Il recensore di giochi da tavolo #5: onestà di giudizio

Era probabilmente l'articolo più atteso di questa serie. È arrivato.

Editoriale
Giocatori

Questo articolo fa parte di una serie che si compone di sei "episodi" (se il link non è presente, l'articolo non è ancora stato pubblicato):
- #1: cos'è un recensore
#2: la preparazione teorica
#3: esperienza pratica
#4: predisposizione individuale
#5: onestà di giudizio
#6: corretta comunicazione

Parte #1: pubblicitari e recensori

Parto subito dal nocciolo della questione, senza girarci troppo attorno: dovresti comprare i giochi che recensisci? Sì.
Cito parafrasando una frase presa da The King of Average: “compro i giochi che recensisco cosicché possiate avere la mia onesta opinione e non quella del mio portafoglio”.

All'estremo opposto ci sono le recensioni pagate. O i tutorial pagati. O insomma tutto quello che è fatturato direttamente. In questo caso dovrebbe apparire un disclaimer che segnala il contenuto come sponsorizzato, ma non sempre è così evidente e, soprattutto, non sempre chi legge o guarda ci fa caso. In questo caso possiamo dare il nome che vogliamo a questi contenuti, ma fondamentalmente, per quanto possano avere forma diversa (tutorial, playthrough, report), la sostanza rimane una sola: pubblicità.
Così come possiamo fare i fighi e chiamare un content creatorinfluencer”, quando in pratica è solo un tizio che fa pubblicità, sponsorizzato da un editore. 

Voglio essere chiaro su questo punto: un tutorial, un gameplay, se pagati sono comunque forme di pubblicità, ma in qualche modo relativamente oneste, perché non si esprime un parere diretto sul gioco (anche se lo si fa in modo indiretto, facendolo vedere e mostrando il proprio incontenibile divertimento...).
Una recensione pagata, invece, è un contenuto che reputo profondamente disonesto. Un parere pagato sarà sempre qualcosa che ha, alla base, un bias, un'edulcorazione, quando non una prostrazione totale allo sponsor.
Succede nel mondo del gioco ora che è in espansione, è sempre successo in altri ambiti, come cinema, ristorazione, eccetera. Il fatto che sia sempre successo e che continui ad accadere non è però una scusa per giustificarlo.

Se, da una parte si ha sempre la speranza che il pubblico riesca a discernere queste cose (ma dai numeri che vedo in rete non mi pare), il vero problema arriva nelle situazioni ambigue comprese tra le scatole pagate coi propri sudati soldi da una parte e il contenuto fatturato all'editore di turno dall'altra.
Ovvero quella terra di mezzo che comprende scatole regalate, rapporti di amicizia, desiderio di compiacenza, eccetera.
In questo caso i problemi sono due: uno del recensore, uno della percezione del pubblico:

  1. il recensore ha in qualche modo un obbligo verso chi gli passa la scatola... o meglio, sa benissimo che se su cinque scatole ne boccia quattro, non ne riceverà mai più altre, quindi parte magari con propositi onesti, ma inevitabilmente finisce per edulcorare il proprio giudizio;
  2. una parte del pubblico, poi, sarà comunque invitabilmente diffidente verso questo tipo di contenuti: anche se rimani integerrimo e giudichi il gioco in totale onestà, hai comunque seminato il dubbio in chi ti ascolta.

Ho parlato di bocciare quattro scatole su cinque. Non è un'iperbole, anzi, mi sono probabilmente tenuto stretto. Con la bulimia del mercato moderno e il numero di scatole che esce in continuazione, se a un recensore arrivano un po' tutte le novità di una certa fascia (es: family), i giochi veramente validi sono davvero pochissimi. Per bocciare poi non intendo che il gioco sia sotto la sufficienza, ma banalmente “un gioco in più”, qualcosa che è assolutamente evitabile e sul quale non ha senso spendere soldi.

Questo per prima cosa dovrebbe fare un recensore: non orientare il mercato (quello è l'influencer/pubblicitario), semmai renderlo più consapevole. Se il recensore ha evitato al potenziale acquirente una spesa inutile, di un gioco mediocre, di un doppione, di un gioco che non sorpassa e non aggiunge nulla rispetto a un capolavoro del passato che magari già possiede, ha fatto il suo dovere. 
L'impostazione che ha un recensore è esattamente opposta a quella che ha un influencer
Il recensore deve aumentare la consapevolezza, l'influencer le vendite
Il recensore invita a ragionare, l'influencer a smettere di farlo
.

Se è vero che bocciando quattro giochi su cinque si perde la sponsorizzazione dell'editore, è anche vero che promuovendone come capolavori cinque su cinque si potrebbe perdere la fiducia del pubblico (almeno della parte pensante) che si trova a comprare un gioco mediocre dopo l'altro, spacciato per capolavoro. 
Qui si inserisce qualche trucchetto che è facile individuare, almeno per chi ci fa un po' più caso.
Il recensore sponsorizzato, infatti, non evita di piazzare la sua quota di critiche, ma lo fa in modo mirato e senza rischi:

  1. evita di dare voti. Ci torniamo dopo, ma se fate caso i giudizi senza voto sono spesso tutti molto simili e molto sfumati;
  2. mette in evidenza difetti risibili, giusto per spuntare la casella del “ho trovato anche dei difetti”. La scatola è troppo grande/piccola; il divisorio non va bene; l'iconografia non è perfetta; non scala benissimo se lo volete giocare in diciotto. Molto difficilmente troverete difetti sul gameplay o aspetti essenziali del gioco;
  3. fa recensioni negative di editori che non lo sponsorizzano o coi quali non ha rapporti. Quindi scatole magari provate per altre vie o che si è comprato. Così spunta la casella della recensione critica a rischio zero;
  4. fa recensioni negative di giochi di editori che lo sponsorizzano... ma che ormai non devono più vendere. Questo è il trucchetto più subdolo e meno palese di tutti: ormai il mercato è strutturato un modo tale che le vendite che contano sono quelle al lancio e nei pochi mesi successivi. Pochi giochi hanno un successo tale da meritare una ristampa e tenere botta a lungo. Le copie avanzate comportano spese di magazzino e vanno smaltite con sconti e offerte all ribasso. Quindi l'influencer fa una recensione negativa di un gioco ormai praticamente esaurito, che ha fatto il suo corso, che l'editore non ha intenzione di ristampare perché resterebbe invenduto e, così facendo, dà l'idea di essere imparziale.

Parte #2: il voto

Associare un voto a una recensione ha pro e contro. I contro consistono nell'attirare polemiche (e molti preferiscono vivere sereni) e nel focalizzare troppo l'attenzione sulla valutazione numerica, invece che sul contenuto della recensione.
Contro la prima mi verrebbe da dire che inevitabilmente, se vuoi recensire seriamente, qualche polemica devi avere le spalle larghe per sopportarla, altrimenti meglio dedicarsi ad altre forme di divulgazione. Contro la seconda rispondo che se un lettore si ferma al voto e non legge il contenuto, è lui a non essere adatto a leggere recensioni, con voto o meno, quindi il problema è suo.
L'aspetto più importante a favore del voto, però, è che il voto numerico rappresenta sia una presa di responsabilità da parte del recensore, che si assume gli oneri di ciò che scrive, sia uno strumento di correttezza verso chi legge, che ha un'indicazione chiara, per quanto astratta e sintetica, della reale qualità del gioco. Questo lato positivo del dare un voto a una recensione mi toglie personalmente ogni dubbio sulla questione.

Attenzione anche qui, che non tutti i voti sono uguali. Una scala su tre valori non ha la stessa valenza di una su cinque o su dieci. Maggiore è la scala, maggiori sono le sfumature esprimibili col voto, sia in positivo che in negativo. Una scala troppo stretta (ipotizziamo un sufficiente / buono / ottimo) tende ad appiattire molto le valutazioni ed è – diciamocelo – un po' paracula per il recensore, così come chi si esprime con voti verbali anziché numerici (ottimo, buono, eccetera), tende un po' a mascherare le sue vere valutazioni.
Poi ognuno dovrà anche, leggendo la recensione, capire su che basi è stato dato il voto, come sono stati pesati i vari elementi pro e contro, conoscere il recensore e le sue valutazioni, più o meno larghe o avare. Questo lo si può fare solo leggendo bene le varie recensioni, senza fermarsi superficialmente al voto numerico che campeggia in alto.

Ma come si dà questo voto? Come faccio a valutare se un gioco è da 7 o da 9? 
In un paio di articoli (Sistema di voto e Diamo i numeri), in passato avevo provato ad analizzare la questione per arrivare a delle tabelle numeriche da cui poter estrapolare più o meno matematicamente un voto.
In parte funzionano, ma in buona parte sono troppo poco duttili ed eccessivamente vincolate ad alcune voci che, specie in certe categoria di giochi, contano poco. Al contempo, potrebbero esistere parametri che contano molto solamente per alcuni generi, poco o nulla per altri.
Quindi, sebbene il tentativo avesse un suo fondamento logico, l'ho ben presto abbandonato io stesso. Attualmente mi regolo pesando di volta in volta pregi, difetti, idee, realizzazione, centratura del target, eccetera e paragonandolo ad altri della medesima categoria. 
Partendo dall'assunto di base che un gioco che funziona, senza particolari difetti ma anche senza pregi e senza originalità, è un 6 (e non un 8, come a volte verrebbe da credere, leggendo alcune recensioni stampate).
Esattamente come il corpo della recensione, anche il voto è frutto di esperienza e conoscenza e verrà affinato nel tempo: all'inizio farete degli errori al rialzo o al ribasso, è inevitabile. Io stesso mi trovo, in più di un'occasione, a rileggere vecchie recensioni, modificare alcune considerazioni alla luce dell'esperienza acquisita e, di conseguenza, a modificare il voto (spesso al ribasso, ma è capitato pure di alzarlo). 
Non ci deve essere paura di sbagliare: imparare dai propri errori è una parte fondamentale del processo di apprendimento e il recensire giochi da tavolo non si sottrae a questo principio.

Parte #3: recensione negative

Strettamente associata al voto c'è la questione delle recensioni negative
Le scuse addotte per non farle sono molteplici e umanamente comprensibili: “perché devo giocare più partite a un gioco che non mi piace?”; “perché devo sorbirmi gli attacchi dei fan del gioco?”; “mi informo bene prima di comprare e quindi prendo solo giochi che poi mi piacciono”. 
Poi ce ne sono alcune non dette: “preferisco rimandare indietro il gioco e non recensirlo”; “non voglio rogne con l'editore che risponde sotto alle mie recensioni”; “se faccio recensioni negative poi non mi mandano più scatole”; “la recensione è sponsorizzata, quindi non può essere negativa”.

Ora, tralasciando le ultime, le prime sono probabilmente vere nella maggior parte dei casi. C'è un “però”. Se vuoi davvero fare il recensore, il tuo primo dovere è verso chi legge, non verso te stesso. Almeno questo è ciò che ho imparato in Tana, fin dagli albori: il giocatore prima di tutto. Il nostro destinatario è il giocatore, l'acquirente, quello che legge, si informa e deve districarsi tra migliaia di nuovi prodotti ogni anno: non l'editore, l'autore, l'amico, ma il giocatore.
Dal mio punto di vista, come recensore, se trovi un gioco non all'altezza, che ha difetti palesi, che è sviluppato male, che è inutile perché ce ne sono già dieci simili e migliori, hai il dovere di segnalarlo. 
Poi, entra in gioco anche il fattore predisposizione individuale (di cui ho parlato nel quarto articolo), per cui mi diverte anche scovare e comprendere il perché un gioco funzioni male o se i suoi difetti potevano essere in qualche modo limitati (e questo puoi farlo solo con conoscenza ed esperienza), ma capisco che sia una cosa mia personale, anche se penso sinceramente che un po' tutti i recensori dovrebbero avere questa curiosità dentro.

C'è però anche la possibilità che si verifichi il problema opposto: il voler cercare a tutti i costi il difetto. Probabilmente per apparire onesti a tutti i costi, o altro. Più di una volta mi è capitato di leggere recensioni scritte o di vederne in video, rendendomi conto che il recensore calcava volutamente la mano su difetti, spesso irrisori. Irrisori non perché assenti, ma perché il loro peso, nell'economia globale del gioco, era davvero trascurabile. Però, messi sullo stesso piano dei pregi, facevano quasi sembrare il gioco scarso, quando invece si stava parlando di un'assoluta eccellenza. In assenza di voto, purtroppo, questo atteggiamento si esacerba, perché il lettore non è in grado di capire quanto effettivamente possano pesare quei difetti sul giudizio finale e può sovrastimarli (o anche sottostimarli) pesantemente. 
In conclusione: il difetto va sempre evidenziato, ma anche pesato nell'economia generale del gioco, laddove il giudizio finale va ben oltre la mera somma aritmetica di pregi e difetti.

Parte #4: oggettivo e soggettivo

Una delle cose più difficili da fare è discernere tra ciò che piace a noi e ciò che è effettivamente valido (o non valido). 
Il gusto personale è qualcosa con cui dobbiamo costantemente fare i conti. Quando si fa una recensione, si dovrebbe cercare di lasciare il più possibile da parte le preferenze personali e analizzare il game design e il gameplay per quello che sono. Per farlo – torniamo sempre lì – dobbiamo avere coscienza di cosa sono il target, le meccaniche, le dinamiche, i difetti dei giochi e tanti altri concetti chiave che potete conoscere solo studiando la teoria dei giochi ed eventualmente ricorrendo all'aiuto della Goblinpedia.
L'alternativa è lasciarsi andare totalmente alla propria soggettività e allora scrivere un report, o un'opinione. Ma non una recensione.
Dato che siamo esseri umani, è ovvio che rimanere sui due estremi è sempre difficile. Il nostro gusto tenderà sempre a fare capolino in ciò che facciamo, così come la tentazione di generalizzarlo e considerarlo universale è sempre forte.
È sempre lecito esprimere le proprie opinioni, positive o negative che siano, ricordando però sempre che sono opinioni e non un'analisi critica, non una recensione. A qualcuno può non piacere Puerto Rico (soggettivamente), ma negare che sia un capolavoro è intellettualmente disonesto. Oppure il contrario: puoi essere appassionato di Talisman, ma se non ne riconosci limiti e difetti oggettivi, il tuo parere rimane semplicemente viziato dal gusto personale.
Quando ci si approccia a una recensione, occorrerebbe farsi qualche domanda, prima di iniziare a scrivere: 

  • il risultato di questo gioco è dovuto solo a lui o anche alla compagnia con cui l'ho giocato?
  • a quale pubblico si rivolge? faccio io parte di questo pubblico?
  • com'è cambiato in diverse circostanze e con diverse persone? 
  • com'era il mio umore quando l'ho giocato?
  • quanto sono esperto in questo genere di giochi?
  • quanto mi piacciono già altri giochi di questo genere?
  • quanto sono appassionato del tema del gioco e quanto può aver influito sulla mia esperienza?

Tutte queste domande aiutano a separare il proprio io soggettivo dalle valutazioni oggettive sul gioco.

Di qualche suggerimento per scrivere una recensione toccando tutti i punti importanti, ne parliamo meglio nel prossimo articolo. 

Commenti

Credo che qua ci sia il succo di tutto... Che condivido.... Essere un recensore vuol dire essere un critico.... Come un critico cinematografico o culinario.... Quelli veri intendo.... Si prova di tutto (anche quello che si sa che non piacerà perché non nelle proprie corde, ma se bello si darà cmq un bel voto).. se ci si fa offrire, bisogna avere le palle anche di dire che fa schifo (a rischio di non ricevere più cose gratis.... Perché l'obiettivo di un critico/recensore non è avere cose gratis, ma dare un servizio ad un pubblico, ne tantomeno fare l'influencer).

Fare il recensore/critico è per tutti? No di certo.... Ma chi decide di intraprendere questa nobile arte deve farlo consapevolmente....

Io i voti che do nella mia classifica sono un parere personale, non una recensione.... E infatti troverete mediamente voti alti perché sono giochi che sono nella mia collezione perché mi piacciono... Quelli che non mi piacciono o non li ho comprati o li ho venduti.... Mi piacerebbe fare il recensore? Forse si... Ma richiede grande impegno (se fatto come Dio comanda) e molto esborso economico (cosa che sinceramente, anche se forse potrei permettermi in parte, non mi sento di affrontare... Comprare giochi che so che non mi piaceranno solo x recensirli va oltre alla mia forza di volontà XD 🤣).

Tutto ciò, x dire grazie ai recensori che fanno questa nobile arte con onestà, perché obiettivamente, nel mare magnum odierno, non sono così tanti.

meradoc scrive:
Comprare giochi che so che non mi piaceranno solo x recensirli va oltre alla mia forza di volontà XD 🤣).

Questo proprio no, non serve. Avrai degli amici che ti proporranno brutti giochi e puoi convertire il tuo fastidio di aver sprecato una serata snocciolando il perché lo è (certo, prima devi esaminarti per bene e capire il perché non ti è piaciuto per poterlo comunicare agli altri efficacemente). Oppure, peggio ancora, ti capiterà pure di essere deluso da un gioco comprato. Non è forse una forma di amore verso i giocatori evitar loro di fare lo stesso errore?

Il problema semmai è essere in grado di analizzare un gioco da una sola partita, se il gioco è veramente brutto e non solo "uno come tanti" a cui magari la seconda gliela concedi comunque. Se poi hai la "fortuna" di essere costretto più volte a giocare ad un gioco di merda dagli amici... bhe, veramente non puoi esimerti dalla recensione!

Un applauso enorme ad Agzaroth per aver detto finalmente quello che tanti pensano e magari evitiamo di dire per non sembrare antipatici: ogni recensione (e io ci metto in mezzo anche i pareri) fatte da canali che hanno rapporti più o meno stretti di collaborazione con degli editori non potrà mai essere del tutto oggettiva, anche solo inconsciamente. La priorità è il canale, non certo il pubblico, ma purtroppo se i numeri salgono hanno ragione loro. Motivo per cui, a parte qualche rara eccezione (ad esempio il buon alkyla che i giochi se li è sempre comprati lui), io ho tolto il follow a quasi tutti i canali italiani, mi cerco a mano solo i tutorial del gioco che mi interessa e stop. Purtroppo la situazione degli youtuber italiani è secondo me abbastanza tragica, tra quelli legati mani e piedi agli editori e quelli invece più terra terra ma che spesso sono per nulla tecnici e dicono una marea di strafalcioni (va bene che un parere è libero ma ci sono dei limiti oggettivi anche li). Però questo è un discorso a parte.

Sono d'accordo su vari aspetti trattati da Agzaroth in questo articolo.

Tra le tante persone che parlano di giochi nel web, se sono qua e non altrove, è comunque perché ho grandissima stima di Marco e penso che svolga un lavoro decisamente migliore rispetto a tanta gente là fuori (chi riceve giochi gratuitamente e poi li valuta, boh, non convince per nulla nemmeno me).

Non so se obbligati per legge, ma in Germania i contenuti su Youtube hanno ormai quasi sempre la dicitura "gioco acquistato in autonomia", "gioco ricevuto dall'editore", "pubblicità", "ho un negozio di giochi" (sic!), ecc. Giusto e corretto difendere i consumatori da gente con secondi fini discutibili.

Detto questo, concordo anche con il fatto che nel mercato dei giochi da tavolo abbiamo ormai raggiunto un livello di saturazione notevole e disarmante.

Qualche mese fa ho letto l'interessante libro dell'economista britannico Skidelsky "Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici?". Ci si potrebbe porre la stessa domanda in ambito ludico: quanto è abbastanza? Di quanti giochi abbiamo davvero bisogno per essere felici? La verità? Molti meno di quelli che pensiamo (questo vale sia per i soldi che per i giochi).

Il sistema socio-economico in cui viviamo ci ha permesso di ottenere un periodo di prosperità mai visto prima (aspetto lodevole), ma ha limiti e difetti sempre più evidenti a tutti. Pubblicare 1'000 e passa giochi NUOVI ogni anno non ha veramente alcun senso, se non quello di permettere agli editori di continuare a campare. Il punto è che sono costretti a campare proponendo nella maggior parte dei casi prodotti di cui non abbiamo affatto bisogno. Tramite pubblicità e hype tentano di vendere il più possibile giochi assai discutibili, facendoci adottare una mentalità di usa e getta (il motore di una società dei consumi) e facendoci percepire i vecchi prodotti come obsoleti (quando in realtà nella maggior parte dei casi non lo sono affatto). Tutto ciò non può che portarci alla rovina a lungo termine: le risorse sul pianeta Terra sono limitate e prima o poi finiranno, l'inquinamento è sempre maggiore, per non parlare di cambiamento climatico, Antropocene, sesta estinzione di massa, ecc. (temi impegnativi e complessi).

Seguo sempre con più interesse discorsi legati alla decrescita e a una moderazione ragionata (economia circolare, della ciambella).

In ambito digitale, non ho più sul mio cellulare app come Istagram, Facebook, ecc. (TikTok l'ho provato solo per qualche giorno, poi sono scappato a gambe levate) e vivo decisamente meglio (evviva il minimalismo digitale! :) ), senza una marea di contenuti che sono di fatto spazzatura e una semplice perdita di tempo.

In definitiva, reputo lodevole che un recensore cerchi di difendere il consumatore da pubblicità ambigue se non addirittura fraudolente, la domanda è se lo fa nel modo migliore possibile. Giocare a tanti giochi per poi bocciarne 4 su 5, significa essere co-partecipi di un sistema che è problematico di suo. Non risolve la questione alla radice. Quali sono le alternative? Non giocare più alle novità? Non acquistare più così tanto? Recensire sempre meno? Recensire solo i prodotti validi e ignorare il resto? È difficile a dirsi. Non ho ricette facili in merito.

C'è chi ragiona su come potrebbe essere la nostra società dopo il capitalismo (NB: non sono discorsi per forza di cose che vengono fatti dai socialisti, anzi). È chiaro che cambiamenti strutturali del genere non avverranno dall'oggi al domani e purtroppo non penso nemmeno che avveranno in modo indolore.

La speranza che il progresso tecnologico possa salvarci da ogni male è sempre lì. Fare all-in su Elon Musk tuttavia mi preoccupa un pochino. Un discorso analogo vale per la decrescita. È una impasse da cui non riesco a uscire a livello intellettuale e la cosa non mi piace per nulla.

Tutto decisamente condivisibile. Va anche ribadito che non è detto che un "recensore" disonesto sia conscio di esserlo... qualcuno magari sì, altri è possibile che sentano di essere liberi, quando in realtà, per motivi anche subconsci, non lo sono. Qualche "recensore" ad esempio, in un periodo iniziale svincolato da ogni forma di sponsorizzazione, potrebbe essere di manica larga e finire per esaltare giochi a destra e sinistra (lo stile di Rahdo, per intenderci, tralasciando qui la questione se sia sponsorizzato o meno). Creandosi un seguito di follower e attirando così l'attenzione delle case editrici - e di conseguenza il loro supporto - potrebbe mantenere lo stesso stile (esaltazione dei giochi) e illudersi di continuare ad essere libero, ma non lo sarebbe: non è che se una cosa l'hai sempre fatta in un modo, allora tu non subisca condizionamenti dall'esterno, semplicemente ti metti al servizio di qualcuno e ti neghi la possibilità di crescita, di cambiare  stile, di dire, per una volta nella tua vita di "recensore", che un gioco fa cagare. Ripeto: ho citato Rahdo per lo stile e non come esempio di asservito in quanto non ho idea se lo sia o no.

Altro aspetto interessante, che nell'articolo non viene citato, è la questione del medium. Ci si potrebbe chiedere se esiste una correlazione tra onestà di giudizio e mezzo attraverso al quale si esplicita la propria recensione. Per intenderci: una recensione scritta è tendenzialmente più libera e onesta di una recensione video?

Secondo me, una correlazione c'è, anche se non è diretta. Intendo dire che il fulcro è sempre se il "recensore" riceve una forma di supporto attraverso denaro, contratti, giochi regalati, e fin qui non ci piove.

Va però anche detto che mentre una recensione scritta viene pensata, corretta, si può permettere di andare nel tecnico e può arrivare ad un alto livello di qualità senza particolari investimenti in denaro (oddio, si potrebbe dire che anche la preparazione e lo studio costino...), una recensione video, se onesta, parte dalle stesse esigenze di studio e tempo investito, a cui però si deve aggiungere il costo di un'attrezzatura consona: banalmente, una videocamera decente, un programma di editing e un lavoro anche lungo e tedioso di montaggio, che, ovviamente, costa. Luci, greenscreen, microfoni... tutto costa.

Ecco perché il recensore che lavora su testi, tendenzialmente, non ha bisogno di particolari sponsorizzazioni. Un recensore che lavora con video, invece, quasi sicuramente si appoggerà a forme di finanziamento esterno, tipo patreon, o - e qui arriviamo al punto - potrà essere contattato da editori/distributori.

La questione, qui, oltre ad essere quella dei costi, è anche quella della capacità che un determinato medium ha di raggiungere i potenziali interessati. Certo, esistono le newsletter, le iscrizioni alle schede dei giochi su BGG che ti automaticamente si segnalano ogni nuovo thread e quindi anche le possibili recensioni, ma non è niente di paragonabile ad un canale Youtube che bam! spara i suoi contenuti senza filtri ad un esercito di iscritti. Mentre la recensione scritta te la devi andare a cercare, la devi leggere e in un certo senso presuppone che tu ragioni con la tua testa (perché, banalmente, la devi capire), una recensione video ti stimola su tutti i piani, oltre ai giudizi ti cattura con immagini del gioco, ti immerge nel contesto, ti sommerge anche subdolamente di informazioni che una recensione scritta ti deve indicare espressamente. Insomma, è intrinsecamente portata a stimolarti di più, e non a caso le pubblicità più efficaci si avvalgono del supporto audio e video. E' come se l'utente "recepisse" di più.

Per questo, anche se non si tratta di un assioma, tendenzialmente gli influencer bazzicheranno su Youtube mentre i recensori li troverai più facilmente su siti specializzati o forum.

Articolo interessante e molto apprezzato.

È evidente quanto la questione ti stia a cuore, infatti ricordo che un analogo tema era stato trattato anche in qualche puntata del goblin show e di radio goblin

Ottimo articolo, la cosa più fastidiosa a mio modo di vedere è la marchetta incensatrice a livelli terribbbbbbbili...dalla scatola stupenda, i componenti fantastici, le meccaniche assurde...ecc..ecc. E al momento se ne vedono molti che agiscono così...capisco che sei pagato dall' editore...e ci può anche stare (insomma, ma mi voglio tenere largo), ma l' esagerazione è stucchevole.

Elijah scrive:
Giocare a tanti giochi per poi bocciarne 4 su 5, significa essere co-partecipi di un sistema che è problematico di suo. Non risolve la questione alla radice

non sono d'accordo. Premesso che non è compito del recensore risolvere la questione citata, in realtà se boccia 4 giochi su 5 sta facendo esattamente quanto in suo potere per limitare il problema, perchè il problema si sgonfia (nel tempo) solo se i giocatori comprano meno e lo possono fare solamente se diventano più consapevoli di quello che hanno davanti (che è il compito del recensore). Per cui nel suo piccolo il recensore sta facendo esattamente quello che può per quanto può.

Banalmente basta vedere anche le persone che vanno alle fiere. Chi ci va da tanto tempo i primi anni compra tanti giochi, abbagliato dall'enorme quantità presente (e magari anche da un costo più basso del solito), ma negli ultimi anni compra pochissimi giochi, che generalmente si contano sulla dita di un mano perchè l'esperienza gli ha insegnato che l'80% e oltre di quello che comprava i primi anni era fuffa inutile che rivendeva dopo poco.

Pilota scrive:
non sono d'accordo

Partiamo dal presupposto che non ho interesse a far cambiare idea a nessuno. Provo ad esplicitare meglio qual è uno dei problemi della nostra società.

Siamo in grado di creare lampadine che durano 100 anni, ma le imprese le creano in modo tale da rompersi prima. Come mai? (Il cartello Phoebus ci insegna tante cose in merito).

Siamo in grado di creare vestiti che durano decenni, ma le compagnie li creano in modo tale che si rovinano prima. Come mai? (Il film Lo scandalo del vestito bianco potrebbe darci un'idea in merito).

Siamo in grado di creare giochi da tavolo che possono intrattenere le persone per centinaia di anni, eppure ogni anno continuano a uscire migliaia di novità copia-incolla che non aggiungono assolutamente nulla al mondo dei giochi da tavolo. Come mai?

Qual è il problema di fondo? Il punto è che se creiamo prodotti perfetti o quasi, non c'è più motivo per le compagnie di esistere dopo un certo periodo, dopo aver soddisfatto la prima ondata di esigenze di tutti. E quindi possono chiudere baracca.

Il problema tanto sentito della disoccupazione tecnologica, nell'epoca dell'abbondanza, è noto da tempo. Già il celebre economista Keynes ne parlava, ipotizzando che nel 2030 avremmo lavorato solo 3 ore al giorno e che saremmo stati in grado di goderci la vita.

Come mai tutto questo molto probabilmente non accadrà? Perché, tra i vari motivi, non siamo ancora stati capaci di concepire un sistema socio-economico alternativo condivisibile dalla maggioranza. Io seguo con molto interesse ad esempio i discorsi sul reddito di base incondizionato. Quali implicazioni avrebbe un simile cambiamento epocale? Tante. Una, forse, potrebbe essere quella di evitare ulteriori sprechi totalmente inutili, solo perché dobbiamo mantenere i posti di lavoro di tutti ad ogni costo, se no c'è chi fa la fame. E quindi meglio far fare a tutti dei lavori inutili, che non lavorare del tutto (sic!).

Un recensore ha un lavoro da svolgere solo se continuano a uscire novità. Se non ne uscissero più, il suo lavoro dopo un po' si esaurirebbe, e uno dovrebbe fare altro.

Lamentarsi di come il mercato sia stagnante, bocciare 4 giochi su 5, senza poi però fare un passo in più e riflettere sul sistema globale in sé, come poter cambiare in meglio il tutto, lo trovo un esercizio fatto a metà e non condivisibile fino in fondo.

Agzaroth in uno dei suoi articoli sottolineava l'importanza di leggere. Che lo si faccia, ma non solo leggendo saggi legati ai giochi, ma anche questioni contemporanee cruciali dell'imminente avvenire. La lista di pensatori stimolanti è molto lunga, da Vaclav Smil a Kate Raworth, da Tim Jackson a Serge Latouche, ecc. ecc.

Quando a  pagare un servizio dedicato a te non sei tu bensì un esterno interessato, allora passi dall'essere il cliente del servizio all'essere tu stesso il prodotto da vendere ai reali clienti del servizio.

Lo Youtuber recensore vende appunto il prodotto (i suoi visitatori) al suo cliente (l'editore).

Vale per un recensore su YouTube come vale purtroppo per altre mille altre cose (pensiamo ai social network ad esempio); non so voi ma personalmente essere il prodotto da vendere agli editori non è la mia massima aspirazione ecco.

Le soluzioni da utenti sono due nel nostro ambito: guardare dove non c'è scopo di lucro (e qui la Tana) oppure andare verso la contribuzione diretta da parte dei fruitori del servizio, con soluzioni tipo Patreon, per tornare ad essere i clienti e non il prodotto da vendere appunto.

Francesco Rimini scrive:
 Le soluzioni da utenti sono due nel nostro ambito: guardare dove non c'è scopo di lucro (e qui la Tana) oppure andare verso la contribuzione diretta da parte dei fruitori del servizio, con soluzioni tipo Patreon, per tornare ad essere i clienti e non il prodotto da vendere appunto.

il punto è un pò questo, nei panni dello youtuber che crea 1-2 contenuti a settimana (e portano via molto tempo se fatti in modo decente) per un pò lo fai per passione, però se gli editori ti danno comunque qualche gratificazione economica di vario genere a una certa smetti di farlo a gratis, non mi sento di criticarli, l'importante è uscire dall'ipocrisia delle solite frasi "i giochi che non mi piacciono non li porto sul canale" o "sono completamente oggettivo nell'evidenziare pregi e difetti". L'alternativa come dici tu è che uno si crei un patreon o un canale su abbonamento, non deve rendere conto a nessun se non ai sostenitori e basta. Però qui subentrano il mercato italiano, che genera numeri molto diversi di un canale in lingue inglese.

Articolo e commenti tutti molto interessanti.

Elijah scrive:

Detto questo, concordo anche con il fatto che nel mercato dei giochi da tavolo abbiamo ormai raggiunto un livello di saturazione notevole e disarmante.

Qualche mese fa ho letto l'interessante libro dell'economista britannico Skidelsky "Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici?". Ci si potrebbe porre la stessa domanda in ambito ludico: quanto è abbastanza? Di quanti giochi abbiamo davvero bisogno per essere felici? La verità? Molti meno di quelli che pensiamo (questo vale sia per i soldi che per i giochi).

Il sistema socio-economico in cui viviamo ci ha permesso di ottenere un periodo di prosperità mai visto prima (aspetto lodevole), ma ha limiti e difetti sempre più evidenti a tutti. Pubblicare 1'000 e passa giochi NUOVI ogni anno non ha veramente alcun senso, se non quello di permettere agli editori di continuare a campare. Il punto è che sono costretti a campare proponendo nella maggior parte dei casi prodotti di cui non abbiamo affatto bisogno. Tramite pubblicità e hype tentano di vendere il più possibile giochi assai discutibili, facendoci adottare una mentalità di usa e getta (il motore di una società dei consumi) e facendoci percepire i vecchi prodotti come obsoleti (quando in realtà nella maggior parte dei casi non lo sono affatto).

Io vedo le cose in maniera diversa.

Il mercato dei giochi da tavolo è esploso nella misura in cui è esploso l'interesse dell'utente per l'argomento. Aumenta la richiesta e quindi la offerta.

Per fare un esempio, fin dagli anni 70 sono esistite 1000 varianti di Barbie e di accessori, in maniera proporzionale all'interesse dell'utente, fino ad arrivare a varianti e accessori tra i più improbabili. lo stesso dicasi per altri filoni dell'intrattenimento ludico. I GI Joe degli anni 80 sono arrivati ad avere modelli e accessori semplicemente assurdi (vedere in internet la portaerei che occupa mezza stanza), a traino delle vendite enormi.

Il filone dei giochi di società ha sempre rappresentato una percentuale ridotta nel mondo ludico, ma negli ultimi 20 anni è cresciuto e ora semplicemente si è allineato agli "eccessi" ciclici raggiunti in passato da altri tipi di intrattenimento sia in termini di quantità di prodotti che di accessori per i prodotti stessi.

Possiamo parlare di bulimia ludica in teoria quando viene offerto un ALL IN da 500 euro di un gioco kickstarter zeppo di miniature, board in neoprene ecc., ma non occorre dimenticarsi che altre forme di passione viaggiano su cifre molto più alte. quando ero più giovane e facevo le modifiche alla mia auto, in giro c'erano accessori perfettamente inutili che servivano a soddisfare una parte del proprio piacere, da equalizzatori, sistemi audio assurdi, CB, fendinebbia da rally.... nessuno si è mai lamentato di quel genere di mercato...

Sicuramente il mercato ora è un vero labirinto di proposte per l'utente, e per le recensioni occorre probabilmente ragionare come quando si leggono le notizie sui giornali: leggere la stessa notizia su più giornali per avere un quadro "reale" della cosa e non fazioso.

Elijah scrive:

Partiamo dal presupposto che non ho interesse a far cambiare idea a nessuno. Provo ad esplicitare meglio qual è uno dei problemi della nostra società.

Lamentarsi di come il mercato sia stagnante, bocciare 4 giochi su 5, senza poi però fare un passo in più e riflettere sul sistema globale in sé, come poter cambiare in meglio il tutto, lo trovo un esercizio fatto a metà e non condivisibile fino in fondo.

forse non ci siamo capiti, ma non sono d'accordo solo sulla parte quotata in precedenza: non è compito del recensore trovare la soluzione globale al sistema. Quello che fa lo può fare nel suo piccolo "educando" i giocatori a capire quali sono i giochi validi e ignorare gli altri. E questo un recensore valido lo fa già. Il mercato farà il resto, SE i giocatori faranno la loro parte.

Siamo in grado di creare giochi da tavolo che possono intrattenere le persone per centinaia di anni, eppure ogni anno continuano a uscire migliaia di novità copia-incolla che non aggiungono assolutamente nulla al mondo dei giochi da tavolo. Come mai?

si può dire lo stesso di film, musica, libri, videogiochi e praticamente qualunque cosa creata dall'uomo. quanti film escono ogni anno? quanti b-movie, c-movie, ecc? e quanti libri vengono editati, digitalmente o in maniera cartacea, assolutamente non necessari (vedi gli harmony tanto per citarne di famosi)? ma poi si rientra in altro tipo di discoro, ossia chi e cosa può giudicare utile una creazione prima ancora che sia stata creata? evitiamo di parlare di sistemi globali che non portano da nessuna parte.

E' molto che non commento, ma mi permetto di chiedere a Marco una cosa.

Pensi che chi recensisce libri si paghi tutti i libri che recensice?

Pensi che chi recensisce vini acquisti tutte le bottiglie?

Pensi che chi scrive di ristoranti si paghi tutti i pranzi?

 

Io penso che si possa essere onesti anche se hai un rapporto di fiducia con l'editore.

 

Un po' di tempo fa ho recensito un gioco, di un editore con cui sono in ottimi rapporti, e letta la recensione, in una conversazione privata mi ha chiesto ... non ti è piaciuto il gioco?

Boh a me sembra che questo demonizzare le copie di review sia un po' frutto dei tempi, di dover per forza vedere il negativo in tutto ... Poi sono d'accordo che molti creator fanno contenuti, ma sono, espressamente, una cosa differente dalla recensione.

Aggiungo ancora di capolavori scritti ce ne sono a centinaia, forse a migliaia, ma non per questo non deve più essere pubblicato nulla. Puerto Rico è un capolavoro, ma se un gioco re-implementa le sue meccaniche perché non posso ritenere sia un bel gioco? Trovo molto più disonesto chi fa recensioni senza avere una cultura del gioco e senza magari sapere rapportarsi con i classici del passato.

Poi credo che ci siano recensori che scrivono dopo una partita (visto i tempi con cui escono le recensioni rispetto alle novità), come di fa, nel caso, ad avere onestà di giudizio?

Chiudo dicendo che, oramai, bisogna, spesso essere contro per farsi notare e questo lo trovo un pochetto triste.

Tutti pareri personali, eh!

linx scrive:

 

meradoc scrive:Comprare giochi che so che non mi piaceranno solo x recensirli va oltre alla mia forza di volontà XD 🤣).

 

Questo proprio no, non serve. Avrai degli amici che ti proporranno brutti giochi e puoi convertire il tuo fastidio di aver sprecato una serata snocciolando il perché lo è (certo, prima devi esaminarti per bene e capire il perché non ti è piaciuto per poterlo comunicare agli altri efficacemente). Oppure, peggio ancora, ti capiterà pure di essere deluso da un gioco comprato. Non è forse una forma di amore verso i giocatori evitar loro di fare lo stesso errore?

Il problema semmai è essere in grado di analizzare un gioco da una sola partita, se il gioco è veramente brutto e non solo "uno come tanti" a cui magari la seconda gliela concedi comunque. Se poi hai la "fortuna" di essere costretto più volte a giocare ad un gioco di merda dagli amici... bhe, veramente non puoi esimerti dalla recensione!

Fortunatamente ho una ristretta cerchia di amici con cui gioco e tendiamo a prendere giochi che ci piacciono..... Perciò è davvero raro che giochi ad un gioco che non mi piace (ma raro raro). Ammetto che ogni tanto ho avuto la tentazione di fare recensioni..... E stavo pensando di prendere uno dei libri consigliati da agzaroth (quelli in italiano.... L'inglese lo leggo, ma non credo di avere la forza di leggermi un intero libro tecnico nella lingua di Albione).

Ci farò un pensiero.

simarillon scrive:

Pensi che chi recensisce libri si paghi tutti i libri che recensice?

Pensi che chi recensisce vini acquisti tutte le bottiglie?

Pensi che chi scrive di ristoranti si paghi tutti i pranzi?

....

Poi credo che ci siano recensori che scrivono dopo una partita (visto i tempi con cui escono le recensioni rispetto alle novità), come di fa, nel caso, ad avere onestà di giudizio?

Ho tagliato al centro il tuo discorso per mettere in rapporto le tue affermazioni e individuare un problema di fondo: libri, vini e ristoranti li "assapori" anche da solo e in un tempo che va dal pochi minuti ai pochi giorni (nel caso dei libri). Per recensire per bene un gioco da tavolo, se complesso, servirebbero più partite con diverse persone. Credo che chi riceva copie da recensione debba farlo entro un mesetto. Se non sei sicuro quando recensisci credo tu ti possa trovare naturalmente nella situazione di non calcare la mano su eventuali situazioni negative che cominci solo a percepire. Oltre al fatto che nelle prime partite è facile farsi prendere dall'entusiasmo. E ci aggiungerei il fatto che siccome nessuno recensisce per lavoro il tempo che può utilizzare per giocare in quel mese di tempo è limitato.

Solo per dirti che già il "lavoro" di un recensore che scrive qualcosa in tempo utile per far capire a qualcuno se acquistare o meno il gioco è improbo. Ci manca solo la "necessità" di doverlo fare perché promessolo e la possibilità di rovinare un rapporto per rendere la buona riuscita ancora meno probabile. Non è necessariamente un fattore di "malafede".

Maestri indiscussi dellarte di evidenziare aspetti negativi insulsi: i recensori di Balena Ludens (che nel complesso fanno un buon lavoro). I difetti a fine articolo sono sempre, dico sempre, legati a scatola, materiali, componenti che non si incastrano bene...cose di utilità pressoché nulla per la maggior parte dei giocatori e in particolare per quella fascia di gamers che leggono recensioni su siti specializzati. Tra l'altro sono maestri anche nell' evitare rogne, visto che non hanno una sezione commenti. 

Finalmente si dicono le cose come stanno.

Le valutazioni più affidabili sui giochi si trovano su questo sito da parte di utenti ovviamente disinteressati e sinceri o, molto raramente, su altri siti e canali youtube di gente che, con i suoi soldi, compra e dice ciò che va detto.

Credo che molti dei canali youtube più famosi che recensiscono giochi da tavolo si facciano costantemente regalare le scatole, il fatto che nonostante ciò siano molto seguiti dal pubblico solleva varie perplessità, ma non stupisce...del resto il declino dell'uomo medio è evidente.

Relativamente alla parte 4, mmm non so, ho sempre dei contrasti tra oggettivo e soggettivo. Il voto di un recensore di un gioco cosa esprime? Puoi oggettivare la parte razionale, ma come fai ad oggettivare le emozioni che ricevi da un gioco da tavola? Dovresti avere una scala di giudizio universale, impossibile, e a quel punto basterebbe un singolo giudizio e non diverse recensioni (eppure in tana ci sono diverse recensioni dello stesso titolo e magari divergenti nel giudizio finale). Non so ma mentalmente dò molto affidamento alle recensioni dei titoli german e ci vado molto cauto coi tematici. Non sono certezze granitiche le mie eh, è un argomento su cui traballo spesso ..

@linx E' molto interessante quello che scrivi; però è come se ti avessi chiesto il sapore del pomodoro e ti mi avessi risposto che è ricco di vitamina B.

Il problema qui è la copia di review, o almeno il problema che viene sempre visto, quando qualsiasi a recensore viene conseganto il prodotto gratuitamente (ho un amico che fa recensioni di telefoni cellulari e sotto i 200 Euro glieli lasciano, sopra chiedono di farli girare tra i recensori). 

Io ti do ragione, il gioco merita un approfondimento che è difficile da fare, soprattutto (se è vero quello che sento dire) che mediamente ha una vita di un mese, massimo due.

Io fatico a ragionare da influencer, per me il gioco va studiato e approfondito, forse sono fuori targer per le case editirci, ma, mediamente, ho sempre ricevuto complimenti per le mie recensione che penso non siano uscite praticamente mai nel primo mese di vita del gioco.

FInisco quotandoti

E ci aggiungerei il fatto che siccome nessuno recensisce per lavoro il tempo che può utilizzare per giocare in quel mese di tempo è limitato.

Forse questo è uno dei problemi (il problema?) ...  e se ci fossero recensori di professione nel mondo dei giochi?

Ovviamente, come sempre, My2Cents

 

mentalmente dò molto affidamento alle recensioni dei titoli german e ci vado molto cauto coi tematici. 
mi ritrovo molto in quello che scrivi, ma trovo che aggiungi un pezzo che non va in contrasto con l'articolo, ma risulta una significativa aggiunta in più

usando le due parole credo che sì, un recensore dovrebbe mettere un po' da parte le emozioni e usare in modo preponderante la propria razionalità; che non sia possibile farlo completamente, non rende questa tensione meno vera e meno utile.

La verità è che a me o a te possono piacere tantissimo cose oggettivamente brutte, massimo rispetto, però se si vuole fare una critica questa cosa bisogna riconoscerla, o comunque aspettarsi che il lettore conosca il background e l'orientamento del recensore.

1.quando chiudi il messaggio scrivendo "che, oramai, bisogna, spesso essere contro per farsi notare e questo lo trovo un pochetto triste" mi pare sia la classica risposta generica e giudicante (indirettamente) sulla persona per non rispondere a un problema molto concreto e fattuale

2.in realtà rispondi anche al problema concreto e fattuale, ma mi pare che essa si possa sintetizzare con un "eh, ma fanno tutti così". A parte che, come in qualunque argomentazione, una risposta simile ammazza qualunque tipo di riflessione e, quindi, piccolo o grande cambiamento o almeno di presa di coscienza, mi sembra suggerisca semplicemente quanto ciascuno di noi possa trovare questa dinamica problematica in tutti gli ambiti di mercato, e che sia estremamente insidiosa tanto che in ambiti più vitali (o meglio in cui girano più soldi) la Legge si sforza (non sempre riuscendovi) di limitarla energicamente.

3.in sintesi, io l'unico difetto che ravvedo in questo articolo è che nel contenuto dica cose tanto vere da sfiorare l'ovvio; comunque è argomentate in modo ragionevole e interessante.

rileggendo il mio messaggio forse mi è venuto con toni più duri e tranchant di quanto è mia abitudine, per cui ricambio il massimo rispetto per le tue opinioni.

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