Il buono, il brutto, il giocone

Capolavoro, classico, pietra miliare: facciamo un po' di ordine nelle definizioni.

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"Dormi ora, dormi piano,
che le stelle vanno via.
Dormi. Ti alzerai domani:
cosa vuoi che sia?"

Roberto Vecchioni, Il capolavoro

Il classico

Dice il sito della Treccani che un classico è “perfetto, eccellente, tale da poter servire come modello di un genere, di un gusto, di una maniera artistica, che forma quindi una tradizione o è legato a quella che generalmente viene considerata la tradizione migliore” e che “per la loro semplicità e serietà, dominano per lunghi periodi di tempo e rimangono moderni nonostante la mutabilità e le bizzarrie della moda”, e che nello sci di fondo si contrappone alla tecnica del pattinato.

Ah no, scusate.

Provo a farla breve dando una mia opinione: qualche giorno fa la responsabile di un mio ex collega, su suggerimento di quest’ultimo, mi ha chiamato per avere un consiglio per i regali di Natale ai figli. Quando sostieni che con Dixit, o con Ticket to Ride, o con Carcassonne vai comunque sul sicuro stai asserendo il fatto che questi giochi sono dei classici. Che funzionano sempre. Che, in un certo senso, sono quanto di meglio ci possa essere per lo scopo prefissato, ossia avvicinare al gioco da tavolo. Anche se nel frattempo sono uscite centinaia di giochi, a volte migliori.

Mamma ho perso l’aereo è un classico di Natale perché uno dei primi film che viene in mente pensando alle feste; così come lo è Tutti insieme appassionatamente, che nemmeno è incentrato su tale festività, ma che da anni vediamo durante quelle giornate di pigrizia. Il classico a volte è tale dunque non tanto per intenti, quanto per l’utilizzo che se ne è fatto nel tempo.

Tant’è vero che anche una roba non particolarmente bella può diventare un classico: tipo Una poltrona per due, tanto per restare in tema.

Ah, dimenticavo: esigete sempre e solo videocassette originali.

La pietra miliare

Mutuata come noto dalle strade romane, l’etichetta di pietra miliare indica una tappa fondamentale nella storia e nell’evoluzione di un qualcosa: Bus (che non è un classico e, vedremo poi, non è nemmeno un capolavoro) ha di fatto inventato la meccanica del piazzamento lavoratori; Heimlich & Co è un buon gioco, un ottimo gioco, ma ha soprattutto il merito di aver introdotto il tracciato segnapunti; la prima edizione formato-Ikea del Grande fratello ha cambiato la storia degli ultimi vent’anni di televisione; Lighting to the Nations dei Diamond Head non se lo caga quasi nessuno, ma ha stravolto la storia del metal; un’altrimenti anonima – per gli italiani, quantomeno – gara olimpica di short track è diventata una pietra miliare di Mai dire gol.

Il capolavoro

Etimologicamente, un capolavoro è l’opera migliore di un certo artista; e, come tale, è o dovrebbe essere univoca. Qualche esempio: Journey to Glory è il capolavoro degli Spandau Ballet, La vita è bella è il capolavoro di Roberto Benigni, Nemesis è il capolavoro di Adam Kwapiński, Elisa di Rivombrosa è il capolavoro di Cinzia TH Torrini.

L’univocità della cosa sta però stretta: come si può scegliere tra il Giudizio universale o il Mosè di Michelangelo? O tra Foxtrot e Selling England by the Pound dei Genesis? O ancora tra Battlestar Galactica e Star Wars Rebellion di Konieczka?

Ecco allora che le definizioni dei dizionari vengono in aiuto con un aggettivo oggi spesso abusato, specie in ambito lavorativo; ma che qui calza come le scarpe da ginnastica dopo che hai tolto gli scarponi da sci: eccellente.

Un capolavoro, né più né meno, è un lavoro eccellente. Eccellente perché presenta elementi originali, o né combina di esistenti in maniera innovativa. Che può fare scuola e influenza ciò che viene dopo (il capolavoro dunque può sconfinare nella pietra miliare); che può essere apprezzata ancora oggi, anche se nel frattempo sono uscite cose più moderne (il capolavoro dunque può sconfinare nel classico).

Il capolavoro: una postilla

Rimane però un aspetto da chiarire: se teniamo l’approccio dell’autore, egli (o ella) avrà per definizione un lavoro migliore. Non è incorretto, da questo punto di vista, sostenere per esempio che Noria è il capolavoro di Sophia Wagner, così come i ravioli duetto salsiccia e patate sono il capolavoro di Giovanni Rana.

Ma il concetto che si vuol far passare è davvero questo? O invece il riferimento deve essere generale e bisogna considerare l’insieme unione nel suo complesso, andando a scegliere solo il migliore – o, per quanto detto prima, i migliori – tra i suoi elementi?

Probabilmente conviene chiudere un occhio (quello che sta guardando il dizionario etimologico) e adottare il secondo punto di vista, precisando che sarebbe più opportuna un’altra definizione meno ambigua (il cafolavoro imperituro di s83mmiana memoria, per capirci; o il gioco della madonna che tanto nessuno si offende, ché anche le suore giocano spesso e volentieri ai giochi da tavolo); ma tant’è: così facendo Specie dominanti rimane sempre il capolavoro di Chad Jensen; ma diventa pure un capolavoro del gioco da tavolo.

Ah, en passant, i ravioli duetto salsiccia e patate rimangono il capolavoro del banco frigo dei supermercati.

La donna, il sogno, il cafolavoro imperituro

Quelle di capolavoro, classico e pietra miliare sono dunque tre etichette che, almeno sulla carta, indicato oggetti ben distinti tra loro; in realtà i confini sono, come spesso accade, estremamente labili e non è infrequente trovarsi di fronte a utilizzi errati delle diciture (per esempio sostenendo che Nemesis sia ormai un classico); oppure a titoli che hanno almeno due (7 Wonders), se non tutte e tre (El Grande) queste caratteristiche.

Il giocone R A R O

Ben diversa la questione dei commenti spesso esagerati da social, o anche solo da entusiasmo per una prima partita particolarmente riuscita. Laddove alcune delle caratteristiche di cui sopra (in particolare classico e pietra miliare) richiedono necessariamente il passaggio del tempo prima di poter essere acquisite, la qualifica di capolavoro un gioco teoricamente se la può garantire fin da subito: Terraforming Mars, indubbiamente il miglior gioco del suo autore, ne è un fulgido esempio.

Come regolarsi, però, quando là fuori è tutto un grandinare di lodi sperticate a ogni gioco prima acquistato, poi esibito su Facebook in cerca di pareri, infine provato con le regole sbagliate? Anche qui la chiave è il tempo: si lasci sbollire, si abbia l’umiltà di provare – sempre che si sia interessati – ad approfondire, si cerchi di provare quanti più giochi possibile, non fermandosi all’estetica dei giochi dell’Alea vecchia maniera che sempre siano lodati.

Commenti

Articolo così ben scritto che ti perdonerò per aver detto che Una Poltrona per Due non è particolarmente bello! 🤣

Articolo molto bello, soprattutto nella stoccata finale a FB ed ai suoi entusiasmi immotivati 😂. Non concordo solo che Bus non sia un capolavoro.

Io quella gara di Short Track l'ho vista in diretta e con discreto interesse - il finale fu fantastico anche senza il commento della Gialappa's. :D

Non so quanto La Vita è Bella sia universalmente ritenuto il capolavoro di Benigni, in America sicuramente, ma boh almeno secondo me è invecchiato peggio di tanti altri suoi film precedenti.

Infine, incornicerei questa frase: "Il classico a volte è tale dunque non tanto per intenti, quanto per l’utilizzo che se ne è fatto nel tempo" e la applicherei però anche al concetto di pietra miliare; a quel punto, credo che Caylus potrebbe fregiarsi del titolo più di Bus, visto che, almeno a quanto mi costa, il primo ha avuto un impatto diretto sull'evoluzione del gioco tedesco in direzione del piazzamento lavoratori in maniera assai più evidente che il primo - al punto tale che qualcuno potrebbe sostenere che, fosse stato SOLO per Bus, il piazzamento lavoratori non sarebbe diventato quella meccanica pigliatutto che è oggi. Pareri?

Bello. Ora però mi aspetto la tassonomia dei giochi brutti, rotti, demmerda.

Steven Bradbury!!!!!!

Se ho ben capito, questo articolo è un giocone che tende al cafolavoro XD

D'accordo su tutto, solo una precisazione: capolavoro non si intende solo la (o le) eccellenza/e di un autore, ma anche di un'epoca o di una corrente di pensiero, un genere. 

La finestra sul cortile è uno dei capolavori di Hitchcock e uno dei capolavori del genere thriller, La persistenza della memoria è un capolavoro sia di Dalì sia del surrealismo pittorico, per fare un paio di esempi. 

 

@Azy01: ...e tra qualche anno diventerà anche un classico! 

Articolo scritto con evidente poca competenza! Lo sanno tutti che il capolavoro di Giovanni Rana sono i duetto burrata e basilico! 🤣🤣🤣

Sul capolavoro di Morisi mi sono ribaltato dalla sedia 😂😂👏👏👏

Bell'articolo, starò più attento a soppesare bene i termini 👍😉

@aitan_3:

Su Bus concordo con Darcy, semmai si possono considerare entrambi pietre miliari del piazzamento lavoratori (Bus eventualmente anche del gioco a forte interazione :)). Il fatto che altri successivi siano migliorativi rispetto alla pietra miliare non conta a mio parere: anche Dixit è una pietra miliare e conta ormai innumerevoli "figli", alcuni molto meglio dell'originale... direi in sostanza che le pietre miliari pagano il fatto di essere tali e molto spesso sono "grezzi", basic e migliorabili.

themanwhosoldth... (non verificato)

Io parto dalla fine per chiedere al sempre ottimo Darcy se reputa realistico il binomio approfondire/giocare a tanti titoli per  il giocatore "reale" odierno?

 

Al di la della definizione dellatreccani, il capolavoro definisce oggi un'opra somma, o la milgiore opera dell'artista (che poi anche no, se un artista fa venti schifezze, non è che la sua migliore sia un capolavoro). Nel medioevo delle corporazioni, epoca assai piu seria e meno frivola di qeul manicomio che stiamo vivendo, il capolavoro era quell'opera che permetteva al tirocinante di assurgere al ruolo di artigiano. Era l'esame per entrare nella corporazione a pieno titolo. Non era quindi chissachè, bensì era un lavoro corretto, che dimostrava aver il possesso di tutte le competenze e tecniche necessarie per svolgere quel lavoro.

Articolo splendido, solo sulla questione se il termine "capolavoro" possa essere associato sempre nel microcosmo di ogni autore, avrei qualcosa da ridire. Ma anche nell'articolo il tema era posto più come spunto che come dato di fatto.

Su una cosa però continuo a trovarmi in disaccordo con buona parte della redazione della Tana: questo continuo sottotesto di "superiorità intellettuale" legata al fatto che si è indifferenti all'estetica del gioco, anche in questo articolo lasciata trasparire dalla frase finale.

I giochi dell'Alea NON sono esteticamente alla "vecchia maniera". I giochi dell' Alea SONO BRUTTI. E soprattutto, sono INCREDIBILMENTE costosi rispetto alla qualità squallida dei materiali che propongono. Castelli della Borgogna, Puerto Rico, sono tutti giochi che è inutile citare come grandi classici, perchè siamo d'accordo, ma nel 2021 è inaccettabile pagare una scatola 40 se non 50 euro per avere quell'orridume. Orridume non solo estetico, ma anche ergonomico. Di quanti inviti papali hanno bisogno per inserire un minimo di iconografia sugli edifici di Puerto Rico così da non dover far girare costantemente il regolamento, o dover spiegare 10 volte ai neofiti cosa fa il Piccolo Mercato piuttosto che l'Università? Basterebbe anche una cavolo di schedina riassuntiva no? Basterebbe pochissimo per rendere Burgundy un gioco quantomeno osservabile, e non un pugno visivo nell'occhio. 

Se consideriamo che i giochi di Shem Phillips o Praga Caput Regni costano 5 euro in più o in meno, e sono dei capolavori visivi, è evidente che il problema non è il costo, ma il volerci guadagnare fino all'ultimo centesimo, approffittando del fatto che continueremo a comprarli anche se fanno schifo.

Detto questo, la mia domanda/provocazione è la seguente: se l'estetica e la qualità dei materiali non è un problema, cosa vi spinge ad acquistare le scatole, e non a trovarvi intorno ad un tavolo con un tablet e giocare su bga tutti insieme? Ripeto, è una voluta provocazione, ma io personalmente mi sono appassionato all'hobby proprio perchè nel gioco da tavolo c'è una componente tattile, visiva e sensoriale che non è presente nel videogioco o in altri intrattenimenti. Accontentarsi di estetica squallida, pochezza di qualità e schifi vari (Burgundy per me è l'emblema assoluto) per me ha due risposte: un legame con affetti del passato cieco davanti ad evidenti difetti del prodotto, oppure uno status symbol che vede nell'estetica un mero orpello, e non una parte integrante dell'esperienza ludica. 

 

P. S.

Il più recente esempio di produzione a mio avviso impeccabile la si ritrova in The Red Cathedral: 29 euro (10 euro in meno dell'Alea più economico), scatola compatta e zeppa di roba, materiali formidabili, simbologia e artwork chiarissimi e pregevolissimi, design pulito ed elegante, gameplay profondo con meccaniche originali ed interessanti, durata e complessità perfettamente consoni al target. Datemi un valido motivo per proporre Burgundy e non questo gioco ad un neofita, perchè io onestamente proprio non ne trovo.

Diesys scrive:

Articolo splendido, solo sulla questione se il termine "capolavoro" possa essere associato sempre nel microcosmo di ogni autore, avrei qualcosa da ridire. Ma anche nell'articolo il tema era posto più come spunto che come dato di fatto.

Su una cosa però continuo a trovarmi in disaccordo con buona parte della redazione della Tana: questo continuo sottotesto di "superiorità intellettuale" legata al fatto che si è indifferenti all'estetica del gioco, anche in questo articolo lasciata trasparire dalla frase finale.

I giochi dell'Alea NON sono esteticamente alla "vecchia maniera". I giochi dell' Alea SONO BRUTTI. E soprattutto, sono INCREDIBILMENTE costosi rispetto alla qualità squallida dei materiali che propongono. Castelli della Borgogna, Puerto Rico, sono tutti giochi che è inutile citare come grandi classici, perchè siamo d'accordo, ma nel 2021 è inaccettabile pagare una scatola 40 se non 50 euro per avere quell'orridume. Orridume non solo estetico, ma anche ergonomico. Di quanti inviti papali hanno bisogno per inserire un minimo di iconografia sugli edifici di Puerto Rico così da non dover far girare costantemente il regolamento, o dover spiegare 10 volte ai neofiti cosa fa il Piccolo Mercato piuttosto che l'Università? Basterebbe anche una cavolo di schedina riassuntiva no? Basterebbe pochissimo per rendere Burgundy un gioco quantomeno osservabile, e non un pugno visivo nell'occhio. 

Se consideriamo che i giochi di Shem Phillips o Praga Caput Regni costano 5 euro in più o in meno, e sono dei capolavori visivi, è evidente che il problema non è il costo, ma il volerci guadagnare fino all'ultimo centesimo, approffittando del fatto che continueremo a comprarli anche se fanno schifo.

Detto questo, la mia domanda/provocazione è la seguente: se l'estetica e la qualità dei materiali non è un problema, cosa vi spinge ad acquistare le scatole, e non a trovarvi intorno ad un tavolo con un tablet e giocare su bga tutti insieme? Ripeto, è una voluta provocazione, ma io personalmente mi sono appassionato all'hobby proprio perchè nel gioco da tavolo c'è una componente tattile, visiva e sensoriale che non è presente nel videogioco o in altri intrattenimenti. Accontentarsi di estetica squallida, pochezza di qualità e schifi vari (Burgundy per me è l'emblema assoluto) per me ha due risposte: un legame con affetti del passato cieco davanti ad evidenti difetti del prodotto, oppure uno status symbol che vede nell'estetica un mero orpello, e non una parte integrante dell'esperienza ludica. 

 

P. S.

Il più recente esempio di produzione a mio avviso impeccabile la si ritrova in The Red Cathedral: 29 euro (10 euro in meno dell'Alea più economico), scatola compatta e zeppa di roba, materiali formidabili, simbologia e artwork chiarissimi e pregevolissimi, design pulito ed elegante, gameplay profondo con meccaniche originali ed interessanti, durata e complessità perfettamente consoni al target. Datemi un valido motivo per proporre Burgundy e non questo gioco ad un neofita, perchè io onestamente proprio non ne trovo.

Ho specificato "Alea vecchia maniera", quella dei Glen More a venti e dei Puerto Rico a trenta o giù di lì.

Non sono giochi esteticamente brutti: sono essenziali, a loro modo perfino piacevoli.

Concordo poi che quella di The red cathedral sia un'ottima produzione e anche un buon gioco; ma consentimi di dire che Die Burgen von Burgund se lo mangia.

Bravo, bell'articolo!

"Estetica dei giochi Alea vecchia maniera", il soggetto è "Estetica"..

In ogni caso, non si possono confrontare i prezzi di 15-20 anni fa con gli attuali, è cambiato il mercato e l'economia. I giochi nuovi per Playstation2 costavano 29.90, ed era un prezzo piuttosto alto per l'epoca. 

Continuo ad essere in disaccordo. Burgundy è tutto meno che essenziale! I disegni sulle tile sono piccoli e iperdettagliati, e creano un impasto di dettagli e colori irriconoscibile. Alcuni edifici sono quasi irriconoscibili. Per non parlare delle tile speciali, dove la simbologia è piccola, fuorviante ed indecifrabile. Un gioco come Root ha una simbologia "essenziale". Un simbolo solo, proporzionato con la dimensione del token, che in un istante ti da già un'idea precisa di funzione, valore ed appartenenza. FCM è essenziale, Orleans è essenziale. Luna è essenziale! (Sia lodato Klemens Franz, unico nostro vero Dio).

Sull'ultima affermazione poi, non sono per nulla d'accordo. La profondità dei due giochi è assolutamente simile (certo che Burgundy appare più profondo, se a quel gioco ci abbiamo fatto 80 partite e ne conosciamo ogni anfratto, ma bisogna giudicare super partes), con la differenza che TRC ti tiene incollato al gioco anche nei turni avversari, per osservare il movimento dei dadi, per vedere come si trasformano le maggioranze sulla cattedrale... Burgundy questo non lo fa così bene. La meccanica dei dadi di Burgundy è uno stendardo all'eleganza, ma è asettica, l'unico momento di brio avviene quando li tiri. La rondella di dadi di TRC è dinamica, in costante mutamento, e un singolo spostamento può creare nuove possibilità a catena. TRC non ha meccaniche che spingano al mero collezionismo, in Burgundy la meccanica dei pascoli è vetusta e piatta. Riprendendo il tuo articolo, Burgundy è una pietra miliare, ma è stata ampiamente superata, da tempo, da molti giochi migliori. E soprattutto, The Red Cathedral è bello da vedere, armonioso sul tavolo. Chiedere qualità visiva sul tavolo è superficialità? No, a parer mio è buon gusto. 

Lancio un'ultima provocazione: è possibile che siamo portati a vedere quei giochi come sempre costantemente superiori perchè, dopo quel periodo, non abbiamo più approfondito a quel livello un singolo titolo? E quindi si crea un effetto per cui "Si, questo gioco è carino, ma non è assolutamente come PR/Burgundy", ma gli abbiamo dedicato magari solo 6-7 partite, non lasciandogli il tempo di esprimere il suo massimo potenziale? 

Hai frainteso, il sottotesto di superiorità intellettuale non è legata all'estetica, è una cifra propria di noi goblin ;)))

Su questo non ci sono dubbi hahahaha

Infinitejest scrive:

@aitan_3:

Su Bus concordo con Darcy, semmai si possono considerare entrambi pietre miliari del piazzamento lavoratori (Bus eventualmente anche del gioco a forte interazione :)). Il fatto che altri successivi siano migliorativi rispetto alla pietra miliare non conta a mio parere: anche Dixit è una pietra miliare e conta ormai innumerevoli "figli", alcuni molto meglio dell'originale... direi in sostanza che le pietre miliari pagano il fatto di essere tali e molto spesso sono "grezzi", basic e migliorabili.

Quello che dici lo sottoscrivo anche io. :) L'esempio che ho cercato di portare, però, non è quello di un'opera "migliorativa" rispetto a un progenitore, ma di un'opera che ha semplicemente avuto più successo commerciale e - quel che è più importante - più fortuna critica rispetto a un (possibile) progenitore.

Se, come sostiene l'articolo, un'opera diventa "pietra miliare" quando capace di influenzare l'evoluzione di un intero genere (diventandone quindi anche pietra di paragone), allora è logicamente necessario che, anzitutto, quell'opera raggiunga effettivamente la "platea influenzabile" di riferimento (in questo caso, giocatori da tavolo e game designer). Ripeto, non è questione di qualità, ma di successo commerciale e fortuna critica. Se, per fare un esempio, un critico musicale scovasse una band ingese di fine 50s che faceva MEGLIO e PRIMA dei Beatles le stesse cose che questi ultimi avrebbero fatto pochi anni dopo (e alcuni critici credono effettivamente di aver scovato band del genere), ciò non potrebbe in alcun modo intaccare lo status di pietra miliare dei 4 di Liverpool, semplicemente perché è la loro influenza a essere incontestabile, prima che la loro "primogenitura" o la loro bravura.

Per tornare a Bus e Caylus, servirebbe insomma un lavoro filologico che determinasse l'effettiva catena materiale di influenze, ispirazioni e prestiti che, partendo da questi due giochi e arrivando giorni nostri, ha finito per modellare l'attuale paesaggio del piazzamento lavoratori, per capire poi quale dei due (o, ancor prima, SE effettivamente uno dei due, o se non magari entrambi, o nessuno) abbia effettivamente maggiormente contribuito alla definizione di questa meccanica. È sicuramente un lavoraccio e probabilmente non val la pena farlo. XD Io un po' "a sensazione" mi butterei su Caylus, ma potresti sbagliarmi tranquillamente.

E niente, spero di essere stato più chiaro a 'sto giro, grazie in ogni caso per la risposta!

Ho due cose da dire, anzi tre:

1) "Una Poltrona per Due" è un capolavoro. Esigo la modifica di questa parte dell'articolo.

2) infinitejest è una secchiona

3) "Una Poltrona per Due" è un capolavoro. Mi impegnerò con tutto me stesso per ottenere l'espulsione del cosiddetto Signor_Darcy dal forum.

Elendil scrive:

Ho due cose da dire, anzi tre:

1) "Una Poltrona per Due" è un capolavoro. Esigo la modifica di questa parte dell'articolo.

2) infinitejest è una secchiona

3) "Una Poltrona per Due" è un capolavoro. Mi impegnerò con tutto me stesso per ottenere l'espulsione del cosiddetto Signor_Darcy dal forum.

Ho riso più del dovuto! XD

E ti dirò che "Una poltrona per due" lo vediamo sempre anche noi la vigilia di Natale!

P.S.: il Signor Darcy non si tocca!

@aitan_3: proseguendo il paragone coi Beatles, credo che Bus e Caylus siano tipo i Rolling Stones e i Beatles del piazzamento lavoratori. Nessuno dei due è il primo (infatti il primo è Keydom del 1998, un anno prima di Bus e sette anni prima di Caylus), ma entrambi danno ancora delle piste a un sacco di giochi nuovi. A riprova di ciò tra l'altro hanno avuto una nuova edizione di recente, Caylus con la versione modificata 1303 e Bus con quella della Capstone Games... certo che gli Splotter Spellen rimangono di nicchia, ma il fatto che per ora Bus sia l'unico gioco edito (anche) da un'altra casa mi sembra che sia una conferma di successo. 

 

Cioè gli Splotter sarebbero una band di cover blues ma con un grande frontman?

Per la seguente frase l'autore ha vinto un viaggio in treno fino in Africa e un costume da gorilla, speriamo che anche la compagnia sia di suo gradimento.

"Tant’è vero che anche una roba non particolarmente bella può diventare un classico: tipo Una poltrona per due, tanto per restare in tema."

Diesys scrive:

Articolo splendido, solo sulla questione se il termine "capolavoro" possa essere associato sempre nel microcosmo di ogni autore, avrei qualcosa da ridire. Ma anche nell'articolo il tema era posto più come spunto che come dato di fatto.

Su una cosa però continuo a trovarmi in disaccordo con buona parte della redazione della Tana: questo continuo sottotesto di "superiorità intellettuale" legata al fatto che si è indifferenti all'estetica del gioco, anche in questo articolo lasciata trasparire dalla frase finale.

I giochi dell'Alea NON sono esteticamente alla "vecchia maniera". I giochi dell' Alea SONO BRUTTI. E soprattutto, sono INCREDIBILMENTE costosi rispetto alla qualità squallida dei materiali che propongono. Castelli della Borgogna, Puerto Rico, sono tutti giochi che è inutile citare come grandi classici, perchè siamo d'accordo, ma nel 2021 è inaccettabile pagare una scatola 40 se non 50 euro per avere quell'orridume. Orridume non solo estetico, ma anche ergonomico. Di quanti inviti papali hanno bisogno per inserire un minimo di iconografia sugli edifici di Puerto Rico così da non dover far girare costantemente il regolamento, o dover spiegare 10 volte ai neofiti cosa fa il Piccolo Mercato piuttosto che l'Università? Basterebbe anche una cavolo di schedina riassuntiva no? Basterebbe pochissimo per rendere Burgundy un gioco quantomeno osservabile, e non un pugno visivo nell'occhio. 

Se consideriamo che i giochi di Shem Phillips o Praga Caput Regni costano 5 euro in più o in meno, e sono dei capolavori visivi, è evidente che il problema non è il costo, ma il volerci guadagnare fino all'ultimo centesimo, approffittando del fatto che continueremo a comprarli anche se fanno schifo.

Detto questo, la mia domanda/provocazione è la seguente: se l'estetica e la qualità dei materiali non è un problema, cosa vi spinge ad acquistare le scatole, e non a trovarvi intorno ad un tavolo con un tablet e giocare su bga tutti insieme? Ripeto, è una voluta provocazione, ma io personalmente mi sono appassionato all'hobby proprio perchè nel gioco da tavolo c'è una componente tattile, visiva e sensoriale che non è presente nel videogioco o in altri intrattenimenti. Accontentarsi di estetica squallida, pochezza di qualità e schifi vari (Burgundy per me è l'emblema assoluto) per me ha due risposte: un legame con affetti del passato cieco davanti ad evidenti difetti del prodotto, oppure uno status symbol che vede nell'estetica un mero orpello, e non una parte integrante dell'esperienza ludica. 

 

P. S.

Il più recente esempio di produzione a mio avviso impeccabile la si ritrova in The Red Cathedral: 29 euro (10 euro in meno dell'Alea più economico), scatola compatta e zeppa di roba, materiali formidabili, simbologia e artwork chiarissimi e pregevolissimi, design pulito ed elegante, gameplay profondo con meccaniche originali ed interessanti, durata e complessità perfettamente consoni al target. Datemi un valido motivo per proporre Burgundy e non questo gioco ad un neofita, perchè io onestamente proprio non ne trovo.

Ti rispondo un po' in ordine sparso.

Personalmente non sono indifferente all'aspetto estetico dei giochi da tavolo e se il gioco non è bello da vedere e meno probabile mi metta a cercare informazioni al riguardo (ad esempio Red Cathedral che hai citato, non l'ho mai considerato anche per grafica e colori di scatola e plancia). Però è molto più probabile tenga in collezione un gioco non eccelso di grafica ma validissimo da giocare (ho in collezione Brass nella precedente edizione, Goa, Caylus - seconda edizione -,...) che qualcosa di bello da vedere ma che dopo qualche partita diventa un soprammobile. Tra l'altro se una novità merita, si gioca con assiduità anche oggi, tra le mie preferenze però ci sono poche cose recentissime, a mio parere esiste un certo stallo nelle idee e lo dico senza vena polemica, io compro ancora - meno - e gioco volentieri quello che esce oggi.

In ogni caso, se entri in merito ai giudizi estetici non ne usciamo più, dobbiamo iniziare la solita diatriba tra soggettività ed oggettività. Predo ad esempio The Castles of Burgundy visto che lo hai citato.  Se parli della seconda edizione, è oggettivamente vero che hanno fatto degli errori che minano l'egonomia del gioco: simboli piccoli sulle tessere gialle, mancanza del riconoscimento delle tessere del deposito centrale dal retro, ...). La grafica in generale invece è ottima e sebbene preferirei maneggiare dei pezzi di legno al posto del solo cartone, anche il contenuto non è da buttare. Opinione personalissima, non sopporto di aver componenti in plastica.

Dal punto di vista filosofico mi affascina molto l'idea dell'oggettività nei giudizi estetici, ma dovremmo aprire un grandissimo discorso.

Rispondo un po' a tutti senza quotare.

Non so se "superiorità intellettuale" sia corretto ma sicuramente c'è una tendenza in gran parte di chi scrive per la tana a sottovalutare l'aspetto estetico del gioco e invece esaltarne le restanti parti.

E lo dico a ragion veduta in quanto anche io avevo questa forma mentis e l'ho mantenuta per molto tempo. Poi ci ho riflettuto e di conseguenza cambiato idea.

Ciò che mi ha fatto cambiare idea è molto semplice. Ho sempre meno tempo da dedicare ai gdt e voglio che l'esperienza che mi forniscono sia il più possibile completa, in quanto il gioco inizia ancora prima di giocare:

Dalla copertina, al sfustellamento, un regolamento scritto in lingua comprensibile non in aramaico antico, al look sul tavolo e poi arriva la partita vera e propria.

Quando si inizia a ragionare di gioco da tavolo come un mix in parti uguali di valori produttivi e di game design che devono andare in armonia tra di loro la mentalità del "dell'estetica non me frega un tubo" piano piano sparisce.

 

 

Ti rispondo un po' in ordine sparso.

Personalmente non sono indifferente all'aspetto estetico dei giochi da tavolo e se il gioco non è bello da vedere e meno probabile mi metta a cercare informazioni al riguardo (ad esempio Red Cathedral che hai citato, non l'ho mai considerato anche per grafica e colori di scatola e plancia). Però è molto più probabile tenga in collezione un gioco non eccelso di grafica ma validissimo da giocare (ho in collezione Brass nella precedente edizione, Goa, Caylus - seconda edizione -,...) che qualcosa di bello da vedere ma che dopo qualche partita diventa un soprammobile. Tra l'altro se una novità merita, si gioca con assiduità anche oggi, tra le mie preferenze però ci sono poche cose recentissime, a mio parere esiste un certo stallo nelle idee e lo dico senza vena polemica, io compro ancora - meno - e gioco volentieri quello che esce oggi.

In ogni caso, se entri in merito ai giudizi estetici non ne usciamo più, dobbiamo iniziare la solita diatriba tra soggettività ed oggettività. Predo ad esempio The Castles of Burgundy visto che lo hai citato.  Se parli della seconda edizione, è oggettivamente vero che hanno fatto degli errori che minano l'egonomia del gioco: simboli piccoli sulle tessere gialle, mancanza del riconoscimento delle tessere del deposito centrale dal retro, ...). La grafica in generale invece è ottima e sebbene preferirei maneggiare dei pezzi di legno al posto del solo cartone, anche il contenuto non è da buttare. Opinione personalissima, non sopporto di aver componenti in plastica.

Dal punto di vista filosofico mi affascina molto l'idea dell'oggettività nei giudizi estetici, ma dovremmo aprire un grandissimo discorso.

Ho capito il punto di vista. Tuttavia credo che nel mercato attuale ci sia sempre la possibilità di avere entrambe le cose: qualità estetica generale e qualità meccanica e di gameplay. Quindi quando una delle cose manca in maniere così gravi, è un problema. Soprattutto se poi viene venduta a peso d'oro.

Riguardo l'oggettività sul giudizio estetico, beh, è proprio questo che l'Estetica studia. Nello stesso modo in cui possiamo riconoscere oggettivi difetti all'interno di un gioco (meccaniche rotte che creano strategie dominanti, eccessi di downtime, fiddliness...), esistono difetti chiari ed evidenti problemi legati alle qualità grafiche di un gioco. Colori sgargianti totalmente sconnessi tra loro, elementi di simbologia che si confondono con il tabellone, o troppo piccoli (burgundy ma anche le provviste di Raiders of Scythia, per fare un esempio recente). Se però alcuni errori "di gioventù" possono essere perdonati a giochi appena usciti, purchè non troppo gravi, quali scuse ha l'Alea per pubblicare ancora giochi così scadenti come produzione? Vi ricordate quante vicissitudini ha passato l'ultima edizione di Puerto Rico?

In sostanza, il giudizio finale su un prodotto artistico si, è sempre legato all' Individuo, poichè non esiste un modo univoco ed uniforme di fruizione dell'arte, e ogni soggetto fa esperienza del lavoro dell'artista mediante la sua esperienza, e su di essa lo modella. Tuttavia non ci si deve dimenticare che l'Arte (nel nostro caso riconducibile a grafica ed illustrazioni) è anzitutto trasmissione di un messaggio mediante un medium. Se usi male il medium, stai facendo un errore, che tu stia scrivendo un articolo o dipingendo un quadro. Se vogliamo trovare una differenza quindi tra Arte e Scienza, tra grafica e meccaniche, è proprio questa: nella grafica il fulcro è COME trasmetti il messaggio, nelle meccaniche il fulcro è il messaggio stesso (definizione audace ed apertissima a critiche!). Se il messaggio è difficile da comprendere, i casi sono due: il medium artistico è usato in modo innovativo e rivoluzionario, e quindi ha bisogno di tempo per essere compreso, oppure è semplicemente grammaticalmente scorretto. Sarebbe come comprare un libro pieno di errori di sintassi, solo perchè la storia è bella.

Interessante questo punto di vista. Interessante perché spesso ne ho uno completamente opposto: anche l'inaccessibilità può diventare un valore. 
Tra qualche giorno (un paio di settimane credo), parleremo in homepage di Cave Evil, un gioco che penso qualsiasi grafico boccerebbe e che invece ha parte del suo fascino proprio nell'estetica "sbagliata". 

Personalmente preferisco che certi giochi siano meno piacevoli e meno "luccicanti" esteticamente, per attirare meno persone che, semplicemente, non se li meritano. 
Ovviamente so che questo mio punto di vista è all'opposto di qualsiasi politica di diffusoria  e commerciale sensata. Ma del resto, io ascolto black metal.

Bell'articolo e bella discussione a seguire.

Trovo che l'ergonomia e un'iconografia chiara siano cose che prescindono dal target al quale il gioco è dedicato. Puoi dire che un gioco con questi due elementi pessimi sia comunque bello (come lo sono certi prototipi) e persino che siano capolavori, classici o pietre miliari. Perché l'elemento gioco risiede nelle regole, nella loro chiarezza e nel modo in cui il gioco scorre. Ed è quello di cui gli autori si occupano.

Tutto il resto, importantissimo intendiamoci, è editing di un gioco che spetta ad altri professionisti che con il loro lavoro possono impreziosire o svilire il prodotto. E pure deciderne il successo indipendentemente dalla sua reale bontà.

Trovo insomma siano due cose diverse il gioco e il "prodotto".

 

Interessante questo punto di vista. Interessante perché spesso ne ho uno completamente opposto: anche l'inaccessibilità può diventare un valore. 

Tra qualche giorno (un paio di settimane credo), parleremo in homepage di Cave Evil, un gioco che penso qualsiasi grafico boccerebbe e che invece ha parte del suo fascino proprio nell'estetica "sbagliata". 

Personalmente preferisco che certi giochi siano meno piacevoli e meno "luccicanti" esteticamente, per attirare meno persone che, semplicemente, non se li meritano. 

Ovviamente so che questo mio punto di vista è all'opposto di qualsiasi politica di diffusoria  e commerciale sensata. Ma del resto, io ascolto black metal.

Visto che mi hai dato il la con la frase finale, ne approffitto per fare un paragone musicale, visto che sono pianista e compositore, sia come studente che come professore (tra l'altro sto studiando da circa un anno modi per utilizzare meccaniche prese dal gioco da tavolo come generatori di materiale musicale). 

Nel mondo della musica "colta" (termine orrendo) sviluppatasi tra le due Guerre, quindi quello delle avanguardie storiche, e poi quello della dodecafonia Schonbergiana, e poi la scuola Weberniana, post weberniana e poi della Seconda Scuola di Vienna, l'elite intellettuale si è rinchiusa all'interno di sistemi musicali estremamente complessi ed estremamente distanti dall'effettivo risultato musicale, e quindi distanti dal rapporto con il pubblico. Questo isolamento ha portato poi ad un lento abbandono del genere da parte di qualsiasi musicista che non facesse parte di quel preciso ambiente intellettuale e culturale. La conseguenza è stata che nel mentre in cui il resto del mondo sviluppava un florido mercato musicale (e non parlo solo di musica leggera, ma parlo della qualità portata dal rock progressive ad esempio, oppure restando nella musica classica, dalle capacità imprenditoriali di direttori come Von Karajan o Bernstein), quel mondo si rimpiccioliva a tal punto che oggi resta una microscopica nicchia che si autoalimenta e produce nulla al di fuori di essa. Per darti un termine di paragone, ti assicuro che per ogni persona interessata ad ascoltare lo spettralismo di Tristan Murail, ce ne sono mille che ascoltano Black Metal hahahaha

Questo per dire che, da un punto di vista storico, chiudersi nelle Torri d'Avorio non funziona mai. Se il gioco fosse rimasto quello freddo dell'Alea vecchio stile, forse il mercato sarebbe lentamente morto, succube di altre forme di intrattenimento. Ed in ogni caso, sono convinto che il principale ostacolo per giocatori "non meritevoli" come dici tu, sia poi sempre il regolamento: se un gioco è troppo tecnico o asciutto (siano lodati i giochi tecnici e asciutti per quanto mi riguarda!), o troppo complesso, un giocatore occasionale lo comprerà per poi non farci neanche mezza partita. E il nostro sacro altare feldiano resterà puro :D

 

Bell'articolo e bella discussione a seguire.

Trovo che l'ergonomia e un'iconografia chiara siano cose che prescindono dal target al quale il gioco è dedicato. Puoi dire che un gioco con questi due elementi pessimi sia comunque bello (come lo sono certi prototipi) e persino che siano capolavori, classici o pietre miliari. Perché l'elemento gioco risiede nelle regole, nella loro chiarezza e nel modo in cui il gioco scorre. Ed è quello di cui gli autori si occupano.

Tutto il resto, importantissimo intendiamoci, è editing di un gioco che spetta ad altri professionisti che con il loro lavoro possono impreziosire o svilire il prodotto. E pure deciderne il successo indipendentemente dalla sua reale bontà.

Trovo insomma siano due cose diverse il gioco e il "prodotto".

Non sono d'accordo su praticamente tutto. Rispondo punto per punto:

"Trovo che l'ergonomia e un'iconografia chiara siano cose che prescindono dal target al quale il gioco è dedicato."

Non ne sarei così sicuro, io modellerei più la frase in questa maniera: "un certo target di giocatori esperti ed appassionati può soprassedere su gravi mancanze nell'ergonomia e nell'iconografia e godersi comunque il gioco, ma il difetto permane".

Puoi dire che un gioco con questi due elementi pessimi sia comunque bello (come lo sono certi prototipi) e persino che siano capolavori, classici o pietre miliari.

Ma allora cos'è un gioco? Il gioco sono solo le meccaniche? Oppure il gioco è un'esperienza a tutto tondo? La qualità di un cd la si ritrova solo ed esclusivamente nel contenuto musicale, anche se la qualità di registrazione e riproduzione è talmente pessima da non riuscire a sentire metà dell'organico strumentale a causa delle continue distorsioni e dai problemi di mixaggio?

Perché l'elemento gioco risiede nelle regole, nella loro chiarezza e nel modo in cui il gioco scorre. Ed è quello di cui gli autori si occupano.

In parte si, così come la canzone dell'esempio precedente può comunque essere un capolavoro. Ma il gioco, come la musica, passa PER FORZA da una fase in cui deve essere comunicato. E se viene comunicato molto male, allora c'è un problema. Ed in ogni caso credo che le cose siano estremamente collegate: una scarsa o assente iconografia, o illustrazioni troppo invasive o fuorvianti rendono il gioco per forza meno scorrevole e aumenta il downtime, toglie ritmo alla partita e quindi va a svilire eventuali qualità delle meccaniche.

Tutto il resto, importantissimo intendiamoci, è editing di un gioco che spetta ad altri professionisti che con il loro lavoro possono impreziosire o svilire il prodotto. E pure deciderne il successo indipendentemente dalla sua reale bontà.

Ritorno sull'esempio musicale: se io domani devo scrivere un pezzo per orchestra, potrò anche scrivere un capolavoro immortale, ma se le indicazioni sulla partitura per il direttore sono poco chiare e confusionarie, e le parti per i singoli strumentisti sono poco ergonomiche, o non tengono conto di tempi tecnici (come quelli necessari per girar pagina ad esempio), il risultato sarà confusionario e poco fedele alla mia idea iniziale. Io e pochi altri esperti potremo "intravedere" le potenzialità del prodotto, ma il grosso degli ascoltatori e degli esecutori non apprezzerà mai una cosa che, all'effettivo, suona male. E così come la musica è scrittura ed esecuzione, il gioco è sia meccaniche che prodotto.

Devo fare i miei complimenti a @Diesys per l'analisi tecnica accurata e precisa, è un piacere leggere i tuoi interventi!

@Diesys

Ci sono tante vie di mezzo tra il chiudersi in una torre d'avorio e l'avere come obiettivo il mero successo commerciale. 
Non dico di fare apposta a fare un gioco brutto e poco ergonomico, ma penso che un gioco valido, anche se brutto e poco ergonomico, al contempo raggiungerà lo stesso chi sarà in grado di apprezzarlo ed eviterà di finire nelle mani sbagliate solo perché attira lo sguardo.

Io non ci vedo niente di male in questo: penso che dovremmo abbandonare l'idea che tutti debbano per forza apprezzare qualcosa e di conseguenza (o causa?) comprarlo.

Scrivo: "Trovo che l'ergonomia e un'iconografia chiara siano cose che prescindono dal target al quale il gioco è dedicato."

Mi rispondi:" Non ne sarei così sicuro, io modellerei più la frase in questa maniera: "un certo target di giocatori esperti ed appassionati può soprassedere su gravi mancanze nell'ergonomia e nell'iconografia e godersi comunque il gioco, ma il difetto permane".

Ma non stai dicendo qualcosa di diverso da ciò che ho scritto, visto che con quella frase affermo l'importanza di ergonomia e iconografia chiara indipendentementa da chi ne fruisce!

L'unico distinguo che metto in atto sono gli ambienti di competenza. Perché aspettarsi da un autore un'iconografia migliore di quella che un grafico può concepire? Una volta che egli crea regole chiare queste dovrebbero essere facilmente riconducibili ad icone. E lì si ferma la sua competenza. Idem con l'ergonomia: l'autore DEVE avere la responsabilità delle tempistiche (quello che ho chiamato flusso di gioco) e degli spazi impiegati, ma pretendere da lui una rappresentazione grafica e spaziale migliore di quella che può fornire un designer grafico mi pare eccessivo (e ti parlo da autore E grafico).

Poi, certo, la maggior parte delle persone giudicherà il prodotto complettivo ma PERSONALMENTE distinguo ciò che è competenza dell'autore (che chiamo gioco) da ciò che è competenza del team che sviuluppa il prodotto (su cui spesso l'autore non può neppure intervenire). E quindi preferisco attribuire merito all'autore per ciò che lui ha fatto, indipendentemente da come gliel'hanno condito. Io, ribadisco.

Killa_Priest scrive:

Rispondo un po' a tutti senza quotare.

Non so se "superiorità intellettuale" sia corretto ma sicuramente c'è una tendenza in gran parte di chi scrive per la tana a sottovalutare l'aspetto estetico del gioco e invece esaltarne le restanti parti.

E lo dico a ragion veduta in quanto anche io avevo questa forma mentis e l'ho mantenuta per molto tempo. Poi ci ho riflettuto e di conseguenza cambiato idea.

Ciò che mi ha fatto cambiare idea è molto semplice. Ho sempre meno tempo da dedicare ai gdt e voglio che l'esperienza che mi forniscono sia il più possibile completa, in quanto il gioco inizia ancora prima di giocare:

Dalla copertina, al sfustellamento, un regolamento scritto in lingua comprensibile non in aramaico antico, al look sul tavolo e poi arriva la partita vera e propria.

Quando si inizia a ragionare di gioco da tavolo come un mix in parti uguali di valori produttivi e di game design che devono andare in armonia tra di loro la mentalità del "dell'estetica non me frega un tubo" piano piano sparisce.

 

Io sono d'accordo ma non sono d'accordo con te. Nel senso che io non voglio un'esperienza "il più completa possibile", ma "il più soddisfacente possibile".

E se la mappa della Guerra dell'Anello è bellissima enorme e piena di miniature, Antiquity è bellissimo lo stesso e mi fa sopportare facilmente la poca ergonomia.

Insomma, la bellezza di un gioco non è la media aritmetica di: estetica, ergonomia, meccaniche, etc. ma è il risultato finale in cui alcune di queste parti possono essere fondamentali o irrilevanti.

Diesys scrive:

Questo per dire che, da un punto di vista storico, chiudersi nelle Torri d'Avorio non funziona mai. Se il gioco fosse rimasto quello freddo dell'Alea vecchio stile, forse il mercato sarebbe lentamente morto, succube di altre forme di intrattenimento. Ed in ogni caso, sono convinto che il principale ostacolo per giocatori "non meritevoli" come dici tu, sia poi sempre il regolamento: se un gioco è troppo tecnico o asciutto (siano lodati i giochi tecnici e asciutti per quanto mi riguarda!), o troppo complesso, un giocatore occasionale lo comprerà per poi non farci neanche mezza partita. E il nostro sacro altare feldiano resterà puro :D

Ecco.

Che poi mica se il gioco diventa mainstream i giochi di nicchia spariscono. Anzi, aumentando la platea generale nascono e crescono nicchie che se il gioco fosse rimasto nella sua torre d'avorio non avrebbero mai trovato un loro pubblico, per quanto piccolo rispetto alle dimensioni del mercato.

E sì, non ci sono più i giochi di una volta, ma tanto per quelli abbiamo già i giochi di una volta, che nel loro genere a volta hanno già raggiunto l'apice, ma per fortuna ci sono nuovi generi e concezioni.

E quindi teniamoci il mercato ampio, e poi scegliamo.

Diesys scrive:

(tra l'altro sto studiando da circa un anno modi per utilizzare meccaniche prese dal gioco da tavolo come generatori di materiale musicale). 

E prima o poi ce ne devi parlare.

 

A rileggerla in effetti la mia prima osservazione era un po' tautologica, pardon hahahaha

Ma io sono tremendamente d'accordo su questo! Forse si capisce poco da i miei messaggi, ma io non ho mai messo sotto accusa l'autore, ma tutto il processo unitario, e soprattutto le case editrici e di sviluppo (per quello quando cito i giochi di Feld non cito mai Feld, ma l'Alea). Però per quanto io possa riconoscere la genialità del lavoro dell'autore, io sto comprando un gioco, non un' idea, quindi io se devo giudicare il gioco, giudico tutto nel suo insieme. Se Burgundy è ancora così difettoso, non è certamente colpa di Feld, questo è poco ma sicuro. Quello che dico sempre ai miei compagni di gioco, che possono confermare, è "se penso alle meccaniche di Burgundy e basta, lo giocherei tutti i giorni. Poi lo vedo, mi passa la voglia e gioco a Marco Polo". 

Ci sono tante vie di mezzo tra il chiudersi in una torre d'avorio e l'avere come obiettivo il mero successo commerciale. 

Non dico di fare apposta a fare un gioco brutto e poco ergonomico, ma penso che un gioco valido, anche se brutto e poco ergonomico, al contempo raggiungerà lo stesso chi sarà in grado di apprezzarlo ed eviterà di finire nelle mani sbagliate solo perché attira lo sguardo.

Io non ci vedo niente di male in questo: penso che dovremmo abbandonare l'idea che tutti debbano per forza apprezzare qualcosa e di conseguenza (o causa?) comprarlo.

Perdonami la provocazione Agz, ma pensare che per un prodotto commerciale/artistico esistano "mani giuste" e "mani sbagliate", è un po' la definizione perfetta di Torre d'Avorio... Torre magari no, facciamo torretta dai.

Ma facciamo finta che questa cosa esista: e quindi? Non sarebbe comunque una cosa buona guadagnare 100 nuovi giocatori con una bella edizione, pur vendendola ad altri 900 che la useranno come tagliere? Non penso in nessun modo che questo possa in qualche modo inficiare il prodotto in sè. Oppure forse il problema è più che quel gioco perderebbe il fascino della nicchia di esperti che solo loro lo possono davvero capire, e quindi farebbe meno figo?

 Io sono tra quelli che apprezza enormemente la meccanica del gioco, ma si rifiuta di spendere tutti quei soldi per quella scarsezza. Se il gioco ricevesse un'edizione decente, andrei a prenderlo direttamente dal nastro trasportatore della fabbrica. Da che parte della barricata sono?

E prima o poi ce ne devi parlare.

Se alla redazione dovesse interessare un articolo, sarei ben felice di parlarne! :D

Diesys scrive:

E prima o poi ce ne devi parlare.

Se alla redazione dovesse interessare un articolo, sarei ben felice di parlarne! :D

Certo che ci interessa, vero @Agzaroth? 

Diesys scrive:

Ma facciamo finta che questa cosa esista: e quindi? Non sarebbe comunque una cosa buona guadagnare 100 nuovi giocatori con una bella edizione, pur vendendola ad altri 900 che la useranno come tagliere? 

Uhm...no. Quei 100 lo comprerebbero lo stesso.

Diesys scrive:
Se il gioco ricevesse un'edizione decente, andrei a prenderlo direttamente dal nastro trasportatore della fabbrica. Da che parte della barricata sono?

Se ho ben capito, dalla parte di quelli che nei poemi sinfonici ci mettono i cannoni.

Se ho ben capito, dalla parte di quelli che nei poemi sinfonici ci mettono i cannoni.

Purchè siano in legno sagomato, ovviamente :D

Mi dici come mai al "gioco raro" ci hai messo l'immagine del mIO Snow Tails?

Ho un lingotto d'oro tra le mani?

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