A&P Chronicles 2002-2003 (VI, 4)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 26 Febbraio 2006

Parte Vi, Capitolo 4: Il Gluglu Bianco, la Gru Rossa e cose peggiori...

Seduta del 18/06/2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 26 Febbraio 2006

Parte Vi, Capitolo 4: Il Gluglu Bianco, la Gru Rossa e cose peggiori...

Seduta del 18/06/2003

Il Gluglu Bianco, la Gru Rossa e cose
peggiori...

adesir si stagliava ancora, in mezzo al campo di battaglia, illuminata dalla luce azzurra di Uldan che l'aveva scelta come eletta. Appariva maestosa, regale, in qualche modo trasformata dall'esperienza mistica che doveva aver vissuto in quei momenti e che ero certo ci avessero aiutati a trovare la vittoria contro i misteriosi avversari. Istintivamente, mi inginocchiai di fronte a lei, per la prima volta in vita mia pervaso da un non familiare senso di sacro e superiore, sotto gli occhi stupiti dei due nani che commentavano il mio inusuale comportamento. Rimasi inginocchiato per qualche istante, e avvertii il silenzio cui si univa anche Warland, probabilmente consapevole anch'egli della grandezza di ciò che era accaduto.

Presto venne il momento di controllare i danni subiti. Se fisicamente potevamo dire di stare tutti piuttosto bene, altrettanto non poteva dirsi dei nostri mezzi. I cavalli del tiro erano tutti morti e in parte sbranati, le sole bestie che restavano, inadatte al carro, erano quelle di Warland e Frostwind, più la mia che avevo lasciato fuori dalla battaglia da qualche parte. Il carro non aveva più il telone, ridotto a brandelli, ed il mozzo di traino era spezzato. Fortunatamente, le provviste erano tutte salve, ed i nani si erano affrettati a raddrizzare i barili d'acqua e di birra che si erano rovesciati, procedendo ad un rapido controllo del resto.

I corpi dei nostri misteriosi assalitori erano un mistero. Apparivano come una specie di spaventapasseri fatti di segatura o sabbia, sebbene le nostre lame fossero sporche di ciò che si sarebbe detto con certezza essere sangue rappreso. Quando tornai dopo essere andato a recuperare il mio cavallo, l'accampamento era pronto e tutti riposavano, tranne Warland il quale mi espose la sua idea su quelle creature.

Secondo il paladino, infatti, doveva trattarsi di esseri non del tutto umani a metà con le bestie, comunque sufficientemente civilizzati da avere degli sciamani. Questi sciamani, infatti, erano coloro che, rimasti sulla collina, avevano invocato un rituale per separare le anime dei loro simili dai propri corpi, causando la comparsa dei piccoli spettri scuri. In questo modo, avevamo combattuto i corpi da un lato e le anime dall'altro, e con la loro distruzione avevamo impedito alle due parti di ricongiungersi, motivo per cui ora i corpi sembravano inanimati e marcivano assai velocemente. Chi o cosa fossero, comunque, restava un bel mistero.

la notte passò tranquilla e senza altre sorprese. Io e Polgrim ci alternammo comunque a fare i turni di guardia, per consentire al mago ed ai preti di recuperare le energie che avevano consumato nello scontro. Per la prima volta da quando la conoscevo, Adesir trascorse la notte in una profonda meditazione simile a quella in cui era solito indugiare Warnom quando era con noi, probabilmente cercando un contatto con il proprio dio per la prima volta.

- Gawain, devo parlarti! - la voce della ragazza mi svegliò durante uno dei miei turni di riposo.

- Che succede? - balzai a sedere, impugnando la lama che tenevo al mio fianco, pronta per ogni eventualità.

- Quanto distano le ultime montagne che abbiamo superato? - chiese Adesir.

- Mah, non saprei... - la domanda mi aveva sorpreso. - Dovrebbero essere quelle da cui si sale all'Ultima Frontiera, attorno al
Bar-Arghaal, ricordi?

- Si, ma quanto tempo ci vuole per coprire questa distanza? - insisteva la ragazza, che evidentemente aveva qualcosa in testa.

- Non saprei, camminando come noi, non meno di dieci giorni, forse due settimane di cammino...

- E se non ci si sposta camminando normalmente?

- Adesir, vuoi raccontarmi cos'hai in mente una buona volta? - esclamai, spazientito.

- Ho visto qualcosa, su quelle montagne, mettersi in marcia verso di noi - iniziò a spiegare. - Era qualcosa di nero, scuro, come una grossa nuvola, ma c'erano degli uomini e dei fulmini...

- Come puoi aver visto qualcosa che si trova a dieci giorni di marcia da qui? - la interruppi.

- Non chiedermelo, non lo so. Ma so che l'ho visto, e qualunque cosa fosse, cercava noi, era sulle nostre tracce che stava incamminandosi... sempre che cammini!

Annuii, non avendo ragione di dubitare di ciò che Adesir raccontava. In fin dei conti, non era mai stata il tipo di cui dubitare, e il suo nuovo ruolo in seno alla religione di Uldan la rendeva ancor più affidabile. La rassicurai, dicendole che avremmo tenuto gli occhi aperti, poi informai Polgrim della visione, e stabilimmo che d'ora in avanti avremmo tenuto gli occhi ben aperti e avremmo sempre marciato con uno di noi in retroguardia.

All'alba, i cadaveri dei nostri nemici apparivano ancor più avvizziti della sera prima, sebbene non spandessero nell'aria il fetore caratteristico della decomposizione. Notai che l'erba sotto i corpi risultava come bruciata, ma non seppi spiegarmi il fatto. Mi affrettai invece a raccontare agli altri della visione notturna di Adesir, la quale cercò di dare spiegazioni più approfondite mano a mano che gli altri, soprattutto Thorin, cercavano di saperne di più.

Anche se l'istinto avrebbe suggerito di muoversi rapidamente, dedicammo la giornata a ricostruire il mozzo di traino del carro, al quale pensavamo di agganciare dei cavalli evocati dalla magia di Frostwind e dalla stessa Adesir. Warland, nel frattempo, si diede da fare per trovare altri cespugli dell'erba medicamentosa che ci sosteneva in vita ritardando gli effetti del veleno. Quando fu nuovamente sera, il carro era stato riparato ed avevamo nuove dosi di antidoto per i giorni a seguire.

il mattino seguente, Adesir evocò un cavallo che io nani si apprestarono ad agganciare al carro, mentre io convinsi il riluttante Frostwind a creare il suo disco fluttuante che, posto sotto la pancia del veicolo, ci avrebbe permesso di spostarlo con un tiro così ridotto. In realtà, dopo poco, ci accorgemmo che il disco seguiva magicamente il mago a cavallo, e pertanto non v'era in realtà alcun motivo di usare il cavallo magico di Adesir. Come al solito, Frostwind si guardava bene dallo spiegare il funzionamento delle sue magie e ci faceva perdere tempo ed energie preziose...

Marciammo tutto il giorno, ci accampammo e ripartimmo ancora, senza incontrare anima viva e senza sorprese. Verso la metà del giorno successivo, Thorin ci indicò una colonna di fumo che si levava a grande distanza sulla nostra destra. Senza che ce ne accorgessimo, Frostwind aveva già notato la cosa ed aveva iniziato a muoversi in quella direzione, seguito dal carro, ma lo costringemmo a riprendere la nostra strada, convinti che non potesse venire essere nulla di buono dal ficcare il naso nelle faccende della gente delle pianure. Inoltre, Adesir sembrava dubbiosa del fatto che potesse trattarsi di un semplice, normale incendio: durante la notte, aveva avuto una nuova visione.

- Ho rivisto quella specie di nuvola - ci disse, - contiene uno spaventoso carro da battaglia che solo nel Remmath ricordo di aver visto, tirato da un essere di cui vedo solo gli artigli fumanti e che è circondato da altri esseri simili a piccoli demoni...

Restammo in silenzio, spaventati dal realismo con cui le immagini venivano evocate nelle nostre menti, risvegliando i timori più ancestrali. Demoni? Esseri dagli artigli fumanti? Quali potenze degli inferi dovevano essere state messe in campo per seguirci? A peggiorare le cose, una fitta pioggia ci colse verso il tramonto, costringendoci a passare una notte umida e preoccupata.

la pioggia era fortunatamente cessata al mattino, quando ci rimettemmo in marcia, non senza aver dato un'occhiata all'orizzonte, timorosi di scorgere la misteriosa nuvola che ci stava cercando. Procedemmo tuttavia senza intoppi fino a metà mattinata, quando all'orizzonte avvistammo alcuni cavalieri, i quali deviarono dalla loro pista per venirci incontro.

Con il carro alle spalle, guardato dai nani nascosti da quanto restava dei brandelli di telone, io e Warland cavalcammo di scorta ai fianchi di Frostwind, le armi pronte. Il mago, sapevamo, era vissuto per un certo tempo nelle pianure, ed era il solo che potesse comprendere e parlare la lingua di quella gente, una trentina di barbari che si avvicinavano sventolando stendardi di pelle blu con l'effige di un volatile bianco.

Gli uomini che ci vennero incontro erano vestiti di pelli, avevano piccoli cavalli pezzati e tutti portavano archi a tracollo, mentre quelli delle file di retroguardia avevano dei giavellotti. Non sembravano avere intenzioni ostili, dato che non brandivano le armi, ma il loro aspetto era nondimeno inquietante, poiché tutti apparivano sfregiati da numerose cicatrici sul volto. A bassa voce, Frostwind ci disse che si trattava di cicatrici rituali, che denotavano il rango dei guerrieri in alcune tribù, e a dimostrazione dell'esattezza di questa ipotesi, il più sfregiato avanzò dinanzi agli altri e disse qualcosa nella sua lingua.

Per alcuni istanti, il mago ed il capo barbaro scambiarono brandelli di conversazione per me impossibili da comprendere, ma che mi fecero dubitare della buona conoscenza della lingua da parte di Frostwind, che sembrava stentato e cercava spesso di spiegarsi ricorrendo a gesti più che alle parole. Ad un tratto, cercando di scendere da cavallo, il mago ruzzolò addirittura a terra, mentre appariva sempre più evidente che riusciva a parlare solo assai rozzamente l'idioma dei barbari.

Che delusione.

- Portate un barile d'acqua e del cibo per questa gente - ci disse poi, volgendosi verso di noi. Come mi ero aspettato, i barbari chiedevano un pedaggio in cibo e acqua per lasciarci passare sul loro territorio, e forse la cosa era dovuta anche allo stemma dell'aquila di Frostwind, che era stato oggetto della stentata conversazione fino a quel momento.

Considerando quanto fossero per noi preziosi i contenitori, cercammo in tutti i modi di evitare la consegna del barile, visto che Warland si diceva in grado di sopperire alla carenza d'acqua con i suoi poteri, mentre nulla poteva fare per i recipienti. Convinto anche il mago, che sulle prime non capiva, riuscimmo a cavarcela riempiendo tutte le borracce e gli otri dei guerrieri, cui aggiungemmo una buona scorta di carne secca e pesce salato. Quindi, i barbari si allontanarono, dopo un breve commiato con
Frostwind.

- Era la tribù del Gluglu Bianco - ci disse, infine. - Ci hanno lasciati passare perché sono alleati della tribù dell'aquila di cui porto il segno, ma fra due giorni entreremo nel territorio della Gru Rossa, dei themaniti con i quali sono in guerra. Allora le cose non saranno così facili e dovremo decidere cosa fare... 

- Non c'è nessun dubbio, se sono themaniti... - commentai.

- Li ammazziamo tutti, quei bastardi - aggoiunse Warland, dando voce al mio pensiero.

proseguimmo per altri due giorni, senza incontrare altro che sporadici accampamenti della tribù del Gluglu Bianco, con i quali non cercammo alcun contatto e dai quali non ricevemmo alcun fastidio in cambio. Il terzo giorno, sapevamo ormai di essere nel territorio della Gru Rossa, quando ad un tratto udimmo un fragoroso tuono alle nostre spalle, anche se il cielo era del tutto sereno. 

Di colpo, un tratto di cielo alle nostre spalle si scurì e vedemmo delle saette balenare a terra, squassando l'aria con i loro schiocchi acuti che non lasciavano presagire nulla di buono. Sembrava un singolo nuvolone nero sospeso a mezz'aria sulla pianura, che si muoveva rapido come sospinto dalle ali di un vento che non c'era. 

- Arriva! - gridò Adesir, portandosi le mani sulle orecchie. - Eccolo... la visione, la visione!

Improvvisamente la ragazza crollò a terra, come in catalessi, agitandosi e tremando pur priva di sensi, proprio mentre una decina o forse due di cavalieri si avvicinavano al galoppo sul nostro lato sinistro. I nani si affrettarono a salire sul carro per avere il vantaggio della sorpresa in caso di combattimento, cosa che sembrava assai probabile, avendo cura di riparare al suo interno il corpo della ragazza. Io e Warland affiancammo ancora il mago, come due giorni prima.

- Frostwind - mormorai osservando i barbari avvicinarsi, - tu fai un cenno e noi attacchiamo!

Sei guerrieri si avvicinarono, lasciandone almeno una dozzina più distanti, a circa duecento passi, i quali tentarono di disporsi a semicerchio attorno a noi con gli archi in mano. Io e Warland ci allargammo a nostra volta, pur restando vicino al carro, in modo da fronteggiare il tentativo di accerchiamento. Udii il mago scambiare qualche parola con quello che doveva essere il capo del gruppo, ma ben presto un ordine secco in una lingua sconosciuta mi fece capire che la sola opzione era il combattimento.

Lanciai il cavallo al galoppo, verso il mio avversario più vicino, cavalcando di lato e cercando di offrire il minimo bersaglio possibile per l'arciere che cercavo di mantenere alle sue spalle, mentre roteavo la spada in aria per farle acquistare più forza. Ci scontrammo una, due, tre volte, girandoci attorno sui cavalli, fingendo e affondando i colpi che io riuscivo a mettere a segno più frequentemente del mio nemico. Alle mie spalle, le grida di incitamento, il rumore del ferro e le voci mi fecero capire che anche i miei compagni si erano tuffati nel combattimento. Fui affiancato da Polgrim proprio mentre vibravo il colpo finale al nemico che avevo di fronte.

- Bisogna pensare a quell'arciere! - mi esortò il nano.

- Ci penso io che sono più veloce, a cavallo - risposi, spronando l'animale in avanti.

Percorsi rapidamente la strada che mi separava dal nuovo avversario, costringendo il cavallo a seguire un percorso tortuoso e imprevedibile che mi riparasse dalle frecce, alcune delle quali mi fischiarono pericolosamente vicine mentre altre si infransero senza conseguenze sulla corazza. Gli fui addosso che ancora non aveva fatto in tempo ad estrarre la spada, e lo colpii travolgendolo, lasciandolo a terra senza vita. 

Mi voltai e mi accorsi che alle mie spalle si era formato un semicerchio di almeno un'altra dozzina di arcieri. Warland li fronteggiava da solo, sostenendo gran parte dei tiri delle loro frecce, mentre gli altri, ancora nei pressi del carro, si riparavano dietro l'immagine di una grande idra troppo simile a quella che avevamo incontrato sul Passo del Cappio. Probabilmente, Frostwind aveva evocato un'illusione, pensai, e questa aveva perlomeno spaventato alcuni degli arcieri che abbandonarono le loro posizioni.

Spronai ancora il cavallo, cercando di compiere un semicerchio che mi permettesse di assalire gli arcieri uno alla volta, iniziando dal mio lato dello schieramento. Non ero ancora a metà strada quando mi accorsi che gli avversari indietreggiavano. Anzi, alcuni fuggivano disordinatamente, in preda al terrore. Possibile che li avessimo spaventati a tal punto? Poi, un tuono alle nostre spalle mi fece intuire la ragione della loro fuga: una densa nuvola nera stava addensandosi poco distante dal nostro carro.

i
barbari fuggivano disordinatamente, ora, e in pochi istanti avevano abbandonato il campo di battaglia, mentre io cercavo di ammansire il cavallo, che rischiava di imbizzarrirsi a causa degli eventi soprannaturali che stavano verificandosi. Riguadagnatone il controllo, diressi verso il carro, dove i miei compagni scrutavano verso l'alto, i volti bianchi e preoccupati.

La nuvola nera era adesso a meno di un migliaio di passi da noi, e sembrava squassata da tremiti, ad ognuno dei quali una sorta di proiettile lampeggiava brevemente per poi scagliarsi a terra, emettendo una nuvola di polvere, con un boato simile al tuono che faceva tremare il suolo.

- Abbiamo davvero un grosso problema... - commentò Warland, rompendo brevemente il silenzio causato dal timore che ci assaliva.

Sospinta da una misteriosa forza che le permetteva di viaggiare sospesa in aria, la nuvola si era avvicinata ancora, senza che potessimo raccogliere le idee per reagire in qualche modo. I densi cumuli scuri iniziarono ad aprirsi, lasciando scendere lentamente verso terra qualcosa di simile ad una nuvola più piccola, dardeggiante di saette, accompagnata dal rombo dei tuoni.

- Quei tonfi a terra... - disse ad un tratto Adesir, - sono il branco! E con loro c'è il domatore, con la sua frusta in una mano, capace di sferzare l'intera orda, e l'ascia gigantesca nell'altra...

La ragazza sembrava ora in preda ad una nuova visione, che le rivelava i nostri avversari.

- ...poi viene l'Auriga sul suo carro, in una mano tiene le redini e con l'altra scaglia le saette, mentre il suo fiato genera la nube - proseguì Adesir, come se un'altra entità parlasse con la sua voce. 

- Alle sue spalle c'è l'uomo in bianco dagli occhi di ghiaccio, con le mani giunte ed i due arcieri simili all'antica razza, ma che hanno pelle bianca e gli occhi viola.

La descrizione era talmente spaventosa da congelarci sul posto, incapaci anche solo di pensare a cosa si potesse fare. Che possibilità avevamo contro simili esseri ultraterreni? Nessuno osò dire una parola.

- La Caccia... la Caccia ha trovato la preda! - concluse Adesir.