Sempre piacevolissima da leggere. Grazie!
Oggi vi parlo di Operazione Vienna (o Vienna Connection, per l'edizione inglese), edito nel 2021 dalla Portal Games di Ignacy Trzewiczeck e portato in Italia da Pendragon Game Studio.
Il gioco appartiene alla serie inaugurata da Detective: a Modern Crime Board Game, ed è stato ideato e sviluppato, oltre che da Trzewiczeck stesso, da un gruppo formato da Jakub Poczęty, Przemysław Rymer e Jakub Łapot.
Innanzitutto, lo slogan della casa editrice polacca recita "boardgames that tell stories", una chiara dichiarazione d'intenti, quella di creare giochi che abbiano una forte connotazione narrativa, che dipanino una storia anche senza essere giochi definibili come narrativi (ad esempio Robinson Crusoe e Stronghold: Undead).
Ecco, con Operazione Vienna gli autori sono riusciti a intessere una storia di spie interessante sia dal punto di vista narrativo, sia del gameplay. Durante le quattro sessioni di gioco, che appunto consta di quattro missioni della durata di un paio d'ore abbondanti l'una, l'immersione nella storia si sente, anche grazie ai materiali, soprattutto il faldone di fascicoli top secret da consultare e al contenuto delle buste.
Senza rivelare quello che ci aspetta nel gioco, posso dire che mi è piaciuto molto per:
- le scelte che si portano da una missione all'altra e condizionano quello che succede nel futuro;
- le decisioni finali di ogni missione, che sbloccano parole chiave;
- il fatto che il gioco "cresca" velocemente, la prima missione non è solo un tutorial ma ci porta già "dentro" la storia. Trattandosi di sole quattro missioni, mi avrebbe fatto storcere il naso una che fosse solo di presentazione;
- il fatto che le missioni siano diversi tipi di indagine coerenti con la narrazione, diciamo che in ogni missione le indagini sono da condurre con una prospettiva, un taglio differente.
Aggiungo che il gioco scala da 1 a 4 giocatori, personalmente me lo sono goduto in solitario.
In calce al regolamento troviamo un box con i consigli per approfondire l'ambientazione storica proposta nel gioco: film, saggi, romanzi che trattano il periodo della guerra fredda, a riprova che Ignacy ci tiene a creare un'esperienza immersiva a tutto tondo. "Boardgames that tell stories", ricordate?
Io non posso che fare a meno di abbinare e consigliare in prima battuta una delle serie più belle degli anni Duemiladieci, The Americans, (id., Joe Weisberg, 2013-2018).
Ma preferisco parlare un po' più a fondo di uno dei migliori film di Francis Ford Coppola, La Conversazione (The Conversation, 1974).
Siamo a San Francisco, nella Union Square. Un investigatore privato, assieme ai collaboratori specializzati in intercettazioni, pedina una coppia di amanti, con l'obiettivo di registrare quello che si stanno dicendo. Non scrivo altro per non anticipare nulla a chi non l'avesse ancora visto (ATTENZIONE SPOILER da qui in poi).
Indimenticabile la scena di apertura, con la macchina da presa che inquadra la piazza piena di gente dall'alto, e poi va a stringere piano, piano: pur essendo la Union Square appunto gremita, il nostro sguardo punta quello che vuole il regista, prima il mimo, poi una coppia, un tizio con l'impermeabile stazzonato...
Il protagonista Gene Hackman, alias Harry Caul, si autodefinisce "lo spione numero uno": ma lo è davvero? Durante tutto il film Harry viene smentito, quasi preso in giro nei fatti mostrati: l'appartamento con tre (TRE!) serrature viene aperto tranquillamente dalla padrona di casa per lasciare un regalo di compleanno; la fidanzata di Harry rivela di averlo notato mentre la spiava da sopra le scale di casa; viene deriso dai colleghi e infine i nastri dell'importantissima conversazione gli vengono rubati...
La frase viene quindi ricomposta, ma è (come tutte le frasi) soggetta a interpretazione e, slegata dal contesto, può dare adito a incomprensioni. Caul la interpreta alla lettera, scottato da un'esperienza precedente in cui, a causa delle sue intercettazioni, morirono tre persone. Il fatto gli ha lasciato pesanti sensi di colpa, che si tramutano in paranoia sempre più profonda.
Giunge quindi alla conclusione che la coppia morirà se il "direttore" ottiene la registrazione della conversazione... il film lascia intelligentemente aperta ogni possibilità, dal complotto della coppia nei confronti di Caul per uccidere il "direttore", al fatto che il protagonista si sia inventato tutto nella propria mente.
Impossibile omettere la scena finale, in cui Caul smantella casa pezzo per pezzo, cercando disperatamente una cimice, non trovandola, mentre il film si chiude con quella che ha proprio l'aria di essere un'inquadratura ripresa da una telecamera di sorveglianza: la beffa definitiva.
La conversazione non è un film di spionaggio roboante, d'azione: tutt'altro, è un film di silenzi, di solitudine e di paranoia.
Per chi scrive, il miglior Coppola, forse il primo a mettere in scena la paura moderna di essere sotto controllo mediatico e lo stress che ne consegue, notare che nella sequenza iniziale si vede un uomo riprendere la conversazione dall'alto di un palazzo: sembra abbia in mano un fucile invece di materiale per registrare. L'accostamento è potente e significativo.