A&P Chronicles 2002-2003 (III, 3)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 19 Dicembre 2005

Parte III, Capitolo 3: Ob Dentrix e il Duca Vigassian

Seduta del 04/12/2002

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 19 Dicembre 2005

Parte III, Capitolo 3: Ob Dentrix e il Duca Vigassian

Seduta del 04/12/2002

Ob Dentrix e il Duca Vigassian

ci fronteggiammo così, senza dire parola, per alcuni istanti, Ob Dentrix ed io. A due o tre passi da me, la sua figura, che nulla tradiva della sua età avanzata, si stagliava imponente, nella magnifica uniforme di un cavaliere nero di Themanis. Indossava un corpetto di piastre nero su un'armatura ad anelli nera anch'essa, le mani erano nascoste da elaborati guanti di cuoio pregiato dello stesso colore, con vistose protezioni metalliche, e la spada pendeva dal fianco, certamente pronta a scattare alla minima occasione.

Mi osservava con un ghigno che interpretai come di scherno, in quanto faceva pesare la situazione evidentemente a suo vantaggio. I due uomini con la balestra ci tenevano sotto tiro, pronti a lanciare i loro quadrelli al minimo cenno di reazione, mentre gli altri due, armati di asce come di consueto per l'esercito del Nero Signore, avevano sugli spallacci i gradi dei colonnelli, che ne dimostravano lo stato di veterani.

Il passato che mi evocava quell'uomo era uno dei ricordi più sgradevoli che potessi avere, che per qualche tempo ero riuscito a tenere a bada, seppellendolo nell'entusiasmo che provavo per il gruppo di cui facevo parte e per le missioni che ci venivano affidate da Shair. Ora, quelle immagini tornavano alla mia mente con la forza di un maglio, accendendo tutti i miei istinti più irrazionali. Potevo percepire chiaramente l'odio montarmi dentro furioso e quasi incontrollabile, che mi faceva fremere le braccia mormorandomi di attaccare l'odiato rivale. 

Istintivamente, mi accorsi che stringevo con la mano l'impugnatura della spada. Mi resi conto allora che il fremito che avvertivo nei muscoli del braccio non era forse dovuto solo al nervosismo: la spada vibrava! Per un breve istante, lottai con me stesso, vincendo l'istinto che mi suggeriva di estrarre la lama, pensando che avrei messo a repentaglio la vita dei miei amici e l'esito stesso della missione.

- Gawain, è bene che tu ci segua all'accampamento senza opporre resistenza - mi apostrofò ad un tratto Ob Dentrix, rompendo l'atmosfera di irreale silenzio che si era venuta a creare.

- Quanto a voi - proseguì rivolgendosi agli altri - vi accompagnate con un pericoloso e ricercato criminale, consegnatecelo o sarete trattati come criminali anche voi!

Era ovvio che, accettando di seguire la pattuglia all'accampamento, non ne sarei mai uscito se non in prigionia, nella migliore delle ipotesi. D'altro canto, forse consegnandomi spontaneamente, avrei potuto salvare la vita degli altri.

- Non ci provare Gawain, non hai speranza di farcela - mi ammonì con un sorriso, intuendo ciò che stavo pensando.

- Anche seguendovi, non avrei speranza comunque - risposi, guardandolo fisso negli occhi.

- E sia, capisco che si tratta di un'ardua decisione - rispose con un plateale cenno della mano, quindi proseguì, con aria di sufficienza. - Vi concedo un terzo di clessidra per consultarvi.

i
due uomini con la balestra si portarono sui nostri fianchi, mantenendo una distanza di una quindicina di passi, sempre tenendoci sotto tiro. I due colonnelli, con le armi in pugno, assunsero un atteggiamento di attesa, mentre Ob Dentrix, che sembrava divertito per la situazione, rimase a pochi passi, poggiato al suo cavallo, ed iniziò a grattarsi la barba.

- Sentite - mi rivolsi ai compagni - se mi consegno, forse voi potrete procedere per la missione, in fin dei conti è una faccenda che riguarda me...

- Non se ne parla affatto - mi interruppe Adesir - abbiamo iniziato insieme e si finisce insieme!

- E comunque non riguarda più te solo - aggiunse Frostwind - come hai sentito, siamo considerati criminali anche noi per averti accompagnato: non scommetterei una moneta di rame sul fatto che ci lascerebbero andare, una volta che tu ti sia consegnato...

Alle mie spalle, Thorin borbottava qualcosa a proposito di sfoderare le armi e spaccare tutto. Rimasi piacevolmente colpito dalla solidarietà dei miei compagni, ma non vi fu il tempo di pianificare cosa fare. 

- Io posso sistemarne un paio - disse Frostwind, muovendosi in modo da sfruttare me e Adesir per nascondersi alla vista dei balestrieri. Quindi, iniziò ad aspergere polveri e mormorare parole incomprensibili. Sapevo che quando iniziava i suoi rituali mpm era bene disturbarlo, ed era evidente che aveva deciso di passare all'azione, per sorprendere i nostri avversari. 

- Io posso pensare ad uno dei balestrieri - fece eco Adesir, iniziando anche lei a cantilenare qualcosa, mentre versava a terra il viscido contenuto di una piccola ampolla. 

Vidi Thorin invocare il suo Dio, mentre mi preparavo a scattare non appena fosse accaduto qualcosa.

D'improvviso, Frostwind mormorò qualcosa con un tono di voce più alto, ed uno dei balestrieri si allarmò, lasciando partire un quadrello che fortunatamente non colpì nessuno. A mezz'aria, fra Ob Dentrix ed uno dei due colonnelli, vidi per un istante un enorme cristallo di ghiaccio, sospeso a mezz'aria, che subito esplose fragorosamente, riversando sui due bersagli un'infinità di schegge acuminate. Scattai avanti, sfoderando la spada che sembrava ulularmi nella testa, incitandomi al combattimento più di quanto già non volessi di mia volontà.

Il colonnello colpito era stato scagliato a diversi passi di distanza, ed arrancava faticosamente, facendo leva sulla sua ascia, nel tentativo di rialzarsi. Era coperto di ferite sanguinanti e visibilmente malconcio. La sua pelle era violacea, i capelli e la barba erano coperti di ghiaccioli ed i suoi movimenti apparivano lenti e faticosi. 

Ob Dentrix era stato colpito, ma su di lui l'incantesimo sembrava aver prodotto meno danni, forse anche grazie alla copertura del corpetto di piastre, che appariva intatto. Le braccia e le gambe, invece, erano state ferite, ma l'anziano guerriero, nonostante avesse la pelle violacea ed i movimenti irrigiditi per l'improvviso gelo che gli era stato scagliato addosso, reagì più prontamente del suo compagno. 

Lo vidi sguainare una spada dalla lama nera che sembrava molto simile alla mia. Andai a vuoto con il primo fendente, quindi Ob Dentrix riuscì a parare il secondo colpo. Non appena le due lame si incontrarono, avvertimmo una possente spinta che ci allontanò l'uno dall'altro, facendoci arretrare di un paio di passi. La mia furia non si arrestava, e mi sentii più che mai inebriato dalla gioia del combattimento.

- Arrenditi, non hai speranza! - sibilò fra i denti, riportandosi in guardia.

- La mia mancanza di speranza sarà la tua dannazione, maledetto! - gli risposi prontamente, scagliandomi ancora all'attacco. In quel momento ebbi per un attimo la visione di un bambino che veniva preso in braccio da una cesta, una specie di ricordo del passato che veniva spontaneamente alla luce, ma che non seppi interpretare e che comunque non ebbi il tempo di approfondire.

La mia furia cieca mi fece mancare ancora il bersaglio, mentre Ob Dentrix riuscì con un'abile finta a sbilanciarmi, colpendomi subito dopo ad una gamba, fortunatamente in modo lieve. Avvertii la mia spada sorreggermi impedendomi di cadere a terra, poi fu improvvisamente leggera mentre la alzavo facendole compiere un mezzo giro, affondandola infine nel corpo del mio nemico. Un vasto squarcio si apriva attraverso il corpetto di Ob Dentrix, dal quale fuoriusciva sangue copioso.

- Non male, Gawain - mormorò, osservandosi incredulo, come se non avesse previsto che sarei stato in grado di colpirlo.

- Ed ora vedrai il resto, bastardo! - gli risposi, preparando un nuovo attacco. La soddisfazione nel notare la sua sorpresa ed il suo disappunto era tale da darmi ancora più forze del normale.

- Tieni duro, Corvo, sto arrivando!! - Vidi allora avvicinarsi Thorin da un lato, urlante, il gigantesco martello da battaglia levato in aria pronto a calare su Ob Dentrix. Ma il themanita mosse rapidamente la mano sinistra a descrivere un arco, come a spazzare l'aria di fronte a sé, e subito una forza imponderabile ci colpì, spingendoci all'indietro. Io riuscii ad oppormi a quell'effetto prodigioso restando in equilibrio, mentre il Nano fu proiettato a più di dieci passi di distanza, con gran clangore di metallo.

- Fermi tutti, in nome del Duca Vigassian! - gridò allora una voce imponente che non riconobbi. Vidi Ob Dentrax arrestarsi, abbassando la spada. La cieca furia di cui ero ormai preda, tuttavia, mi spinse a proseguire l'attacco, da cui fui costretto a desistere solo quando qualcuno mi scagliò alcuni quadrelli pericolosamente vicino, in segno di avvertimento. 

dieci cavalieri esmeldiani, con le insegne di Bor-Vigassian, erano comparsi nel bel mezzo della mischia, senza che ce ne accorgessimo. Uno degli uomini, probabilmente lo stesso che ci aveva intimato di arrestarci, ci osservava con aria severa, rimproverandoci che non era permesso battersi nelle terre del Duca se non per suo volere.

- Prestate attenzione, signori: il Duca di Vigassian! - annunciò dopo pochi istanti, quando le file dei cavalieri iniziarono ad aprirsi per far passare qualcuno che proveniva dalle retrovie. Il silenzio era calato, e tutti volgemmo lo sguardo in quella direzione.

In sella ad un magnifico cavallo, il Duca di Vigassian avanzò fra noi, scrutando la situazione. Era un uomo sorprendentemente giovane e bello, rispetto a ciò che mi ero immaginato: lunghi capelli biondi raccolti in una coda, il contegno maestoso di un sovrano, i lineamenti perfetti, gli abiti e le movenze accuratamente studiati per mettere ancor più in risalto quelle sue qualità. 

- E' l'umo più bello che abbia mai visto! - sospirò Adesir, con aria estasiata.

Il Duca si informò rapidamente di quanto stesse accadendo fra noi e la pattuglia di Ob Dentrix, ricevendo ovviamente informazioni discordanti dalle due parti.

- Questi sono gli ambasciatori che attendevo dal Carusaal - disse ad un tratto, rivolgendosi ad Ob Dentrix, il quale sgranò gli occhi. - Essi sono miei ospiti e verranno condotti alla rocca - concluse in modo da non lasciare spazio alle repliche che il themanita aveva in punta di lingua.

- E sia - sospirò Ob Dentrix, rassegnato alla decisione di un uomo che evidentemente doveva essere anche per l'esercito di Themanis una figura assai importante. Del resto, era noto che Bor-Vigassian costituisse da un lato una roccaforte inespugnabile con la forza, dall'altro un importantissimo punto di appoggio logistico per le truppe del sud... 

- Ad ogni modo - mi sussurrò Ob Dentrix passandomi accanto per montare in sella al suo morello, - non uscirete da qui senza che io vi sia alle calcagna!

- Molto bene - fu la mia secca ed ugualmente sussurrata risposta, - così potrò terminare il lavoro!

salimmo sul carro, per seguire la scorta del Duca Vigassian che ci avrebbe condotti al nostro temporaneo rifugio. Mentre lasciavamo il luogo, Thorin mi raccontava delle sue prodezze nel recente combattimento, mostrandomi le chiazze di sangue rimaste a terra e alcuni massi quasi informi di carne, che dovevano essere stati i suoi sventurati avversari. 

Il nostro percorso non passava attraverso l'accampamento themanita, giacché il sentiero per le porte di Bor-Vigassian faceva un largo giro ad ovest. Tuttavia lo costeggiammo, e osservai attentamente la disposizione delle tende, per valutare quanti nemici ci saremmo probabilmente trovati alle spalle al termine della nostra avventura diplomatica alla rocca.

Nel perfetto ordine militare cui rispondeva la disposizione delle tende e delle costruzioni da campo, spiccavano due grandi tendoni circolari, neri come tutto il resto, sulle cui sommità sventolavano lo stendardo di Alsavez ed uno sconosciuto vessillo raffigurante un drago bianco in campo nero. Altri stendardi erano visibili fra le tende di rango inferiore, appartenenti alle milizie scelte dell'ordine di Themanis. Ad ogni modo, tutto faceva capire che non si trattasse di un assedio, ma piuttosto di un presidio, che poteva contare un centinaio di uomini.

A metà strada fummo raggiunti da un ulteriore contingente di cavalieri esmeldiani, una quarantina circa, ed iniziammo la ripida salita che, dall'abitato, conduceva alla rocca. Durante il trasferimento ci guardavamo attorno, studiando possibili vie di fuga alternative, e solo una volta il Duca ci rivolse la parola, per cercare di capire chi in realtà potessimo essere. Dal suo modo di parlare, appariva evidente che il suo atteggiamento nei confronti dei themaniti fosse più che altro di sopportazione, tuttavia non si dimostrò particolarmente espansivo. Ad eccezione di Adesir, con la quale scambiò qualche sorriso...

- Ci manda Shair - disse bruscamente Frostwind ad un tratto, constatando le mie difficoltà nel tentare di rimandare il discorso ad un momento successivo, una volta al riparo da occhi ed orecchie indiscreti. Anche l'aver mostrato la spilla di Shair non era servito, apparentemente. Ma all'udire il nome della donna, il Duca fece un impercettibile cenno di assenso, ci disse che saremmo stati ospiti a cena e da quel momento non parlammo più.

ci volle tutto il pomeriggio per completare il tragitto fino quasi alla cima di quella che Thorin stesso vantava come la più inespugnabile fortezza esmeldiana conosciuta. Era quasi buio ed avevamo tutti i muscoli doloranti quando ci trovammo a passare per un enorme portale di pietra che aveva la montagna da un lato ed il precipizio dall'altro. Dall'altro lato, percorremmo un centinaio di passi e la strada terminò in una sorta di cunicolo a cielo aperto dalle numerose fessure, che sembrava la bocca di un passaggio all'interno della montagna stessa. La rocca vera e propria era arroccata ancora più in alto.

Il cunicolo conduceva ad un'ampia sala sotterranea nella quale venivano svolte le operazioni di carico e scarico delle merci. Degli uomini si occuparono del nostro carro e dei cavalli, mentre noi perlevavamo l'equipaggiamento che ci avrebbe fatto comodo avere a portata di mano. Il Duca Vigassian sparì presto con il suo seguito, dando istruzioni ad un uomo che rimase ad attenderci.

- Benvenuti, signori - ci apostrofò con modi affettati quando ci avvicinammo a lui. - Il mio nome è Olag Galirrian e sono il Lothar-noch del Duca, permettete che vi conduca ai vostri alloggi.

Notai come avesse sottolineato il termine "Lothar-noch" con l'evidente intenzione di far notare l'appellativo, che in esmeldiano antico equivaleva sostanzialmente a "maggiordomo". Da queste cose e da altri piccoli indizi fu evidente come il Duca ed i suoi uomini, e probabilmente tutta la popolazione di Bor-Vigassian, ci tenessero alla loro origine esmeldiana. Ci trovavamo in uno dei baluardi più sicuri e difesi della nostra popolazione.

Fummo condotti attraverso corridoi, sale, passaggi e scale che sembravano non terminare mai. Spesso fummo costretti a fare delle pause per riprendere fiato, dato che il percorso si sviluppava comunque sempre in salita, e con una pendenza significativa. Era chiaro che stavamo procedendo all'interno della montagna per raggiungere la rocca che si trovava in cima, un ulteriore accorgimento che mostrava quanto potesse essere difficile e dispendioso prendere quella cittadella con la forza.

Dopo quasi una clessidra di cammino, durante la quale Thorin non faceva altro che stupirsi di come una tale opera di ingegneria fosse stata possibile senza l'intervento dei nani, rimanendo in piedi per oltre settecento anni, giungemmo in una grande sala sfarzosamente arredata. Qui Olag Galirrian ci condusse attraverso un nuovo corridoio, lungo il quale ci mostrò le tre stanze che sarebbero state il nostro alloggio.

- Spero che lorsignori troveranno gli alloggi di loro gradimento - diceva aprendo le porte. Le stanze erano in effetti dotate di ogni comodità, ed in ognuna era stata disposta una grande vasca di bronzo ricolma d'acqua, in modo che potessimo prendere un bagno.

- Vi auguro una buona permanenza e vi ricordo che la cena sarà servita fra tre clessidre al quarto livello - ci salutò il maggiordomo, una volta terminato di mostrarci le stanze.

- Ovviamente - aggiunse, prima di andare via, - si tratta di una cena in
Kaspie...

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