Questo articolo fa parte di una serie che si compone di sei "episodi" (se il link non è presente, l'articolo non è ancora stato pubblicato):
- #1: cos'è un recensore
- #2: la preparazione teorica
- #3: esperienza pratica
- #4: predisposizione individuale
- #5: onestà di giudizio
- #6: corretta comunicazione
Parte #1: pubblicitari e recensori
Parto subito dal nocciolo della questione, senza girarci troppo attorno: dovresti comprare i giochi che recensisci? Sì.
Cito parafrasando una frase presa da The King of Average: “compro i giochi che recensisco cosicché possiate avere la mia onesta opinione e non quella del mio portafoglio”.
All'estremo opposto ci sono le recensioni pagate. O i tutorial pagati. O insomma tutto quello che è fatturato direttamente. In questo caso dovrebbe apparire un disclaimer che segnala il contenuto come sponsorizzato, ma non sempre è così evidente e, soprattutto, non sempre chi legge o guarda ci fa caso. In questo caso possiamo dare il nome che vogliamo a questi contenuti, ma fondamentalmente, per quanto possano avere forma diversa (tutorial, playthrough, report), la sostanza rimane una sola: pubblicità.
Così come possiamo fare i fighi e chiamare un content creator “influencer”, quando in pratica è solo un tizio che fa pubblicità, sponsorizzato da un editore.
Voglio essere chiaro su questo punto: un tutorial, un gameplay, se pagati sono comunque forme di pubblicità, ma in qualche modo relativamente oneste, perché non si esprime un parere diretto sul gioco (anche se lo si fa in modo indiretto, facendolo vedere e mostrando il proprio incontenibile divertimento...).
Una recensione pagata, invece, è un contenuto che reputo profondamente disonesto. Un parere pagato sarà sempre qualcosa che ha, alla base, un bias, un'edulcorazione, quando non una prostrazione totale allo sponsor.
Succede nel mondo del gioco ora che è in espansione, è sempre successo in altri ambiti, come cinema, ristorazione, eccetera. Il fatto che sia sempre successo e che continui ad accadere non è però una scusa per giustificarlo.
Se, da una parte si ha sempre la speranza che il pubblico riesca a discernere queste cose (ma dai numeri che vedo in rete non mi pare), il vero problema arriva nelle situazioni ambigue comprese tra le scatole pagate coi propri sudati soldi da una parte e il contenuto fatturato all'editore di turno dall'altra.
Ovvero quella terra di mezzo che comprende scatole regalate, rapporti di amicizia, desiderio di compiacenza, eccetera.
In questo caso i problemi sono due: uno del recensore, uno della percezione del pubblico:
- il recensore ha in qualche modo un obbligo verso chi gli passa la scatola... o meglio, sa benissimo che se su cinque scatole ne boccia quattro, non ne riceverà mai più altre, quindi parte magari con propositi onesti, ma inevitabilmente finisce per edulcorare il proprio giudizio;
- una parte del pubblico, poi, sarà comunque invitabilmente diffidente verso questo tipo di contenuti: anche se rimani integerrimo e giudichi il gioco in totale onestà, hai comunque seminato il dubbio in chi ti ascolta.
Ho parlato di bocciare quattro scatole su cinque. Non è un'iperbole, anzi, mi sono probabilmente tenuto stretto. Con la bulimia del mercato moderno e il numero di scatole che esce in continuazione, se a un recensore arrivano un po' tutte le novità di una certa fascia (es: family), i giochi veramente validi sono davvero pochissimi. Per bocciare poi non intendo che il gioco sia sotto la sufficienza, ma banalmente “un gioco in più”, qualcosa che è assolutamente evitabile e sul quale non ha senso spendere soldi.
Questo per prima cosa dovrebbe fare un recensore: non orientare il mercato (quello è l'influencer/pubblicitario), semmai renderlo più consapevole. Se il recensore ha evitato al potenziale acquirente una spesa inutile, di un gioco mediocre, di un doppione, di un gioco che non sorpassa e non aggiunge nulla rispetto a un capolavoro del passato che magari già possiede, ha fatto il suo dovere.
L'impostazione che ha un recensore è esattamente opposta a quella che ha un influencer.
Il recensore deve aumentare la consapevolezza, l'influencer le vendite.
Il recensore invita a ragionare, l'influencer a smettere di farlo.
Se è vero che bocciando quattro giochi su cinque si perde la sponsorizzazione dell'editore, è anche vero che promuovendone come capolavori cinque su cinque si potrebbe perdere la fiducia del pubblico (almeno della parte pensante) che si trova a comprare un gioco mediocre dopo l'altro, spacciato per capolavoro.
Qui si inserisce qualche trucchetto che è facile individuare, almeno per chi ci fa un po' più caso.
Il recensore sponsorizzato, infatti, non evita di piazzare la sua quota di critiche, ma lo fa in modo mirato e senza rischi:
- evita di dare voti. Ci torniamo dopo, ma se fate caso i giudizi senza voto sono spesso tutti molto simili e molto sfumati;
- mette in evidenza difetti risibili, giusto per spuntare la casella del “ho trovato anche dei difetti”. La scatola è troppo grande/piccola; il divisorio non va bene; l'iconografia non è perfetta; non scala benissimo se lo volete giocare in diciotto. Molto difficilmente troverete difetti sul gameplay o aspetti essenziali del gioco;
- fa recensioni negative di editori che non lo sponsorizzano o coi quali non ha rapporti. Quindi scatole magari provate per altre vie o che si è comprato. Così spunta la casella della recensione critica a rischio zero;
- fa recensioni negative di giochi di editori che lo sponsorizzano... ma che ormai non devono più vendere. Questo è il trucchetto più subdolo e meno palese di tutti: ormai il mercato è strutturato un modo tale che le vendite che contano sono quelle al lancio e nei pochi mesi successivi. Pochi giochi hanno un successo tale da meritare una ristampa e tenere botta a lungo. Le copie avanzate comportano spese di magazzino e vanno smaltite con sconti e offerte all ribasso. Quindi l'influencer fa una recensione negativa di un gioco ormai praticamente esaurito, che ha fatto il suo corso, che l'editore non ha intenzione di ristampare perché resterebbe invenduto e, così facendo, dà l'idea di essere imparziale.
Parte #2: il voto
Associare un voto a una recensione ha pro e contro. I contro consistono nell'attirare polemiche (e molti preferiscono vivere sereni) e nel focalizzare troppo l'attenzione sulla valutazione numerica, invece che sul contenuto della recensione.
Contro la prima mi verrebbe da dire che inevitabilmente, se vuoi recensire seriamente, qualche polemica devi avere le spalle larghe per sopportarla, altrimenti meglio dedicarsi ad altre forme di divulgazione. Contro la seconda rispondo che se un lettore si ferma al voto e non legge il contenuto, è lui a non essere adatto a leggere recensioni, con voto o meno, quindi il problema è suo.
L'aspetto più importante a favore del voto, però, è che il voto numerico rappresenta sia una presa di responsabilità da parte del recensore, che si assume gli oneri di ciò che scrive, sia uno strumento di correttezza verso chi legge, che ha un'indicazione chiara, per quanto astratta e sintetica, della reale qualità del gioco. Questo lato positivo del dare un voto a una recensione mi toglie personalmente ogni dubbio sulla questione.
Attenzione anche qui, che non tutti i voti sono uguali. Una scala su tre valori non ha la stessa valenza di una su cinque o su dieci. Maggiore è la scala, maggiori sono le sfumature esprimibili col voto, sia in positivo che in negativo. Una scala troppo stretta (ipotizziamo un sufficiente / buono / ottimo) tende ad appiattire molto le valutazioni ed è – diciamocelo – un po' paracula per il recensore, così come chi si esprime con voti verbali anziché numerici (ottimo, buono, eccetera), tende un po' a mascherare le sue vere valutazioni.
Poi ognuno dovrà anche, leggendo la recensione, capire su che basi è stato dato il voto, come sono stati pesati i vari elementi pro e contro, conoscere il recensore e le sue valutazioni, più o meno larghe o avare. Questo lo si può fare solo leggendo bene le varie recensioni, senza fermarsi superficialmente al voto numerico che campeggia in alto.
Ma come si dà questo voto? Come faccio a valutare se un gioco è da 7 o da 9?
In un paio di articoli (Sistema di voto e Diamo i numeri), in passato avevo provato ad analizzare la questione per arrivare a delle tabelle numeriche da cui poter estrapolare più o meno matematicamente un voto.
In parte funzionano, ma in buona parte sono troppo poco duttili ed eccessivamente vincolate ad alcune voci che, specie in certe categoria di giochi, contano poco. Al contempo, potrebbero esistere parametri che contano molto solamente per alcuni generi, poco o nulla per altri.
Quindi, sebbene il tentativo avesse un suo fondamento logico, l'ho ben presto abbandonato io stesso. Attualmente mi regolo pesando di volta in volta pregi, difetti, idee, realizzazione, centratura del target, eccetera e paragonandolo ad altri della medesima categoria.
Partendo dall'assunto di base che un gioco che funziona, senza particolari difetti ma anche senza pregi e senza originalità, è un 6 (e non un 8, come a volte verrebbe da credere, leggendo alcune recensioni stampate).
Esattamente come il corpo della recensione, anche il voto è frutto di esperienza e conoscenza e verrà affinato nel tempo: all'inizio farete degli errori al rialzo o al ribasso, è inevitabile. Io stesso mi trovo, in più di un'occasione, a rileggere vecchie recensioni, modificare alcune considerazioni alla luce dell'esperienza acquisita e, di conseguenza, a modificare il voto (spesso al ribasso, ma è capitato pure di alzarlo).
Non ci deve essere paura di sbagliare: imparare dai propri errori è una parte fondamentale del processo di apprendimento e il recensire giochi da tavolo non si sottrae a questo principio.
Parte #3: recensione negative
Strettamente associata al voto c'è la questione delle recensioni negative.
Le scuse addotte per non farle sono molteplici e umanamente comprensibili: “perché devo giocare più partite a un gioco che non mi piace?”; “perché devo sorbirmi gli attacchi dei fan del gioco?”; “mi informo bene prima di comprare e quindi prendo solo giochi che poi mi piacciono”.
Poi ce ne sono alcune non dette: “preferisco rimandare indietro il gioco e non recensirlo”; “non voglio rogne con l'editore che risponde sotto alle mie recensioni”; “se faccio recensioni negative poi non mi mandano più scatole”; “la recensione è sponsorizzata, quindi non può essere negativa”.
Ora, tralasciando le ultime, le prime sono probabilmente vere nella maggior parte dei casi. C'è un “però”. Se vuoi davvero fare il recensore, il tuo primo dovere è verso chi legge, non verso te stesso. Almeno questo è ciò che ho imparato in Tana, fin dagli albori: il giocatore prima di tutto. Il nostro destinatario è il giocatore, l'acquirente, quello che legge, si informa e deve districarsi tra migliaia di nuovi prodotti ogni anno: non l'editore, l'autore, l'amico, ma il giocatore.
Dal mio punto di vista, come recensore, se trovi un gioco non all'altezza, che ha difetti palesi, che è sviluppato male, che è inutile perché ce ne sono già dieci simili e migliori, hai il dovere di segnalarlo.
Poi, entra in gioco anche il fattore predisposizione individuale (di cui ho parlato nel quarto articolo), per cui mi diverte anche scovare e comprendere il perché un gioco funzioni male o se i suoi difetti potevano essere in qualche modo limitati (e questo puoi farlo solo con conoscenza ed esperienza), ma capisco che sia una cosa mia personale, anche se penso sinceramente che un po' tutti i recensori dovrebbero avere questa curiosità dentro.
C'è però anche la possibilità che si verifichi il problema opposto: il voler cercare a tutti i costi il difetto. Probabilmente per apparire onesti a tutti i costi, o altro. Più di una volta mi è capitato di leggere recensioni scritte o di vederne in video, rendendomi conto che il recensore calcava volutamente la mano su difetti, spesso irrisori. Irrisori non perché assenti, ma perché il loro peso, nell'economia globale del gioco, era davvero trascurabile. Però, messi sullo stesso piano dei pregi, facevano quasi sembrare il gioco scarso, quando invece si stava parlando di un'assoluta eccellenza. In assenza di voto, purtroppo, questo atteggiamento si esacerba, perché il lettore non è in grado di capire quanto effettivamente possano pesare quei difetti sul giudizio finale e può sovrastimarli (o anche sottostimarli) pesantemente.
In conclusione: il difetto va sempre evidenziato, ma anche pesato nell'economia generale del gioco, laddove il giudizio finale va ben oltre la mera somma aritmetica di pregi e difetti.
Parte #4: oggettivo e soggettivo
Una delle cose più difficili da fare è discernere tra ciò che piace a noi e ciò che è effettivamente valido (o non valido).
Il gusto personale è qualcosa con cui dobbiamo costantemente fare i conti. Quando si fa una recensione, si dovrebbe cercare di lasciare il più possibile da parte le preferenze personali e analizzare il game design e il gameplay per quello che sono. Per farlo – torniamo sempre lì – dobbiamo avere coscienza di cosa sono il target, le meccaniche, le dinamiche, i difetti dei giochi e tanti altri concetti chiave che potete conoscere solo studiando la teoria dei giochi ed eventualmente ricorrendo all'aiuto della Goblinpedia.
L'alternativa è lasciarsi andare totalmente alla propria soggettività e allora scrivere un report, o un'opinione. Ma non una recensione.
Dato che siamo esseri umani, è ovvio che rimanere sui due estremi è sempre difficile. Il nostro gusto tenderà sempre a fare capolino in ciò che facciamo, così come la tentazione di generalizzarlo e considerarlo universale è sempre forte.
È sempre lecito esprimere le proprie opinioni, positive o negative che siano, ricordando però sempre che sono opinioni e non un'analisi critica, non una recensione. A qualcuno può non piacere Puerto Rico (soggettivamente), ma negare che sia un capolavoro è intellettualmente disonesto. Oppure il contrario: puoi essere appassionato di Talisman, ma se non ne riconosci limiti e difetti oggettivi, il tuo parere rimane semplicemente viziato dal gusto personale.
Quando ci si approccia a una recensione, occorrerebbe farsi qualche domanda, prima di iniziare a scrivere:
- il risultato di questo gioco è dovuto solo a lui o anche alla compagnia con cui l'ho giocato?
- a quale pubblico si rivolge? faccio io parte di questo pubblico?
- com'è cambiato in diverse circostanze e con diverse persone?
- com'era il mio umore quando l'ho giocato?
- quanto sono esperto in questo genere di giochi?
- quanto mi piacciono già altri giochi di questo genere?
- quanto sono appassionato del tema del gioco e quanto può aver influito sulla mia esperienza?
Tutte queste domande aiutano a separare il proprio io soggettivo dalle valutazioni oggettive sul gioco.
Di qualche suggerimento per scrivere una recensione toccando tutti i punti importanti, ne parliamo meglio nel prossimo articolo.