quella di disorientamento. Non solo per la pletora di edifici costruibili, non solo per le sei scale tecnologiche, non solo per i trenta indirizzi strategici a vostra disposizione; ma, soprattutto, per le dieci carte azione.
La prima cosa che notate è che non trovate, come nel novanta percento degli altri giochi del genere, azioni classiche come l'aumento di popolazione o la produzione. Paradossalmente, queste due cose che - disperatamente - cercate con gli occhi scorrendo la vostra mano, il gioco ve le dà in automatico. All'inizio di ogni round (un round rappresenta una generazione, ovvero la vita di un sovrano) si azzerano le risorse avanzate e se ne prendono di nuove in numero pari ai contadini sui propri territori, fino al massimo prodotto dal territorio.
Per raccogliere risorse in modo estemporaneo ci soni tre mosse principali; una è un'azione ausiliaria, quindi incrementa la rivolta e coinvolge in solo territorio - poco efficiente, da usare solo in caso di emergenza. Le altre due consistono nel mandare i guerrieri a depredare i territori altrui, oppure nel chiedere tributi alle proprie colonie o ai nemici che hanno portato le loro linee carovaniere fino alle proprie città. Nel caso dei guerrieri e delle carovane, le risorse sono sottratte direttamente al bersaglio, inserendo quindi, a partita avanzata, un'interazione diretta pesante, anche perché un effetto secondario di queste invasioni di guerrieri – anche se non si dà battaglia per la conquista – è quello di aumentare la rivolta nei regni avversari.
Questa penuria generale di risorse porta a dover usare con parsimonia anche le altre carte che si hanno in mano, con le quali più classicamente si spostano pedine, si costruiscono edifici, si progredisce tecnologicamente, si combatte e si annettono nuovi territori. Ogni azione ha un alto costo e l'incertezza sulla durata della generazione porta a fare il prima possibile le azioni importanti, non invogliando ad accumulare risorse - perché potrebbe non esserci un altro turno per spenderle.
Il costo della guerra
Il combattimento in questi giochi è sempre un fattore cruciale. The Sands of Time lo risolve con un sistema del quale si possono individuare tre caratteristiche principali: la mancanza di aleatorietà, l'alto costo e lo svantaggio del vincitore.
La mancanza di aleatorietà non significa mancanza d'incertezza. L'asta cieca effettuata col dado lascia spazio ai giocatori per “leggere” le intenzioni avversarie e decidere quanto rischiare, ma il dado moltiplicato per tre è comunque un fattore di grande incertezza. Certamente una civiltà che ha spinto molto sulle tecnologie politiche (che riguardano in buona parte l'aspetto militare), ha un buon margine di vantaggio già prima della puntata. Inoltre i numeri puntabili sono spesso pochi, perché non si può eccedere la differenza tra la propria rivolta e sette (la rivolta oscilla appunto tra un minimo di due e un massimo di sette).
Infine, lo svantaggio del vincitore. Il vincente perde una sola truppa, il perdente due ed è costretto a ritirarsi dal territorio. Ma il vincitore deve aumentare la rivolta del dado puntato, come visto sopra. Questo si traduce in conseguenze a breve e medio termine non trascurabili: una nuova guerra lo vedrà molto più limitato nel margine a sua disposizione; costruire edifici diventerà più dispendioso; avanzare nelle tecnologie potrebbe essergli precluso (per avanzare, il livello in un settore di civilizzazione non può essere inferiore alla rivolta). Diminuire la rivolta non solo costa cereali (e anche tanti, per ogni singolo passo), ma anche giocare una preziosa carta azione solo per questo scopo; e, se si vuol diminuire di uno scalino gratis, si deve però giocare anche una seconda carta, quella col focus culturale.
In conclusione, la guerra in questo gioco non può essere fatta a cuor leggero e senza la prospettiva di un effettivo e concreto guadagno. Quindi sarà soprattutto appannaggio di chi punta sulla categoria di punteggio “numero di territori”.
Trenta strategie per trenta giorni
La guida che abbiamo tradotto in italiano è stata scritta dall'autore per descrivere le tante e diverse strategie che il gioco fornisce, più che per fornire un manuale da seguire pedissequamente.
Quello che davvero colpisce del gioco è non solo questa estrema varietà, ma anche il fatto che davvero non si possa fare un po' di tutto, ma ci si debba focalizzare in modo quasi estremo su massimo un paio di aspetti, per portarli a frutto il prima e meglio possibile - questo combinando le azioni con le tecnologie e con gli edifici. Questi tre cardini danno un'ampia libertà di decisione e di interpretazione, anche all'interno delle medesima linea strategica. La controparte sta nel fatto che cambiare strategia in corsa è quasi impossibile - o quantomeno improduttivo.
Particolare e molto funzionale il sistema delle carte focus: sono tre carte che si hanno in mano e che permettono di sbloccare abilità particolari sulle altre o sugli edifici: riguardano naturalmente gli ambiti civile, politico e culturale. Il ritorno è però a doppio senso: giocando carte azione con un'abilità sbloccabile corrispondente alla carta focus calata, si sale infatti su un tracciato di tre scalini posto sulla carta stessa; raggiunto il terzo scalino si fa un passo sulla scala del corrispondete ambito di civilizzazione, sulla plancia di gioco. Anche in questo caso è una meccanica che spinge dunque alla specializzazione, non solo nella strategia generale della partita, ma pure nella tattica del singolo round.
Le sabbie del tempo
La clessidra in copertina con la sabbia che scorre lentamente non è solo il simbolo del gioco, ma anche di quel che proverete al tavolo.
Uno dei meccanismi più particolari è quello dei round a lunghezza variabile. Ogni round, come detto, dura dai due ai quattro turni e al contempo, ogni volta che scorre il marcatore del turno, va avanti anche quello della dinastia, che è il tracciato generale del tempo di gioco. Questo significa che non si sa esattamente quante generazioni (round) ci sono all'interno di una dinastia; ulteriormente, una generazione potrebbe iniziare in una dinastia e finire nella successiva.
In ogni caso questo meccanismo abbastanza particolare e un po' ingarbugliato porta alcune conseguenze: intanto, non sapendo quanto tempo effettivo si ha per calare le carte e sfruttare le risorse, si deve sempre ottimizzare le mosse pensando di averne solo quattro a disposizione (e poi fare mosse un po' di ripiego se il round prosegue, sempre pensando che potrebbe essere l'ultimo turno).
Anche la durata generale della partita ne risente. Il cursore delle dinastie, infatti, avanza solo quando avanza quello della generazione - e non quando torna indietro. Questo vuol dire che generazioni corte fanno avanzare il cursore solo una volta su due turni, mentre quelle lunghe tre su quattro. Non solo: le generazioni corte permettono di ottimizzare meglio il proprio gioco, dato che si riprendono risorse e carte solo all'inizio di ogni nuova generazione.
A proposito delle risorse, uno degli aspetti che ho meno apprezzato è stato l'azzeramento delle risorse avanzata alla fine di ogni generazione (vengono usate per il funerale del sovrano?). Probabilmente è stato pensato per una questione di bilanciamento, magari per evitare strategie troppo basate sull'accumulo; ma in genere mi pare sempre una soluzione poco elegante. Questo aspetto, unito alla poca convenienza nel rigiocare carte già calate in tavola (cosa che invece sarebbe funzionale alla propria strategia), pena l'aumento della rivolta, porta a una discreta paralisi da analisi.
Di suo, la paralisi da analisi è accentuata anche da altri due fattori, uno che riguarda il gameplay, uno i materiali. Per il primo, il fatto che le carte non sono così immediate negli effetti a lungo termine (come dicevo qualche paragrafo più in alto); per il secondo, la scarsa ergonomia di gioco, data soprattutto dal fatto che gli importanti effetti degli edifici sono spiegati solamente nell'aiuto giocatore (uno scomodo A3 a libro) e da nessun'altra parte, quando magari anche una striscia iconografica sulle tessere avrebbe per lo meno aiutato.
Un altro punto che ha lasciato perplesso più di un giocatore con cui l'ho provato è il fatto che le carte azione siano scelte in simultanea, ma risolte a giro, a turno. Se quello prima di te, con un raid, ti ruba le risorse che volevi usare per costruire, oppure ti conquista il territorio che ti eri preparato a prendere, ti trovi con una carta inutile - e non è poco, in questo gioco. D'altro canto una decisione non in contemporanea avrebbe ulteriormente aumentato la paralisi da analisi.
A causa di tutti i punti sopra e per la sua costruzione intrinseca, il gioco è veramente molto lungo, anche perché vittima di sensazioni davvero “sabbiose”. Anche in due si sforano tranquillamente le due ore e, sebbene l'aumento non sia lineare al salire dei giocatori, il tempo richiesto a completare una partita diventa davvero molto alto, tendente all'infinito in cinque.
Conclusione
Se non avete avuto voglia di leggere, dalla sintesi tecnica delle voci qui sotto capirete subito che The Sands of Time è uno di quei giochi per giocatori incalliti, che non badano all'apparenza, ma solo alla sostanza e che non temono sessioni lunghe ed estenuanti al tavolo. Le voci “da giocatori” hanno alte valutazioni, ma il rischio è quello di un gioco a bassa efficienza.
La mia paura è che rimanga un'utopia vederlo spesso sul tavolo e che sia relegato a quella singola partita l'anno o poco più, diventando uno di quei giochi che è possibile giocare bene e con piacere solo online.
Materiali **
Grafica/disegni **
Ergonomia *
Ambientazione ***
Regolamento ***
Scalabilità ****
Rigiocabilità *****
Originalità ***
Interazione ****
Profondità *****
Strategia *****
Tattica ****
Eleganza **
Fluidità *Legenda – (pessimo/assente), * (scarso), ** (sufficiente), *** (buono), **** (ottimo), ***** (eccellente)