Hanamikoji è un gioco basato sulla meccanica "Io divido, tu scegli". È un gioco per due giocatori di livello leggero, un riempitivo, e forse per via dell'origine e del tema asiatici, non pare essere particolarmente popolare.
È anche, per me, il gioco col rapporto più alto "paralisi da analisi / volume" (quivi ribattezzato "PdA specifica"). Se nella mia scarsa esperienza ludica, basata su una manciata di titoli giocati in due, da un lato dello spettro c'è Concordia con la sua eleganza e i suoi tempi morti quasi inesistenti, dall'altro c'è Hanamikoji, la cui scatolina racchiude ventotto carte, quindici segnalini, e una miriade di decisioni difficili.
Hanamikoji è una via di Tokyo nel quartiere a luci rosse famoso per le geisha. Questo, almeno, mi dice Google (regalandomi anche una laurea in "esperto di quartieri di Tokyo", da appendere a fianco di quella "nutrizionista con tre ricerche in croce" e "politologo da Wikipedia"). Scopo del gioco è guadagnare i favori delle fanciulle perché lavorino nel nostro locale.
Ci sono sette geisha, ognuna con un valore, da due a cinque, e i favori vengono vinti offrendo oggetti specifici: una geisha, ad esempio, vuole il flauto (niente battute, per cortesia, è un flauto vero, ma non triste come quello di plastica su cui si imparava la musica della Barilla), e il valore della sua carta è due, per cui vi sono due flauti nel mazzo ed alla fine il suo favore conta due punti vittoria. La più costosa vuole cinque rami di ciliegio in fiore.
Lo scopo diventa quindi offrire un numero maggiore di doni per geisha per conquistarne almeno quattro, o in alternativa collezionare almeno undici punti vittoria.
Gli oggetti sono rappresentati da un mazzo di ventuno carte, dalle quali se ne esclude una di nascosto all'inizio del gioco per rendere impossibile contarle. Dopo di che si distribuiscono sei carte a testa e si comincia. Ad ogni turno si pesca una carta e si compie una delle quattro azioni disponibili, nell'ordine preferito:
- mettere una carta da parte, da rivelare al termine della partita;
- scartare due carte;
- scegliere tre carte e mostrarle all'avversario perché ne scelga una per sé;
- scegliere due coppie di carte e mostrarle all'avversario perché scelga una coppia per sé.
Esaurite le carte ognuno gioca quella nascosta in precedenza, si contano gli oggetti per ogni geisha e si controlla se qualcuno ha vinto. Se nessuno ha prevalso, si mantiene la situazione attuale, coi favori già ottenuti, e si gioca di nuovo per riuscire a migliorare il proprio punteggio sino alla vittoria.
È facile capire come il cuore del gioco sia nelle due azioni in cui si dà all'avversario la possibilità di scegliere fra le nostre carte. Raramente è una scelta semplice (ad esempio quando si hanno tutte le carte per la stessa geisha da tre punti, in questo modo vincendone i favori in automatico). Ogni mano diventa oggetto di angoscia, e davanti agli occhi scorrono i fotogrammi de La Scelta di Sophie seguiti dal mormorio sommesso "adesso capisco".
Hanamikoji, Concordia e Kahneman
Giocando a Hanamikoji mi sono trovato a paragonarlo al già citato Concordia, a riflettere sulla PdA Specifica di ognuno e sul cosa li renda così diversi e sul perché entrambi mi divertano: mentre in Concordia adoro la sensazione di poter sempre fare qualcosa, di avere in ogni caso un'alternativa, in Hanamikoji ogni mossa mi angoscia eppure alla fine sono spinto ad un'altra partita.
Il motivo dell'angoscia, credo, sta nel concetto di "avversione alla perdita" spiegato da Kahneman in Pensieri lenti e veloci:
"Molte delle opzioni cui ci troviamo di fronte nella vita sono «miste»: vi è un rischio di perdita e un'opportunità di guadagno, e dobbiamo decidere se accettare o rifiutare l'opzione di rischio. [...] Per un esempio elementare di prospettiva mista, prova a esaminare la tua reazione al seguente quesito:
Problema 5 – Ti viene proposta un'opzione di rischio legata al lancio di una moneta.
Se viene croce, perdi 100 dollari.
Se viene testa, vinci 150 dollari.
È un'opzione interessante? La accetteresti?
[...] Per la maggior parte delle persone, la paura di perdere 100 dollari è più forte della speranza di guadagnarne 150. Concludemmo da molte osservazioni del genere che «le perdite appaiono più grandi dei guadagni», e che la gente è avversa alla perdita. [...]
Nel corso di diversi esperimenti si è stimato il «rapporto di avversione alla perdita», ed esso in genere oscilla tra 1,5 a 2,5."
Mentre in Concordia c'è un generale senso di guadagno continuo, di progresso, in Hanamikoji è l'opposto: ogni mano significa scegliere volontariamente di rinunciare a qualcosa e l'avversione alla perdita ce lo rende odioso. Vogliamo tutto e lo vogliamo subito. In Concordia il piatto della bilancia pende sul guadagno, in Hanamikoji sulla perdita. Non solo questo, mentre in tutti i casi le opzioni sono miste, spesso nei giochi la perdita è potenziale, non perdiamo niente se non quello che pensavamo di realizzare con la nostra strategia, ma in Hanamikoji la perdita è reale, tangibile: abbiamo le carte in mano ma sappiamo di dovercene disfare. Iniziare con una mano ottima in questo gioco è il peggio che possa capitarci.
Se il gioco è l'epitome della scelta angosciante, perché continuare a giocarlo, allora? Perché è divertente. Forse è il masochismo dell'essere umano, forse è il motivo per il quale ci piacciono i film tristi e per il quale la gente guarda San Remo, o forse è perché tutto è bilanciato dalla gioia di vedere il nostro avversario soffrire le nostre stesse pene, il conforto di vedere riflesso davanti a noi il tormento che abbiamo appena sofferto. Eppoi, ovviamente, c'è l'eleganza del meccanismo, che con la sua semplicità scatena continui giochi mentali: perché ci sono state offerte proprio quelle due coppie di carte? Vale la pena infilare la carta che vogliamo lì, per fingere che non ci interessi? Si sconfina spesso nel meta-gioco ed è sempre un gioco stretto; poche volte c'è un vincitore già alla prima partita.
L'eterna lotta tra il fato e il libero arbitrio
Ovviamente le dinamiche del gioco e il peso della fortuna sono sia la forza, sia la debolezza di Hanamikoji: è un gioco che non si può padroneggiare. Alla fine di ogni partita ci si trova a riflettere se si è avuta fortuna o se si è giocato bene, se scegliere altre carte avrebbe cambiato le sorti dello scontro o se era tutto già scritto. Per alcuni può essere un prezzo da pagare troppo alto ed è comprensibile, il titolo rientra in una categoria di giochi specifica che non tutti apprezzano, ma basta saperlo dall'inizio. Il divertimento dato da Hanamikoji non deriva da una bella giocata frutto di pianificazione, nonostante l'analisi sia lunga e paralizzante, ma dai sentimenti regalati dal dover scegliere le carte da sacrificare (o dall'accettarle dal nostro avversario).
Hanamikoji è un gioiellino nella mia scarna collezione. La sua scatoletta sta posata in verticale, solitaria, sulle altre scatole, a mostrare tutta la sua bellezza. Il gioco ha un'arte deliziosa e fortemente evocativa, nonostante il tema sia irrilevante; è indipendente dalla lingua e si trova online a un prezzo, credo, onesto. È un gioco di coppia perfetto.