Il Signor_Darcy, è Re de la Zoca de l'oli. Grazie per le belle recensioni e citazioni.
"And it's strange how autumn used to make me glad:
only now an empty sky is there
to let me know how much I care.
You've gone, oh, cold autumn sunday."
Ken Hensley, Cold Autumn Sunday
Presentato con una campagna Kickstarter su cui l'allora 3 Emme Games ha investito molto, Momiji è la prima uscita della milanese Deer Games, che nel 2022 ci riprova con Chang'an (alla campagna del quale, per inciso, è stato associato anche lo stesso titolo d'esordio.)
Il punto di forza, quantomeno a un primo approccio, è senza dubbio costituito dai materiali, di ottima qualità e impreziositi dalla grafica di Apolline Etienne (Living Forest) e dai segnalini quercia in legno. Nella scatola poi io ho trovato dentro diverse cose aggiuntive in materiali vari – animaletti di legno, foglie di metallo, carte di carta – frutto immagino di stretch goal o add on o che so io, mi ricordo mica.
Approfondisco poi, d'ogni modo, ché prima devo parlare del gioco base.
Chiesi io al frassino
Il mazzo è costituito da quattro, cinque o sei (rispettivamente per due, tre o quattro giocatori) serie di carte foglia di in colore e numerate da zero a tre, con una data distribuzione piramidale. Quattro carte sono sul tavolo, suddivise per colore.
Come regola generale si può creare una sola pila per ogni colore e si possono giocare carte di valore uguale o immediatamente successivo a quelle già impilate. Appena si gioca un tre la pila di quel colore è chiusa. Chiuse quattro (o cinque, o sei) pile o, in alternativa, terminato il mazzo di pesca tutti giocano un ultimo round, così nessuno si incazza poi troppo.
Ogni pila fornisce poi punti pari al numero di carte presenti moltiplicate per il valore della carta in cima; si aggiungono un punto per ogni ghianda e i punti per gli obiettivi soddisfatti tra quelli sbloccati (dieci se conquistati da chi li ha materialmente attivati e/o tre se da un avversario).
Vince chi ci ha capito qualcosa.
Soo che la foeja verda la sventula e la te varda
Una volta a partita è possibile sfruttare le tre abilità delle tessere paesaggio scelte mediante draft a inizio partita: tra gli effetti possibili si può pescare e giocare nello stesso turno, prendere carte da due colonne, spostare l'ordine delle pile personali (cosa che ha influenza sul guadagno di ghiande) e tante altre belle cose. Si tratta di un'aggiunta molto scenografica (le tessere paesaggio sono davvero bellissime e, soprattutto, sono tutte affiancabili senza interruzione di immagine: davvero un bell'effetto) e, se sfruttata bene, anche parecchio valida a livello tattico: alcuni effetti sulla carta sembrano un po' campati per aria; ma il tempismo di attivazione può permettere di svoltare la partita.
Una tessera, per esempio, permette di saltare un numero in una pila, che sia uno zero di partenza o un due, magari per chiudere velocemente un mazzo; un'altra consente di inserire due carte sotto a una pila, a prescindere dal loro colore: per esempio due zeri all'ultimo turno dopo che si è attivato l'obiettivo che premia proprio chi ha giocato più carte con tale numero.
In realtà a conferire una discreta profondità al gioco (discreta se rimaniamo nell'ambito dei giochi di carte numerate, s'intende) contribuiscono almeno due fattori – gli obiettivi e la corsa alla chiusura delle pile – che spesso tendono a remare uno contro l'altro.
Il primo, già descritto, premia per quante carte si giocano, indipendentemente dal loro valore se si esclude quella che funge da moltiplicatore (cosa che, tra le altre, può condurre a utilizzi furbi della tessera villaggio che permette di saltare un numero, se presente). Collegati al numero di carte nelle pile – e al valore in alto – ci sono peraltro diversi obiettivi, tipo quelli che premiano per il numero di foglie di un certo colore, per la pila più alta, per la somma totale visibile.
Ahi settembre, mi dirai quanti amori troverai
Di contro il gioco è (o può diventare) una corsa all'ultimo segnalino torii, cosa che spesso e volentieri imprime piacevoli accelerazioni alle dinamiche di gioco dopo diversi turni in cui sembra succedere poco più che un monotono pesco carte-gioco carte. Anche qui, ovviamente, ci sono degli obiettivi che, se presenti in gioco, possono remare in tale direzione: per esempio quelli che premiano chi ha più torii oppure ha giocato meno carte nelle sue pile.
Beninteso, nulla di clamoroso: Momiji è un giochino di carte e non pretende di essere nulla di più. Però le dinamiche che riesce a generare, anche in virtù della variazione degli obiettivi, sono tutt'altro che banali.
Come molto spesso succede con i giochi di collezione set, il gioco è comunque valido in due giocatori; ma ovviamente dà il suo meglio al crescere del numero di giocatori: è vero che il numero di colori utilizzati varia; ma per uno stesso colore le carte in gioco sono sempre quelle, dai cinque zeri ai due torii da tre e il rischio di rimanere impantanato – magari dopo aver pescato una colonna di golosi due e tre gialli da integrare a un paio di zeri dati all'inizio, smoccolando per turni e turni in cui non vedi un uno nemmeno a piangere rugiada e poi dovendo utilizzare il paesaggio che ti fa saltare un numero per arrivare al torii che, almeno nelle tue intenzioni, ti avrebbe dato i punti dell'obiettivo della pila più alta e invece vacca boia no – il rischio, dicevo, c'è; e la cosa non può che giovare a un titolo del genere.
L'è dumà luu: el re del sò giardenn
Momiji si presta – invero si è già prestato – a numerose integrazioni, grandi o piccole che siano. Due di queste sono (credo) incluse nella versione base del gioco: si tratta del modulo delle foglie dorate, che si ottengono con l'azione di presa qualora ci fosse una sola carta e che consentono di riutilizzare una tessera paesaggio propria o degli avversari, irrobustendo l'interazione del gioco; nonché del modulo scoiattolo, legato invece all'azione di piazzamento carte: una volta ottenuto giocando carte di un solo colore, il possesso di tale simpatica pedina consente di guadagnare ghiande quando ne ottengono gli avversari, oltreché due punti vittoria a fine partita.
L'espansione The ancient garden è invece un po' più corposa, prevedendo infatti una plancetta della dimensione della scatola che ospita tre spazi per carte foglia e un tracciato dove possono zompettare felici degli animaletti associati ai giocatori. Per farla breve, a costo di aumentare i costi in ghiande della vita, ché il carovita si fa sentire anche negli orti, è possibile cambiare le carte mostrate con quelle in mano. A fine partita il colore più rappresentato sulla plancetta– tendenzialmente quello più scartato dai giocatori – avrà un bonus in punti vittoria.
(Non contenti, nel libretto hanno inserito anche una modalità solitario, sulla quale – al solito – sorvolo beatamente.)
Quante gocce di rugiada intorno a me
Non è finita qui, perché la campagna Kickstarter ha fornito ulteriori tre moduli, spiegati su carte che irrimediabilmente vi dimenticherete di togliere dal mazzo prima di mischiarlo.
Al netto delle aggiunte, comunque, pur coi suoi limiti Momiji già nella sua configurazione base è un gioco simpatico, il classico riempitivo da domenica pomeriggio coi parenti o da inizio serata mentre si aspetta quelle due o tre mezz'ore che arrivino tutti i ritardatari, così da creare un piacevole contrasto tra i ciliegi in fiore e le bestemmie infuocate; o anche, perché no, un regalo per un amico o un parente che magari, chissà, potrebbero quasi interessarsi al gioco da tavolo.
O agli animaletti, sempre che da bambini non abbiano visto Le avventure del bosco piccolo.