Il mercato dei giochi da tavolo è in crescita a livello mondiale, ma in Italia la cosa si è percepita in modo particolare negli ultimi anni, con un vero e proprio boom di case editrici, giochi editi, localizzati, fiere, ecc. Soprattutto di giocatori o almeno semanticamente presunti tali.
Se date un'occhiata sui social più popolari, pullulano foto di librerie piene di giochi, di scatole ammassate “bottino” dell'ultima fiera o black friday, addirittura di pacchi chiusi con sotto la domanda “cosa ci sarà dentro?” (alla quale puntualmente mi viene istintivo rispondere “stocazzo”).
Se poi leggete i post che intervallano queste piccole esibizioni onanistiche, il vuoto assoluto:
“Mi consigliate un filler per 10 persone?” - Caylus
"Ho comprato questo gioco, è bello?” - ma chiedere prima di comprare, no?
“Vorrei un parere su questo gioco” - è bellissimo - è unammerda - prendilo, capolavoro! - buttalo, camino! - sono le argomentazioni più profonde e ricorrenti.
Fermarsi però allo sconforto non basta e non possiamo esimerci dal riflettere sul perché di tutto questo e sulle sue conseguenze.
1. Errato contesto
Capisco chi si lamenta che su facebook e altri social media non si riesca mai ad approfondire le cose e che tutto rimanga tristemente superficiale. Lo capisco, però solo fino a un certo punto: questi mezzi sono fatti per risposte brevi e veloci, per loro natura NON vogliono approfondire nulla. Le conversazioni hanno una scomoda struttura a nido, con notifiche che arrivano solo dove sei intervenuto direttamente, nascondono i post più lunghi, per cui devi volontariamente cercarli e leggerli, infine sono media che non hanno memoria e una qualsiasi conversazione sparisce nell'oblio dopo un giorno o due. Perciò lamentarsi del contenuto, quando è il mezzo stesso a non favorirlo, ha senso solo fino a un certo punto. Facebook è nato per conversazioni superficiali con vecchi amici del liceo e per postare meme divertenti, non per approfondire le cose. Ah, anche per raccogliere milioni di dati sulle nostre abitudini e fare pubblicità mirata: direi che non è secondario al discorso che stiamo facendo.
2. Hobby di massa
Quando un passatempo viene sdoganato e passa dalla nicchia alla massa, è inevitabile – lo dice la parola stessa – che si massifichi. Quindi tanto hype, poca critica, facili entusiasmi, poche analisi, molta apparenza, poca sostanza.
So già che nelle teste di qualcuno riecheggiano accuse tipo snob, ludical-chic, elitarismo, e bla bla bla. Grazie, le prendo come un complimento.
3. Apparenza vs sostanza
L'estetica e la forma prevalgono sulla sostanza e sulle meccaniche. Un sondaggio su quanto contasse l'aspetto estetico dei giochi, che ho letto con un certo sconforto, vedeva la stragrande maggioranza degli interpellati rispondere con parametri che andavano da “tantissimo” al “70%”, a “fondamentale”, fino a “tutto”.
Significa che un bel disegno, una bella copertina, delle belle miniature, contano più – e parecchio di più – nel giudizio finale di un gioco, di voci come meccaniche, bilanciamento, scalabilità, rigiocabilità, originalità, eccetera.
Probabilmente molti degli interpellati non sanno nemmeno come analizzare tali caratteristiche in un gioco (e si torna al discorso della massa), ma è abbastanza triste appurare questa situazione diffusa, dopo aver giocato qualche Splotter Spellen. O forse meglio così: almeno molti non li compreranno in partenza e non dovremmo sorbirci post del tipo: “questo gioco è bruttissimo perché non ha nemmeno miniature e il tabellone ha una grafica orribile”. Grazie, a posto così.
4. Feedback positivo
Uno – ingenuo – ha provato a far notare che magari postare sempre foto di scatole chiuse, giochi nuovi a decine, collezioni, eccetera, non fosse esattamente costruttivo. Intanto vedi il punto 1. Poi naturalmente è stato subissato di critiche e prese in giro. Rimanere nel gruppo è confortante e lo è fintanto che il gruppo ti appoggia. Dà una sensazione di sicurezza, di “branco”, di stare facendo la cosa giusta. Appena qualcuno ne mette in discussione il funzionamento, si cercano da una parte tutte le giustificazioni possibili (è bello, è normale, a me piace), dall'altra si attacca la critica, o più spesso chi la fa (puoi anche andar via, puoi non leggere, snob, elite e compagnia).
Il punto è che migliorarsi è faticoso. Costa sacrificio, costa impegno, soprattutto si tratta di confrontarsi, di discutere, mettersi in gioco. Anche prendere delle facciate. Molto più sicuro e confortante rimanere come si è, assieme agli altri, al calduccio.
5. “Recensioni”
Quelli che dovrebbero aiutare i consumatori a diventare giocatori pensanti sono prima di tutto articolisti e recensori. Quello che sempre più spesso leggo in giro sono recensioni che non sono tali, ovvero enormi riassunti delle regole con quattro righe nemmeno di analisi, ma di concetti riassumibili in qualcosa del tipo “è molto bello, molto ben fatto, ci siamo divertiti molto”. E questo quando va bene. Spesso sono palesi marchette, più raramente hanno analisi del tutto errate, o spacciano come geniale ed originale qualcosa che è di un vecchio e di una banalità disarmanti.
Quindi non solo non aiutano, ma vanno ad alimentare un consumo acritico e bulimico di tutto ciò che esce sul mercato. Consumatori al posto di giocatori.
Una recensione presuppone un'analisi tecnica. Sennò è un riassunto (regole) o un report (impressioni). E per fare un'analisi tecnica devi averne gli strumenti. Che non significa “ho giocato a tanti giochi” e nemmeno “vinco sempre”, ma significa leggere. Altre recensioni, articoli tecnici, libri di game design. È noioso, è lungo, è impegnativo, lo so. Non è che vi obbliga nessuno. Ma non vi obbliga nemmeno nessuno a scrivere recensioni. A meno che non lo facciate per avere scatole, click o perché siete amici di questo e di quello.
Ora proviamo ad essere propositivi. Cosa si può fare per cercare di traghettare qualcuno verso argomenti un po' più alti rispetto alla nuova scatola da esibire che verrà sì e no giocata una volta (se va bene)?
In Tana proviamo a pubblicare anche qualche articolo di
approfondimento,
confronti e
guide strategiche. Qualcuno li leggerà (i dati ci dicono di sì). Il sospetto che ho è che a leggerli siano poi sempre gli stessi e che la maggior parte delle persone, là fuori, ormai si fermi e passi oltre se un testo scritto supera le cinque righe.
Qualcuno mi ha anche contattato dicendomi che questi articoli di approfondimento tecnico non servono a nessuno, che bisogna mettere in homepage report, foto di eventi, di gente che gioca, che occorre divulgare.
Fermo restando che una cosa non esclude l'altra e che pubblichiamo ben volentieri sia report che approfondimenti, la mia domanda è: siamo sicuri che la divulgazione fatta in tutti questi anni sia stata davvero così utile e positiva? L'idea “va bene tutto purché giochino” che ci ha animato nell'intento di far scoprire questo mondo al grande pubblico, ha davvero creato nuovi giocatori o solo nuovi consumatori? Forse dovremmo – mea culpa, nessuno escluso – ripensare al modo in cui tutti divulghiamo.
Qualcun altro mi ha infine contattato scrivendomi che servono tette&culi e che i click si fanno con quelli. Tette+meeple, culi+scatole. Sicuramente attireremmo un esercito di consumatori, con questa tecnica, ma no grazie, per quanto mi piaccia quella roba in altri contesti, penso ancora che il nostro scopo sia un altro, per quanto donchisciottesco possa apparire ai più.
Autori ed editori di sicuro gongolano in questo clima. E li capisco, fanno anche bene: ci campano. Nessun editore vi dirà mai di non comprare il suo gioco perché in fondo è venuto fuori così così-così e ce n'è uno vecchio di dieci anni che ancora gli dà una pista. Ben vengano per loro le recensioni sempre positive, le foto entusiaste, l'ultimo gioco che è sempre migliore del precedente. Non è un'accusa – puoi accusare qualcuno di portare la pagnotta a casa a fine mese? – è una constatazione (non metto “semplice”, perché davvero leggendo in giro mi pare che non sia così immediatamente comprensibile per molti).
Quindi, alla fine, il rimedio? Sommersi dall'effetto Dunning-Kruger c'è ancora speranza? Mi piace pensare di sì. Rimanendo con i piedi per terra però: l'hobby del gioco da tavolo è ormai un hobby di massa e questo comporta tutte le storture enunciate sopra. È inevitabile ed irreversibile. Per ogni cento lettori sui quali un articolo di approfondimento o una recensione critica non faranno presa, o addirittura saranno visti come inutile snobismo elitaristico, ce ne sarà magari anche uno solo che sarà incuriosito, che farà domande, che inizierà a leggere e confrontarsi. Forse è poco, pochissimo, ma tanto mi basta.