Ultimamente ci sto giocando molto. È uno strano gioco che SEMBRA un sandbox dalle mille possibilità tipo Caverna, ma che si "assottiglia" progressivamente rivelando una insospettata nuce di rigido mini-max strategico. Si ha insomma la strana sensazione di un richiamo all'oculatezza calcolosa pur nell'abbondanza di possibilità e risorse. Da fan di Caverna e Odino non ho ancora capito quanto mi piaccia, ma mi rimane la voglia di capirlo rigiocandoci, il che è già qualcosa.
Diciamola tutta: io compro pochissimi giochi all’anno (perché ho la fortuna di avere amici che ne comprano fin troppi) e questa volta la scelta era ricaduta su Kutna Hora, per quel suo geniale meccanismo di gestione di beni a valore variabile attraverso un solo tipo di valuta. Ma tutti e tre gli amici con cui l’avrei giocato han deciso di comprarlo. Mi sentivo alquanto stupido a comprarne anche io una copia, così ho messo insieme una mezza intenzione mia e una mezza intenzione lasciata cadere di uno dei 3 amici per farne una intera e ho recuperato questa nuova versione tradotta e completa di espansione di un gioco che quando fu pubblicato originariamente mi lasciai sfuggire, nonostante le buone parole che furono spese, perché un gioco solo per due giocatori non in lingua al tempo avrebbe solo preso polvere nell’armadio. Ora, con l’espansione che lo porta a 3 giocatori conto che, fra solitario, curiosità dei figli che apprezzano Agricola e degli amici, potrei riuscire a portarlo sul tavolo almeno 4 o 5 volte. E poi eventualmente finisco di sviscerarlo su Yucata.de. Direi che 3 partite al momento possono bastare per sottoporvi le mie considerazioni.
No, non è meglio di Agricola
Se ancora non ne avessi abbastanza dovresti sicuramente comprarti anche l’espansione Contadini della Brughiera che aggiunge parecchi elementi interessanti e lo bilancia anche meglio per un alto numero di giocatori. Se anche quello è consumato, ti consiglio di lasciar perdere le millemila espansioncine di carte e passare ad altro.
Probabilmente sarebbe meglio se passassi a Le Havre (se la tensione di Agricola ti piace) o La Festa di Odino che ha la stessa vastità apparente di azioni di Fields of Arle e qualcosa di diverso da gestire. Se pure quello l’hai già spolpato… beh, allora potresti avere qualche motivo per leggere questa recensione. E io sono sicuro che per quei 30 lettori le mie considerazioni abbiano un senso, avendo i giusti termini di paragone.
Il gioco in estrema sintesi
Avrete 4 contadini che piazzerete per 9 volte durante la partita a svolgere azioni sugli appositi spazi del tabellone, dove chi primo arriva meglio alloggia. Nel senso che l’altro si attacca al carro e aspetta che il contadino altrui venga levato a fine semestre, per poter fare la stessa azione (anche se ci sono piccoli escamotage per aggirare i fastidi maggiori). Userete queste azioni per portare avanti una serie di professioni che faranno perno intorno al vostro appezzamento di terra, che estenderete con una certa fatica rubando da una parte spazio al mare costruendo argini sempre più avanzati e dall’altra parte alle paludi, drenandole dalla torba che utilizzerete per scaldarvi e avviare quelle attività che ne hanno bisogno come il forno per il pane.
Particolarità del gioco il fatto che alcune di queste professioni facciano riferimento ad alcuni attrezzi, migliorabili con una certa azione, per quantificare l’efficacia dei processi che competono loro. Quindi variabile sarà il numero di alberi che abbatterete, argilla che raccoglierete, pane che sfornerete, pesce che pescherete, animali che macellerete, lana che carderete, pelle che tratterete e lino che vi informerete sul giusto verbo da usare per ciò che normalmente si fa con illo.
Le varie cose che otterrete da tutte queste professioni hanno di per se un valore in punti vittoria (tranne legno, argilla e torba) ma troverete spesso nel gioco modo di convertirli in punti in modo più efficace costruendo edifici che li valorizzano. Gli edifici disponibili o, meglio, alcuni di essi, sono in realtà l’unica variabile a differenziare una partita dall’altra, oltre alla volontà di sperimentazione stessa dei giocatori al tavolo. Devo dire che mi sono in questo senso mancate molto le carte di Agricola e de La Festa di Odino che mi spingevano a sperimentare ogni volta qualcosa di diverso per valorizzarle.
Inutile dirvi che vince chi alla fine fa più punti.
Appunti sull’aderenza all’ambientazione
È stato fatto un ottimo lavoro per far sentire che tutto sia perfettamente simulato senza che pesi sui giocatori: il gioco è quasi scevro da bookkeeping (questa la metto in inglese solo per far vedere che non sono un integralista dell’italica lingua, tanto vi mettono il collegamento alla bellissima Goblinpedia).
Gli animali si mungono, tosano e riproducono in automatico ogni 8 mosse; i campi producono con la stessa frequenza; i contadini mangiano (molto poco rispetto a quelli di Agricola e Le Havre, senza neppure essere schizzinosi: in mancanza di cibo cucinato si accontentano di grano o… interi animali neppure macellati) una volta ogni 4 mosse e si scaldano, solo in inverno, ogni 8. Tutto quello che dovrete fare voi è trovare il posto dove mettere i campi e gli animali a pascolare e procurare le stalle per farli riprodurre. Per poi impegnarvi in tutte quelle attività di contorno per far fruttare nel modo che preferite le materie prime che vi forniscono.
Approfondimento sui carri
I carri vengono inoltre usati per proporre un commercio con località più o meno vicine simulato caricando sul carro un talloncino col loro nome e svolgendo almeno uno dei cambi sopra proposti. Scaricando il carro questi segnalini vengono girati sul retro, dove rappresentano una strada che va ad allungarsi sopra un apposito tracciato a punti che ne porterà fino a 10 alla fine della partita, se ben sfruttato.
Di larghezza, profondità e varietà
Il gioco pare complicato per il numero di cose che ci hanno infilato, tanto che alla prima partita in solitario mi ci sono perso per un paio d’ore alla ricerca di “cosa va fatto prima”, portando comunque a casa un punteggio solo discreto. In realtà una volta che l’ho assorbito e spiegato sia mio figlio che il mio amico l’hanno digerito facile portando da subito a casa un punteggio ben migliore di quello della mia, di prima partita.
Benché ci siano tante cose da tenere d’occhio, infatti, non ci sono grossi modi di “sbagliare”.
L’impellenza della ricerca del cibo (e del riscaldamento) è addirittura inferiore a quella di Caverna e forse solo sulla raccolta di legno e argilla ci si può pestare i piedi in maniera vagamente fastidiosa. Per il resto pare una piacevole passeggiata esplorativa fra le possibilità economiche della Frisia con adeguate dosi di soddisfazione sotto forma di punti e visiva (nel vedere la propria plancia riempirsi) quando si porta a compimento una strategia. Il range di punteggio fra chi gioca bene e che gioca male credo possa essere ampiamente inferiore a quello degli altri famosi giochi dello stesso autore.
Benché le possibilità di esplorazione delle possibilità del gioco siano ampie credo che il gioco possa però avere una varietà inferiore a quella dei suoi fratelli per la mancanza delle carte, che a quelli danno varianza e spingono alla sperimentazione di direzioni diverse nel tentativo di ottimizzarle. Qua a cambiare sono solo alcuni edifici, che spesso sono più la chiusura di un percorso piuttosto che qualcosa che dia l’impronta ad una strategia: pochissimi quelli che danno bonus non solo immediati.
Personalmente non trovo che il gioco buono sia solo quello che preveda l’accesa competizione e/o la severità dell’approccio, quindi non troverete traccia di queste “mancanze” nel mio voto, su cui pesa maggiormente la mancanza di varietà nel lungo periodo e lo spaesamento causato dalle troppe azioni equivalenti.
E l'espansione per tre funziona?
Dalle regole, le soluzioni proposte, con il the come ulteriore risorsa spendibile per migliorare l'effetto di un'azione fino al suo raddoppio nella versione migliorata, paiono ben concepite in modo da non appesantire troppo il gioco. Ma purtroppo non l'ho ancora provata e non mi è parsa una buona idea aspettare una possibile prova che non pare così vicina all'orizzonte per scrivere questo pezzo.