Uno dei principali meriti che può essere ascritto a Carnegie, gestionale per esperti del 2022 ad opera di Xavier Georges, è quello di aver ripreso una meccanica che negli anni è stata sovente imitata, ma con esiti a dir poco alterni. A partire dalla pietra miliare Puerto Rico, le azioni condivise hanno conosciuto poche implementazioni veramente riuscite, risultando quasi una meccanica “maledetta”, forse per via dei delicati equilibri che impone al game designer che la voglia applicare. Non a caso le sue migliori implementazioni (tra cui spiccano Twilight Imperium IV e Race for the Galaxy) si possono contare sulle dita di una mano. A voler essere precisi, di una mano con poche dita. Pare che il destino di tale meccanica sia un effetto polarizzante: essere posta al centro del gameplay, esaltando il gioco stesso, o non essere sfruttata in tutte le sue potenzialità, risultando un accessorio del gioco stesso, che non riuscirà a sua volta a godere appieno delle sue peculiarità.
Carnegie rientra nella prima casistica, non ricalcando in maniera pedissequa quanto visto nel classico di Andreas Seyfarth (come fatto invece qualche anno addietro da Thomas Lehmann nel pur valido New Frontiers), bensì elaborandone la meccanica principale aggiungendo uno strato di complessità ulteriore.
Ma andiamo con ordine.
La summa delle azioni condivise
Carnegie si sviluppa su 20 round fissi, in ognuno dei quali il giocatore primo di round dovrà selezionare una riga da attivare, corrispondente a una delle quattro azioni del gioco: Human Resources, Management, Construction, Research & Development.
Al contempo, ogni riga presenterà - in forma casualmente determinata dal setup - la possibilità d’innescare eventi regionali o donazioni, rispettivamente il principale modo per raccogliere introiti e per tradurli in punti di fine partita.
Una volta scelta la riga, i giocatori in ordine di turno avranno dunque l’occasione di ritirare eventuali lavoratori presenti nella regione attivata per ottenere introiti o semplicemente (per modo di dire, perché semplice non è) procedere a una donazione in denaro.
Subito dopo, seguendo un secondo giro di tavolo, i giocatori potranno attivare gli uffici legati all’azione scelta dal primo giocatore.
Questa soluzione scelta da Georges si presenta come la fusione di due delle principali declinazioni della meccanica follow:
- Una è quella vista tradizionalmente in Puerto Rico, che prevede la possibilità di usufruire di una determinata azione con un’efficienza proporzionale ai propri edifici (qui uffici) dotati di lavoratori attivi. In Carnegie questo aspetto è nettamente più spinto, tanto che alcuni round potranno essere estremamente produttivi o pesantemente negativi, a seconda della nostra capacità di pianificare e leggere l’andamento della partita.
- L’altra declinazione è quella presente in altri giochi, tra cui Twilight Imperium IV, in cui per “seguire” l’azione di round bisogna spendere segnalini comando (qui: riportare un lavoratore dalla regione attivabile alla propria lobby). In Carnegie, anche questo elemento impone un’attenta pianificazione strategica a medio-lungo termine.
In questo senso, Carnegie ci propone una summa della meccanica follow magistralmente implementata, in cui entrambe le fasi descritte ricoprono funzioni di pari importanza.
Complessità al quadrato
Varie le implicazioni positive derivanti da questa stratificazione della meccanica follow:
- In termini di profondità.
La meccanica agisce a due livelli, imponendo decisioni strategiche a medio-lungo termine per garantire efficienza e funzionalità degli uffici e al contempo un costante introito di risorse (specie quelle monetarie, la cui richiesta aumenterà con l’avanzare delle donazioni). La duplice scelta che offre a ogni round, ne aumenta quindi la complessità percepita, senza appesantirne il gameplay. - In termini d’interazione.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità bastardate: durante la scelta dell’azione non sarà difficile cogliere giocatori alla sprovvista, impossibilitati a riscuotere rendite o svolgere azioni. O, peggio, entrambe le cose. Fargli perdere un turno o costringerli a scelte subottimali sarà spesso nel vostro bieco interesse, e potrebbe fare la differenza a fine partita. - In termini di crescita percepita e asimmetria di gioco.
A differenza di Puerto Rico, dove tutti svolgono la medesima azione - con o senza un particolare bonus - poi potenziata dalla sinergia di alcuni specifici edifici, in Carnegie il sistema spinge maggiormente sulla costruzione personalizzata del proprio motore di gioco, che deriva in toto dall’organizzazione della propria plancia. Ne risultano partite in cui gli approcci alla partita risulteranno diversificati sia a livello qualitativo (uffici diversi, poteri diversi) che quantitativo (numero dei lavoratori attivi). - In termini di equilibrio tra le varie azioni.
La meccanica della selezione azioni va qui a inserirsi in un sistema meno dipendente dall’ordine di turno rispetto a quello di Puerto Rico - anche per via dei maggiori margini di manovra dati dal gioco su mappa rispetto alle spedizioni e al mercato - e che non fa dunque emergere il difetto del seat order effect. Le azioni più “rischiose” (Human Resources e Research & Development) possono essere potenziate in maniera significativa, rendendole quindi molto vantaggiose e accrescendo l’interesse a un loro utilizzo più frequente. A ciò si aggiunga poi che ogni scelta, come già detto, trova sempre due motivi di convenienza da valutare: spesso un’azione che saremmo restii a compiere diventa incredibilmente appetibile per l’opportunità di negare rendite agli avversari o accaparrarsi per primi una determinata donazione.
In tal modo, i giocatori che meglio pianificheranno la propria partita si troveranno a selezionare azioni come Human Resources senza la classica “angoscia” che accompagna la scelta dell’Artigiano in Puerto Rico.
In definitiva ritengo che la meccanica delle azioni condivise trovi in Carnegie una delle sue migliori implementazioni, forse la migliore dai tempi di Puerto Rico. E scusate se è poco.