Tremate, tremate, le Balene son tornate!

Fedellow

La recensione che avrei voluto intitolare “In culo alle balene” ma non ho potuto: torna sui nostri tavoli e con una nuova triplice veste questo divertente gioco di carte e parole.

Giochi collegati: 
Le Balene
Voto recensore:
7,6

Le parole, come le balene, rischiano di scomparire e allora ecco una serie di giochi che rimette al centro il linguaggio… la lingua italiana.

(dal regolamento del gioco)

Le balene è un party game del 1993, ideato da Alessandro Banci e Mauro Marino, uscito ai tempi per Giocoforza e già discusso in Tana. Si gioca in minimo tre persone (ma in più giocatori è più divertente, in cinque-sei al tavolo penso dia il suo meglio) fino a otto, la durata indicativa di una partita è di circa mezz’ora e l’età consigliata è dai 14 anni in su (all’interno si trova qualche riferimento sessuale, per quanto non particolarmente sconcio o volgare, e qualche sana parolaccia). 

Oggi vi andrò a parlare della nuova edizione uscita proprio in questi ultimi mesi a cura di Imagommage, che non solo ha rinnovato l’aspetto grafico del gioco originale, ma ne ha pubblicato due nuove versioni che andrò poi ad analizzare singolarmente. Tutte e tre le versioni (Le balene… in libertà, Le balene… in volo e Le balene… in slang) hanno all’interno 108 carte in formato tarocco, ognuna contenente due diverse parti di testo. I giochi della serie traggono ispirazione dalla tecnica letteraria stilistica del cut-up, resa celebre a partire dagli anni ‘60 dallo scrittore William S. Burroughs e dallo stile letterario futurista delle parole in libertà (Marinetti tornerà nel gioco, infatti). Altra cosa che hanno tutte in comune è la bella scatolina, che vedo quasi meglio all’interno di una libreria che in un negozio di giochi (e ci sta, visto che avremo a che fare con parole, frasi e - in certi casi - versi). 

Le balene… in libertà, ovvero il gioco di chi le spara grosse

Ogni giocatore parte avendo in mano dieci carte contenenti parole, semplici preposizioni, verbi o vere o proprie parti di frase; ognuno dovrà aggiungerne una (scegliendo un lato tra i due di ogni carta) a quelle già presenti sul tavolo, andando così a formare una frase di senso compiuto (o almeno ci si deve provare) comune a tutti i partecipanti alla partita. Chi la sparerà “grossa come una balena”, giocando una carta considerata dalla maggioranza degli altri partecipanti non valida o pertinente, dovrà pescare una carta dal mazzo e passare così il turno. Vince chi per primo finisce le carte - per quanto possa essere importante chi sia a vincere in un gioco del genere. 

Nella sua semplicità, il gioco si è dimostrato subito divertente, sia per le storie strampalate che si vanno a creare (disquisendo dei tormenti del cuore dell’angelo sterminatore nella casa di campagna, tanto per dire), sia per le arrampicate sui muri di chi ha giocato una carta totalmente fuori luogo e prova a difendere la sua scelta. Spesso si finisce a creare frasi dal contenuto - anche velatamente - riferito all’ambito sessuale: ci sono carte dal contenuto diretto (“penetra/penetrano” e “un orgasmo travolgente”) e altre che permettono ai più maliziosi svolte inaspettate, come “davanti e dietro”, “nel buio pertugio” e “la tromba”. Trovo quasi superfluo sottolineare le grasse risate che ci siamo fatti.

Le balene… in slang, ovvero #iogiococonlebalene

Riporto pari pari dal retro della scatola del gioco: “Una bomba di gioco… con le parole del tuo slang. Qui ognuno compone la propria frase… e vince quella che spacca di più! Il linguaggio street che usi tutti i giorni con gli amici non è mai stato più cool.”

Questa volta, ogni giocatore riceve nove carte contenenti ognuna due “parole significative” e dovrà con esse - o parte di esse - creare una propria frase; questa volta sta ai giocatori aggiungere alle “parole significative” articoli, preposizioni, pronomi e via dicendo per dare un senso alla frase. Una volta ultimate e lette con enfasi, le frasi dei partecipanti saranno sottoposte a votazione: ognuno dovrà indicare quella, diversa dalla propria, che reputa più divertente. Per ogni voto si ottiene un punto e  chi, nel giro di più round, avrà raggiunto un punteggio prestabilito ad inizio partita avrà vinto. La particolarità di questa edizione sta nella tipologia di parole contenute, molte delle quali provenienti da un vocabolario giovane e contemporaneo. Si trovano parole legate alla scuola o ad ambiti ricreativi (“come disse il professore”, “preside”, “bar/baretto”, “gradino/gradinata”), altre che fanno riferimento a interessi più o meno specifici dell’ambito ggiòvane (“arrapare”, “tatuaggio”, “chattare”, “scroccare”, “friendzonare”) e altre che sono instawin, tipo “la minchiata atomica” o “è l’ora della cazzata”. 

Le varie persone con cui ho provato questo titolo sono tutte attempate più o meno come me, rampante 38enne (a parte il Magio, lui è più vecchio, molto più vecchio). Tutti, e dico tutti, abbiamo pensato che fosse un gioco un po’ da boomer, perché votare “la frase più swag” o “frasi LOL” (riporto sempre dal retro della confezione) ci sembrava un po’ da crisi di mezza età e un bel po' cringe. Come è finita? Che abbiamo riso come degli scemi e abbiamo sparato “cazzate come non succedeva da un pacco di tempo” (citazione che i più giovani non potranno cogliere, non sapendo chi sia Mauro Repetto). Per cui raga, alla fine c’è sembrato a tutti una cazzofigata.

Le balene… in volo, ovvero il gioco di chi si arrampica sui versi

Questa volta ognuna delle 108 carte del gioco contiene due versi di diversi autori italiani, ognuno riportato in calce al verso stesso assieme al titolo della poesia da cui esso è tratto; si spazia dai trecenteschi Dante e Cecco Angiolieri agli ottocenteschi Manzoni e Leopardi, sino ai più contemporanei Alda Merini e Pier Paolo Pasolini, tanto per citarne alcuni.

Ogni giocatore riceve sette carte (avendo così a disposizione quattordici versi) che dovrà combinare tra di loro, tutte o in parte, per far indovinare agli altri giocatori una singola parola da lui decisa, ovvero il titolo della poesia. Una volta che ogni partecipante avrà composto la sua poesia e scritto in segreto la parola/titolo, a turno ogni “poeta” leggerà il proprio componimento, facendo seguire una parafrasi o un commento al fine di rendere meno ermetico il contenuto della propria opera in versi. Gli altri giocatori dovranno provare a indovinare il titolo della poesia, scrivendolo a loro volta in segreto e confrontandolo con quello del poeta. Il sistema di punteggio è simile a quello di Dixit: se tutti indovinano, il poeta non fa punti ma li fanno gli altri giocatori; se nessuno indovina nessuno fa punti; se solo alcuni indovinano, questi e il poeta fanno punti. Si decide ad inizio partita quanti giri fare, in base al numero di giocatori presenti al tavolo. È anche presente una variante in cui si danno nove carte a giocatore e ognuno dovrà comporre con esse una poesia che sarà sottoposta al voto insindacabile degli altri giocatori: chi avrà il punteggio più alto sarà proclamato Sommo Poeta (e forse costretto a offrire da bere, aggiungo io).

Tra le tre versioni è probabilmente quella che ho preferito, pur essendo sicuramente quella meno caciarona e più riflessiva e, soprattutto, pur non essendo affatto un grande lettore e amante di poesie. Ho trovato piacere sia nel cercare di combinare tra loro versi lontani sia per epoca che per contenuto, sia nel disquisire del significato delle poesie composte, sia che fosse una mia creazione o altrui. Ho trovato con piacere uno dei miei versi preferiti di sempre, “quello spirto guerrier ch’entro mi rugge” di Foscolo ed ho trovato il mio nuovo preferito, “veemente dio d’una razza d’acciaio” del futurista Marinetti (da “All’automobile da corsa”). Trovo incredibile come sia possibile piegare l’arte poetica di cotanti autori per finire a parlare sempre e comunque di lepidezze postribolari, ma noi ci siamo riusciti: si vede che la nostra Musa è Erato, quella della poesia erotica. È la versione meno “per tutti”, ma sicuramente la più intrigante e, per certi versi, originale.

(Per chi voglia saperlo, il titolo della poesia di Liuk, qua a fianco, è "Rivoluzione")

Conclusioni

Personalmente adoro i party game, ma trovo abbiano spesso un problema: dipendono tantissimo dalle persone con cui li giochi. Puoi intavolare il gioco più divertente del mondo (almeno sulla carta), ma se al tavolo non hai le persone giuste non ti divertirai nemmeno tu. Vedi Time’s Up Celebrity (uno dei miei capisaldi del genere): se trovi al tuo fianco persone che non hanno idea di chi si stia parlando o sono particolarmente timide, l’esperienza può risentirne notevolmente. Le balene non fanno eccezione, a mio avviso: ai partecipanti devono minimamente piacere i giochi di e con le parole e bisogna sapersi mettere almeno un po’ in gioco. Il fatto che ci siano 3 diverse edizioni e, quindi, possibilità di gioco rende sicuramente molto più semplice trovare la configurazione adatta al gruppo adatto: si passa dalle atmosfere quasi da lounge bar, soffuse, de Le Balene… in volo a quelle da baretto della scuola un quarto d’ora prima della campanella de Le Balene… in slang, con in mezzo la pizzata con gli amici de Le balene… in libertà

I 3 giochi hanno funzionato in maniera diversa con i vari gruppi e le varie persone con cui sono riuscito a giocarli; penso possa risultare divertente anche per giocatori più giovani rispetto al sottoscritto ed ai suoi sordidi amici, offrendo anche spunti per un utilizzo in ambiente didattico. Per dire, Le Balene… in slang ha tra i ringraziamenti una classe di terza media per il supporto dato in fase di playtest del gioco; all’interno del regolamento, probabilmente proprio per i più giovani, c’è un ripasso di tempi verbali, preposizioni avverbiali e via dicendo… un po’ come quando la mamma ci metteva le verdure a tradimento in qualche piatto di nostro gradimento! Una volta provati gli altri due, almeno per quel che mi riguarda, il titolo "originale" della serie va forse a perdere un po' di mordente, ma penso sia davvero questione di gusti.

Ho trovato buona la realizzazione dei giochi, la scelta di mettere due parole su ogni singola carta ha il pregio di raddoppiare il numero di scelte possibili, sebbene rendendo al tempo stesso un po’ più complicata la leggibilità delle carte stesse... alla fine, penso che un po’ di stretching destra-sinistra al collo non faccia poi così male. Le carte sono resistenti e grafica ed illustrazioni (scatola e retro delle carte, in pratica) sono gradevoli: su tutte, vince il retro de Le balene… in slang, quel cetaceo swagga di brutto!

Concludo dicendo che non è stato facile parlare di party game in un periodo come questo. In particolar modo, non è stato facile parlare di un party game che non sono riuscito a provare e giocare quanto avrei voluto e che avrei volentieri voluto rigiocare sotto le feste. Alla prossima, magari su un tavolo da gioco!

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Commenti

Bravo Fedellow, il re dei filler ha scritto una delle sue recensioni più ispirate.

Io ho Balene in volo e lo adoro. Decontestualizzare brani di poesie famose e combinarle per dare un nuovo significato. Recitare la propria creazione. Fa-vo-lo-so. Mia madre, ex maestra, ha detto: ci giocherei tutta notte. 

Ho regalato Balene in libertà ma devo ancora provarlo.

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