Ambientazione
In Pandemic: The Cure i giocatori sono, come nei precedenti titoli della serie, degli esperti (scienziati, medici, specialisti a vario titolo) che cercano di salvare l’umanità dallo spargersi della pandemia di 4 diverse malattie. Attraverso il lancio dei dadi e l’utilizzo delle azioni messe a disposizione da questi, il team dovrà raccogliere campioni da analizzare in laboratorio per poi sintetizzare una cura che debelli ciascuna malattia, prima che queste abbiano il sopravvento sul mondo intero.
Descrizione
Il gioco si presenta subito ricco di materiali: l’enorme quantità di dadi, praticamente tutti differenti tra di loro, colpisce e affascina sin dall’apertura della scatola. In questa versione del gioco, infatti, i classici cubetti delle malattie sono rappresentati proprio dai dadi, in 4 colori, con i valori pesati relativamente a ciascun colore (malattia). Ve ne sono 12 per colore e si andranno a depositare sulle 6 diverse regioni del mondo, sino ad un limite di 3 per colore (come nei precedenti Pandemic), dopodichè si avrà un Outbreak, con conseguente aumento dell’instabilità nelle regioni adiacenti.
Vediamo brevemente le meccaniche del gioco: al proprio turno ciascun giocatore lancerà i proprio dadi (sono set personalizzati, le cui facce raffigurano le abilità di cui il personaggio è dotato: curare, pilotare, viaggiare, ecc) e dovrà spendere i risultati ottenuti. Si possono lanciare i dadi quante volte si vuole, alla ricerca della combinazione ottimale, ma così facendo si aumenta la probabilità che esca il simbolo del pericolo biologico (di cui ciascun dado è provvisto, indistintamente dal personaggio) che aumenterà il rischio dell’accendersi di un focolaio epidemico (l’equivalente del pescare una carta “epidemia” dei precedenti titoli della serie). Si possono anche utilizzare parte dei risultati ottenuti e, progressivamente, decidere di rilanciare quelli non ancora spesi. I risultati di pericolo biologico non sono rilanciabili. Lo scopo è quello di raccogliere campioni di malattia (dadi) per poter poi trovare la relativa cura. Per far questo, alla fine del proprio turno, ciascun giocatore può svolgere l’azione “scoprire una cura”, che consiste nel lanciare il pool di dadi raccolto di un singolo colore, nel tentativo di realizzare 13 o più. Qui, purtroppo, sta la prima falla del gioco, di cui parlerò più avanti.
Terminato il turno, il giocatore svolge la parte del “tabellone”, procedendo ad infettare ulteriormente la mappa di gioco, pescando il numero indicato sulla plancia centrale di dadi, e sistemandoli nelle relative regioni. Ciascuna regione è, infatti, identificata da un numero da 1 a 6 e, a seconda del risultato mostrato dai dadi lanciati, questi si collocheranno sulle rispettive corrispondenze. Il sistema di distribuzione delle diverse malattie (cioè dei diversi colori dei dadi) è determinato dall’essere, anche questi, pesati differentemente. I dadi rossi avranno solo alcuni numeri sulle facce, quelli neri altri e così via. Naturalmente non tutti i numeri sono presenti su tutti i dadi; questo fa si che la malattia nera, ad esempio, possa finire solo sulle regioni 4, 5 e 6 e non nelle altre (i numeri sono puramente esemplificativi).
Dopo aver piazzato i nuovi “cubi” malattia (e controllati eventuali outbreaks), il gioco passa al giocatore successivo, che svolge il suo turno lanciando i dadi delle azioni, e così via fino al raggiungimento delle condizioni di fine partita. Tali condizioni sono: per la vittoria dei giocatori si devono scoprire le cure a tutte le malattie, per la vittoria del “tabellone” devono arrivare a “fondo scala” gli indicatori di outbreak o di livello di infezione. Un mazzetto di carte evento, utilizzabili da tutti i giocatori al costo di dadi-campione-malattia, completa la rosa delle azioni fronteggiabili dal team.
Considerazioni
Pandemic: The Cure è un gioco lineare e veloce, che non è minimamente da considerarsi come la “versione di dadi” del predecessore Pandemic e relative espansioni. È a tutti gli effetti un gioco a sé stante, che conserva la forte ambientazione e l’appeal del suo progenitore, senza però esserne il debitore insolvente. Tuttavia nasconde delle insidie, di natura puramente matematica, che sono state oggetto di lunga discussione in un thread di BGG, suscitato da chi scrive (ecco il link: https://boardgamegeek.com/thread/1257471/different-difficulty-discovering-cures). Si tratta, in breve, di questo: ciascuna delle malattie ha un suo set di dadi (12, come abbiamo detto). Ciascun set è pesato in modo diverso: precisamente ciascun dado ha sulle proprie facce solo 3 valori, alcuni dei quali ripetuti, ad esempio i dadi neri hanno i valori 3 (tre volte), 4 (1 volta) e 5 (1 volta), più il simbolo medico (comune a tutti i dadi di tutti i colori). I dadi rossi hanno i valori 6 (2 volte), 1 (2 volte) e 4 (1 volta), più il solito simbolo medico…e così via. Essendo il numero da ottenere, per scoprire la cura, fisso (e cioè, 13) va da sé che ho diverse probabilità di scoperta a seconda della malattia che sto trattando. In altre parole ci sono malattie più facili e malattie più difficili. Se consideriamo questo un difetto, piuttosto che una caratteristica, allora il gioco ha un problema di bilanciamento. Peraltro il diffondersi delle malattie e il loro impatto sugli equilibri di gioco è il medesimo (tutte causano outbreak alla stessa maniera, nessuna è influenzata da abilità particolari, ecc), quindi mi sarei aspettato che fosse la medesima anche la difficoltà di cura per ciascuna di esse. Non è così.
La questione è stata lungamente dibattuta ed analizzata da esperti di matematica e statistica e la conclusione è stata esattamente quella che a me è parsa evidente dopo la prima partita. In conclusione la malattia nera è la più difficile da curare, seguono poi le altre, con difficoltà comunque variabili.
Il gioco scala benissimo da 2 a 5 giocatori, mantenendo alto il grado di sfida sin dal primo livello (quello facile) di difficoltà.