A&P Chronicles 2003-2004 (II, 7)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 3 Novembre 2019

Parte II, Capitolo 7: "Perigastus, l'immortale"

Seduta del 23 Dicembre 2003

Act'n Play

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 3 Novembre 2019

Parte II, Capitolo 7: "Perigastus, l'immortale"

Seduta del 23 Dicembre 2003

"Perigastus, l'immortale"

tornati
a bordo la sera stessa, trovammo la nave letteralmente circondata dalle
barche, le chiatte ed i battelli impegnati nel caricamento dei viveri e
delle numerose botti di acqua dolce di cui avevamo bisogno. Nonostante l'ora
abbastanza tarda, era infatti già passato il tramonto, una grande
operosità regnava a bordo, dove tutti i marinai sembravano impegnati nelle
operazioni di cariamento e stivaggio del prezioso materiale che ci avrebbe
consentito di riprendere la navigazione ed affrontare il mare aperto ancora
a lungo.

Sulla
passerella si snodava una lunga fila di marinai desiderosi di essere
imbarcati, una ventina o forse più, che erano stati contattati a terra per
porre riparo alle perdite che avevamo subito ad opera dei monaci themaniti
prima, e a causa del mostro successivamente. Marinai dal volto segnato da
anni di mare e salsedine, tagliagole, ragazzi poco più che imberbi, c'era
un po' di tutto, e il nostromo con i suoi aiutanti li accoglievano sul ponte
principale distribuendo le mansioni, i posti e l'equipaggiamento essenziale
di cui avrebbero avuto necessità per il loro lavoro.

-
Ci sono due spie fra di loro, Gawain - mi disse Thorin, che si trovava al
mio fianco, cercando di non farsi sentire dagli altri che ci stavano
precedendo sotto coperta. 

- E
tu come lo sai? - risposi, sorpreso. Ma già conoscevo la risposta. Già da
tempo sapevo che il nano disponeva di una rete di misteriosi informatori che
sembrava poter contattare in ogni parte del mondo, e non avrei dovuto
stupirmi più di tanto. Durante la breve sosta a terra, aveva approfittato
per contattare qualcuno, scoprendo così che due spie si sarebbero
introdotte a bordo come marinai, ed il modo per individuarli era controllare
la presenza di un tatuaggio themanita che avevano sotto l'alluce del piede
destro.

Rinunciammo
sul momento alla tentazione di smascherarli subito, preferendo svolgere un
eventuale controllo più avanti, durante la navigazione, in modo che
eventuali azioni da parte nostra non potessero essere riportate
tempestivamente a terra. Del resto, il nostro attracco doveva già essere
stato comunicato alle forze themanite che si trovavano al nostro
inseguimento, ed in particolare a mio padre Ob Dentrix, che a detta di
Morick era colui che guidava la flotta.

Raggiungemmo
gli altri sotto coperta, e chiacchierai brevemente con Morick a proposito
delle gemme che avevo rinvenuto nel mio zaino accompagnate da una piuma
verde, evento nel quale sospettavo lui avesse avuto una certa parte, anche
se ora, nuovamente nei panni di un bardo, portava sul cappello una piuma di
colore viola. Mi accorsi comunque che Polgrim non condivideva la stessa
necessità di riservatezza manifestata dal fratello, poiché tutti
sembravano al corrente delle due spie e stavano discutendo animatamente
della questione.

-
Comunque - intervenne Morick, - non sono probabilmente le sole due spie che
abbiamo a bordo. Ho individuato a bordo almeno altri cinque membri dei
vecchi corpi di spionaggio romeldani, che Crassius dovrebbe peraltro
conoscere bene , e trattandosi di spie di professione, non escluderei che
ora qualcuno di loro possa trovarsi sul libro paga dei nostri nemici...

Sembrava
proprio che la nostra nave fosse un ricettacolo di ospiti indesiderati! Fra
spie, mostri e infiltrati di vario genere, non avevamo che da scegliere chi
gettare a mare per primo. Fra l'altro, le allusioni di Morick gettavano un
minimo di sospetto anche sullo stesso Crassius, poiché lui certo sapeva dei
trascorsi dei suoi uomini e non ci aveva rivelato nulla in proposito. 

in
breve la nave salpò le ancore, e fu richiesta la presenza di Adesir sul
ponte di comando, mentre noi ancora si discuteva sul da farsi. Quando tornò
il nostro comandante femmina, ci disse che Crassius, con sorprendente scelta
di tempo, le aveva rivelato la presenza di due individui sospetti fra i
nuovi marinai, che rispondevano ai nomi di Dinieb e Alexander. Guarda caso,
i nomi corrispondevano con quelli conosciuti da Morick, anche se ancora non
potevamo essere sicuri che si trattasse degli stessi due uomini che erano
stati indicati a Thorin e Polgrim. Inoltre, come giustamente fece notare
Morick stesso, le informazioni riguardo alle due spie potevano anche essere
un'abile mossa per coprirne altre, magari con la complicità di qualcuno di
molto importante a bordo...

Dopo
uno scatto d'ira di Polgrim, il quale fu molto indispettito per la gratuita
rivelazione di Crassius, dal momento che le stesse informazioni a lui erano
costate la sua cintura magica, cercammo ancora di fare mente locale sulla
questione. L'aspetto più preoccupante, a mio avviso, era che l'imbraco
delle due spie (se solo due erano) non poteva essere una coincidenza né una
cosa estemporanea; qualcuno sapeva i nostri movimenti e doveva aver
preparato il tutto ben sapendo che avremmo approdato al porto di Adesil, ma
quali tracce ci stavamo lasciando dietro? Potevano i monaci themaniti, che
ci avevano assalito in numero risibile e palesemente senza alcuna speranza
di successo, aver portato a bordo un qualche congegno in grado di rivelare
la nostra rotta a Ob Dentrix?

-
In realtà il problema potrei anche essere io - osservò ad un tratto Morick,
richiamando la nostra attenzione. - Durante la battaglia con la flotta
themanita, io sono stato per un certo tempo prigioniero di Ob Dentrix e
potrebbero avermi gettato addosso un incantesimo del genere... in fin dei
conti la mia fuga è stata fin troppo facile, a pensarci bene! 

Era
ormai notte fonda quando decidemmo di separarci, chi per riposare, chi per
mangiare qualcosa prima. Il giorno dopo avremmo indagato sulle spie, con il
pretesto di una visita clericale che sarebbe stata annunciata da Adesir e
condotta da Warnom, e allo stesso tempo il prete avrebbe cercato di
individuare eventuali sortilegi sulla persona di Morick, per verificare
anche quella possibilità. Io, che non avevo sonno, decisi di passare parte
della notte di sorveglianza sul ponte, giusto per assicurarmi che non vi
fossero movimenti sospetti o tentativi di sabotaggio, mentre Adesir cercava
di convincere i nani della necessità di prendere un buon bagno.

era
una splendida notte stellata, anche se la temperatura era piuttosto rigida
sul ponte della nave, e durante la mia veglia fui spesso rapito dalla
contemplazione di quell'immenso orizzonte buio nel quale la Divina Speranza
si avventurava con straordinaria apparente sicurezza. Ovunque guardassi la
vista era oscurata dal buio della notte, e solo il rumore del mare giungeva
alle mie orecchie, interrotto raramente da qualche parola scambiata fra i
membri dell'equipaggio di servizio o di guardia. Mi trovai a pensare come
fosse possibile orientarsi in mezzo a tanto nulla, osservando solo la
posizione delle stelle. La navigazione restava per me un mistero che destava
ogni volta meraviglia e al contempo reverenziale timore, anche se ben
diverso dal terrore dei nani!

Ad
un tratto vidi una figura immobile alla balaustra del castello di poppa.
L'individuo, che sembrava abbigliato nei tipici abiti di un damerino Auld,
sembrava contemplare l'orizzonte, come in grado di vedere qualcosa che io
non potevo scorgere, per quanto mi sforzassi. Uno dei marinai fece cadere un
oggetto che tintinnò a terra, distraendomi per un istante, sufficiente a
far svanire la misteriosa figura. Mi recai alla balaustra, ma dell'individuo
non c'era traccia, sembrava volatilizzato nel nulla, nessun rumore di passi
proveniva dai due boccaporti che conducevano al ponte inferiore; la cosa mi
sorprese al punto che mi sporsi anche fuoribordo nell'assurda ipotesi che
l'uomo potesse essersi calato in qualche modo lungo la murata esterna, ma
ovviamente non trovai alcun indizio.

Non
appena tornai a distrarmi con altri pensieri, rinunciando ad ulteriori
ricerche, vidi nuovamente l'uomo, stavolta assai più vicino a me. Era
Rethys.

-
Buona sera, nobile Gawain - mi salutò, cerimonioso e formale come sempre.

-
Buona sera a te, Rethys - risposi. - Sembra che tu stia osservando qualcosa,
nel buio, ma non vedo nulla... cosa stai guardando, se posso chiederlo?

-
La terra, laggiù...

-
Dunque siamo vicini, non sapevo che navigassimo così sotto costa -
constatai.

-
Infatti non lo siamo, la terra è assai distante. Ma la vista e la
percezione sono degli aspetti estremamente soggettivi del nostro essere -
aggiunse, senza distogliere lo sguardo, come a prevenire una mia successiva
domanda..

-
Mi era sembrato di vederti qualche istante fa, laggiù al castello di poppa
- colsi l'occasione per chiarire i miei precedenti dubbi. - Come hai fatto a
raggiungermi senza che ti vedessi?

-
Anche il tempo e lo spazio sono dei concetti estremamente soggettivi -
rispose, elusivo. E tuttavia, quella era per me una conferma. Abituato ormai
a non stupirmi più di nulla, per me era chiaro che Rethys fosse una sorta
di spettro e ora ne avevo la conferma diretta. Solo uno spettro poteva
apparire e sparire come aveva fatto lui già in molte occasioni. Poiché non
avevo motivo di dubitare della sua lealtà alla causa, decisi di sfruttare
le sue capacità e gli chiesi di tenere d'occhio i due individui che ci
erano stati segnalati come spie a bordo. Solo più tardi, dopo che il nostro
breve incontro fu concluso, mi pentii di ciò che avevo fatto così
impulsivamente. Infatti, la mia fiducia si basava sul fatto che Rethys fosse
da secoli  un leale servitore della casa Jax, la stessa famiglia si
Shair e Morick; avevo dimenticato in quel momento che anche Aderlist era un
Jax, e stava dalla parte del nemico. Potevo realmente fidarmi di Rethys?

il
giorno seguente Adesir si premurò di annunciare la visita dei nuovi marinai
ed io decisi di affiancare Warnom nelle sue operazioni, intento a vederci il
più chiaro possibile. Non vi furono difficoltà ed in effetti, con le caute
domande apparentemente di routine che il prete rivolse a ciascuno,
identificammo rapidamente Dinieb e Alexander, constatando peraltro la
presenza dei tatuaggi sotto gli alluci; almeno sapevamo ora che le spie di
cui avevano parlato i nani, Morick e Crassius erano le stesse, anche se
questo ovviamente non escludeva che ve ne fossero altre.

Il
solo particolare inusuale che notammo sui due marinai, che mi parvero assai
sinceri nel rispondere alle domande di Warnom, fu la presenza sul braccio di
entrambi di una puntura, come quella di un grosso insetto. In effetti, i
due, interrogati in proposito, riferirono di essere stati punti da una
specie di ape o di vespa e Warnom sospettò che quello potesse essere un
sistema usato dai themaniti per indurli a fare qualcosa ai nostri danni
senza darci la possibilità di capire cosa. Come precauzione, il buon prete
si premurò di causare ai due un violento attacco di dissenteria che, a
scanso di equivoci, li avrebbe tenuti fuori gioco per qualche giorno.

Fu
mentre riferivamo ai nostri compagni quel poco che avevamo scoperto che
scoppiò la rissa. Dapprima, attraverso il sistema di comunicazione, Polgrim
e Thorin furono invitati a recarsi negli alloggi dei nani, la qual cosa non
destò in noi sospetti. Dopo alcuni istanti, tuttavia, il comandante chiamò
con urgenza anche Adesir e Crassius invitandoli a recarsi anche loro negli
alloggi dei nani. Qualcosa non andava, a quel punto era chiaro, così
impugnai la spada e, presagendo il peggio, seguii Adesir rapidamente.

La
camerata era semidistrutta, e trovammo alcuni nani e ancor più uomini a
terra, chiaramente privi di sensi a seguito del pestaggio. Polgrim veniva
verso l'uscita con un occhio nero ed un labbro tumefatto, trascinando due
soldati romeldani e seguito dal fratello, con un'aria visibilmente
compiaciuta. Era evidente che i due avevano avuto la meglio nella rissa, e
la cosa mi fece piacere, anche se ero contrariato per il fatto che i nostri
amici vi avessero preso parte anziché calmare gli animi.

Naturalmente,
fu difficile chiarire le cose, poiché ciascuno pareva ansioso di riferire
una propria versione dei fatti colorendola di insulti e frecciatine che in
più di un'occasione rischiarono di riaccendere la rissa. Iniziammo a
capirci qualcosa solo dopo che giunse Crassius a tenere buoni i suoi, e
Adesir fu in grado di imporsi facendo raccontare le diverse versioni ai
superstiti in grado di parlare. In realtà le cose erano abbastanza
semplici: la sera prima i romeldani avevano giocato ai dadi ed avevano vinto
con i nani, ma ora si erano accorti che il borsellino contenente la vincita,
ammontante a trentun monete d'argento e sei di rame, era sparito. I soldati,
pur non avendo alcuna prova tangibile,  non avevano perso tempo nel
recarsi agli alloggi dei nani etichettandoli sommariamente come ladri, i
quali avevano ovviamente reagito e ne era scaturita la rissa.

Ci
volle comunque tempo per chiarire le cose, poiché sulle prime fummo
costretti a richiamare lo stesso Crassius, il quale rivolgendosi con
appellativi poco rispettosi ai nani, non ci semplificò certo le cose.
Naturalmente, era assai difficile anche tenere a freno Polgrim e Thorin, i
quali, forti del fatto di aver abbattuto da soli una mezza pattuglia di
romeldani, erano in preda all'euforia ed avrebbero proseguito
tranquillamente a rompere denti e fracassare mandibole e setti nasali. 
Alla fine, dopo esserci spostati al circolo ufficiali, ricostruimmo il tutto
e venimmo a sapere che uno dei soldati aveva inciso su una delle monete di
rame sparite il nome della propria amata, il che poteva essere un sistema
utile per rinvenire il borsellino e chiarire una volta per tutte di chi
erano le eventuali colpe. Così Warnom annunciò la possibilità di
individuare il corpo del reato ricorrendo alla magia, e formammo un gruppo
di indagine composto dal prete stesso, io e Adesir, poiché Crassius si
rifiutò di accettare la partecipazione di altri che non ritenesse onesti e
non coinvolti, come i nani stessi, Rethys o l'elfo Daeron.

Per
non sollevare ulteriori polemiche di cui evidentemente non c'era bisogno,
accettammo le condizioni del generale romeldano, e iniziammo a seguire le
indicazioni che Warnom ci dava agendo da tramite per la sua divinità che in
quel momento ne illuminava i passi.

-
Gawain, quel borsellino non deve uscire fuori - mi bisbigliò ad un orecchio
Morick, senza farsi notare. - Almeno non negli alloggi dei nani, altrimenti
qui scoppia un putiferio e il viaggio diventerà una rissa continua!

Annuii
distrattamente, condividendo in pieno i suoi timori, quindi seguii gli altri
due, che iniziavano a scendere sotto coperta. Naturalmente, Warnom ci guidò
agli alloggi dei nani, che facemmo evacuare per condurre le indagini e, come
ci aspettavamo, trovammo subito lì il maltolto. Ci guardammo preoccupati
per un istante, quindi mi premurai di esprimere le preoccupazioni di Morick
e mie a riguardo del ritrovamento e convenimmo di fingere il ritrovamento in
altro luogo. Senza perdere tempo, Adesir nascose il borsellino in una manica
della sua giacca, quindi seguimmo Warnom fino all'altra uscita, su per due
ponti e poi fino alla dispensa, dove inscenammo il recupero in uno degli
armadietti, dietro i contenitori della farina.

Quando
annunciammo la cosa, ovviamente vennero a cadere le accuse sui nani. Gli
uomini di Crassius sarebbero stati frustati per il disordine causato, e
forse ingiustamente, ma in cuor nostro sapevamo di aver agito per il bene
della missione. Del resto, era probabile che i nani non c'entrassero nulla
comunque, poiché era assai più probabile che una delle spie avesse ordito
la cosa a bella posta per creare il malcontento a bordo...

passarono
otto giorni di navigazione, fortunatamente senza che accadessero ulteriori
spiacevoli eventi a bordo. Gli animi sembravano essersi placati e uomini e
nani avevano ripreso a giocare ai dadi ed alle carte come prima, forse solo
con un pizzico di attenzione in più. La sola cosa curiosa la riferì Warnom,
poiché sembrava che una delle due spie non risentisse della dissenteria che
lui gli aveva causato, indice forse di una maggior protezione che metteva
l'individuo in grado di agire ai nostri danni. Rafforzammo la sorveglianza,
ma in ogni caso non notammo comportamenti sospetti e tutto saembrava andare
per il meglio. Anche Rethys mi confermò che non c'erano particolari motivi
di preoccupazione; la flotta themanita si trovava a tre giorni da noi quando
eravamo approdati a Adesil, ma ora, in virtù della nostra maggiore
velocità, eravamo certamente tornati a incrementare la nostra distanza
dagli inseguitori.

Il
clima si faceva via via più rigido, e mi trovavo spesso a pensare alla mia
lontana Esmeldia. In quei giorni si festeggiava l'anniversario della
fondazione di Bor-Sesirim, una festa in cui tutti si scambiavano doni in
ricordo della grande distribuzione di cibo da parte del primo Duca della
neonata città, tanto, tanto tempo addietro. Chissà ora come e se
festeggiava, la gente di Bor-Sesirim? La dominazione dei themaniti aveva
soppresso quell'antica usanza o il nostro fiero spirito era riuscito a
mantenere viva la tradizione?

L'ottavo
giorno avvistammo terra, e il comandante decise di fare una sosta per
verificare la possibilità di imbarcare altre riserve di acqua potabile che
consumavamo in gran quantità. Avevamo avvistato un'isola, piuttosto
piccola, per la verità, dall'apparenza disabitata. La sosta, inoltre, ci
avrebbe consentito di abbandonare le due spie senza destare allarmi o
sospetti particolari, il che ci avrebbe dato un altro vantaggio sugli
inseguitori. Su suggerimento di Adesir, il comandante decise di effettuare
un giro completo prima di far scendere le scialuppe, e fu così che
avvistammo, alle spalle della prima, una seconda isoletta ben più modesta
nelle dimensioni, ma dall'apparenza non altrettanto disabitata. La cosa
strana era che, sebbene fossero quasi attaccate, solo la prima delle due
isole era rappresentata sulle carte acquistate da Warnom a Adesil, mentre la
seconda non appariva affatto.

Si
trattava di un fazzoletto di terra pianeggiante, sul quale si ergeva una
torre simile ad un faro e delle abitazioni, il tutto pareva ricoperto da una
specie di strana pianta rampicante quasi del tutto imbiancata dalla neve.
Mano a mano che ci avvicinavamo, incuriositi, distinguevamo più
particolari, fino a che fu chiaro che c'era una figura ad attenderci, su un
piccolo pontile. Si trattava di un uomo, che agitava le mani al nostro
indirizzo. La Divina Speranza calò le ancore, e presto la nostra scialuppa
fu in acqua. Thorin scese in barca rapidamente e senza esitazioni,
portandosi rapidamente alla prua, in una posa che ricordavo come tipica di
Frostwind.

L'uomo
vestito di bianco sembrava invitarci con fare cordiale, ed appariva
piuttosto giovane, con lunghi capelli lisci che arrivavano a metà della
schiena. Quando salimmo sul pontile, Frostwind fece per andargli incontro,
come ansioso per l'incontro, ma io lo afferrai saldamente trattenendolo,
poiché preferivo che fossero Adesir, Morick e Warnom a parlare per primi
con quel misterioso ospite.

-
Sono qui, maestro - disse Thorin, con la voce di Frostwind. Quelle parole mi
fecero correre i brividi lungo la schiena, mentre ci avvicinavamo.

-
Benvenuto, figliolo - rispose l'uomo, sorridente.

Improvvisamente,
ricordai un sogno. Avevo visto tutto, in quel sogno, e mi trovavo
all'interno del faro, dalle cui finestre si vedeva solo il mare. Ed avevo
visto anche quell'uomo, dal fare cordiale e benevolo, che mi aveva parlato.
Ora sapevo chi era.

-
Tu sei Perigastus! - esclamai.

-
Ebben si, io sono Perigastus - fece eco l'uomo. Quindi, con un gesto, allungò
la mano verso Thorin e la staffa che da tempo portava con sé si liberò
dalla sua presa per levitare fra le mani del suo legittimo ed antico proprietario.