Da Feldiani doc, tristemente d'accordo.
Dopo il discreto AquaSphere e l'appena sufficente The Oracle of Delphi, ci si aspettava una zampata di leone da parte del famoso game designer tedesco, tanto da farlo tornare se non a i fasti di In The Year of The Dragon, almeno agli ottimi livelli di Luna o Burgundy. E invece la parabola discendente di Stefan Feld pare proseguire inesorabile, con qualcosa che si assesta persino sotto gli imbarazzanti lidi dell'oracolo di Delphi e di Amerigo.Disclaimer: la recesione contiene tracce di acida ironia, detta anche sarcasmo.
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Il gioco in breve
Il tabellone ha la forma della tavola rotonda, divisa in tanti piccoli spicchi, ciascuno con un'azione. Su questa ghiera girano in senso orario le pedine dei giocatori, più quella di Merlino, ogni volta facendo l'azione corrispondente alla casella di arrivo; ogni giocatore ha infatti tre dadi del suo colore, più uno bianco per il mago. All'inizio di ciascuno dei sei round della partita li lancia tutti e poi, a turno, ne dovrà usare uno alla volta per muovere la sua pedina (tre volte, in senso orario) o Merlino (una singola volta, col dado bianco, in senso orario o antiorario) ed eseguire l'azione corrispondente all'arrivo.
In cosa consistono queste azioni? Sono in pratica tutta una serie di sottogiochi per lo più basati sulla collezione set, grazie alle quali si può:
- prendere scudi per sconfiggere i traditori che vengono assegnati a inizio round, pena punti negativi;
- accumulare cubi risorsa per costruire castelli in una piccola plancia esagonata che dà punti con le maggioranze;
- piazzare i lavoratori a uno dei sei castelli per prendere un cubo, una bandierina o uno scudo o per piazzarci un'influenza che darà poi punti con le maggioranze;
- ottenere punti vittoria in base agli elementi di un particolare tipo piazzati sul tabellone fino a quel momento;
- eccetera, eccetera.
Naturalmente ci sono le classiche aggiunte, per cui c'è un mazzetto di carte obiettivo che danno punti vittoria o abilità speciali permanenti (si scelgono, poi si soddisfano quando si possiedono le risorse indicate dalla carta). Poi una casella permette di procurarsi mele con cui cambiare il risultato di un dado (il Graal), oppure una con Excalibur che elimina subito un traditore, eccetera eccetera. Insomma, un po' di bonus messi qui e là per farti fare sempre qualcosa di buono.
Il tutto si conclude alla fine del sesto round con una bella insalatona di punti finale (nel frattempo c'è stato un calcolo del punteggio ogni round pari) che non tralascia nulla di quello che è eventualmente avanzato al giocatore.
Simboli ne abbiamo?
A dispetto della semplicità delle regole e dell'estrema linearità del gioco, Merlin vi costringerà per tutta la prima partita a consultare continuamente il manuale alla ricerca del significato criptico che il grafico ha voluto infondere nei simboli di gioco - simboli che probabilmente lui aveva in testa già da un po', non sapendo cosa volessero dire ed a un certo punto ha deciso che in Merlin ci sarebbero stati bene. Solo in un altro gioco, quest'anno, ho trovato una simbologia meno chiara. Ma, fosse questo il problema di Merlin, ci sarebbe da stappare lo spumante.
Per il resto, il gioco è indipendente dalla lingua, ergonomicamente è un po' troppo ingombrante, i materiali sono nella norma.
Ambientazione ne abbiamo?
Tutto l'estro profuso nei simboli è mancato nel tema, tanto che forse ci sarebbe stato meglio un gioco sull'accelerazione delle particelle sub-atomiche.Le pedine girano in tondo come deficienti, affrontando nemici a caso, raccogliendo roba trovata per terra, costruendo peggio che sul Vesuvio. I giochi alla tedesca, si sa, non puntano sull'ambientazione - e fin qui ci siamo-; però a volte si fa miglior figura a far uscire direttamente un astratto.
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Ottenere poco con molto
L'unica parte strategica di Merlin è data dalle carte missione , e in particolare dal loro accoppiamento con la plancia personale, che permette di sfruttare anche per ottenere abilità speciali permanenti - e infatti, temendo che la strategia in gioco fosse così troppo insostenibile per il povero giocatore, questa seconda parte della meccanica è opzionale, relegata al fondo del regolamento.
A parte quindi il consiglio di usare subito questa variante, almeno per far arrivare il comparto strategico ai margini della decenza, il gioco rimane squisitamente tattico. Ma non quella tattica che ti fa cogliere l'attimo ed esser soddisfatto del tuo operato, piuttosto quella per cui “non posso fare altro”, “l'unica cosa sensata è questa”, “dadi di merda”. Non solo: quella tattica per la quale un'azione buona la trovi sempre e arrivi a fine partita con l'illusione di aver anche giocato bene, perché in fondo hai fatto tante cose e un centinaio di punti li hai raccattati.
Che poi, intendiamoci, c'è sempre una combinazione migliore, un qualche incastro da fare, qualcuno che giocherà meglio di un altro, a furia di fare partite - e ci mancherebbe pure, altrimenti saremmo davanti alla ruota di una roulette invece che alla tavola rotonda. Ma il tutto è estremanente contingente, estremamente dipendente dai dadi (sì anche più che ne L'oracolo di Delphi), con un sistema per cambiare i risultati che si rivela inefficiente e inadeguato.
Un esempio perfetto... di cattivo design
Avete presente la sensazione che avete giocando a Kingdom Builder o Carcassonne? Per cui dovete semplicemente ottimizzare la mossa che vi è capitata? Qui è uguale, solo che dovete pensare per quattro mosse combinate e che la partita dura novanta minuti, mentre nei due giochi citati dovete pensare una sola volta per turno e la durata è – giustamente – quella di un riempitivo, di un introduttivo - così come, del resto, il loro peso: intendiamoci, Carcassonne, per quello che chiede, è perfetto.
Merlin vuole passare da gioco per giocatori, ma ha la profondità di un riempitivo. Ci tenta, ci prova, ti mette davanti un sacco di effetti e di icone, una moltitudine di possibilità e incastri; ma tutto rimane sospeso, come la superficie di una pozzanghera: è bella e ampia, ma profonda un palmo di mano - e la sua acqua, soprattutto, non è nemmeno buona da bere.
A questo aggiungiamo lo spirito buonista che lo permea e che fa contenti tutti: il dare sempre qualcosa, qualsiasi cosa si faccia. In Merlin non esiste l'errore, né la mossa sbagliata: esiste invece il dare un po', o addirittura un po' di più. Se lo coccola il giocatore, Merlin: gli dà sempre qualcosa da fare, che magari non è mai quello che vorrebbe lui, ma pur sempre qualcosa. Si gioca quasi da solo, Merlin: perché, data la tetrade di risultati dei dadi, la sua ottimizzazione tattica è quasi subito evidente.
Conclusione
Ne ho parlato con qualche feldiano doc (almeno tre) e nessuno l'ha trovato soddisfacente - figuratevi gli altri. Laddove altri giochi, quest'anno, hanno dimostrato non solo di saper essere al passo coi tempi, ma che c'è sempre spazio per il buon game design, Merlin incarna invece un po' tutti i lati negativi del gioco contemporaneo.
Materiali ***
Grafica/disegni *
Ergonomia **
Ambientazione -
Regolamento ***
Scalabilità **
Rigiocabilità *
Originalità *
Interazione *
Profondità *
Strategia *
Tattica **
Eleganza **
Fluidità **
Legenda: – (pessimo/assente), * (scarso), ** (sufficiente), *** (buono), **** (ottimo), ***** (eccellente)
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