Bellissimo. Grazie
Greg Kostikyan scrive questo Uncetainty in Games, che tra l'altro nemmeno trovo per kindle e mi tocca portarmelo dietro cartaceo, sottolineando con un mozzicone di matita verde, non perché voglia fare l'originale a tutti costi, ma perché è la prima che ho trovato nel marasma di casa mia.
Naturalmente non vi racconterò tutto il libro (quello se vi interessa cacciate i soldi pure voi), ma giusto i concetti fondamentali. Tenete presente che molti dei suoi esempi derivano dai videogiochi, ma sono presenti anche tanti giochi da tavolo.
Primo assunto: l'incertezza è una caratteristica di tutti i giochi.
Si parte da Callois, che Kostikyan non ha remore anche a confutare: anche se alcuni giochi hanno esito certo, quello che conta è l'incertezza con cui si arriva a tale risultato.
Perché Callois è importante? Perché, come abbiamo già visto, identifica nell'alea una delle quattro caratteristiche del gioco. Anche qui Kostikyan va oltre e supera questo concetto: non è l'alea di per sé un ingrediente fondamentale, ma lo è l'incertezza e l'alea è solo uno dei tanti modi per creare tale incertezza.
“Callois is correct, therefore, in his assertion the uncertainty is a key element of play”
Secondo assunto: l'incertezza può essere veicolata in vari e diversi modi.
Vediamo dunque quali sono queste fonti di incertezza alle quali il game designer può attingere e il giocatore assaporare:
- incertezza di performance: ovvero il gioco mette davanti al giocatore una serie di elementi che questi deve in qualche modo risolvere;
- incertezza nell'impredicibilità dell'avversario: anche un gioco con tutti gli elementi noti e nessuno casuale, ha una dose di incertezza che risiede nelle azioni dell'avversario. A questo proposito, con un esempio tratto da un gioco apparentemente del tutto randomico come carta-sasso-forbici, l'autore dimostra come la mente umana non agisca mai realmente a caso e che il riconoscere dei pattern nell'avversario fa parte della bravura del giocatore;
“Your goal is to build a mental model of your opponent”
- incertezza nelle informazioni nascoste: anche se nulla è lasciato al caso, avere accesso solo ad informazioni parziali introduce un ampio margine di incertezza nel gioco;
- Incertezza nella complessità: tanto più un gioco è complesso e ramificato nel suo albero decisionale, tanto maggiore sarà la quantità d'incertezza fornita;
- Incertezza data dal caso: la fortuna, alea che dir si voglia, tenendo presente che la sua quantità e distribuzione può incidere più o meno pesantemente.
“As the number of random tests in a system approach to infinity, outcomes regress to a mean.”
“Randomness at this level (very high) has one strong advantage, as well as one strong disavantage. The vantage is that no two (…) games follow the same path. (…) The disavantage is the flip side of the coin: players often find themselves in impossibile situations.”
- incertezza narrativa: quando l'esito delle proprie azioni è incerto, perché il dipanarsi della storia stessa lo è [Nei giochi da tavolo stiamo iniziando ad assaggiare questo tipo di incertezza solo da pochissimo, con la nascita dei giochi legacy, irripetibili per loro stessa natura, in grado di creare questa aspettativa per gli sviluppi futuri; è forse anche per questa forte novità che stanno avendo tanto impatto e tanti riscontri positivi nei giocatori, NdA];
- Incertezza di percezione. La difficoltà nel cogliere dettagli importanti, perché mimetizzati, soffocati da altri.
Gli esempi su come poi implementare nei giochi questa incertezza sono davvero tanti e tutti argomentati.
“The simplest way to enable player unpredictability is to allow players to attack each other.”
Uno dei concetti chiave è comunque quello di discriminare tra sistemi stocastici e non stocastici. I dadi non sono stocastici: il loro stadio pregresso non influisce sul lancio successivo. Un mazzo di carte – non rimescolate ogni volta – è un sistema stocastico: ogni volta è possibile ricalcolare cosa rimane nel mazzo e affinare le previsioni. In questo caso “la randomicità del sistema rafforza, anziché diminuire, la strategia”.
“Eurogamers prefer games that allow them to feel that a) winning is accomplished through superior strategy and b) any random elements are peropheral and unlikely to affact outcomes strongly.”
Ovviamente sono tanti i pregi attribuiti in un gioco all'uso del puro caso: se usato in maniera massiccia, regredisce verso la media; simula eventi imprevedibili; rompe la simmetria tra le parti; introduce situazioni sempre nuove; provvede a creare tensione, sense of drama.
Il tutto controbilanciato dai suoi difetti: in eccesso, sbilancia i giochi; aumenta la sensazione che la vittoria sia dipesa dal caso; produce frustrazione quando si accanisce contro qualcuno.
Ma il nocciolo è qui: se includere o no la fortuna in un gioco è solo una questione estetica ("whether or not to harness randomness in a design is as much a matter of aesthetics as anything else").
Le forme alternative per introdurre incertezza in un gioco ci sono e naturalmente dipendono dallo scopo del designer. Troppa complessità conduce a paralisi da analisi, ma poca rende i giochi banali. Gli espedienti narrativi sono spesso in contrasto con la volontà dei giocatori. E tanti altri esempi.
“Games require a degree of player agency but stories require a degree of linearity, and these two factors are in direct conflict.”
In generale tutta la parte finale del libro è dedicata ad esempi e a far capire come un game designer possa usare tutte queste fonti di incertezza e dosarle come meglio crede, in virtù del target e dello scopo del suo gioco.
Ecco perché – concludo io – ha poco senso parlare di giochi con o senza alea come se fossero due categorie ben distinte e precise; e ha ancora meno senso sostenere che vincere ad un gioco in cui sia presente alea sia più meritevole che non farlo in uno deterministico, perché si è riusciti anche a “imbrigliare l'alea”. Ogni gioco andrebbe analizzato di per sé, poi confrontato con gli altri, considerando tutte le sue fonti di incertezza (tutte), il loro peso e gli attributi di gioco che esaltano o tarpano.
“(...) it will be more useful to read – and play – widely. So get out and play.”
Un ringraziamento a Marco Valtriani che mi ha consigliato il libro.