Per me capolavoro assoluto, giocato ininterrottamente da più di 20 anni. Diverte e fa bestemmiare giocatori di ogni età. Ho fatto partite e campionati con house rules per renderlo meno aleatorio... cestinate tutte; meglio le crudeli regole originali, almeno per me (ma che belle sono le vecchie piste Descates!)
Premessa sulla rubrica “Goblin Racing”
Questo è il secondo articolo di quella che vuole essere una serie dedicata a un genere fin troppo ignorato: i giochi di corse. Se ci pensate bene, è un genere capostipite dei giochi da tavolo (alla fine il Gioco dell’Oca è una corsa) e assai prolifico: ogni anno escono numerosi titoli basati su meccaniche o ambientazioni di corse, eppure sono ben poche le recensioni o gli approfondimenti che li riguardano.
Rilancio anche facendovi notare che, se chiedete a qualcuno di dirvi il suo genere preferito, difficilmente vi sentirete rispondere “Giochi di corse!”, eppure sono molto diffusi e giocati (a volte con immotivata vergogna!). È tempo di porre fine a tutto questo: spazio quindi a “Goblin Racing”, la rubrica dedicata ai giochi di corse!
Introduzione al gioco
Il nonno dell’attuale Formula D fu Formule Dé, pubblicato nel 1991 da Ludodélire, ma di cui oggi ben pochi si ricordano. L’antenato, pur se rozzo e bruttarello da vedere, aprì la strada al tipo di design che implementava la familiare mappa a caselle con curve a difficoltà diverse e traiettorie e le marce con percorrenze diverse determinate da un singolo d20 tirato su una tabella.
La stessa cosa fece Asmodee nel 2008 quando ribattezzò il gioco in Formula D, nome senza l’accento un po’ più internazionale, ma sempre con lo stesso metodo: impianto di regole rivisto e modernizzato, addirittura una nuova modalità di gioco, ma sempre le stesse mappe (che ormai superavano la trentina!), così da permettere agli appassionati collezionisti di riusarle e anche all’editore, ovviamente, di concentrarsi sulla pubblicazione di nuovi circuiti senza rifare i vecchi.
Meccaniche
I giochi di corse, nella stragrande maggioranza dei casi, si dividono in due categorie: dice driven o card driven, ovvero il movimento è controllato tramite dadi oppure carte (o anche entrambi). Su questo punto Formula D non fa eccezione: è un gioco dice driven.
In effetti Formula D è un po’ la definizione del gioco di corse dice driven poiché di fatto è il suo esponente più famoso, o famigerato, a seconda di quale giocatore interpellate, ma su questo tornerò più tardi.
Parlando di meccaniche il dado in Formula D è sicuramente alla base del gameplay: nel turno di un giocatore, dopo aver deciso quale marcia della vettura usare (ovviamente in base alle regole per salire o scalare di marcia), si tira un apposito “dado marcia”, nella pratica un dado poliedrico, che però è “pesato”, ovvero non ha la stessa numerazione rispetto alle facce.
Per fare un esempio il dado della quarta marcia è un d12, ma la numerazione va da 7 a 12 e questo rappresenta il fatto che una macchina in quarta marcia non va sicuramente piano (escluse Panda guidate la Domenica col cappello!), pertanto ha una percorrenza, in gioco, dalle sette alle dodici caselle.
I giocatori, nel percorrere la pista, dovranno calibrare la scelta della velocità (quindi marcia e dado), poiché sarà necessario terminare il movimento tot volte in ogni curva in base alla sua difficoltà. Il mancato rispetto di una delle volte comporta un consumo delle gomme, che se ripetuto di continuo mina la capacità della macchina di spingere nelle curve facendo rischiare un testacoda.
Se il mancato rispetto va oltre la singola volta per curva, la macchina ha un’incidente e si viene eliminati.
Eccoci quindi al primo punto dolente: in questo gioco c’è l’eliminazione del giocatore ed essendo il dado una componente fondamentale non è così improbabile che succeda.
Ci sono anche altri modi in cui la vettura si può rovinare: scatola del cambio, freni, carrozzeria, motore, ecc., sono tutte caratteristiche la cui usura può dipendere da un tiro di dado. Ma questo non arriva sempre casualmente, anzi, la maggior parte delle volte è una specifica scelta del giocatore adottare una tattica aggressiva che comporta l’usura della macchina e quindi il rischio di essere eliminato.
È opportuno dire che all’inizio del gioco c’è la possibilità di fare il setup della propria vettura, ergo non tutte partono con le stesse caratteristiche. È quindi importante per un giocatore insistere su quelle che pensa gli serviranno maggiormente, a discapito magari di quelle che spera non dovrà mai usare. Ovviamente questa analisi migliora con l’esperienza di gioco ed è comprensibile che alle prime partite, se non consigliati, i giocatori inesperti investano in un setup inefficiente.
Il gioco ha altre meccaniche, nel tentativo di simulare una corsa di Formula 1, come la scia, la possibilità di contatto in curva, la fermata ai box, la scelta gomme e anche il meteo.
L’interazione con gli altri giocatori è presente, ma in modo indiretto, ovvero nell’occupazione delle traiettorie in curva.
In sostanza nessuna delle caratteristiche del gioco è estremamente articolata o difficile da capire, il che rende Formula D uno dei giochi di corsa di più facile approccio, una volta passato lo scoglio dell’abbinamento marcia, dado e “soste” in curva.
Confronto con le precedenti edizioni
Come accennato in precedenza, ogni edizione ha rivisto un po’ le meccaniche e le caratteristiche delle vetture, lasciando però due cose invariate: la percorrenza diversificata per le marce e i circuiti.
Questa edizione non fa eccezione, partendo da una grafica decisamente moderna e d’impatto e proseguendo con una componentistica di livello decisamente più elevato: in passato il tracciamento del degrado della macchina era ancora tutto “foglio e matita”, in questa abbiamo un panello rialzato su un supporto di plastica con dei pin per ogni caratteristica e addirittura una marcia da spostare!
Formula D offre inoltre una modalità introduttiva/facilitata di gioco in cui praticamente c’è una sola caratteristica che degrada per qualsiasi cosa succeda, così che non sia necessario nessun setup della vettura, ma ad onor del vero non credo di aver mai visto nessuno usarla.
L’impianto di regole di questa modalità rimane il medesimo, ciò che cambia sono durata e circuiti: un singolo giro di pista in circuiti appositi con caratteristiche speciali come salti, ostacoli o altro.
Volendo è possibile anche fare due o più giri di pista, ma le caratteristiche di queste vetture sono abbastanza ridotte, soprattutto a livello di gomme, e anche rigenerandole del tutto da un giro all’altro si rischia di accentuare notevolmente l’effetto eliminazione, senza contare che molti poteri sono one-shot.
È una modalità di gioco indubbiamente simpatica e figlia dell’entusiasmo dell’epoca in cui venne prodotto per quel tipo di corse, tuttavia proprio le sue caratteristiche (durata limitata e poteri sbilanciati) accentuano ancora di più il fenomeno del caso, estremizzando quello che viene già percepito come il maggior difetto del gioco.
Questo il motivo per cui non ha riscosso molto successo, come dimostrato dal fatto che la maggior parte dei circuiti prodotti da Asmodee per Formula D sono piste per la Formula 1.
Considerazioni
Formula D è il terzo di una generazione con un’innegabile lunga storia e va dato il merito al “nonno” di aver creato un’interessante meccanica di percorrenza basata sulle marce. Evolutasi poi grazie al “padre” negli iconici dadi poliedrici. Fino all’epoca della seconda edizione i dadi di quel tipo erano appannaggio quasi esclusivo dei giochi di ruolo. Certo il d20 era già più sdoganato, come dimostra anche la prima edizione, ma nessuno aveva mai pensato di rappresentare la marcia di una vettura con i “dadi da Dungeons & Dragons”.
La prima si poteva sicuramente limitare in questa edizione, magari introducendo qualche meccanica più punitiva per aver giocato troppo aggressivo, ma senza buttar fuori il giocatore per un singolo tiro di dado. La seconda purtroppo è intrinseca al gioco e nella mia esperienza rappresenta spesso lo scoglio maggiore a una partita, rispetto alla presenza del dado.
A ogni modo, ad oggi Formula D può contare su una grande comunità di appassionati, molti dei quali arrivano ancora dall’epoca del padre Formula Dé, e quindi rimane di fatto uno dei giochi di corse più noto e di maggior successo.
È anche vero che ha una grande schiera di detrattori per tutti i motivi elencati in precedenza, anche se la maggior parte di loro addita principalmente la presenza elevata del dado.
Ciò che però i detrattori dimenticano spesso di menzionare è che il gioco ha anche una discreta dose di strategia. La parte di setup della macchina è la più ovvia, ma anche durante la gara è necessario fare delle scelte.
L’accusa a questo gioco di essere “solo fortuna” deriva dal fatto che troppi giocano spingendo a ogni turno e spesso e volentieri non arrivano alla fine del secondo giro. Si dimentica spesso che tre giri sono tanti e anche lunghi, arrivare alla fine e poter dare battaglia dove serve vuol dire aver risparmiato la macchina all’inizio e aver spinto solo quando era davvero necessario.
Non sto dicendo che la fortuna non c’è, sarei un’ipocrita considerato quante volte io stesso ho imprecato contro un dado girato male una volta di troppo, quello che sto dicendo è che bisogna metterla nella giusta prospettiva: dobbiamo tirare un dado a ogni turno, ma quale lo decidiamo noi e non è sempre necessario tirare il più rischioso, anzi spesso non lo è affatto!
Conclusioni
Formula D è un grande classico e una pietra miliare nel mondo dei giochi di corse. Nato all’epoca come gioco per appassionati, ad oggi, con la complessità dei giochi a cui siamo abituati, è al massimo un Family+, ma forse nemmeno così tanto “plus”.
È indubbio che abbia una componente di fortuna alta che può premiare o distruggere una partita, ma ha anche una buona dose di meccaniche e strategie differenti che lo rendono ancora oggi, a mio avviso, una delle scelte migliori per introdurre qualcuno ai giochi di corse sulla Formula 1 con già una simulazione di base presente.