Applausi, applausi ed ancora applausi per l'immagine di copertina!
Perugia, un mesetto fa. Avevo il pomeriggio libero e mi ero organizzato con l’ex-collega Giuseppe per sfondarci di giochi: avevo studiato qualche regolamento e già preparato le scatole a bordo tavolo. “Giusè, prima di metterci all’opera con qualcosa di serio vorresti provare questo Bananagrams? Lo voglio recensire per la Tana, tanto dura poco”. Giuseppe ha acconsentito ed è finita che abbiamo passato il pomeriggio a comporre parole, cercando di finire quelle dannate tessere, giocando non so quante partite
Per cui, passiamo subito alle presentazioni: Bananagrams è un gioco del 2006 portato in Italia da dV Giochi che può tenere al tavolo da 2 ad 8 giocatori (ma si può giocare anche da soli, cercando di migliorarsi); nota fondamentale: crea dipendenza.
Il gioco in… due parole
Se fosse una canzone, Bananagrams sarebbe un mash-up, in cui due o più canzoni vengono mixate tra loro per crearne una nuova: in questo caso, direi che le canzoni originali potrebbero essere Scarabeo (per le tesserine), Il Paroliere (per il fatto di giocare in contemporanea) e le parole crociate senza schema (e senza definizioni, in questo caso!)
Come si gioca? Per prima cosa si prendono dall’astuccio a forma di banana le 144 tessere (ognuna riportante una lettera dell’alfabeto) e si mettono a faccia in giù sul tavolo, dopodiché ogni giocatore prende dal mucchio tot tessere lettera in base al numero dei partecipanti. Dato il via, simultaneamente i giocatori gireranno le proprie tessere e le inseriranno in un proprio immaginario schema di parole crociate, cercando di finirle prima degli altri, ideando ed incastrando tra loro delle parole. Prima dell’inizio della partita, onde evitare dispute infinite al termine della stessa (tratto da una storia vera), è buona cosa accordarsi su quali parole siano valide e quali no: il regolamento, per esempio, suggerisce di bandire nomi propri e geografici, sigle e abbreviazioni, oltre che parole non presenti nel dizionario italiano.
Se nel corso della nostra fase creativa ci si trovasse bloccati (magari con troppe vocali, o se si cercasse spasmodicamente una certa consonante), si può chiamare lo “Scambio!”, rimettendo a faccia in giù una delle proprie lettere nel mucchio e prendendone altre tre; non c’è limite al numero di volte in cui lo scambio può essere chiamato (ve lo riporto perché, qualora acquistaste il gioco, troverete questa precisazione troncata a metà nel regolamento presente nella confezione, mentre è completa nel regolamento online).
Qualora si riuscissero a finire le tessere in proprio possesso, si chiama invece ad alta voce “Lettera!”: ogni giocatore, noi compresi, dovrà pescare un’altra tessera a caso dal mucchio. Se si riuscisse a formare rapidamente parole grazie alla lettera appena presa, si può chiamare “Lettera” varie volte a fila, andando a rendere la vita complicata agli avversari e gettandoli nel panico.
Quando saranno presenti nel mucchio centrale meno tessere del numero di giocatori, il primo a finire le proprie tessere esclamerà “Banana!” per porre termine alla partita e, a meno di errori, essere incoronato Gran Banana (e godere di gloria eterna et imperitura, aggiungo).
Parole, parole, parole
Come ho già anticipato nell’introduzione, con Bananagrams è stato praticamente un colpo di fulmine. Da bambino ho consumato Il Paroliere che mi era stato regalato per il mio ottavo compleanno; a oggi ancora adoro i titoli che permettono di giocare con le parole (vedi il recente Paperback). Questo Bananagrams non ha nulla di originale di per sé, ma prende spunto qua e là creando una miscela vincente: si gioca in contemporanea, cercando freneticamente di piazzare le proprie tessere e, perché no, di fare parole complesse per bullarsene poi con gli avversari a fine partita. Volete mettere di vincere con all'interno del proprio schema parole come "pantagruelico", "abigeato" o "luculliano"? Per esser bravi giocatori servono colpo d'occhio, velocità nel fare e disfare parole (ciao ciao pensatori seriali!) e creatività nel farsele venire in mente: insomma, tiene allenato il cervello quasi quanto La settimana enigmistica! Dopo un po' di partite vi sentirete dei maestri anagrammatori e, come Neo alla fine del primo Matrix, la lingua italiana non avrà più segreti per voi.
Penso che l’astuccio sia una bella trovata, rendendo il gioco super portabile senza creare praticamente ingombro; le tessere hanno la giusta dimensione per essere leggibili anche dal nonno Magio e per creare dipendenza nella signora di casa Simona, che le trova appaganti anche dal punto di vista tattile.
Se vi venisse in mente di comprarvi una edizione straniera perché costa tre euro in meno, vi sconsiglio di farlo, dato che il numero di tessere per lettera è stato giustamente ricalibrato dalla dV Giochi sulla lingua italiana: niente J, K, W, X, Y e qualche vocale in più, oltre a qualche altro aggiustamento. Durante le partite fatte (più che altro in quelle a due giocatori) ci è capitato a volte di trovarci con tante vocali da piazzare in confronto alle consonanti: nel tal caso vi ricordo che le parole “aedo”, “aerare”, “iato”, “pio”, “zio” e derivati sono vostre amiche (per non parlare di “aiuole”, mai così bella). A volte può capitare che la pesca delle lettere sia sfortunata, trovandoci con due Z, una Q (e magari nessuna U), tutte consonanti e tre o quattro vocali, costringendoci a vari cambi ed a trovare soluzioni geniali, mentre l’avversario ha praticamente trovato le parole già composte: uno dei punti di forza di Bananagrams è la breve durata delle partite, così che la rivincita è praticamente d’obbligo.
Il gioco scala bene dai due giocatori a salire, in quanto alla fin fine ognuno si fa il suo schema; l’unica interazione è data dalle lettere che arrivano o si danno quando viene chiamata “Lettera”. A seconda del numero di partecipanti cambia il numero di lettere ad inizio partita: da due a quattro giocatori se ne ricevono ventuno, in cinque o sei le tessere sono quindici, mentre in sette od otto giocatori sono solo undici. Più saranno i giocatori, più volte verrà chiamata “Lettera” e ci si troverà ad avere caos al tavolo, con partite che rientrano solitamente nei cinque minuti, o anche meno.
Diversa è l’atmosfera che si respira al tavolo con soli due giocatori al tavolo: ventuno tessere a testa, il che vuol dire che ne restano un centinaio da spartirsi per aggiudicarsi la vittoria, con veramente tante parole da comporre nella propria griglia e la durata della partita che aumenta di conseguenza. Personalmente, adoro le sfide a due giocatori e mi piace con un numero massimo di quattro o cinque giocatori al tavolo.
Il regolamento prevede diverse varianti: a casa Fedellow nelle partite a due giocatori si adotta quasi sempre il Banana Split, in cui il primo che finisce le tessere ha vinto direttamente la partita (in pratica, invece di "Lettera" si chiama direttamente "Banana"). Il gioco si presta a molteplici modifiche casalinghe delle regole, in base alle esigenze dei partecipanti. Se, per caso, aveste al tavolo una professoressa d’italiano rosicona (ogni riferimento a Debora aka Nynaeve è del tutto voluto) potreste pensare di adottare una variante che ho pescato su BoardGameGeek, che prevede un punteggio finale: si ottiene un punto per ogni parola composta, un punto per ogni parola sopra le cinque lettere e cinque punti per chi chiude per primo. Se la professoressa non vincesse neanche così… che si allenasse!
Insomma, Bananagrams è davvero un gioco versatile, portatile e ottimo per tutti i palati (o quasi) giovani e meno giovani. Una partita tira l’altra e le sfide sono all’ordine del giorno: non ho fatto in tempo a farlo entrare in casa che me ne è arrivata una da Roma, nientepopodimeno che dal nostro caro Sava, che a questo punto immagino sia davvero ansioso di farsi battere dal sottoscritto.
Non mi resta che augurare buona banana a tutti!