[Guide Strategiche] Pandemia: La Cura

 Questo articolo, immagini incluse, è tratto da ILSA, scritto da Mauro Di Marco
 
ILSA (Informazione Ludica a Scatola Aperta, fondata nel 2007) è una piattaforma di informazione creata da giocatori per i giocatori e nasce dalla voglia di dire qualcosa di più sul gioco da tavolo, dalla voglia di condividere le esperienze dei giocatori che compongono la redazione e di poter finalmente parlare dei giochi 'a scatola aperta' cioè in maniera schietta, senza peli sulla lingua e senza tralasciare approfondimenti e strategie da adottare durante il gioco.
 
Si compone di una rivista in pdf, pubblicata senza cadenza prefissata, un blog (www.ilsa-magazine.it) e una pagina Facebook (www.facebook.com/ILSAmagazine). Il Blog è utilizzato prevalentemente per raccontare le esperienze di gioco della redazione e le novità editoriali comunicateci direttamente dagli Editori; la rivista alterna numeri speciali dedicati ad eventi di rilievo (le fiere autunnali, PLAY, il premio "Gioco dell'Anno") a numeri verticali, dove vengono presentati titoli che hanno un elemento in comune (autore, tema, meccaniche).
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Pandemic: The Cure
Questo articolo, immagini incluse, è tratto da ILSA, scritto da Mauro Di Marco
 
ILSA (Informazione Ludica a Scatola Aperta, fondata nel 2007) è una piattaforma di informazione creata da giocatori per i giocatori e nasce dalla voglia di dire qualcosa di più sul gioco da tavolo, dalla voglia di condividere le esperienze dei giocatori che compongono la redazione e di poter finalmente parlare dei giochi "a scatola aperta" cioè in maniera schietta, senza peli sulla lingua e senza tralasciare approfondimenti e strategie da adottare durante il gioco.
 
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Pandemia: La Cura – La matematica dietro ai dadi
 
Ormai è legge: se un gioco ha successo, ne va fatta la versione di dadi, che probabilmente risulterà più accessibile per il giocatore occasionale, ma verrà liquidata dai giocatori assidui perchè, quando ci sono di mezzo i dadi, “si può vincere anche giocando male, o perdere anche se si gioca bene”. Questo è possibile, ma non necessariamente probabile e, soprattutto, non autorizza a giocare male.
Sicuramente analizzare in modo matematicamente corretto un gioco di dadi può diventare rapidamente difficile, sia per la pessima caratteristica che ha la statistica di diventare complessa non appena aumenta la dimensione del problema, sia perché in genere questa branca della matematica è poco conosciuta (e cosa si può pretendere da un popolo che continua a farsi truffare giocando sui numeri “ritardatari”?).
Fra i molti giochi di dadi che ho provato ultimamente, sono rimasto colpito da Pandemia: La Cura, sia per l’eleganza dell’impianto generale del gioco (che si mantiene abbastanza semplice) sia per il fatto che, essendo un gioco cooperativo, un lancio sfortunato colpisce in maniera equa tutti i giocatori, secondo l’adagio “mal comune, mezzo gaudio”: se si perde per sfortuna, si perde tutti!
Eccovi quindi un’analisi semplificata di alcune sue proprietà, scritta nel tentativo di farvi apprezzare i giochi di dadi ben fatti.
 
Come si vince il gioco?
Per vincere una partita a Pandemia: La Cura (Matt Leacock; Asterion Press, Z-Man Games, 2014 – gioco da 2 a 5 giocatori dagli 8 anni in su, della durata di 30 minuti) il gruppo deve trovare la cura per tutte e quattro le malattie prima che si verifichi uno dei tre “eventi cattivi“. Per trovare la cura si devono raccogliere dei campioni di malattia (intrappolare dei dadi del colore della malattia) e, lanciandoli, ottenere un totale di 13 o più. Se ciò non succede, i dadi resteranno disponibili per un tentativo in un turno successivo. Fortunatamente è possibile cedere ad un altro giocatore i dadi campione in proprio possesso, a condizione di trovarsi nella stessa regione di gioco (ce ne sono 6) e di rinunciare al tentativo di trovare la cura nel proprio turno.
 
 
Come si intrappolano i dadi?
Il procedimento avviene in due passi: prima si argina la malattia (spostando i dadi dalla regione in cui ci si trova al centro di ricerca) e poi si isola il campione. Arginare la malattia riduce anche il rischio dello sviluppo di un focolaio; aver sviluppato la cura per una malattia permette di arginarla in modo più efficiente. Non tutte le malattie si sviluppano spontaneamente in ciascuna regione, quindi i giocatori dovranno spostarsi da una regione all’altra: via nave è possibile raggiungere una regione adiacente (e.g., spostarsi dalla regione 3 alla 4 oppure alla 2) mentre via aereo si può arrivare dovunque.
Nel suo turno un giocatore può svolgere fino a cinque azioni, che non sono scelte arbitrariamente, ma dipendono da un lancio di dadi (ogni ruolo nel gioco ha il suo gruppo di dadi). Se le azioni a disposizione non piacciono, il giocatore può rilanciare un qualsiasi numero di dadi, un qualsiasi numero di volte, finché non ottiene il risultato desiderato… purtroppo ciascuno dei dadi azione a disposizione dei giocatori ha una faccia “negativa”, il simbolo biohazard: ogni dado con questo risultato non può essere rilanciato, non fornisce nessuna azione e, come se non bastasse, fa avanzare di un passo l’indicatore di contaminazione, che rientra fra le cose brutte.
 
Come si perde?
Ovviamente, mentre voi cercate di trovare la cura alle malattie, il gioco non vi sta a guardare: alla fine di ogni turno il giocatore deve pescare dal sacchetto di contaminazione (riempito all’inizio del gioco con 48 dadi, 12 per ciascuno dei colori delle malattie) un numero di dadi indicato dall’attuale livello di contaminazione (da un minimo di 3 ad un massimo di 5), lanciarli e aggiungerli alla regione indicata dal risultato. In maniera simmetrica ai dadi dei giocatori, 5 facce indicano regioni di gioco, mentre la sesta, contrassegnata da una croce, causa l’accantonamento del dado sul CDC, sorta di deposito da cui attingere per attivare una delle 3 carte evento  visibili (che aiutano a… risolvere i problemi). Se su  una regione si trovano più di tre dadi dello stesso colore si sviluppa un focolaio, e i dadi in eccesso si spostano nella regione successiva. Oltre che alla fine del turno, i dadi vengono pescati dal sacchetto anche al verificarsi di un’epidemia (ovvero ogni 4 avanzamenti sulla scala di contaminazione per effetto dei biohazard): in questo caso, oltre ai dadi pescati dal sacchetto, vengono anche rilanciati tutti i dadi attualmente presenti nel centro di ricerca. Il gioco vince se si verifica uno dei tre eventi:
– non ci sono abbastanza dadi da pescare dal sacchetto;
– si verifica l’ottavo focolaio;
– l’indicatore di contaminazione arriva in fondo alla sua scala.
 
 
Analisi in vitro
Premessa iniziale: in questa analisi considererò soltanto le proprietà statistiche dei dadi, trascurando volontariamente ogni particolare configurazione degli stessi, che possa indurre a prendere scelte contingenti.

Come già anticipato le malattie, ovvero i dadi colorati, sono differenti a seconda del loro colore. Ai fini di determinarne la cura, i dadi rossi hanno sulle facce i valori (0, 1, 1, 4, 6, 6), quelli gialli presentano i valori (0, 2, 2, 4, 5 , 5), quelli blu invece (0, 1, 2, 3, 6 ,6); infine i neri hanno sulle facce (0, 3, 3, 3, 4 ,5). Tutti i colori hanno un valore atteso pari a 3 (ovvero, lanciando i dadi di uno qualsiasi dei colori un numero di volte assai elevato, la media campionaria tenderà ad essere 3). Volendo fare previsioni basate solo sul valore atteso, uno è portato a concludere (erroneamente) che occorrono 5 dadi per essere “sicuri” di riuscire a trovare la cura: stima errata, data la variabilità delle facce. Ecco che entra in gioco la varianza (o equivalentemente la deviazione standard), che sono, in qualche modo, una misura di quanto il valore atteso sia un risultato statisticamente affidabile: soltanto se la deviazione è piccola ci si può aspettare risultati prossimi al valore atteso anche su un numero limitato di lanci. Per quanto riguarda la varianza, le malattie si differenziano notevolmente: la rossa ha varianza pari a 7,2; la blu pari a 6,4; la gialla pari a 4 e la nera un ridottissimo 2,8. Questo implica che i lanci dei dadi rossi sono meno prevedibili: può succedere si trovare la cura con pochi dadi, o di fallire anche con un numero ragionevolemente elevato. Dal lato opposto dello spettro, i risultati della malattia nera tendono ad essere più contollabili. In effetti, è possibile calcolare la probabilità di riuscire a determinare la cura per ogni malattia a seconda del numero di dadi lanciato. Il metodo è tedioso ma, una volta calcolate, le probabilità ottenute sono illuminanti:

COLORE 2 dadi 3 dadi 4 dadi 5 dadi 6 dadi
ROSSO 0 / 11,1 23,2 / 40,3 45,8 / 62,8 67,4 / 78,3 82 / 88,7
BLU 0 / 11,1 20,4 / 34,3 45,1 / 60,9 67,3 / 79,9 82,8 / 90,7
GIALLO 0 / 0 12 / 34,7 45,8 / 67.7 73,5 / 86,5 88,9 / 95
NERO 0 / 0 7,4 / 32,9 46,9 / 70,1 77,2 / 89,5 91,9 / 96,8
Il numero sulla sinistra indica la probabilità di scoprire la cura con un personaggio generico, il numero a destra indica la percentuale di successo per la scienziata (unico ruolo che modifica le probabilità di riuscita), Come è facile verificare, nero e giallo risultano più affidabili nei lanci con molti dadi, mentre rosso e blu permettono di affidarsi a qualche “lancio fortunato” (specie se a tirare i dadi è uno scienziato). A questo punto, fissato il livello di rischio accettabile (almeno secondo il vostro metro), avrete una chiara indicazione dell’ordine in cui provare a sviluppare le cure. Ricordatevi che, se escludiamo la disponibilità della carta Consegna dei Campioni, i dadi utilizzati per una ricerca che non dà esito positivo, restano inutilizzabili per un intero giro di tavolo!
 
 
Tattica
Naturalmente la statistica da sola non vi permette di reagire alle trappole che il fato cercherà di tendervi. Qualche altra osservazione, condita da un po’ di buon senso, può aiutare a cercare di non farsi trovare impreparati:
– Iniziamo osservando che fra i due possibili eventi negativi (lo scoppio di una nuova epidemia e il verificarsi di un nuovo focolaio), la prima ha un impatto assai più grave: aumenta il numero di dadi malattia pescati ad ogni turno e, nel migliore dei casi, ne raddoppia l’ingresso per quello in corso. Ma le cose possono andare molto peggio, specie se state conservando parecchi campioni al centro di ricerca. Come consiglio generale, è bene cercare di tenere pochi campioni nel centro, magari annullandone il numero quando si è “prossimi” ad una epidemia.
– Data la pericolosità dell’epidemia, è bene valutare con attenzione il rapporto rischio/guadagno quando si decide di rilanciare uno o più dadi alla ricerca dell’azione desiderata: spesso è preferibile fare un’azione in meno. Anche in caso di azioni importanti, mi sento di consigliare di correre il rischio di “ritirare” i dadi solo se il tipo di azione che cercate ha occorrenze multiple sulle facce dei vostri dadi (date un occhio alla vostra carta ruolo): rischiare il 50/50 con il biohazard per avere un’azione in più non è quasi mai conveniente.
– quanto è rischioso un focolaio? Dipende dal colore della malattia, o meglio da come sono disposti i colori e dalle relative probabilità di “uscita”. Il caso peggiore è quello del nero, le cui uscite sono contigue (3, 4, 5), con probabilità del 50%, 16,7%, 16,7%. In questo caso avere focolai sullo spazio 3 è molto probabile, così come lo è l’insorgere dei focolai “a catena”. Il blu è il secondo (a brevissima distanza) in ordine di rischio: ha ben 4 spazi contigui (6, 1, 2, 3) con probabilità pari a 33,3%, 16,7%, 16,7%, 16,7%.  Il rosso ha due spazi contigui (6 e 1 – il terzo è il 4), entrambi con una probabilità del 33%. Il meno rischioso è il giallo, anch’esso con due spazi contigui (4 e 5 – in terzo è il 2), con probabilità più favorevoli rispetto al caso precedente (16,7% e poi 33,3%). Queste proprietà danno un indirizzo strategico su quali malattie sono da arginare, a cui comunque è sempre necessario aggiungere le contingenze.
– Fermiamoci un attimo sul contenuto del sacchetto contaminazione: 48 dadi, 12 per colore. Arginare o curare la malattia e utilizzare le carte evento (ovvero eseguire le azioni che rimettono i dadi all’interno del sacchetto), influenza la probabilità di uscita dei dadi nelle pescate successive. Tenetelo presente, specie se siete a rischio di focolaio per qualche colore.
– La composizione del sacchetto permette, con un po’ di fortuna e di lungimiranza, di “bloccare” un colore e assicurarsi che non possa fare danni, eliminandolo di fatto dal gioco per un tempo lungo a vostro piacimento. Ogni regione può ospitare senza rischio fino a 3 dadi; se riuscite a piazzarne (e mantenerne) almeno 3 nel CDC potete garantirvi di trovarvi nella condizione per cui la malattia è di fatto congelata, garantendovi la possibilità di affrontarla quando lo ritenete più opportuno (di solito alla fine del gioco). Purtroppo non è possibile applicare questo stratagemma per più colori, perché il rischio di perdere per “sacchetto vuoto” aumenta considerevolmente.
– Infine, vale la pena che consideriate l’effetto che hanno i ruoli in gioco sul ritmo della partita. Alcuni (ricercatrice, scienziata) tendono ad accelerare il gioco; altri (pianificatore di contingenze, medico e specialista in contenimento) lo rallentano: questo dovrebbe darvi ulteriori indicazioni di massima su quanto è opportuno rischiare (tentare di cercare la cura con pochi dadi o meno).
 
Bene, la “lezioncina” finisce qui. Spero di aver solleticato il vostro interesse così che, magari, la prossima volta che vi troverete al tavolo e vi verrà proposto un gioco di dadi, non lo liquiderete con il classico “non è abbastanza interessante…”