Come ammazzare una scimmia sul nascere! :D
Charterstone è un gioco per 1-6 giocatori, della durata di 12 partite, ciascuna per 45-75 minuti, basato su piazzamento lavoratori e, appunto, sistema legacy.
Cos'è un gioco Legacy?
Un sistema di campagna “irrigiocabile” (lo giochi una volta e basta) in cui ogni scenario ha conseguenze permanenti sul successivo. Il Sistema Legacy ottiene questo scopo con due espedienti: a) modifica fisica e permanente di alcuni elementi di gioco; b) campagna con parti di storia nascoste, svelate man mano e irrigiocabili causa effetto spoiler.
Queste due caratteristiche servono a rendere l'esperienza di gioco unica e a dare “pesantezza” alle scelte fatte in gioco, dato che saranno irreversibili, non ci saranno altre occasioni – altre campagne – per correggerle e l'avventura vissuta da un gruppo sarà diversa da quella vissuta da un altro, più o meno parzialmente.Charterstone è Legacy?
Beh, sì. Hai l'alterazione fisica del gioco, soprattutto attaccando adesivi a tutto spiano.
Hai anche delle piccole modifiche alle regole strada facendo, qualche nuova condizione attivata di partita in partita, che costituirebbero la parte “narrativa” del gioco.
Il punto è che questa narrazione è davvero povera, ovvero non ha come esito alcuna scelta davvero significativa, né a livello di storia, né come incidenza sul gameplay delle partite successive.
Il senso di drama che dovrebbe scaturire da questo sistema, qui è smorzato se non inesistente, non porta a nessuna vera sorpresa, nessun punto di svolta.
A dire il vero una piccola trovata che genera un po' di “effetto wow” c'è, ma è solo un gimmick, qualcosa di coreografico, con pochi effetti reali sul gameplay (mi pare la troviate alla decima partita).
Ecco dunque perché “legacy a metà”, perché Charterstone, nell'implementare la componente fisica del gioco, manca clamorosamente il bersaglio di quella emozionale, trasformandosi un un lungo gestionale da dodici partite, non in un'esperienza da ricordare e raccontare.
Del resto lo conferma il gioco stesso: alla fine è possibile rigiocare con l'ultima configurazione del tabellone, come fosse un normale gestionale ed in vendita c'è un recharge pack per azzerare tutto e ricominciare una campagna (allo scopo il retro del tabellone ha una mappa identica a quella sul fronte).
E già che abbiamo parlato di gioco e di partite, vediamo com'è.Un piazzamento lavoratori benevolo
In Charterstone avete di base due lavoratori e un po' di edifici in cui piazzarli. Alcuni sono comuni, altri sono costruiti dai giocatori nel loro charter, ovvero appezzamento di terreno. Potete piazzare un vostro omino, a turno, dove volete, ma se il posto è già occupato, restituite l'occupante al legittimo proprietario. Questo è importante perché se non avete lavoratori disponibili quando tocca a voi, l'unica azione che potete fare è riprenderli tutti, perdendo tempo.
Dico perdendo tempo perché ogni partita ha una traccia che avanza man mano che i giocatori realizzano determinate cose e quando arriva in fondo la partita termina e chi ha accumulato più punti vince.
Queste cose da fare sono sostanzialmente tre, in tutte le partite: costruire nuovi edifici (negli spazi liberi o sovrascrivendo i vecchi, meno potenti); aprire le casse (ovvero pescare nuove carte secondo le indicazioni ricevute); realizzare obiettivi, che sono tre e sempre differenti di partita in partita (comprendono ad esempio aver raccolto tot risorse o monete, ecc).
Le azioni effettuabili negli edifici sono quelle classiche dei gestionali che conosciamo: prendi risorse, trasforma risorse in monete, trasforma cose in punti vittoria, cambia soldi e risorse in edifici, ecc. L'autore introduce una risorse extra, detta Influenza, che è limitata e serve per le azioni più potenti, ovvero quelle che fanno scorrere il timer della partita.
Almeno nei primi scenari della campagna è molto difficile e randomico recuperare l'Influenza spesa, per cui va amministrata al meglio, senza sprecarla in azioni sub-ottimali, mentre più avanti nella campagna questo aspetto si va a perdere, comparendo edifici che la ripristinano.
L'idea del lavoratore restituito al proprietario viene da Euphoria (sempre della Stonemaier Games), quindi nulla di nuovo e ”l'effetto corsa” che si crea in partita è abbastanza tipico dell'autore, come ben sa chi ha giocato a Scythe.
Corso e compensi della campagna
Un po' di cose da dire per l'andamento e l'analisi della campagna:
C'è un sistema – un automa – per simulare dei giocatori, da usare in 2-3 giocatori. Questo serve per non lasciare indietro alcuni charter, dato che gli edifici poi possono essere usati da tutti e alcuni sono importanti. Questo comporta studiare ed utilizzare l'automa, cosa non simpatica, con conseguente scarsa scalabilità del gioco e una fase di fastidioso bookkeeping in partita. Diversamente si può usare una semplice regola che mette in gioco qualche edificio, senza simulare un vero giocatore, oppure dovete ricorrere ad house rules come usare più fazioni a testa o alternarle nelle diverse partite.
C'è una compensazione per chi perde, in modo da non rimanere mai troppo indietro e questo è buono e giusto, trattandosi di 12 partite. Nonostante tutto, alcune abilità peculiari di qualche fazione ci sono parse francamente migliori di altre, per un bilanciamento poco curato. Questo può anche essere accettabile in un gioco collaborativo o il cui scopo principale è raccontare un'avventura, qui no.
Le modifiche tra uno scenario e l'altro, come accennato sul paragrafo del legacy, non sono mai così sostanziali e soprattutto non sono “emozionanti”. Più di una volta mi sono trovato a pensare che il vero gioco sia solo quello che appare alla fine, dopo il 12° scenario: un gestionale con setup variabile. Un gestionale che mi è stato spiegato un pezzettino alla volta, nel corso di un lunghissimo tutorial di 12 partite.
In un certo senso sembra la controparte speculare di Seafall: lì c'era una bella storia, colpi di scena, ma meccaniche legnose e poco fluide; qui tutto scorre come l'olio e si impara subito, ma manca l'anima di una degna narrazione.
Altre considerazioni
Come in tutti i legacy, in cui ci sono problemi di spazio e frammentazione delle informazioni, il regolamento lascia dei dubbi e delle lacune, riempite al meglio col buon senso per non lasciare le cose in sospeso.
La profondità di gioco è quella di un peso medio, commisurata alla durata della singola partita (un'oretta), ma a mio parere non alla necessità di fare dodici partite quasi di fila, giusto per non perdere il ritmo e i concetti di gioco. Onestamente l'abbiamo portato in fondo per onor di recensione, perché l'ho pagato e per vedere se alla fine si sbloccava qualcosa di finalmente notevole. Invece no.
Anche a livello di interazione, siamo abbastanza bassi. Tutta indiretta e col fatto che nessuno spazio è bloccato, non si sente molto. Ovviamente occorre fare le cose meglio e prima degli altri (prima non perché si blocchino, ma per esaurire il timer del gioco senza che gli altri ne prendano i punti), ma generalmente ciascuno pensa per sé e ad ottimizzare la propria strategia.
Di buono ha che è comunque molto vario, con tanti edifici, tante opzioni, personaggi e oggetti con cui potenziarsi, un gradevole senso di tensione per arrivare primi su qualcosa. Come dicevo, le regole finali, post 12° scenario, danno probabilmente al gioco la sua dignità finale. Che però non basta a farne un ottimo gioco, forse nemmeno buono: è un gestionalino sulla sufficienza. Paradossalmente il suo maggior pregio diventa la potenziale rigiocabilità finale, cosa che in un legacy dovrebbe mancare per definizione.
Conclusione
Quello dei Legacy è un mondo ludico ancora tutto in divenire. Alcuni adesso chiamano legacy anche un normale gioco a campagna, o un gioco in cui non si modifica fisicamente nulla, o altri in cui modificare non comporta però alcun peso nelle scelte ed è solo coreografico.
La definizione che abbiamo sottoposto a Rob Daviau (Risk Legacy, Pandemic Legacy, Seafall) è quella scritta all'inizio della recensione, ma all'interno di essa le strade percorribili sono molte. Quella percorsa da Charterstone, a mio parere, non è quella giusta.