Nepitello, Maggi, Di Meglio. Tre nomi che fanno immediatamente brillare gli occhi ai giocatori che amano la Terra di Mezzo. Gli autori di quel capolavoro chiamato Guerra dell’Anello, edito da Ares e riportato di recente nel mercato italiano da Devir Italia, hanno portato sui nostri tavoli anche l’epico scontro finale de Lo Hobbit. Il gioco è riuscito a ricreare quella magica atmosfera che ci regala anche il celebre fratello maggiore?
COMPONENTISTICA
La scatola, delle stesse dimensioni di Guerra dell’Anello, è bella robusta e contiene una pletora di miniature, segnalini da defustellare, un manuale, varie carte, dadi e la plancia di gioco. L’illustrazione di copertina è molto evocativa e a mio avviso bellissima.
La qualità generale è più che buona: miniature in plastica rigida (migliori di quelle gommose di GdA), segnalini sufficientemente spessi, bellissimi i dadi azione, buona la carta del manuale. Unico appunto, i dadi combattimento: sono solo 5 neri e cinque bianchi; sarebbe stato meglio averne il doppio per gestire più agevolmente gli esiti della battaglia.
La plancia di gioco si tiene agevolmente su un tavolo di medie dimensioni ed è ben leggibile, anche se non fa – in questo caso bisogna dirlo – gridare al miracolo. Ottime anche le carte, robuste e ben illustrate.
Insomma, da questo punto di vista siamo su ottimi livelli!
IL GIOCO
Il sistema riprende, come facile immaginare, molte delle meccaniche di Guerra dell’Anello. In effetti, come molti sapranno, Bd5E è un rifacimento di Battaglie della Terza Era calato nell’ambientazione de Lo Hobbit: il gioco mututa quasi in toto il sistema creato per quell’espansione: quell’esperimento presentava, più che un ampliamento del gioco originale, una vera e propria esperienza ludica originale.
Abbiamo quindi un gioco rigorosamente per due giocatori. Da una parte le armate dell’Ombra, guidate dal vendicativo Bolg (unico personaggio a disposizione delle forze di Sauron) e dall’altra una lega dei popoli liberi formata da Nani, Elfi e uomini di Pontelagolungo sotto il comando di Bard, Thranduil e Dain Piediferro, coadiuvati da Gandalf, e in seguito Bilbo, Thorin, il Signore delle Aquile e il temibile Beorn.
Le forze partono con un set up prestabilito: dalle Terre Desolate il grosso dell’esercito dell’Ombra arriva per invadere la valle di Dale. Ma non è tutto! dalle montagne attorno ad Erebor sono pure pronti ad intervenire, quando il numero lo permette, anche i bellicosi goblin.
Le forze dei Popoli liberi invece sono disseminate in diversi punti della mappa in attesa dell’arrivo del nemico.
Il regolamento si appoggia sui celeberrimi dadi azione (inizialmente 5 per i popoli liberi e 6 per l’Ombra). Nelle fasi iniziali del turno essi vengono tirati per indicare quali azioni i giocatori potranno intraprendere.
All’inizio di ogni fase il giocatore del bene deve scegliere di attivare da 1 a 3 personaggi. Questo permette da una parte di sfruttare le loro abilità ma dall’altra attiva la pesca delle tessere fato, che muovono l’indicatore Fato.
Questa è una caratteristica mutuata da Battaglie della Terza Era: il tempo della battaglia è scandito dall’indicatore del Fato, che cresce ogni turno. Tale indicatore determina l’incombenza della fine della battaglia ma anche il momento in cui i personaggi del bene rimasti fuori potranno entrare.
Le tessere hanno numeri che vanno da 0 a 3. Come immaginate il giocatore dell’Ombra deve cercare di far avanzare il più lentamente possibile l’indicatore del Fato per evitare che entrino in gioco potenti personaggi del bene o che la battaglia termini prematuramente (pena la sconfitta come vedremo). Come si lega tutto ciò all’attivazione dei personaggi? Semplice: per ogni personaggio attivato si pesca una tessera (una alla volta) che viene rivelata e che può essere scartata o tenuta dal giocatore malvagio. Ovviamente pescandone una sola non ci sarà scelta (ma il bene avrà attivato solo un personaggio), pescandone di più il male potrà scartare una tessera sfavorevole per sperare di pescarne una migliore e rallentare il bene.
Dopo che il bene ha attivato i personaggi è la volta del male, che può piazzare i pipistrelli (utili al combattimento e anche a velocizzare i movimenti delle truppe malvagie) e assegnare segnalini comando agli eserciti (per godere di benefici simili al fatto di avere un personaggio all’interno dell’esercito stesso può muoversi con un risultato personaggio sui dadi e li ritira in combattimento).
Poi si parte: a turno ogni partecipante utilizza un dado azione per far compiere determinate azioni ad uno/più eserciti, pescare/giocare carte evento e fato, attaccare...
Man mano che entrano in scena i personaggi speciali i giocatori possono guadagnare un dado azione supplementare: per il male quando Bolg si affaccia alla battaglia, per il bene con l’arrivo di Thorin o Beorn.
Sebbene il manuale sia corposo ed un po’ intricato il gioco scorre via liscio dopo le prime partite (specie se siete veterani del sistema) e risulta abbastanza scorrevole.
Il cuore del gioco comunque, assieme al sistema dei dadi azioni e all’indicatore del Fato, è sicuramente il combattimento tra eserciti, più articolato rispetto a quello de la Guerra dell’Anello. In effetti, esso permette tutta una serie di possibilità tattiche assenti nel sistema del fratello maggiore (che ha invece un respiro più ampio).
Qui il regolamento contempla attacchi combinati di più eserciti contro uno, considera la superiorità tattica rispetto al terreno di gioco (a seconda che si combatta in pianura, nelle paludi, tra le rovine di un insediamento, in collina o montagna, dentro o fuori una fortificazioni le varie truppe possono nel caso godere di bonus specifici), capacità di comando di personaggi ed eroi (permettono di ritirare i dadi che falliscono nell’infliggere danno) ecc ecc.
Anche la gestione dei danni è più articolata. Ora gli eserciti subiscono ferite che non si traducono subito in perdite ma si accumulano. Esse determinano l’eliminazione di un’unità solo se i danni superano il numero delle unità stesse.
Oltre alle normali truppe ci sono unità speciali che si comportano in modo differente dalle solite. Le Grandi Aquile, per il bene, hanno altissima mobilità e turno dopo turno possono colpire un po’ ovunque sul terreno dello scontro. I pipistrelli invece aiutano come detto il male negli spostamenti e lo supportano negli scontri diretti infliggendo danni supplementari.
E le condizioni di vittoria? Il bene vincerà se l’indicatore del Fato arriva a 15, se uccide Bolg oppure se entra in gioco Beorn e il male ha meno di 6 punti vittoria. Dall’altra parte il male vince se arriva a totalizzare almeno 10 punti vittoria controllando i vari insediamenti presenti nel gioco (che hanno valori differenti, dai 2 punti ai 6 del cancello di Erebor).
Questa in soldoni la panoramica del sistema – che spero sia stata utile per capirne i meccanismi generali senza voler assolutamente essere esaustiva.
CONCLUSIONI
Gli autori, si sa, sono amanti ed esperti del mondo di Tolkien ed ogni loro lavoro cerca di preservare e ritrasmettere lo spirito delle opere originarie – e si vede.
La loro ultima fatica pesca a piene mani da precedenti giochi (siamo di fronte ad un Battaglie della Terza Era 2.5) ma non per questo abbiamo l’impressioni di trovarci di fronte a un gioco che sa di riciclato o posticcio.
Tutt’altro: La Battaglia dei Cinque Eserciti è un gioco ricco nella concezione come nella componentistica, complesso, avvincente, molto divertente e rispettoso, per quel che si può, degli eventi descritti nell’ultima parte del romando da cui prende spunto e lo fa con notevole attenzione ai particolari.
Le truppe in gioco sono tutte ben caratterizzate così come le carte, utilissime a rendere il sistema ancor meglio ambientato e soprattutto a mitigare l’alea presente nel gioco.
Come nella Guerra dell’Anello vi ritroverete a lambiccarvi per sfruttare al meglio ogni dado azione, gestire nel modo più intelligente le truppe, i personaggi e le loro caratteristiche.
Sfruttare la superiorità numerica di un esercito, le carte evento in mano, le qualità del terreno sono tutti aspetti chiave nella ricerca della vittoria e nulla può essere ponderato con superficialità. Il gioco con le sue meccaniche è sempre pronto a mettervi i bastoni tra le ruote, tanto quanto l’avversario, ed è anche questo riuscitissimo aspetto a regalare soddisfazioni nel momento della vittoria finale.
L’asimmetria nel gioco è interessante anche se non marcata quanto quella presente nel capostipite. Giocare con l’Ombra piuttosto che con i Popoli liberi però richiede approcci tattici differenti viste anche le diverse condizioni di vittoria.
Nonostante le numerose similitudini con Guerra dell’Anello quindi la Battaglia delle Cinque Armate regala un’esperienza di gioco assolutamente distinta e differente dal primo gioco e lo fa con la consueta classe che ci si aspetta dai giochi che Maggi, Di Meglio e Nepitello sono soliti regalarci.
L’ambientazione è ovviamente un grande surplus per gli appassionati dell’universo di Arda. Ma tutti gli amanti dei giochi di strategia che vorranno provarlo si troveranno tra le mani un piccolo gioiello
E i difetti? Fatico a trovarne ma ci provo: al gioco servivano almeno altri 10 dadi combattimento in più. Il respiro dell’evento raccontato è molto ridotto rispetto a quanto presentato da Guerra dell’Anello e nel lunghissimo periodo il gioco può offrire maggiormente il fianco alla ripetitività (unico scenario, set up iniziale unico).
Mi preme sottolineare anche che l’Ombra è sicuramente più difficile da gestire per i neofiti rispetto al Bene. Per quanto i giocatori più navigati riconoscano alle forze in campo un ottimo equilibrio non sono pochi quelli che denunciano la fatica a vincere nelle prime partite per il male: tenetene conto.
Infine l’alea... per chi non la sopporta, c’è ed è qualcosa con cui bisogna regolarmente fare i conti: i germanisti sono avvisati!