Ottima recensione che fornisce un fotografia completa di quello che è sword and sorcery. Le considerazioni fatte sono il più oggettive possibile e su quelle osservazioni ci sta un sette oppure un otto e mezzo come voto, a seconda del fastidio che possono dare i difetti del gioco. Quello è soggettivo. Grande Agzaroth!
Altro dungeon crawler, altro kickstarter, stavolta con 3745 backers per più di cinquecentomila dollari. Grazie all'esperienza maturata con Galaxy Defenders, i gremlin si lanciano nel più classico fantasy, partorendo un gioco con otto scenari a campagna (nella scatola base), un'espansione con i non-morti e un drago a cinque teste enorme, il tutto basato su punti azione, movimenti ad area, mappa modulare, poteri variabili e soprattutto dadi: tanti dadi.
Il gioco in breve
Se si decide di cimentarsi nella campagna, si sceglie un personaggio al primo livello, lo si equipaggia e si parte dal primo scenario. Ogni avventura indica nel setup alcuni checkpoint in cui ci si dovrà fermare, leggere il corrispondente paragrafo numerato nel libro narrativo, fare qualche piccola scelta e sapere così come va avanti la storia.Meccanicamente, il gioco fa uso dei punti azione, per cui si attiva un singolo eroe che si muove, attacca e fa altre cosette, poi si pesca una carta mostro che dice quali mostri si attiveranno, si controlla il loro comportamento sulla scheda relativa e si applicano le mosse. Si va avanti così attivando tutti gli eroi e, dopo ciascun eroe, i mostri, fino alla fase di ripristino, in cui si scopre la nuova carta evento e si “stappano” le abilità utilizzate. Il mazzo eventi funge anche da conta-turni, dato che i modi per perdere sono due: non terminare la missione (vale a dire leggere nel libro il paragrafo risolutivo) entro la fine di tale mazzo, oppure essere tutti ritrasformati in fantasmi.
Sì, perché i personaggi che terrete in Sword & Sorcery sono tutti eroi del passato richiamati in vita da un potente chierico, con lo scopo di arginare il male che affligge la sua terra. Quando uno degli eroi muore in missione, se ne gira la carta dal lato anima e si continua a giocare con i limitati poteri di questa forma; è possibile comunque resuscitarlo, a patto di aver accumulati i dovuti punti anima, che servono appunto a questo scopo, oltreché a passare di livello. Tali punti, così come i soldi, si possono ovviamente accumulare ovviamente uccidendo i vari nemici.
Il combattimento è fortemente debitore di Descent 2, con dadi tirati sia in attacco che in difesa e vari simboletti sulle facce dei dadi, coi quali attivare abilità speciali dei personaggi o dell'equipaggiamento.
Man mano che si avanza nella campagna, i personaggi passano di livello, migliorano le proprie statistiche (soprattutto i punti vita) e si dotano di nuove e potenti armi. Naturalmente anche gli scenari si fanno più difficili (ed in generale il livello di difficoltà è già alto); qualora vogliate giocarli isolati e senza fare tutta la campagna, ebbene, è comunque possibile: basta seguire le istruzioni che precedono ogni avventura, così da potenziare gli eroi a dovere.
Materiali, artwork, ergonomia
Le miniature sono fantastiche, su tutte il drago-idra a cinque teste: l'idrago, o quel che caspita è: è enorme. Intendiamoci, non sono quelle della Games Workshop; però qui vi arriva tutto già bello montato. Anche il cartone delle tessere e le carte mi sono parsi di buona fattura.
Dal punto di vista estetico non ho apprezzato particolarmente l'artwork patinato, che conferisce al tutto un alone un po' troppo pulito, eroico e perfetto: sembrano un po' tutti dei modelli, più che dei guerrieri.
Ergonomicamente da segnalare in negativo l'ingombro notevole del tavolo, il setup decisamente lungo e soprattutto la simbologia e la grafica di carte e schede, poco accattivanti e decisamente confusionarie. In positivo il “diamante”, che permette di visualizzare immediatamente le statistiche del personaggio ai vari livelli, e l'idea delle carte con le clessidre su dorso, che ne scandiscono comodamente il tempo di ricarica.
Regolamento
Sword & Sorcery ha un regolamento ben fatto, molto esteso e dettagliato, con diversi esempi ed un glossario finale separato da tenere a portata di mano.
Ambientazione
Eroi del passato vengono richiamati dalla morte e resuscitati ad opera di un sommo chierico, per affrontare la malvagia minaccia che grava sulla sua terra. In Sword & Sorcery potete scegliere un party buono o cattivo, ed è già la prima particolarità. Ci saranno dei piccoli bivi nella narrazione che avranno esiti diversi a seconda del vostro allineamento e, quindi, anche conseguenze diverse.Sicuramente il punto forte del gioco, quello su cui hanno puntato parecchio, è il libro della storia, quella che dà un senso alle partite e che si palesa non solo, classicamente, in apertura e chiusura di scenario (come avviene di solito), ma anche in varie parte nel corso dell'avventura stessa. Intendiamoci: la storia intesa come trama in sé per sé è banale, ma è interessante scoprirla a poco a poco, nel corso dell'avventura.
Esplorazione
Qui i gremlin fanno una bella cosa. La mappa è completamente rivelata e quindi - direte voi - lo scenario noto; e invece no: il cilindro viene tirato fuori dal cappello con vari espedienti che donano incertezza e rigiocabilità al tutto:
- sulla mappa vengono piazzati, coperti, diversi segnalini ombra. Dietro può esserci un nemico, due, nessuno o anche un rimando al manuale della storia. Un po' come i vecchi segnalini bip di StarQuest. Quindi non sai mai con precisione quanta roba troverai lì sotto, finché non entri in linea di vista;
- quando un mostro viene generato (tramite un segnalino ombra o perché lo dice il paragrafo letto), lo si sorteggia da un mazzetto di carte preparato e mescolato ad inizio partita;
- i vari checkpoint sulla mappa, che rimandano ai paragrafi numerati da leggere nella storia, almeno per la prima volta rendono lo scenario parzialmente a sorpresa.
In definitiva l'implementazione di questo aspetto è ottima.
Viaggio e campagna in Sword & Sorcery
Sull'aspettod del viaggio siamo carenti: tutta la campagna si svolge praticamente in una città e nei suoi dintorni e, a parte le classiche visite all'emporio tra uno scenario e l'altro, non c'è nulla che faccia assaporare il mondo esterno.
La campagna è invece il punto forte del gioco, con sei scenari collegati (sono sette, ma gli ultimi due sono alternativi) e legati dalla narrazione. Ci sono delle scelte da fare, anche se non poi così determinanti; ma, soprattutto, c'è una compenetrazione tra l'elemento giocato e quello narrato molto forte, con i checkpoint che sono parte integrante del gioco.
Le missioni
Le prime missioni sono abbastanza deludenti, perché seguono un percorso rettilineo già noto. Andando avanti nel gioco, gli spazi si aprono un po' di più, anche se bene o male non ci sono molte variazioni sul tema. Anche lo scopo è bene o male un misto di corsa e sopravvivenza: occorre terminare il percorso in tempo rimanendo vivi. La cosa migliore - ma vedremo che ha anche controindicazioni – è la narrazione inframezzata all'azione, che in qualche modo dà un senso di scoperta e progressione.Mediamente la difficoltà è parecchio alta e la prima cosa che si impara è che in Sword & Sorcery non è possibile andare avanti a esplorare come se nulla fosse: si deve avanzare in gruppo, possibilmente con tutti gli eroi pronti allo scontro, perché in qualsiasi checkpoint potrebbe nascondersi un agguato. Da questo punto di vista il gioco è sicuramente stimolante e propone una bella sfida.
Da segnalare anche una durata notevole degli scenari: il primo per imparare il sistema di gioco; gli altri perché sono, effettivamente, lunghi.
I personaggi
Troviamo un'ottima varietà, grazie anche all'espansione e agli stretch goal e, soprattutto, alla possibilità di giocare due versioni dello stesso avventuriero - anche se, alla fine, queste differiscono per due o tre abilità in tutto. Accanto ai classicissimi nano paladino/runemaster, umana maga/stregona, elfo arciere/ranger, ci sono personaggi un po' più alternativi tra cui il dreadlord/barbaro (chiaramente il Kurgan di Highlander) e il necromante. Altri, come la piratessa, il duellante o il cacciatore di vampiri, sono sì alternativi, ma a mio parere anche poco azzeccati e un po' stonati.
Data la difficoltà elevata e la tendenza a morire, specie ai primi scenari, la presenza di uno o più picchiatori (gente con tanti punti vita, insomma), me è parsa indispensabile: diciamo che l'ottimo sarebbe che costituissero almeno la metà dei componenti di una squadra.
Crescita dei personaggi
La differenziazione iniziale degli eroi non è molto accentuata: si parte giusto con qualche punto vita in più o in meno e un paio di abilità, peraltro non molto incisive. Diciamo che, all'inizio, non si ha questa gran sensazione di diversità.
Poi le cose migliorano verso il quarto livello, che è il massimo raggiungibile nel primo atto della campagna (il livello massimo raggiungibile è il settimo, a cui si arriva presumibilmente con l'Atto II, dell'espansione di Vastaryous).
Diciamo quindi che si parte in maniera molto morbida, per poi giungere a una buona differenziazione verso gli ultimi scenari. Le armi trovate casualmente sono spesso molto più incisive dei talenti e questo può far storcere il naso, perché può capitare che qualcuno nel gruppo diventi improvvisamente decisamente più utile e forte degli altri.
Morte dei personaggi
Ecco, qui le cose si fanno interessanti e probabilmente la soluzione trovata è il miglior compromesso tra la penalizzazione per chi “muore” e l'eliminazione del giocatore. Quando un personaggio schiatta, la sua carta si gira sul lato fantasma e lui perde un livello, lascia tutti soldi e le cose dello zaino sulla tessera su cui si trova. In forma di fantasma può ancora muoversi e fare una singola azione – di solito di modesto aiuto per i compagni - e, naturalmente, resuscitare presso l'apposita postazione, previa la spesa di punti anima pari al suo livello attuale. Se non si riesci a resuscitare il proprio personaggio entro la fine dell'avventura, ess rinasce automaticamente all'inizio di quella successiva, al costo della perdita di un oggetto. L'avventura è persa solo se tutti quanti vengono ridotti a questa forma eterea.L'idea è bella ed efficace, anche se a mio parere un po' troppo punitiva in un gioco già difficile. Forse non c'era bisogno di far perdere subito un livello: lo si poteva lasciare come punizione a fine scenario per chi a tal punto fosse ancora sotto forma di anima, al posto della perdita di un oggetto, che è anche poco tematica.
Combattimento
Qui nulla di nuovo - almeno per chi ha giocato alla seconda edizione di Descent. Si tirano dadi in attacco e in difesa, attivando i simboli relativi. L'unica piccola differenza sta nel fatto che si tirano dadi difensivi massimo in numero pari alle ferite che vengono potenzialmente inflitte.
In questo senso, Sword & Sorcery risente parecchio della fortuna, perché attivare o meno un effetto può fare parecchia differenza e un round in più di combattimento può risultare letale.
Magia
Non c'è un sistema magico ”separato”. Le magie sono semplicemente abilità alternative a quelle del ladro o del guerriero. Naturalmente la maga avrà più “abilità speciali” - che poi sono appunto le sue magie – rispetto al grezzo barbaro, che invece ha più attacchi; ma il funzionamento è lo stesso.
Un grosso plauso invece alla semplicità ed efficacia con cui funzionano queste abilità: quelle non permanenti hanno vari livelli di potenza - sbloccabili a seconda del livello del personaggio -, che corrispondono anche a tempi di ricarica più lunghi. Quando si attivano, si gira la relativa carta sul dorso, sui cui quattro lati è indicato il tempo di ricarica in clessidre (da una a quattro). All'inizio di ogni nuovo round si gira la carta scalando una clessidra, fino a riattivarla completamente.
Intelligenza artificiale
Qui veniamo ad uno dei punti secondo me più controversi del sistema. Non avevo provato Galaxy Defenders, anche se ne avevo studiato per l'appunto il sistema di intelligenza artificiale, di cui ho sempre sentito parlato bene. Vi ho già detto nel paragrafo sul gioco che, alla fine dell'attivazione di ogni singolo eroe, si pesca una carta incontro per vedere quale tipo di nemico si attivano. Ciascun tipi di mostro ha una sua carta, con punti vita, movimento e ricompense e poi una carta formato tarocco, nella quale è descritto il bersaglio preferenziale, il comportamento del mostro alle varie distanze (di solito tre o quattro opzioni), gli attacchi che porta e le tre-quattro abilità speciali, attive e passive.
Ora, dal punto di vista dell'imprevedibilità (carte incontro) e della varietà (tarocco), questo sistema funziona molto bene e rende questo mostri quasi – quasi – come se fossero manovrati da un umano.
Il risvolto della medaglia è duplice:
- da una parte non è possibile controllare moltissimi mostri sul tabellone. In questo gioco non sarete mai circondati da un'orda di mostri: è anzi piuttosto comune che i nemici siano bene o male in numero pari agli eroi, inclusi i piccoli gremlin. Questa scelta è dovuta un po' a questioni appunto pratiche (leggere e controllare le schede di troppi mostri diventa difficile e lungo), un po' anche al fatto che il mostro più scarso qui è abbastanza forte e fastidioso e metterne tanti sarebbe un suicidio. Questo aspetto non è necessariamente negativo; ma sappiate che, se il vostro scopo è il massacro massiccio e incondizionato alla Zombicide (e molto probabilmente alla Massive Darkness), questo gioco non fa per voi;
- ma il problema vero è il secondo: leggere ed applicare correttamente ogni volta questo papocchio richiede impegno, un po' di studio e soprattutto tempo di gioco. Non c'è nemmeno molto la scusa delle prime partite di ambientamento: ogni nuova avventura introduce due o tre mostri nuovi (tenete presente che le versioni verde, blu e rossa della medesima creatura hanno comunque schede e abilità differenti); e soprattutto, lo vedremo meglio nel prossimo paragrafo, tutto ciò spezza il ritmo di gioco.
Altre considerazioni
Vi racconto un attimo com'è andata la campagna a Sword & Sorcery, ché a volte le esperienze di gioco giocato valgono più delle mille parole che scrivo sempre.
Il regolamento mi aveva colpito molto favorevolmente ed avevo partecipato - più che entusiasta - al Kickstarter. Con il gruppo eravamo reduci dalla campagna di Gloomhaven, gioco che invece regolisticamente mi lasciava dubbi, ma intavolato si è poi rivelato un capolavoro (in pratica l'effetto contrario sortito da questo).
La prima partita a Sword & Sorcery, in cinque, ha visto l'abbandono di un partecipante; la seconda di un altro e la proposta di smettere a metà avventura. Gli altri due hanno retto ancora uno scenario, per poi dirmi di continuare allegramente da solo; e così ho fatto, concludendo la campagna usando due personaggi e poi ripetendo qualche scenario con eroi diversi, giusto per provarli.
La prima impressione è stata quindi pessima, con una sensazione di salto indietro nel game design di dieci anni.
Ci siamo anche fermati una mezzora, dopo la seconda partita, per parlare e capire cosa secondo noi non funzionasse, o quantomeno cosa non funzionasse con noi; perché in realtà questo gioco è un bell'ingranaggio, come ho potuto appurare poi da solo: certo, molto classico, senza grosse rivoluzioni, senza particolari twist o innovazioni; ma assolutamente completo, curato, particolareggiato, con narrazione, gioco, personalizzazione, differenziazione e quant'altro. Un Descent 3.0, come dicevo all'inizio.
Il problema di questo ingranaggio è che sembra girare nella sabbia. Ci sono un paio di elementi che spezzano eccessivamente il ritmo di gioco, e della partita in generale. Il primo sono i pezzi narrativi: in ogni avventura ci sono almeno tre parti lunghe, che spesso rimandano ad altri capitoli, che a loro volta spesso rimandano ad altri. Poi ci sono quattro o cinque parti corte, magari solo piccole descrizioni, ma che comunque vanno cercate nel libretto. La narrazione, anche in altri giochi, crea la storia; ma di solito la si trova ad inizio e fine avventura, o al massimo un mezzo paragrafo in mezzo allo scenario, senza peraltro doverlo cercare in un apposito manuale. Ok, il problema non è mettersi a cercare questo testo e perdere quanto, venti secondi? Il problema è che il gioco finisce per andare a singhiozzi e il pathos viene a scemare, anche perché non è che la trama sia eccezionale o piena di colpi di scena: in pratica, il solo effetto è quello di interrompere la partita.
Eppure, probabilmente da sola questa cosa non giustificherebbe questo impatto tiepido. Il secondo elemento sono proprio i mostri; dopo l'azione di ogni singolo eroe si deve: pescare un Incontro; applicarlo; andare a vedere cosa fa il singolo mostro; rileggere le abilità del tarocco, perché magari è la prima partita in cui compare; applicarle tirando i dadi in attacco e difesa (con relative abilità speciali innescate); passare al successivo. Quando hai finito, è il turno del prossimo eroe. Capite che in quattro o cinque giocatori, prima che tocchi di nuovo a te, la cosa si fa lunga - e, magari, in quell'intervallo i mostri ti attaccano pure tre o quattro volte, generando anche una sorta di sensazione di “ingiustizia”, o quantomeno di tempo rallentato per te ed accelerato per i mostri. Direte: ma questo non contribuisce a tenere coinvolti i giocatori? No, perché il tuo unico coinvolgimento alla fine è lanciare meccanicamente i dadi difensivi ed applicarne l'effetto.
Infine un terzo elemento che aggrava i precedenti: il gioco è difficile, i mostri pestano come fabbri e questo porta a una certa paralisi da analisi, che rallenta ulteriormente il tutto; il punto è che poi Sword & Sorcery non restituisce altrettanta profondità, perché fai poco più che muoverti ed attaccare, tirando tanti dadi.
In definitiva, è principalmente questa sensazione di flusso spezzettato che ha allontanato i miei compagni dal gioco.
Quando sono rimasto solo e con due personaggi da gestire, la cosa si è attenuata, tanto che la partita in tre era tutto sommato accettabile (per me, ma evidentemente non per gli altri due).
Conclusione
Sword & Sorcery è un buon gioco, ha una trama, ha le meccaniche; si vede l'impegno, presenta la giusta sfida per un gruppo di giocatori abituali. Forse, nella foga di metterci dentro tutto, ci hanno messo troppo. Probabilmente, nell'amalgamarne tutti gli aspetti, non è scattata quella scintilla che avrebbe potuto creare il capolavoro e anzi, l'insieme delle parti è risultata inferiore alla somma dei singoli elementi.