40 anni di Dungeons & Dragons: buon compleanno al re dei giochi di ruolo!
Seconda parte: l’era moderna ed il ritorno del Drago.
Scritto da Marco “Normanno” Signore
Dunque, eravamo rimasti all’alba della Terza edizione. La Wizards of the Coast ha acquistato la TSR, con tutti gli annessi e connessi, e decide di credere nella rinascita di Dungeons & Dragons. Come vedremo – e come tutti sapete – la scommessa era vinta in partenza.
D&D 3.0: le meccaniche power play.
Con una campagna massiccia di pubblicità per aumentare l’hype, la WotC si decide finalmente a pubblicare D&D 3.0 (vale la pena menzionare il fatto che il progetto di una terza edizione era già in cantiere da prima che la WotC acquisisse la TSR). Da notare che questa è la prima edizione in cui spariscono dal titolo tutte le forme di “basico” “avanzato” e così via. Non esiste più Advanced D&D, non esistono più scatole rosse e verdi. Esiste un solo D&D, con il suo logo ed i suoi tre core books, i tre manuali ormai noti a chi segue il gioco da anni: Player’s Handbook, Dungeon Master’s Guide, Monster Manual. Il nuovo sistema è un notevole cambiamento rispetto a quelli che lo hanno preceduto. Sulla carta le classi vengono “equalizzate”, cioè rese bilanciate e giocabili. Non esistono più punti esperienza differenziati o limiti razza-classe, ma tutti possono fare tutto. Inoltre vengono implementati e resi parte del core meccanismi che in teoria migliorano l’esperienza di gioco e la differenziazione tra i personaggi; tra di essi voglio ricordare feat, sinergie, e le Prestige Class. Nella realtà, le classi risultano decisamente sbilanciate tra di loro, e non esiste un vero e proprio sistema di bilanciamento degli incontri, tanto è vero che non c’è nemmeno un modo per attribuire un valore corretto di punti esperienza ai mostri inventati dai DM (S. Williams, com. pers., 2003). Inoltre, i nuovi elementi incoraggiano decisamente il power play, che – fattore sempre presente in un gioco di ruolo old school – nelle edizioni precedenti era comunque limitato.
Anche la grafica viene radicalmente cambiata, andando incontro ad un genere più da videogioco, quasi da manga in molti (troppi) casi, con personaggi dalle fattezze angolari – molto simili allo stile usato p.es. in Planescape, e sovrabbondanza di spine, punte, lame e spuntoni su praticamente ogni arma, armatura o accessorio (che le renderebbero scomodissime da indossare e praticamente impossibili da usare). Uno stile grafico che personalmente ho sempre trovato poco gradevole, ma che ha contribuito al successo della 3.X per alcune fasce di utenti.
Tuttavia il sistema è semplice, scritto decisamente bene (meno stile narrativo come nei manuali precedenti), e soprattutto le regole sono molto “algebriche”, tanto è vero che per molti programmatori di videogiochi questa edizione 3.0 è una vera e propria manna dal cielo, semplicissima da riproporre in formato videoludico (D. Karpyshyn, com. pers. 2014). Il regolamento della 3.0 infatti si basa su una variante del vecchio D&D. Il d20 resta il motore del gioco, ma stavolta qualsiasi azione viene ridotta ad un check col d20, a cui vengono aggiunti bonus e penalità, e se si eguaglia o supera un valore bersaglio, l’azione riesce. Semplice, efficace, flessibile. Talmente flessibile, che la WotC decide di rendere il regolamento di D&D open source, e questa mossa risulta in un vero trionfo: le espansioni, avventure, setting, e persino regolamenti “nuovi” basati sul neonato “sistema D20” fioccano come neve durante una tormenta invernale in Lapponia. Il mercato, che veniva da una crisi profonda, risulta adesso addirittura saturato da prodotti D20, e praticamente qualsiasi ambientazione sia mai stata inventata dal 1975 ad oggi, non solo di D&D, viene riproposta in formato D20 (Cthulhu, Star Wars, Stormbringer, Conan, World of Warcraft, giusto per citarne pochissime). Questo aspetto diventa preponderante soprattutto quando la WotC fa uscire una revisione di D&D, che viene chiamata D&D 3.5, con alcuni necessari aggiustamenti che però finiscono per sbilanciare ulteriormente il gioco sotto alcuni aspetti. Probabilmente il combattimento è l’aspetto che subisce più “danni”, diventando un insieme di regole e regolette, azioni minori, maggiori, intermedie, bonus, libere, quasi-azioni, ed introducendo la fatidica (e sotto certi aspetti sensata) regola dell’attacco di opportunità, la quale ha tutte le ragioni di esistere ma viene gravata da una gran quantità di eccezioni e condizioni. Per districarsi tra le decine di regole ed azioni, il gioco comincia a richiedere, anche se non ufficialmente, una mappa e delle miniature. Questo è anche il periodo di due grandi investimenti ulteriori della WotC: un gioco di miniature collezionabili predipinte, che ottiene un successo incredibile, ed un Dungeon Crawl da tavolo, sullo stile di HeroQuest, che viene localizzato pure in italiano col titolo di D&D: Un’Avventura Fantasy, e che vedrà due espansioni prima di essere abbandonato dalla WotC (che nel frattempo è diventata proprietà della Hasbro, con tutto quel che ne consegue). Da questo sistema di regole viene tratto anche un MMORPG: Dungeons & Dragons Online, della Turbine (attivo tutt’oggi).
La meccanica prevalente di moltissimi giocatori passa dall’immaginare un concept di un personaggio al costruire un personaggio che abbia i bonus più alti possibile, tramite sinergie, feat, multiclasse e classi di prestigio. Per alcuni, questo significa la “morte” del gdr, e non escludo che la necessità di nuove strade per il gioco di ruolo sia nata da questa eccessiva numerizzazione che, se da una parte rende felici i cosidetti massimizzatori (o power player che dir si voglia), cioè le generazioni di giocatori cresciuti a pane e videogiochi hack’n’slash, dall’altra parte riduce D&D ad un mero “tira ed aggiungi quanti più bonus è possibile”; tanto è vero che una delle più grandi critiche a D&D è “sono solo regole, e l’interpretazione dei ruoli non esiste”. Il che, purtroppo, è vero per alcuni di quelli che hanno iniziato direttamente a giocare con la 3.5, senza conoscere il pregresso, e giocando solo con gruppi a cui interessa fare più punti degli altri.
È comunque innegabile che questa edizione ha due grandi meriti. Il primo è quello di aver salvato D&D permettendogli di passare indenne anche il nuovo millennio. Il secondo, ancora più importante, è quello di aver dato una scossa incredibile al mercato dei giochi di ruolo, incoraggiando nuove scelte ma anche permettendo un proliferare inaudito di nuove case editrici.
Il successo di D&D 3.5, dunque, è senza precedenti, tanto è vero che quando la WotC decide di passare ad una nuova edizione, quella vecchia avrà il suo stuolo di diehard fans, e porterà alla nascita di uno dei giochi di ruolo di maggior successo della storia: Pathfinder (che soffre degli stessi problemi e gode degli stessi vantaggi della 3.5, ma amplificati da anni di playtest), che mantiene l’impianto, le regole e persino la grafica della 3.5; ed è a questo sistema che i fans delusi dalla discussa quarta edizione si rivolgeranno, ma una sua analisi non rientra negli scopi di questo articolo.
La Quarta Edizione: lo Spettro di una Nuova Fine.
Per ragioni diverse, la WotC annuncia nel 2007 l’arrivo imminente di una quarta edizione di D&D (D&D4), accolta con un coro di proteste da molti editori minori che erano ancora impegnati nel lanciare prodotti legati alla 3.5, ma andata esaurita in prevendita grazie alla grande risposta del pubblico. Nel giugno del 2008 avviene il lancio sul mercato della nuova edizione, con tutti e tre i manuali core in uscita contemporanea, acquistabili separatamente o in un cofanetto contenente tutti e tre i volumi. La grafica viene rivisitata completamente, passando ad uno stile più cupo e meno fumettistico, mentre l’impianto di gioco viene convertito al servizio delle regole. C’è di più: i core books diventano più di tre, ed ogni anno vengono lanciate le “puntate successive” dei tre manuali base.
Adesso tutte le classi sono decisamente bilanciate, ed ognuna di esse riceve un ruolo nell’ambito del gruppo, in maniera sin troppo simile ad un MMORPG: controller, tank, buffer e DPS. Le abilità ed i poteri subiscono un cambiamento radicale, e D&D si trasforma in un gioco da tavolo che simula appunto un MMORPG. Nonostante si possa tranquillamente continuare a giocare di ruolo, D&D4 è ora un gigantesco boardgame, il Dungeon Crawl perfetto. Niente di meglio per usare miniature e mappe (il gioco non prescinde infatti dal loro uso, per la prima volta nella storia di D&D), mentre ogni classe ha poteri attivabili ogni round, ogni combattimento o una volta al giorno, quindi con cooldown, un’altra meccanica tipica dei MMORPG. Infine, un grosso problema sono gli scontri, che ora durano più del normale per l’elevata quantità di punti ferita sia dei personaggi che dei mostri, e per il continuo studio tattico della situazione.
D&D4 comunque fa dell’equilibrio la sua bandiera, e permette a qualsiasi classe di contribuire in maniera fondamentale al gruppo fin dai primi livelli. Niente più maghi che finiscono l’unico incantesimo d’attacco, quindi; per di più, vengono introdotte manovre davvero ai limiti del videoludico, con attacchi che possono contemporaneamente guarire gli alleati o fornire loro altri bonus, e persino con classi che hanno ragione di esistere esclusivamente in un combattimento su mappa quadrettata (come il Warlord). Le informazioni vengono presentate in maniera precisa e di facile consultazione, ma quel che manca spesso è il background (il MM in questo difetta tantissimo: statistiche perfette ma non c’è nemmeno la descrizione delle creature). Tutto questo, però, non viene apprezzato da moltissimi giocatori, e l’accoglienza alla nuova edizione diventa sempre meno favorevole col passare del tempo.
Nonostante le critiche feroci, tuttavia, il gioco conosce un successo iniziale discreto, e spinge la WotC a pubblicare una serie di prodotti secondari tratti da queste meccaniche, che includono un ulteriore MMORPG (Neverwinter), una serie di Adventure Games (giochi da tavolo in stile DC ma senza master e con miniature non predipinte), ed un gioco di strategia (g), che rievoca il poco conosciuto ma molto divertente g (un supplemento di AD&D che era in realtà un wargame ambientato in Greyhawk).
Alla prova del tavolo, tuttavia, D&D4 rivela contemporaneamente la sua genialità e i suoi giganteschi difetti. Geniale perché, come ho scritto, è perfettamente bilanciato, costruito bene nei minimi dettagli per fornire un gioco di combattimento nei dungeon capace di essere davvero the ultimate dungeon crawler. Ma il suo difetto più grande è che smette di essere Dungeons & Dragons.
A questo punto, la WotC vuole credere in D&D ma si rende conto che la strada scelta porta a morte certa, proprio come in un’avventura di D&D. Siamo quasi arrivati ai giorni nostri.
Next: la Quinta Edizione ed il Futuro del Passato
Nel 2012 la WotC lancia una massiccia campagna di playtest pubblico gratuito: Dungeons & Dragons verrà ripubblicato in una quinta edizione (D&D5), ma solamente dopo l’approvazione dei fans. Più di 170mila giocatori da tutto il mondo parteciperanno a questo playtest di oltre due anni, che vedrà il suo culmine nella pubblicazione di un “manuale beta” inclusivo di avventura disponibile solo in edizione limitata alla GenCon 2013: Ghosts of Dragonspear Castle. In questo manuale sono sintetizzate le regole che andranno a costruire D&D5, e viene introdotta la prima campagna che introduce il ritorno di una delle icone di D&D, Tiamat. Fino ad ora, il gioco ha il titolo provvisorio di D&D Next.
A questo punto, il playtest termina, ed inizia il conto alla rovescia, che si conclude in un trionfo quando D&D5 colpisce il mercato con la forza di un martello da guerra. Il nuovo gioco viene annunciato da uno starter set in scatola (stile scatola rossa, per intenderci), che include il necessario per iniziare a giocare, e contemporaneamente viene reso gratuito e scaricabile nella sua forma base (regole, classi e razze base, bestiario di base). Da luglio 2015 in poi vengono pubblicati i manuali base: Player’s Handbook, poi Monster Manual, ed infine a dicembre la Dungeon Master’s Guide. Contemporaneamente la Gale Force 9 e la Wizkids ricevono licenze per produrre miniature ed accessori ufficiali, come lo Screen dedicato alla prima campagna ufficiale pubblicata in due volumi, Tyranny of Dragons (già introdotta in Dragonspear Castle): Hoard of the Dragon Queen e The Rise of Tiamat.
D&D5 è un netto ritorno a D&D classico ma con due punti importanti: regole molto modernizzate, ed un sistema modulare che permette di usare ciò che piace ai giocatori e lasciar perdere il resto. La struttura dei manuali è eccellente, le opzioni presentate innumerevoli, ed ogni classe può dare origine a personaggi diversissimi, grazie alle specializzazioni (un po’ come i Kit di AD&D2 ma molto più caratterizzati) ed al Background (che ora diventa parte integrante del gioco). L’interazione ed il roleplay sono non solo incoraggiati, ma incentivati – nella campagna ufficiale interi capitoli vanno avanti senza combattimenti ed esclusivamente di roleplay ed investigazione, ed il mondo cambia in risposta ai personaggi, così come i personaggi cambiano in risposta al mondo. Le regole ereditano chiaramente l’esperienza di 40 anni e di milioni di persone che hanno giocato e giocano a quello che senza dubbio può essere definito il Re dei giochi di ruolo.
Anche la politica aziendale della WotC cambia: poche uscite mirate, uno stile grafico serio con illustrazioni fantasy che richiamano la old school in più di un modo, regole ben scritte ma piacevoli da leggere, ricorso alle miniature interamente opzionale (ma esistono serie di miniature predipinte ufficiali), ed una contemporanea azione su più fronti: entrambi i MMORPG ufficiali vengono ristrutturati per fare spazio alle innovazioni portate nel gdr, compaiono app ufficiali per Android e iOS, e viene dato alle stampe (grazie alla Wizkid) un gioco di miniature che simula scontri tra draghi, con il regolamento di Attack Wing (Dungeons & Dragons: Attack Wing), mentre sempre con la Wizkids è in uscita a breve un gioco di dadi collezionabili sempre ambientato in D&D (D&D Dice Masters). Inoltre, è stato annunciato un quarto Adventure Boardgame in concomitanza con una campagna multimediale che riporterà nei Reami (al momento il mondo di gioco ufficiale) il terrore del Tempio del Male Elementale.
La Fine dell’Inizio
Questo titolo ha campeggiato sul sito della WotC all’uscita dei manuali sul mercato, e mi piace sceglierlo per concludere questo lungo articolo. Il successo della quinta edizione è stato incredibile, probabilmente persino per la stessa WotC, che si è trovata costretta ad annunciare prima del previsto i nuovi progetti editoriali. La risposta dei giocatori è stata ottima, e da parte mia posso dire che la quinta edizione è D&D perfetto, il meglio del meglio proposto fino ad oggi, che cerca persino di strizzare l’occhio a giochi di ruolo di impostazione differente come Dungeon World. Il gioco è fluido, divertente, e permette tantissimi stili di gioco. I manuali sono scritti bene, impostati meglio, e molto piacevoli da leggere (in una mia recensione consiglio la lettura della DMG a chiunque sia interessato ai giochi di ruolo fantasy).
L’inizio, dunque, è finito: il Re è stato annunciato, è stato incoronato, ed è tornato sul suo trono. Ora comincia la vera storia, in cui gli eroi del regno dovranno difendere il trono ed essere all’altezza delle aspettative. E voi, avrete il coraggio di impugnare le armi e preparare gli incantesimi come eroi di Dungeons & Dragons?