Agiografie Imperiali del X° Secolo: Il Leone ed il Falco
Biblioteca di Lalad-Nor - 5 Maggio 937
Parte III, Capitolo 2: "Luci nella notte"
Seduta del 12/04/2005
Luci nella notte
il
panorama che si parò ai loro occhi era alquanto inusuale per le Grandi Pianure.
A parte l'immensa distesa di bacche bianche che sembrava inondare come un mare
tutto l'orizzonte visibile, le modeste colline che spuntavano dalla Pianura
Perduta a poche miglia di distanza apparivano verdeggianti e ricoperte da
boschi, rivelando un tipo di vegetazione normalmente del tutto assente per
quei luoghi. Tentando di trovare una giustificazione per quella stranezza,
Polgraam aveva commentato che poteva trattarsi di un effetto della stessa Fonte
del Cuore, che poteva diffondere nella terra le sue proprietà miracolose e
favorire cosi la rigogliosa crescita delle piante che altrove non era possibile
nelle pianure.
Ma
il problema che dovevano affrontare non era certo quello. Avevano qualche
migliaio di spettri che, pur non avendoli attaccati come si sarebbero aspettati,
avevano dimostrato di poter essere alquanto letali, ed erano costati già la
perdita di un cavallo. Con tutta probabilità, le creature spettrali sarebbero
ricomparse al prossimo calar del sole, riproponendo il problema. Inoltre, c'era
la misteriosa Mantide, una tribù delle meno raccomandabili, a quanto diceva
Polgraam, o almeno uno sciamano il cui potere era tanto forte da poter tenere
sotto controllo migliaia di spiriti in bilico fra il mondo dei vivi e quello dei
morti. E poi, la Fonte del Cuore doveva pur sempre essere trovata, visto che il
riflesso avvistato la sera prima da Exilim si era rivelato un falso indizio,
essendo causato solo dai due totem incrociati.
Di
certo, la possibilità di trovare la fonte magica era un'opportunità unica, sia
per curare Lunya, come sosteneva Ser Agraman, sia per il potere che essa pareva
donare a chi l'avesse trovata, cosa che allettava decisamente Eliars e
probabilmente anche gli altri, che tuttavia non lo ammettevano apertamente come
il mercenario. Il dubbio era se affrontare gli spettri, la Mantide e la ricerca
della fonte, oppure se riprendere il viaggio verso Bor-Sesirim e lasciarsi tutto
alle spalle, rinunciando forse a quello che sembrava essere a Lunya e Polgraam
un inequivocabile segno del destino e del favore delle loro divinità, per arduo
che potesse essere il compito.
La
discussione sul da farsi fu travagliata come al solito, e costellata delle ormai
consuete battute sarcastiche che Eliars e Ser Agraman si scambiavano
vicendevolmente, essendo due persone di morale e carattere assai differenti. Il
primo era attratto dalla prospettiva di potere che la fonte pareva promettere,
mentre il secondo riteneva assurdo che, dopo aver rischiato la vita per il
recupero del sigillo e della dignità di Exilim, si dubitasse di dover
affrontare dei rischi per il bene della sacerdotessa di Silemine.
Nell'inflessibile codice etico del cavaliere, il tentativo di trovare la fonte
era semplicemente cosa dovuta nei confronti di Lunya, mentre per gli altri era
una decisione da prendere come tante altre.
Ancora
una volta, Exilim diede prova di saggezza, ascoltando e discutendo tutto ciò
che i compagni avevano da dire, inclusi i battibecchi personali, per poi
lasciare la decisione a Lunya, la quale pareva essere guidata, ultimamente,
dalla volontà soprannaturale e mistica di Silemine stessa. Era stata la dea,
infatti, a indurla al viaggio verso Bor-Sesirim, anche se Lunya non poteva
sapere se la reale meta fosse la città esmeldiana o proprio il fatto che lungo
il percorso avrebbe avuto l'opportunità di trovare la Fonte del Cuore. Ma era
difficile pensare che i lupi, legati peraltro alla sua strana malattia, avessero
causato una deviazione che per puro caso li aveva condotti nella Pianura
Perduta: una donna di fede sapeva che simili eventi erano le manifestazioni più
consuete della volontà divina, il caso non esisteva. Pertanto, Lunya decise che
avrebbero dovuto fare il possibile per risolvere i problemi con gli spettri e la
Mantide, e soprattutto, per trovare la Fonte del Cuore.
smontarono
il campo a metà giornata, dopo aver riposato, e si misero in marcia verso le
colline, dato che quella era la direzione "del cuore" che Eliars aveva
sentito quando la spada gli aveva permesso di percepire, in qualche modo, la
natura delle creature spettrali. Si avventurarono quindi nel mare bianco, con
Polgraam e Ser Agraman a cavallo, dato che non v'era ragione per usare tutti il
disco fluttuante, e impiegarono più del previsto per giungere ai margini della
prima collina, segno che la percezione delle distanze, in quella pianura così
ampia, era inevitabilmente poco precisa. Fu solo quando si trovarono di fronte
al rilievo verdeggiante che tornarono a udire i versi degli animali: cinguettii
di uccelli, stridii di insetti, piccoli e rapidi movimenti tra le fronde
rivelarono loro che il bosco collinare era certamente più vivo di quanto non
fosse la Pianura Perduta.
Polgraam
e Zak, i più agili e i soli non impacciati da pesanti armature metalliche
effettuarono un primo sopralluogo di esplorazione, immergendosi nella
vegetazione dalla quale ricomparvero solo dopo un po', annunciando di non aver
trovato pericoli o alcunché di strano. Almeno temporaneamente rassicurati da
quelle notizie, si avventurarono quindi all'interno della macchia, iniziando a
muoversi lungo i pendii che si facevano più scoscesi mano a mano che si
procedeva verso l'interno, costringendo l'intero gruppo a proseguire a piedi
dopo pochi passi. L'aria all'ombra degli alberi era fresca e profumata, i versi
degli animali rallegrarono un po' gli spiriti allontanando i pensieri dagli
spettri della notte prima e il sottobosco non particolarmente intricato
consentì al gruppo di procedere senza difficoltà fino a raggiungere la cima
della collinetta senza aver trovato nulla di interessante o di anomalo.
- A
mio parere non vedremo nulla fino alla notte - disse Exilim, commentando le
infruttuose ricerche effettuate durante l'ascesa. - Direi che la cosa migliore
da fare è accamparci qui e riposare nell'attesa, magari facendo qualche breve
ricognizione nei dintorni, senza allontanarsi troppo.
Non
avendo faticato poi molto, alcuni colsero l'invito e si dedicarono ad ulteriori
esplorazioni, ma fu presto evidente che, qualunque fosse il segreto di quel
luogo, non era nascosto sulla collina che avevano affrontato per prima. Così
furono Zak e Ser Agraman ad allontanarsi maggiormente, nel tentativo di scovare
almeno un indizio che potesse tornare utile nella loro ricerca.
I
due decisero di scendere dall'altro lato del rilievo, diretti verso la collina
successiva, e raggiunsero il canalone che le separava, dove si separarono. Il
carusaliano esplorò la zona del canalone, punteggiata di numerose aperture che
potevano nascondere l'accesso ad un complesso sotterraneo o ulteriori passaggi
non visibili dall'esterno, ma trovò che si trattava in tutti i casi di semplici
grottini, poco più di nicchie, che non celavano nulla di interessante. Nel
frattempo, il cavaliere esmeldiano prese a salire lungo la seconda collina,
esplorando ogni anfratto gli paresse idoneo a nascondere qualcosa. Ma ancora una
volta si ritrovò sulla sommità, ancora una volta aveva di fronte una nuova
collina un po' più alta, ancora una volta non aveva trovato nulla.
Incurante
del tempo che passava e deciso a scoprire qualcosa di utile, Ser Agraman non si
perse d'animo e iniziò a scendere anche dalla seconda collina, lungo il fianco
esposto dal lato del Sesir, fino ad attraversare un secondo canalone che non
degnò di attenzione, convinto in qualche modo che ciò che cercava fosse su una
delle colline. La vegetazione si fece più fitta nella macchia che copriva il
terzo colle, e in alcuni punti dovette ricorrere alla spada per aprirsi un
varco, procedendo sempre verso l'alto e sempre senza notare nulla di
interessante. Seguendo il fianco orientale, poco a poco il profilo di una quarta
collina iniziò a delinearsi alle spalle di quella che stava esplorando, e si
chiese se quella piccola catena di rilievi avesse una fine. Mano a mano che
osservava l'orizzonte, tuttavia, si rese conto che la nuova collina che si
rivelava ai suoi occhi era decisamente più alta e ampia di quelle viste finora,
e la cosa lo incuriosì al punto che decise di proseguire nonostante il sole
stesse iniziando a calare sulla pianura. Fece un rapido calcolo del tempo che
aveva impiegato e decise che sarebbe riuscito comunque a rientrare al campo,
quindi si portò in prossimità della sua terza vetta. E qui la sua ostinazione
fu premiata..
Il
cavaliere non aveva modo di sapere se stava osservando ciò che serviva loro o
ciò che stava cercando, ma di qualunque cosa si trattasse, non era sulla
collina di fronte ma piuttosto nel terzo canalone che si stendeva sotto di lui.
A differenza dei precedenti due, questo era assai più ampio e la prima cosa che
catturò la sua attenzione furono delle ampie volute di fumo che si levavano dal
basso. Inizialmente non fu in grado di distinguere meglio, ma dopo pochi
istanti, apparentemente dagli stessi punti che avevano prodotto il fumo, si
accesero delle luci. Poco a poco, decine e decine di piccoli fuochi delimitarono
quello che pareva essere un perimetro molto ampio, che si stendeva in parte
anche oltre la collina più grande, lungo uno dei suoi fianchi. Infastidito
dalla luce del sole morente che lo abbagliava, Ser Agraman cercò di appostarsi
in modo da vedere meglio cosa vi fosse in quel canalone, facendo attenzione a
non rivelare la sua presenza.
Dopo
qualche minuto, con il sole ormai quasi del tutto oltre l'orizzonte, l'esmeldiano
cominciò a distinguere qualche particolare in più. Dapprima vide qualcosa in
movimento, piccole figure di taglia umana che si muovevano entro il perimetro
illuminato, che sembrava delimitare ora un singolare accampamento fatto più di
costruzioni di legno che non di tende. Una cosa singolare, si disse, visto che
al limite si aspettava di trovare una tribù di barbari, che notoriamente non
edificavano simili rifugi. Poi, aguzzando ancora la vista, osservò meglio le
luci e si accorse che in alcuni punti sventolavano delle bandierine,
all'apparenza tutte uguali, il cui colore prevalente era il giallo. Rimase per
alcuni istanti, immobile, nel tentativo di cogliere quanti più particolari
possibili, ma non ebbe modo di vedere altro, anche perché in quel momento il
buio iniziava a farsi più fitto e comprese di doversi muovere rapidamente per
fare ritorno al campo. Fra i suoi compagni, sperò, c'era probabilmente qualcuno
a cui le sue descrizioni avrebbero rivelato utili informazioni.
ricongiuntosi
a metà strada con Zak, anche lui di rientro al campo, Ser Agraman gli raccontò
ciò che aveva visto, ma il carusaliano non sembrò trarre utili indicazioni
dalla scoperta. Così si affrettarono a rientrare e qui misero gli altri al
corrente della cosa, sottolineando in particolare che, di chiunque si trattasse,
era evidente che non erano soli su quelle colline. La notizia, ancorché utile
perché portava informazioni, non suscitò ovviamente entusiasmo. Un conto era,
come avevano immaginato, doversi confrontare con un potente sciamano o altra
entità che controllava gli spettri, altra cosa era ipotizzare un confronto con
un'intera tribù, viva e vegeta a quanto pareva. Soprattutto perché, da quanto
ricordava Ser Agraman, se la dimensione del villaggio era indicata dal perimetro
dei fuochi che aveva visto, si trattava di un accampamento anche più grande, e
quindi numeroso, di quello dell'Alce Bianco!
Nel
mezzo della discussione, Polgraam e Zak decisero che era inutile continuare a
parlare della cosa senza avere un'idea più precisa di quanto aveva visto il
cavaliere esmeldiano, così quasi senza avvisare, si inoltrarono nella macchia
per una breve ricognizione notturna dalla quale speravano di ottenere maggiori
dettagli. Il consigliere di Exilim fece ancora una volta ricorso alle sue arti
magiche per instaurare, dopo che fu passata almeno un clessidra di tempo, un
contatto mentale con Eliars ed Exilim, raccontando loro ciò che vedevano nei
pressi del misterioso accampamento. Le luci viste da Ser Agraman provenivano in
realtà da un perimetro di pali alti quanto due uomini, che recavano ciascuno
due torce accese, e sulla sommità avevano la strana bandiera gialla sulla quale
nessuno aveva azzardato ipotesi. All'interno del perimetro, videro le
costruzioni di legno, alcune più grandi di altre, e numerose pire che ardevano
rischiarando l'insediamento, che pareva tuttavia quasi deserto, ad eccezione di
pochi fugaci avvistamenti sui quali, tuttavia, non fu possibile avere dettagli
poiché avvenivano sempre a grande distanza. Di tanto in tanto, lungo il
perimetro ma all'interno dello stesso, erano presenti delle postazioni rialzate,
dove si intravedeva qualcuno di guardia.
Ad
un tratto il contatto mentale si interruppe, evidentemente la magia di Zak non
gli permetteva di tenerlo per una durata maggiore. Così Exilim decise ancora
una volta di effettuare una ricognizione dall'alto e si levò oltre il bosco,
fino a scorgere quanto si stendeva al di là della quarta collina, la più
grande. Stavolta ebbe modo di vedere il lago, la Fonte del Cuore. Era poco più
di un laghetto di montagna, non più ampio di tre o quattrocento passi, e si
trovava oltre la grande collina, ma anch'esso risultava all'interno del
perimetro illuminato. Almeno ora sapevano dove si trovava ciò che stavano
cercando. Nel tornare ad abbassarsi sul campo, Exilim ebbe anche modo di notare
che ancora una volta le bacche della Pianura Perduta erano di colore rosso
sangue, ma l'esercito degli spettri non era visibile da nessuna parte.
Quando
Polgram fece ritorno al campo era ormai l'alba, e dopo pochi minuti giunse anche
Zak che si era attardato per verificare che non fossero seguiti. Fortunatamente
sembrava che non vi fosse nessuno sulle loro tracce, anche se questo sembrava
strano. Infatti, nel riferire quanto era accaduto dopo l'interruzione
dell'incantesimo di contatto, i due esploratori raccontarono che ad un tratto si
erano venuti a trovare a breve distanza da una delle sentinelle, al punto che
Zak poteva vederlo negli occhi. Poiché i due erano nascosti nel fogliame, non
era chiaro se la sentinella li avesse scorti, ma in effetti dopo pochissimi
istanti aveva suonato una campana che si trovava nella sua altana, al cui suono
avevano fatto eco quasi immediatamente tutte le altre postazioni. Temendo di
essere stati scoperti, Zak e Polgraam erano fuggiti immediatamente, ma avevano
avuto il tempo di notare che nessuno pareva affollarsi al richiamo
nell'accampamento, e soprattutto che nessuno era uscito dal perimetro illuminato
per dar loro la caccia, come sembrava dimostrato dal fatto che non erano stati
seguiti.
La
situazione sembrava complicarsi maggiormente, a quel racconto, dal momento che
era quantomeno sospetto il fatto che nessuno fosse uscito dal villaggio, se
realmente si era trattato di un allarme e i due esploratori erano stati
scoperti. D'altra parte, era anche sospetto che un insediamento così grande
sembrasse quasi disabitato, dato che non avevano visto mai molte persone, mentre
avrebbe dovuto ospitare una folla, a giudicare dalle dimensioni. Le varie
congetture non approdarono a nulla, per quanto tutti si sforzassero di
ipotizzare gli scenari più bizzarri.
Fra
tutte le considerazioni la più controversa era quella di Eliars, che sebbene
non ricordasse (o sembrava non ricordare) le sue capacità di protezione dagli
spettri, ora che ne era stato messo al corrente da Exilim pareva aver acquistato
molta fiducia nelle sue possibilità. Il mercenario sosteneva di poter provare a
convincere gli spettri a unirsi alla loro causa. La sua idea era che qualora
avessero mostrato di volerli liberare dal giogo dell'entità che li
manipolava, intrappolandoli nel limbo fra la vita e la morte, questi non
avrebbero probabilmente esitato a dare il loro contributo. La cosa naturalmente
non fu ben accolta dagli altri, che al solo pensiero di avere al fianco un
esercito di morti rabbrividivano. E in particolare Lunya, che per la sua stessa
fede religiosa aborriva anche solo l'idea, ritenendo che gli spettri fossero un
abominio da sradicare con ogni mezzo e non certo esseri con i quali prendere
accordi.
Ma
Eliars riteneva di poter avere qualche altra utile informazione grazie ai poteri
della sua spada, che fece scivolare fuori dal fodero.
In
quell'istante Lunya urlò terrorizzata, facendo un balzo all'indietro. Non
appena il mercenario aveva impugnato l'arma, il suo volto le era apparso
orribilmente trasfigurato, al punto da sconvolgerla. Ma quando aveva riposto la
spada nel fodero, all'urlo della ragazza, ll'effetto era sparito. Quale oscuro
potere si celava dunque in quella lama?
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