Davvero difficile capire come gira il titolo dalla lettura delle regole ma devo dire che tra i buoni precedenti e l'ambientazione il gioco mi interessa. Sicuramente cercherò di provarlo in fiera :-)
Un po’ anno di sforzo industriale bellico, un po’ risposta, un po’ obiettivo di gioco, quel numero nel titolo del gioco dice molto sul nuovo titolo del finlandese Timo Multamäki (Perdition’s Mouth: Abyssal Rift e altre cose che tanto non conosco), edito dai connazionali della Dragon Dawn Productions (idem con patate).
In Factory 42 i giocatori vestono i panni, forse un po’ corti ma sicuramente comodi, di nani supervisori di una fabbrica sovietico-cyberpunk in cui i tozzi lavoratori, oltre a cantare vecchi successi italiani, producono cose per il governo centrale e, volendo, per gli elfi. Che, com’è noto, hanno la tipica fisionomia dei lapponi. Forse.
(Le fabbriche sarebbero nel regno di Zanziar, che si rifà all’omonimo titolo del 2008 edito dalla stessa casa; ma queste sono cose che vi direbbe uno che sa quel che scrive.)
Il gioco in breve
L’elemento che salta subito all’occhio è una torre in cartone che, nelle intenzioni dell’autore, fa da apparato burocratico. In pratica, datogli in pasto un certo quantitativo dei cubetti risorsa del gioco – ce ne sono ben undici, di vario valore e proprietà, dal lino alla magia (sic) – tale catafalco ne restituisce una certa quantità, che va a formare la riserva comune. Quest’ultima si utilizza per rifornire sei carrelli da miniera che, a loro volta, finiscono nelle aree di scarico (dock) riprodotte sulle plance dei giocatori.
Ciascun round si articola, in maniera abbastanza classica, in preparazione, prenotazione delle azioni, svolgimento delle stesse e magheggi vari. Vince il primo che arriva a quarantadue punti o, al termine del sesto round, chi ne ha comunque di più, ché non è che nani e fabbriche concilino poi molto la fantasia.
Le azioni vengono risolte in un ordine specifico (analogamente a quanto avviene, per fare un esempio un po’ così, in Caylus): prima si fanno un po’ di cose con la riserva comune, alcune delle quali automatiche anche se nessuno mette omini; poi gli operai alla torre caricano i carrelli dapprima con le merci nella riserva e poi con altri cubetti estratti da un sacchetto; poi gli operai addetti alle spedizioni decidono a quale plancia personale inviare i carrelli stessi. A questo punto si deve prima incrementare la pressione di vapore disponibile per tutti i giocatori (consumando opportune risorse) e facendo attenzione a non aumentarne troppo il valore, pena la rottura del sistema e il conseguente malus in termini di disponibilità (il vapore si utilizza per la produzione, più avanti nella sequenza); poi si procede a una fase di mercato, i cui valori sono definiti da una carta che cambia ogni round.
Ogni bene può essere prodotto più volte, da più giocatori, e a differenti livelli di qualità (ovviamente più risorse significa maggiori gratifiche).
L’espansione Commissions inclusa, peraltro, aggiunge altra carne al fuoco a questa roba già complessa, in particolare il mazzo delle invenzioni (che aiutano i giocatori una volta sviluppate) e quello degli ordini degli elfi, che si sommano a quelli del governo.
Alla fine di ogni round chi ha completato più ordini ottiene una rosetta (quando si dice “guadagnarsi il pane”) e tutti ottengono due stelline bianche – i punti vittoria – per ogni ordine completato. In caso ve ne siano di non portati a termine, malus e GULag per tutti.
Capito niente, vero?
La parte un po’ originale del tutto è costituita dalla doppia valenza dei nani da piazzare: agli spazi azione classici, infatti, si aggiungono anche gli spazi azione commissario, che permettono di vedere le azioni di cui sopra in un'altra ottica, generalmente per aumentare il profitto per sé stessi od ostacolare gli avversari. Mi limito a qualche esempio: nella fase di carico i commissari permettono (o sarebbe meglio dire costringono) ai lavoratori di inserire più cubetti nei carrelli; nella fase di spedizione i commissari possono ordinare a uno dei giocatori di scegliere dove inviare gli stessi; durante il mercato si prendono una percentuale, costituita da un segnalino rosetta, che è una sorta di merce di scambio e a fine partita vale qualcosina in punti. Una roba simile succede anche nella fase di contabilità, in cui i commissari si intascano direttamente delle merci.
Prime impressioni
In breve: si tratta di uno di quei giochi con piazzamento lavoratori in cui ogni azione richiede una discreta spiegazione, ha parecchie regole ed eccezioni e soprattutto mette in crisi chi vuole dare un’idea del gioco senza entrare troppo nei dettagli. Ma avete capito il senso, insomma: il fulcro è sfruttare la risorsa comune e far arrivare nei propri siti produttivi le risorse più adatte per il completamento degli ordini.
Onestamente non sono colpitissimo dal gioco. O meglio: l’ambientazione è molto particolare e sicuramente certi elementi – la corruzione, i commissari, i premi per gli “eroi del lavoro” – ogni tanto riescono a ritirarla fuori nonostante la sostanziale astrattezza del gioco; ma in fin della fiera è un piazzamento lavoratori tutto sommato classico che sì, ha qualche freccia al suo arco (sono abbastanza curioso di capire il reale impatto sul gioco e sulle azioni dei giocatori da parte dei commissari), ma che forse non riesce – almeno a una prima lettura distratta del regolamento – a dimostrare di avere qualcosa di davvero originale per farsi strada nel mare magnum dei gestionali di oggi. Il rischio è quello di avere un nuovo Noria, insomma: gran bella ambientazione, meccanica intrippante, ma sostanzialmente freddo e non particolarmente soddisfacente per molti giocatori.
Un elemento sicuramente curioso è ovviamente la torre che simboleggia la burocrazia, anche se l’impressione è che per ottenere lo stesso effetto randomico forse sarebbe bastato un secondo sacchetto nel gioco. Ma del resto, ragionandoci meglio, non è forse l’essenza stessa dell’industria sovietica il gigantismo dell’apparato burocratico?