Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 8 Novembre 2005
Parte I, Capitolo 5: La palude di Arl-Bocherim
Seduta di Ottobre 2002
La palude di Arl-Bocherim
durante
la nostra marcia, attraversammo la piana di Aedon, teatro di una battaglia
ai tempi della prima crociata: qui si erano scontrati per la prima volta gli
eserciti esmeldiani e Auldim da un lato, contro i themaniti dall'altro. Mi
ritrovai a pensare a queste cose per caso, come se fossero indicazioni utili
per ciò che avremmo dovuto fare di lì a poco, ma al momento non sapevo
trovare una ragione per quelle riflessioni.
Giunti alle porte di Arl-Bocherim, prima che il nano si facesse notare in
qualche modo, chiesi informazioni ad un fabbro, per farmi indicare un posto
dove consumare un pasto e magari trovare una stanza. Malauguratamente, al
momento di ripagarlo per le informazioni, mi accorsi di non avere monete di
rame, così gli allungai un soldo d'argento, cosa che inevitabilmente
attrasse più attenzione di quanto avremmo sperato. Fui anche rimproverato da
Agherwulf per quella leggerezza, ma ormai era fatta, ed in ogni caso non
saremmo passati a lungo inosservati con il nano fra noi.
Ci recammo alla taverna del Cerbiatto, che aveva una stalla dove si poteva
riposare. L'ostessa ci diede un tavolo vicino al camino e ordinammo da
mangiare uno stufato caldo della casa, la cui descrizione sembrava
invitante. Dato che non comprendeva nulla di quanto dicevamo con gli
inservienti, Agherwulf giocò uno scherzo a Thorin facendogli portare una
minestra in luogo dello stufato; sulle prime la cosa apparve divertente, ma
fu realmente difficile spiegare lo scherzo al burbero compagno evitando che
spaccasse tutto in un accesso di collera, quando si vide portare la
brodaglia invece della carne! Ad ogni modo, Adesir sembrò invece gradire la
minestra...
Thorin fu il primo a lasciare la sala per andare a riposare nella stalla,
noi lo raggiungemmo dopo un po'. Il nano era come un bambino, schiavo dei
suoi bisogni fisiologici e delle sue emozioni. Pensai che avremmo dovuto
abituarci a trattare con lui, ma non sarebbe stato semplice. Ad ogni modo,
dopo aver parlato un po' sul da farsi, Adesir e Agherwulf decisero di far un
giro per il paese, mentre noi avremmo atteso nella stalla.
erano
passati pochi minuti e stavo quasi per addormentarmi, quando improvvisamente
qualcuno alle spalle mi puntò un coltello alla gola.
- Non c'è bisogno di ricorrere alla violenza - dissi. - Siamo tranquilli
viaggiatori!
- Ed anche molto stupidi! - sussurrò la voce alle mie spalle. Riconobbi
l'ostessa, che ritrasse la lama e si portò davanti a me, mentre cercavo di
mostrarmi impassibile di fronte al pericolo corso.
- Potevate anche suonare le fanfare, entrando al villaggio! - mi rimproverò.
Cercai di giustificarmi dicendole che comunque non avremmo potuto nascondere
la presenza del nano, ma mi rendevo conto che il nostro modo di muoverci non
era stato dei migliori. D'altra parte, ero più a mio agio nelle campagne che
nei centri abitati, da almeno tre anni a questa parte...
Parlammo della nostra missione e di Gaios, così seppi che era stato visto
per l'ultima volta venti giorni prima, quando aveva dovuto recarsi nella
palude per completare qualche attività di cui l'ostessa non era al corrente,
visto che il suo compito si limitava a fare da contatto per
l'organizzazione. Seppi che alloggiava in una stanza della locanda, dove mi
feci condurre per proseguire la nostra conversazione, sperando di trovare
qualcosa di utile, un indizio.
Gaios si era recato nella zona est della palude, solo e con tutto ciò che
possedeva, pertanto la stanza era completamente vuota. Non esisteva una
mappa della palude, un posto malsano e scarsamente frequentato anche dai
themaniti, che sarebbe stato saggio esplorare con una zattera, a causa della
presenza di numerose Testedure, predatori di palude in grado di stritolare
un uomo con la sola forza delle mascelle. Tuttavia, non volendo dare
nell'occhio, Gaios non prese una delle poche zattere del paese, e si
avventurò negli acquitrini a piedi.
Mentre parlavamo, mi sembrava di vedere quell'uomo di mezza età con l'acqua
fino al petto, solo, in un acquitrino infestato di mostri voraci. Che
speranze potevamo avere di trovarlo vivo? Decisamente poche, mi dissi.
Tuttavia, sarebbe per noi stato molto importante anche solo scoprire cosa
cercava in un luogo così particolare, e fui sorpreso nel provare un certo
fascino di fronte a quel mistero.
Ad un tratto, una ragazza che doveva essere la figlia, entrò e disse
qualcosa alla mia interlocutrice.
- Accidenti! - imprecò. - I tuoi compagni se ne vanno in giro per il paese,
adesso!
- Beh, non mi sembra nulla di grave - dissi, perplesso, facendola
incollerire maggiormente. Non mi sembrava che in un paese con ben tre
locande due stranieri in abiti comuni potessero essere notati facilmente,
tantomeno se una era solo una donna.
- Le locande non hanno clienti - mi spiegò. - Qui si vive segnati sul librop
paga di qualcuno, perché dopo la formazione della palude Arl-Bocherim non è
più un luogo di passaggio. La locanda nera ospita le rare truppe themanite
di passaggio, la mia sai da chi è pagata, e la terza non saprei cosa dire...
Ora mi era chiara la situazione. Il paese poteva sembrare grande, ma era
solo il residuo di quanto restava dai tempi prima della palude. In realtà,
ora, era divenuto una cerchia ristretta di persone beno conosciute, quindi
una presenza forestiera sarebbe stata immediatamente notata e, peggio
ancora, riportata a qualcuno...
- Devi andare a riprendere i tuoi amici - disse l'ostessa, ed io fui
immediatamente d'accordo. Mi alzai ed uscimmo dalla stanza, facendo ritorno
alla stalla.
agherwulf
ed Adesir erano già rientrati, li trovai nella stalla. Con Warnom e Thorin
stavano facendo capolino dall'ingresso principale, osservando qualcosa in
strada. Adesir mi fece cenno di avvicinarmi, mostrandomi alcuni cavalieri
appena giunti in città. Erano circa una dozzina, a cavallo, alcuni erano
entrati nella locanda nera, dove trasportavano un pesante fardello chiuso in
un sacco, mentre altri due si allontanavano a nord e tre restavano in
strada.
Agherwulf manifestò la sua intenzione di affrontarli, ma l'idea mi sembrava
rischiosa, non tanto per il numero degli avversari, quanto per la
possibilità di scatenare una repressione o di far intervenire altri
themaniti a seguito della nostra azione. L'ostessa ci fece capire che se
avessimo fatto qualcosa per tradire la sua posizione, ci avrebbe consegnati
ai themaniti senza pensarci due volte. Ci indicò invece una via di fuga dal
retro, e ci esortò ad utilizzarla prima che la pattuglia venisse a
perquisire anche il Cerbiatto. La sola cosa possibile a quel punto era
avventurarci nella palude: avremmo proseguito la nostra ricerca facendo
perdere le tracce in un luogo difficile e non frequentato.
Warnom decise di restare alla locanda, per custodire i muli e
l'equipaggiamento pesante che non avremmo potuto portare con noi. Nonostante
la mia perplessità, ci assicurò di essere in grado di badare a sé stesso,
così non perdemmo tempo a discutere e ci allontanammo appena in tempo,
mentre già le voci dei soldati alle nostre spalle si avvicinavano.
la
palude era uno spettacolo desolante. Iniziava poco fuori dal sentiero
battuto, trasformandosi subito in un'immensa distesa d'acqua scura e
maleodorante, coperta da un tetto di fitta vegetazione composta da salici,
canne ed altri arbusti. Poco dopo esserci addentrati nella zona, Agherwulf
trovò, seminascosto fra le canne, uno zatterone di tronchi che sembrava in
ottime condizioni.
- Corvo - mi chiamò ad un tratto il nano, poggiandomi una mano sulla spalla.
- Posso sapere perché stai guardando con interesse questo oggetto?
Compresi subito che sarebbe stato un problema far salire il nano sulla
zattera. In quel momento non avevamo tempo da perdere e l'idea di infilarci
in quelle acque scure era per me del tutto fuori discussione. Mi spazientii
subito.
- Ascoltami, Thorin - gli dissi seccamente, guardandolo negli occhi. - Ti ho
dato retta quando hai voluto perdere tempo a seppellire i cadaveri, ma
stavolta devi ascoltarmi tu! - il nano sembrò sorpreso dalla mia reazione
decisa.
- Non sappiamo cosa potrebbe aggredirci se affrontassimo quelle acque a
piedi, e inoltre se anche a me l'acqua arrivasse al petto, tu ne saresti
completamente sommerso! - proseguii senza smettere di guardarlo negli occhi.
- Quindi, tu ora mi fai il favore di salire su quella zattera e non fare
storie. Hai la mia assicurazione che faremo di tutto per evitare che ti
accada qualsiasi cosa.
- Sta bene - disse il nano, vinto per la prima volta dalle argomentazioni di
un altro. - Mi fiderò di te, Corvo Nero, non tradire la mia fiducia!
Ci levammo le armature in modo da non rischiare di annegare qualora fossimo
caduti in acqua per un qualsiasi imprevisto. Solo Agherwulf non volle
saperne e tenne almeno la sua bardatura in cuoio, nonostante i nostri
avvertimenti. Legammo l'equipaggiamento alla zattera per non rischiare di
perderlo e posizionammo il preoccupato nano al centro dell'imbarcazione.
Afferrate le due lunghe pertiche che trovammo lì accanto, io ed Agherwulf
sospingemmo la zattera fra le acque scure.
per un
tempo che non saprei definire, cercammo di orientarci in quell'acquitrino,
dirigendo la zattera in modo da evitare tronchi, secche, rocce ed altri
ostacoli, tentando di raggiungere il margine orientale della palude, che
sapevamo essere la meta di Gaios. Le acque scure ci mettevano a disagio,
rivelando a tratti strani movimenti di cui non riuscivamo mai a percepire
l'origine. Strani versi di uccelli sconosciuti si levavano di tanto in tanto
dal fogliame, e ci ritrovammo invasi da torme di insetti affamati che
sembravano essere i soli a gradire la nostra presenza.
- Guardate là! - esclamò ad un tratto Adesir, imbracciando immediatamente il
suo arco ed incoccando una freccia dalla scintillante punta metallica. Un
movimento fra il fogliame attirò la nostra attenzione, si trattava di
qualcosa di grosso, che non riuscimmo a vedere prima che entrasse in acqua
ad alcune decine di metri da noi. IO ed Agherwulf spingemmo sulle pertiche
tentando di allontanarci da quella zona, ma non potevamo competere con le
creature della palude.
Improvvisamente, una gigantesca creatura si erse dall'acqua verso di noi,
mostrando i suoi gialli occhi laterali, le sei zampe quasi atrofizzate, la
scagliosa pelle grigiastra ed una larga bocca fitta di zanne affilatissime.
Ad una decina di metri, una seconda figura simile, ancora più grande, fece
un balzo fuori dall'acqua, sollevandone una massa immane quando vi ricadde.
- Testedure! - esclamò Adesir, preoccupata, mentre già tendeva la corda
dell'arco. Un improvviso colpo alla zattera mi fece perdere l'equilibrio e
precipitai nell'acqua melmosa imprecando. Impugnando la spada mi affrettai a
risalire sulla zattera, mentre già i miei compagni erano preparati ad
affrontare le immani mostruosità.
Adesir scagliava frecce ad una velocità impressionante, e tutte andavano a
segno senza che la creatura mostrasse di risentirne in alcun modo. Thorin,
bilanciandosi sulla zattera a gambe larghe, calò un poderoso colpo con il
suo enorme martello, che si infranse sulla Testadura sollevando una torre
d'acqua rossa di sangue. La creatura lo azzannò producendo una serie di
schizzi di sangue che inondarono il torace del nano che tuttavia rimase in
piedi, perdendo copiosamente sangue dalle ferite. Calai allora la lama nera
con tutta la forza che trovai, in un colpo che avrebbe schiantato un bue,
sentendola affondare nelle carni, ma senza che il mostro perdesse la sua
furia.
Adesir continuava ad eruttare frecce dal suo arco, che inesorabilmente
trovavano il bersaglio come fossero stregate. Ma la creatura sembrava non
accusare le ingenti ferite delle nostre armi e continuava furiosamente ad
aggredirci. Agherwulf, sull'altro lato della zattera, si era messo in
ginocchi per non rischiare di cadere in acqua e intanto colpiva
ripetutamente l'altra creatura con la sua spada. Portai ancora un fendente
micidiale sperando che il mostro crollasse sotto la violenza della mia
spada, ma persi l'equilibrio sui tronchi ormai viscidi di fango e sangue,
diventando una preda ideale: la Testadura mi azzannò una spalla e solo per
miracolo non riuscì a strapparmi un braccio.
Io e Thorin eravamo coperti di sangue, nostro e delle creature, dalla testa
ai piedi, mentre Agherwulf e Adesir facevano del loro meglio con l'altro
mostro. Vidi la Testadura ergersi almeno un metro più in alto di me, pronta
a divorarmi. Disperatamente, frapposi fra me e le sue fauci la spada,
brandita fermamente a due mani, e la sentii penetrare attraverso il palato
nella sua testa, uccidendola, quando chiuse la bocca su di me. Sentii un
dolore intenso e tutto divenne buio. Pensai che ero morto.
mi
sentivo come sospeso in aria, con un vago senso di disorientamento, immerso
nel buio. Non c'erano rumori, non riuscivo a parlare. La palude era
scomparsa, la zattera non c'era più e così anche i miei compagni. Ero solo
nell'oscurità. Era dunque quella la morte? Una solitudine silenziosa e
desolata senza neanche il conforto della propria voce?
Ad un tratto udii qualcosa. Una voce melodiosa sembrava cantare. Ma non si
trattava di un canto, erano parole in una lingua per me incomprensibile,
dalle tonalità musicali. Il suo tono mi attraeva e sembrava provenire da un
punto luminoso che iniziai a vedere solo allora.
Scoprii di potermi muovere, in qualche modo, in quell'oscurità. La strana
cantilena era un richiamo, dolce, che mi blandiva dandomi una speranza.
Iniziai a muovermi verso la luce. Sempre di più, sempre più vicina. Quando
giunsi a poca distanza dal bagliore, quasi insopportabile, la voce era
ancora più suadente e stavo quasi per tuffarmi nella luce, quando al suo
interno vidi qualcosa.
Una sagoma immane si muoveva, lentamente, nella luce dinanzi a me. Era un
drago, un drago con le ali aperte. Themanis! Era dunque Themanis che mi
chiamava? E per quale ragione poteva mai volere me? La sola idea mi infuse
un terrore soprannaturale, forse rinforzato dall'odio che provavo per
l'oscuro signore. Fu quell'odio che mi diede la forza di resistere al
richiamo.
Iniziai a indietreggiare, facendo una fatica enorme, anche se non di natura
fisica. Il drago si muoveva, sapeva di non avermi sedotto e giocava le sue
ultime carte, mentre la voce si faceva più intensa. Ma non riuscivo più a
sentirla dolce e suadente, ora era gracchiante e sgraziata, ed io volevo
solo fuggirne. Riuscii ad allontanarmi, mentre vedevo il drago allungarsi
sempre di più, fino a che mi sembrò somigliare alla lama di una spada...
thorin
era chino su di me quando riaprii gli occhi, e non avrei mai creduto di
essere così felice nel rivederlo. Seppi che stava medicando le mie ferite.
Le Testedure erano state sconfitte. Anche Agherwulf giaceva sulla zattera
semidistrutta, apparentemente privo di vita, con uno squarcio che indicava
il morso di una delle creature. Adesir era incolume, ed aiutava Thorin con i
bendaggi e le prime cure. In breve, grazie sia al favore di Morgrim che di
Maethus, fummo in grado di rimetterci in piedi e notammo come le mie ferite
rimarginavano, stranamente, senza lasciare le cicatrici che erano invece ben
visibili sui corpi di Thorin ed Agherwulf. Forse, io avevo qualcosa di
speciale, pensai, come sembrava dimostrato da quello strano sogno, se di
sogno si era trattato. Per il momento ritenni di non parlarne con i miei
compagni; avevamo altro da fare, ora, ma certamente avrei chiesto il loro
consiglio.
Mi accorsi che la mia spada era rimasta conficcata in una gigantesca
mandibola di uno degli animali, e seppi che avevo rischiato di essere
trascinato via dal peso della creatura morente. Solo l'intervento di Thorin,
che aveva mozzato parte della sua testa, mi aveva permesso di restare a
bordo. Buon, vecchio, fedele Thorin! Gli dovevo la vita, ma avrei mai potuto
sdebitarmi?
Misi da parte la mascella, pensando che se sarebbe potuto ricavare un buono
scudo, quando Agherwulf si accorse che a un centinaio di metri, un lungo e
scuro istmo sabbioso si stendeva sulle acque. Avevamo raggiunto il limitare
orientale della palude. Indossammo le armature e pilotammo quanto restava
della zattera verso quella zona di terraferma.
giunti
a riva, trovammo quasi subito dei resti che ci allarmarono. Brandelli di
abiti e di cuoio, un pezzo di mantello verde corrispondente alla descrizione
degli indumenti di Gaios, ci fecero pensare che il nostro uomo si fosse
imbattuto anch'egli nelle terribili Testedure. Noi, in quattro, eravamo
riusciti a stento a sfuggire a quei predatori, lui che speranze poteva aver
avuto, da solo?
Ad ogni modo, quegli indizi, anche se non davano molte speranze, ci fecero
capire che avevamo trovato il posto giusto per le nostre ricerche. Ci
avventurammo ad esplorare l'istmo, che dopo alcune centinaia di metri
diventava più largo ed in salita, inerpicandosi fra i canneti. Strada
facendo, trovammo altri resti, fra cui pezzi di uno zaino macchiati di
sangue rappreso: le nostre speranze di trovare Gaios vivo si affievolivano
sempre più.
Ad un tratto, il banco sabbioso divenne una specie di isolotto che si rivelò
ai nostri occhi in una sorta di radura quando uscimmo dal folto del canneto.
Al centro dell'isola, in forte contrasto con l'ambiente selvaggio ed
inospitale, un edificio di pietra bianca si stagliava nel verde circostante,
semicoperto di vegetazione. Costituito in gran parte da un colonnato
sormontato da un ampio timpano, l'edificio doveva essere molto antico, forse
dell'epoca della prima crociata, e le antiche iscrizioni di cui doveva
essere ricoperto erano quasi completamente consumate ed illeggibili. Di
fronte a noi, era possibile vedere un'ampia scalinata bianca che conduceva
ad un ingresso.
Ci avvicinammo alle scale e, non appena giunti al colonnato, vedemmo una
figura poggiata alla base di una colonna, come un uomo che vi si fosse
poggiato per riposare. Gaios era morto lì, in una pozza di sangue ormai
rappreso, causata da una terribile ferita che gli aveva maciullato una
gamba, probabile morso di una Testadura. Accando al corpo stavano la sua
spada, l'arco infranto ed alcune frecce che Adesir raccolse, notando che la
lama aveva un ottimo filo. Notammo allora che, contrariamente a quanto ci
saremmo aspettati, non vi erano segni di larve o insetti sul corpo,
nonostante dovesse essere morto da almeno quindici giorni.