Bravo Fedellow, il re dei filler ha scritto una delle sue recensioni più ispirate.
Le parole, come le balene, rischiano di scomparire e allora ecco una serie di giochi che rimette al centro il linguaggio… la lingua italiana.
(dal regolamento del gioco)
Le balene è un party game del 1993, ideato da Alessandro Banci e Mauro Marino, uscito ai tempi per Giocoforza e già discusso in Tana. Si gioca in minimo tre persone (ma in più giocatori è più divertente, in cinque-sei al tavolo penso dia il suo meglio) fino a otto, la durata indicativa di una partita è di circa mezz’ora e l’età consigliata è dai 14 anni in su (all’interno si trova qualche riferimento sessuale, per quanto non particolarmente sconcio o volgare, e qualche sana parolaccia).
Le balene… in libertà, ovvero il gioco di chi le spara grosse
Nella sua semplicità, il gioco si è dimostrato subito divertente, sia per le storie strampalate che si vanno a creare (disquisendo dei tormenti del cuore dell’angelo sterminatore nella casa di campagna, tanto per dire), sia per le arrampicate sui muri di chi ha giocato una carta totalmente fuori luogo e prova a difendere la sua scelta. Spesso si finisce a creare frasi dal contenuto - anche velatamente - riferito all’ambito sessuale: ci sono carte dal contenuto diretto (“penetra/penetrano” e “un orgasmo travolgente”) e altre che permettono ai più maliziosi svolte inaspettate, come “davanti e dietro”, “nel buio pertugio” e “la tromba”. Trovo quasi superfluo sottolineare le grasse risate che ci siamo fatti.
Le balene… in slang, ovvero #iogiococonlebalene
Riporto pari pari dal retro della scatola del gioco: “Una bomba di gioco… con le parole del tuo slang. Qui ognuno compone la propria frase… e vince quella che spacca di più! Il linguaggio street che usi tutti i giorni con gli amici non è mai stato più cool.”
Le varie persone con cui ho provato questo titolo sono tutte attempate più o meno come me, rampante 38enne (a parte il Magio, lui è più vecchio, molto più vecchio). Tutti, e dico tutti, abbiamo pensato che fosse un gioco un po’ da boomer, perché votare “la frase più swag” o “frasi LOL” (riporto sempre dal retro della confezione) ci sembrava un po’ da crisi di mezza età e un bel po' cringe. Come è finita? Che abbiamo riso come degli scemi e abbiamo sparato “cazzate come non succedeva da un pacco di tempo” (citazione che i più giovani non potranno cogliere, non sapendo chi sia Mauro Repetto). Per cui raga, alla fine c’è sembrato a tutti una cazzofigata.
Le balene… in volo, ovvero il gioco di chi si arrampica sui versi
Questa volta ognuna delle 108 carte del gioco contiene due versi di diversi autori italiani, ognuno riportato in calce al verso stesso assieme al titolo della poesia da cui esso è tratto; si spazia dai trecenteschi Dante e Cecco Angiolieri agli ottocenteschi Manzoni e Leopardi, sino ai più contemporanei Alda Merini e Pier Paolo Pasolini, tanto per citarne alcuni.
Tra le tre versioni è probabilmente quella che ho preferito, pur essendo sicuramente quella meno caciarona e più riflessiva e, soprattutto, pur non essendo affatto un grande lettore e amante di poesie. Ho trovato piacere sia nel cercare di combinare tra loro versi lontani sia per epoca che per contenuto, sia nel disquisire del significato delle poesie composte, sia che fosse una mia creazione o altrui. Ho trovato con piacere uno dei miei versi preferiti di sempre, “quello spirto guerrier ch’entro mi rugge” di Foscolo ed ho trovato il mio nuovo preferito, “veemente dio d’una razza d’acciaio” del futurista Marinetti (da “All’automobile da corsa”). Trovo incredibile come sia possibile piegare l’arte poetica di cotanti autori per finire a parlare sempre e comunque di lepidezze postribolari, ma noi ci siamo riusciti: si vede che la nostra Musa è Erato, quella della poesia erotica. È la versione meno “per tutti”, ma sicuramente la più intrigante e, per certi versi, originale.
(Per chi voglia saperlo, il titolo della poesia di Liuk, qua a fianco, è "Rivoluzione")
Conclusioni
Personalmente adoro i party game, ma trovo abbiano spesso un problema: dipendono tantissimo dalle persone con cui li giochi. Puoi intavolare il gioco più divertente del mondo (almeno sulla carta), ma se al tavolo non hai le persone giuste non ti divertirai nemmeno tu. Vedi Time’s Up Celebrity (uno dei miei capisaldi del genere): se trovi al tuo fianco persone che non hanno idea di chi si stia parlando o sono particolarmente timide, l’esperienza può risentirne notevolmente. Le balene non fanno eccezione, a mio avviso: ai partecipanti devono minimamente piacere i giochi di e con le parole e bisogna sapersi mettere almeno un po’ in gioco. Il fatto che ci siano 3 diverse edizioni e, quindi, possibilità di gioco rende sicuramente molto più semplice trovare la configurazione adatta al gruppo adatto: si passa dalle atmosfere quasi da lounge bar, soffuse, de Le Balene… in volo a quelle da baretto della scuola un quarto d’ora prima della campanella de Le Balene… in slang, con in mezzo la pizzata con gli amici de Le balene… in libertà.
Ho trovato buona la realizzazione dei giochi, la scelta di mettere due parole su ogni singola carta ha il pregio di raddoppiare il numero di scelte possibili, sebbene rendendo al tempo stesso un po’ più complicata la leggibilità delle carte stesse... alla fine, penso che un po’ di stretching destra-sinistra al collo non faccia poi così male. Le carte sono resistenti e grafica ed illustrazioni (scatola e retro delle carte, in pratica) sono gradevoli: su tutte, vince il retro de Le balene… in slang, quel cetaceo swagga di brutto!
Concludo dicendo che non è stato facile parlare di party game in un periodo come questo. In particolar modo, non è stato facile parlare di un party game che non sono riuscito a provare e giocare quanto avrei voluto e che avrei volentieri voluto rigiocare sotto le feste. Alla prossima, magari su un tavolo da gioco!