RecenSieri #2. Arkham Horror: Final Hour

Il nostro Wally non scherzava. Ritorna con il suo secondo RecenSiero e ci racconta la sua esperienza con questa variante (l'ultima?) dell'osannato Arkham Horror.

Giochi

Ho un amico che ama Howard Phillips Lovecraft. Ne parla continuamente, fa citazioni, ha letto alcune (forse tutte?) delle sue creazioni e ha una sua foto sul comodino alla quale rivolge domande e dubbi esistenziali. No, non è vero... ma è davvero un suo fan sfegatato.

Un giorno si presenta con un gioco, Arkham Horror, e mi dice che “È bello! Vedrai che ti piacerà un sacco!”. Apre la scatola, tira fuori questo enorme tabellone e inizia a prelevare vari mazzi di carte, per non parlare dell’infinita mole di gettoni e segnalini di ogni genere. Dopo un’estenuante (per me) ora circa di set-up (lui elettrizzato mentre sistemava le cose sul tavolo) mi dice:  “Allora, queste sono le carte luogo, poi vedi… questi sono gli oggetti, questi sono gli alleati, queste le magie... quando tiri il dado devi fare 5 o 6 altrimenti rischiamo di risvegliare il Grande Antico!” e io: “Eh?”. Così iniziò la mia avventura nel mondo ludico di questo precursore della fantascienza angloamericana, contaminata da horror e fantasy. Capitò di rivedersi per giocare diverse partite tutte sulle tre orette minimo, a volte anche in 6/7 giocatori, infinite e catastrofiche (non si vince molto spesso) ma non del tutto deludenti. 

Arkham Horror non l’ho mai aggiunto alla mia raccolta, non la prima edizione almeno (ma questa storia ve la racconterò in un’altra circostanza). Eppure, quel mondo un po’ malato e macabro, con i suoi mostri dai nomi altisonanti e impronunciabili che Supercalifragilistichespiralidoso spostati, aveva lasciato in me qualcosa. E proprio quel qualcosa mi ha portato ad approcciarmi a questo mondo Lovecraftiano acquistando Arkham Horror: Final Hour, edito in Italia da Asmodee, “un gioco” cito “collaborativo di caos e misteri”, gioco del quale voglio darvi la mia opinione, prometto, nel pieno della mia sanità mentale (ahah).

La ciccia in bella evidenza.

Come funziona?

Non mi dilungherò sul contenuto della scatola, in quanto non è questo il mio scopo, ma cercherò di farvi capire in pochi passaggi quello che è il funzionamento di questo prodotto, della durata decisamente più contenuta rispetto agli altri giochi a tematica Lovecraft.

Intanto, tutto si svolge in una singola location, la Miskatonic University, suddivisa in tutti i vari luoghi di un campus studentesco (dormitori, dipartimenti vari, campo sportivo, ecc.). In uno di questi luoghi, diverso a seconda del Grande Antico selezionato per il set-up iniziale, sta avvenendo il consueto rituale per devastare e permettere allo Cthulhu di turno di prendere il sopravvento sul nostro Mondo. Da oscuri portali fuoriescono infauste creature che si muovono rapidamente nei vari luoghi del campus, attaccando gli investigatori che incontrano, distruggendo stanze e cercando di andare a riempire completamente il luogo del rituale, decretando così la sconfitta dei giocatori che lottano contro il tempo. Infatti, a differenza di altri titoli dello stesso universo, i giocatori hanno un massimo di otto turni per portare a termine la missione, indagando nei luoghi dell’Università e trovando i simboli corretti per fermare l’avanzata delle tenebre. 

Ciascun giocatore ha un mazzo di carte personale del proprio investigatore (le carte Azione) e quattro carte numerate da 1 a 30 (le carte Priorità) che saranno l’unico mezzo di comunicazione tra i giocatori (e a volte neanche quello). Le carte Azione, infatti, hanno due effetti, uno nella parte superiore (positivo) e uno in quella inferiore (negativo). Giocando le carte Priorità su di esse, si darà modo agli altri di comprendere quale parte della carte Azione si vorrebbe svolgere; dopodiché, quando tutti gli investigatori hanno giocato la propria carta numerata, si risolvono dalla minore alla maggiore considerando che le due carte con il numero minore svolgeranno l’effetto positivo mentre le due col numero maggiore quello negativo. Va da sé che è inevitabile che due azioni saranno sempre negative e quindi scombussoleranno i piani dei giocatori rendendo la partita più entusiasmante. Se, entro la fine dell’ottavo turno, gli investigatori, indagando in lungo e in largo per l’Università saranno riusciti a decifrare i simboli segreti per invertire il rituale, vinceranno la partita. In caso contrario, condanneranno questo mondo alla fine più atroce che ci sia.

Pensieri e considerazioni

Ci sono volute sei partite per arrivare a una vittoria, sei partite con giocatori sempre diversi sia in numero che in individui stessi. Il fatto che non si possa parlare liberamente ma che siano solo le carte a far capire cosa si vuole fare, rende ogni round una sfida di sintonia tra i giocatori coinvolti, dovendo loro intuire semplicemente da un numero quale sia l’approccio che quell’investigatore si appresta a svolgere. I mostri corrono veloci per il tabellone e devastano tutto ciò che incontrano (vivo o morto che sia) e il senso di impotenza mentre si apprestano a distruggere un luogo perché “non ti sei accorto” è palpabile. 
In azione.

Ho letto in giro su vari forum che i patiti di Arkham non hanno apprezzato particolarmente questa versione perché non coinvolge completamente, non essendoci storia né dei personaggi né tra un round e l’altro; non viene considerato un vero collaborativo perché “dove sta la collaborazione se non si può parlare per decidere cosa fare?”… Eppure, la soddisfazione che si prova quando le cose vanno come erano previste perché è bastato uno sguardo con gli altri giocatori per creare il giusto incastro di mosse, non la trovi necessariamente in un gioco in cui pianifichi tutto, per filo e per segno. Lasciatevi trasportare dagli eventi e lasciate che la strategia si accompagni ad una buona dose di fortuna e proverete del divertimento sano e positivo! Non fate i musoni quando le cose non vanno subito come previsto ma anzi, trovate la soluzione per non far ricapitare l’orrore appena commesso e iniziate un nuovo turno più sagaci di prima!

Aleatorio? Sì. Brutto? No. Veloce da spiegare e intavolare, Arkham Horror: Final Hour è un gioco che spacca in due le opinioni: chi pensa che sia troppo casuale e chi invece, come il sottoscritto, lo trova discretamente strategico ma senza dover arrivare a fondersi il cervello per la soluzione; solitamente è tutto sotto gli occhi di tutti e se qualcuno ha tendenza a distrarsi… che non dia la colpa alla casualità! 

Commenti

Ecco, questo avessi un gruppo di gioco lo proporrei: adoro la comunicazione silente tramite "azioni", come giocare una carta. Forse perché mi richiama lontane memorie delle partite di tressette?

Grazie per questo genere di pezzi.

Anche in solitario è carino. Si perde, ovviamente,  la peculiarità della collaborazione silente ma è di sicuro un titolo più facile e veloce da intavolare rispetto ai suoi parenti grandi, anche se si è da soli.

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