Sono un frequentatore della fiera da almeno 30 anni, prima come appassionato di fumetti, poi come appassionato di giochi da tavolo. Ormai, quando vado, non mi curo più della parte dedicata ai fumetti poiché, da quando sono padre di due pargoli, mi è (giustamente) concesso un solo giorno in giro per i padiglioni e lo spendo interamente per la parte dei Games. Come dicevo, quest’anno la fiera ha visto una realizzazione travagliata dopo lo stop del Covid e per me è stato possibile essere presente la sola giornata del sabato, teoricamente il giorno più affollato, sebbene con gli ingressi contingentati non credo ci fossero grandi differenze tra i vari giorni. Inizio subito col dire che la fiera era assolutamente sottotono; la parte dei Games ha visto una presenza molto ridotta degli espositori e ancora più ridotta dei tavoli dove provare giochi, il mio interesse principale in questo genere di eventi. Questa volta, rispetto agli anni passati, non c’era un solo padiglione dei Games fuori le mura ma ben 4. Uno era l’outlet di Giochi Uniti, a nord fuori le mura. Un posto buono per farci un salto e comprare qualche titolo in forte sconto ma che non presentava altro di interessante. Poi c’era un padiglione dedicato a giochi non proprio nel mio target quali Magic, Yu-Gi-Ho, Lego e altre cose del genere. Infine, c’era un doppio padiglione all’interno delle mura, sul lato nord-ovest della città con alcune case editrici e qualche tavolo. Accanto, una piccola zona al chiuso presentava anche 6-8 tavolini per giocare liberamente, ma erano perennemente occupati. Lasciando perdere le scellerate scelte logistiche che presentavano solo tre punti dove prendere il braccialetto per entrare (quest’anno non lo spedivano insieme al biglietto) di cui uno molto lontano dalla città, e un solo ingresso ai games che ti costringeva a passare prima in uno dei due padiglioni (praticamente privo di tavoli dove giocare) con fila annessa per poi andare al secondo (l’unico interessante); di seguito vi racconterò la mia giornata:
- Dopo un’ora di fila per il braccialetto accanto all’Outlet di Giochi Uniti, ne faccio un'altra di 10 minuti per entrare proprio in tale outlet, salvo uscirne a mani vuote poiché l’unica offerta di cui avrei voluto approfittare era su Horus Heresy a 30€, ma non era francamente improponibile trascinarsi dietro quello scatolone enorme per tutto il giorno. Peccato.
- Dopo una passeggiata, dunque, giungo finalmente al padiglione dei Games carico di belle speranze solo per scoprire che, purtroppo, gli espositori presenti con tavoli e giochi da provare sono solo Pendragon, Gate On Games (con una decina di tavoli di cui diversi molto piccoli e 4 di quelli tondi con cui stare in piedi), Asmodee e Red Glove. Altro era presente, ma non mi interessava e purtroppo sia Red Glove per i titoli troppo family per i miei gusti, che Asmodee perché dimostrava Khora (edito da Mancalamaro) che avevo già provato ad Essen, non li ho potuti sfruttare. Tuttavia, non mi sono perso d’animo dato che, essendoci poca gente, era piuttosto facile provare quello che c’era. Per prima cosa mi sono seduto al tavolo di Successors (I Successori in questa edizione italiana).
I Successori
Si tratta di un wargame card-driven la cui prima edizione da parte della Avalon Hill è del 1997. La Pendragon ha deciso di curare la localizzazione della quarta edizione, uscita tempo fa su Kickstarter e presentata anche ai backer italiani da questa coraggiosa casa editrice che ultimamente si ritrova spesso a curare la versione italiana di titoli in crowdfunding. Non conoscevo questo famoso gioco poiché i wargame non li amo particolarmente e ne conosco relativamente pochi, ma il colpo d’occhio al tavolo era spettacolare e la curiosità mi ha portato a sedermi. Il gioco è ambientato negli anni immediatamente successivi alla morte di Alessandro Magno, dal 323 al 301 avanti Cristo. I giocatori impersonano i 4 successori del grande condottiero che sono in lotta per il trono vacante. In questa edizione i giocatori sono stati portati a 5 con una piccola licenza storica ma il gioco è affrontabile da un minimo 2 persone. La durata riportata sulla scatola è di 90 minuti, ma secondo me è assolutamente sottostimata e si attesta in almeno 40 minuti a giocatore, dopo qualche partita per prendere dimestichezza con le numerose regole. La spiegazione è durata 40 minuti ed ha omesso parecchie cose e tante regolette secondarie per permetterci di fare almeno un round intero di gioco dato che non era possibile occupare il tavolo per troppo tempo. Il dimostratore era molto bravo e ci ha permesso di capire il nucleo delle dinamiche di gioco nonostante il compito titanico cui era stato assegnato. In sostanza si tratta di un titolo in cui, durante i 5 round della partita tutti i giocatori si alternano nei 5 turni che compongono ogni round. Ad ogni turno è obbligatorio giocare una delle 5 carte che si prendono ad inizio round per svolgerne l’evento ivi descritto od usarne i punti operazione (come in tutti i giochi di questo genere). Dopo è possibile muovere i propri eserciti (gli eserciti si muovono quando composti da almeno un generale maggiore o minore e una truppa) di un numero di spazi che va da 2 a 4 a seconda del risultato di un lancio di dado. Se con il movimento (terrestre o navale nel caso si possiedano flotte) si generano i presupposti per una battaglia, al termine di tutti gli
spostamenti si risolvono i conflitti. Le battaglie si risolvono con il lancio dei dadi cui si sommano la forza di truppe e generali più una pletora di eventuali modificatori dati dal terreno di scontro, la presenza di elefanti, forti, città ecc. ecc. Il gioco non incoraggia scontri dissennati poiché attaccare farà perdere punti legittimità che sono molto importanti per mantenere le truppe mercenarie fedeli a sé e per le condizioni di vittoria. Le carte hanno effetti molto forti e vari e ogni giocatore parte con due grandi generali pescati casualmente, ognuno dei quali ha caratteristiche e poteri asimmetrici oltre che un numero di truppe ed una posizione di partenza sulla mappa. La mappa presenta una serie di Province il cui controllo (maggioranza di territori sotto la propria influenza) dà punti alla fine del round. Al termine del 5° round vince chi ha più punti ma la partita può terminare prima in altri modi. Si vince istantaneamente facendo 20 punti (in 5 giocatori) o ottenendo 18 punti legittimità (molti dei quali si possono ottenere portando la salma di Alessandro Magno a sepoltura). Inoltre, è possibile vincere per Reggenza se controllate Alexandros nella fase preparativi del 4° round o se controllate Herakles nella medesima fase del 5°, nel caso in cui abbiate la somma più alta di punti e legittimità. Si ottiene legittimità controllando i membri della famiglia reale (Alexandros, Herakles, Olympias, ecc.) seppellendo la salma di Alessandro (un’apposita miniatura) entro la fine del 3° turno in una città maggiore, controllando il luogo di sepoltura o mantenendo lo stato di Successore, che si perde se si attacca un altro giocatore che non sia l’Usurpatore (assegnato ad inizio gioco e passato a chi attacca un altro Successore). Insomma, un titolo con tantissima carne al fuoco che mi ha colpito davvero molto e che spero di poter giocare in una partita completa quanto prima. Per ora non posso che consigliare caldamente questo gioco a quanti non sono spaventati da una buona dose di regole, una durata importante e tanta interazione a aleatorietà e cercano un titolo storicamente molto curato, di guerra e gestione della mano di carte e con tante possibilità di vittoria e mille sfaccettature tattiche e strategiche. Per me promosso a pieni voti anche per la notevole componentistica che annovera anche numerose miniature oltre che carte, plance, token ed una bellissima mappa.
Dopo questo mi sono girato e seduto al tavolo accanto, sempre Pendragon, in cui era preparata la nuova versione di Kemet.
Kemet: Blood and Sand
Non mi dilungherò molto su questo gioco che già conoscevo e che vede nuovo lustro con questa edizione lussuosa e molto grande (
e costosa sigh). Si tratta di un titolo veloce e con fortissima interazione diretta, divertente e molto vario per la notevole mole di poteri e mostri ottenibili durante la partita. Questa nuova edizione presenta belle miniature, ottime illustrazioni e raccoglitori in plastica per le tante tessere potere del gioco. Le piramidi ora sono in plastica e con i vari pezzi da impilare rispetto ad i vecchi dadi da 3 e le plance giocatore sono dual-layer. Anche i poteri ora sono di più poiché hanno aggiunto il quarto colore e con l’espansione anche altri due, se non erro. Due cose mi hanno fatto storcere il naso (oltre al costo): la mappa è per sei giocatori ma al momento non esiste l’espansione che aggiunga l’ultimo giocatore per arrivare a sei e la grafica (non le illustrazioni) è davvero pessima. Per il resto sono sicuro piacerà a chi cerca questo genere di giochi veloce e pieni di scontri e poteri variabili. Rimandato a settembre.
Mentre giocavo a Kemet ho anche incontrato l’amico Daniele Ursini con cui abbiamo proseguito il giro dei tavoli e che si è offerto di spiegare e farmi provare il nuovo gioco di Mario Papini di cui lui è stato sviluppatore: Arturo.
Arturo: un compleanno da paura
Si tratta di un gioco di carte per 2-5 giocatori con splendide illustrazioni di Guido Favaro (in Tana Mocs) e della durata di circa 15-30 minuti. È un
gioco che rientra nella categoria dei titoli più difficili da spiegare e capire che da giocare. Le carte del gioco rappresentano la disfunzionale famiglia del festeggiato Arturo da un lato e degli oggetti dall’altro. Ogni membro della famiglia richiede e fa prendere alcuni oggetti e ne ha uno differente sul retro. Praticamente si formano dei mazzetti di carte scoperte (sul lato dei familiari) e poi ogni giocatore può solo scegliere se attivare una delle carte in cima ai mazzi o girarla ed aggiungerla al pool delle carte disponibili sul tavolo (c’è una terza opzioni di cui vi parlerò dopo). Aggiunta al pool sarà un nuovo oggetto disponibile mentre sul lato familiare ha le richieste del familiare rappresentato (ad esempio Arturo vuole l’orsacchiotto mentre la mamma i cocktail). Se invece si sceglie di attivare il familiare si prenderà una copia di ogni oggetto richiesto da esso che sia nel pool e si metterà tra i regali della festa. Ci sono anche due familiari che funzionano diversamente perché uno è un jolly che può funzionare come un altro personaggio a scelta mentre l’altro (la governante) leva tutti gli oggetti del pool a patto che ce ne sia almeno uno con una ragnatela e li mette nella spazzatura. Ma come si fanno i punti? Ogni giocatore avrà coperti davanti a sé i membri della famiglia in riga. I tre personaggi più a sinistra nella riga daranno punti in base ad alcuni oggetti mentre quello più a destra li farà perdere. Gli oggetti sono quelli che in partita saranno finiti nel mazzo dei regali mentre solo la governante darà punti per gli oggetti con ragnatela finiti nella spazzatura. La terza azione accennata prima è proprio quella che permette di selezionare alcune carte speciali da un pool che permettono di manipolare i punteggi e l’ordine dei familiari nella propria riga. Ovviamente tale ordine è nascosto agli altri giocatori e quindi nessuno sa se con le proprie mosse sta avvantaggiando sé stesso o anche altri giocatori. Come dicevo è più difficile a spiegarsi che a giocarsi (alla fine sono solo tre le scelte a disposizione ad ogni turno). Quello che davvero funziona bene è il clima di sospetto che si forma per capire come fanno punti gli altri e la tensione che ogni scelta genera perché risulta sempre cruciale il timing e si spera sempre che gli altri ti aiutino inconsapevolmente. Abbiamo fatto un’intera partita vista la breve durata e ci siamo tutti divertiti molto (eravamo in 4). Gioco promosso.
Dopo la partita ci siamo andati a fare un giro per lo stand e ho incontrato l’amico Lana (importante giornalista ludico) con cui abbiamo deciso di sederci a provare Rolling Realms, un Roll&Write creato da Stegmaier (autore di Scythe, Tapestry, Viticulture, ecc.) durante la pandemia.
Rolling Realms
Titolo particolare in quanto consta di due dadi, pennarelli cancellabili, e 11 schede diverse per ogni giocatore. Ogni scheda ha le sue regole per dare punti e assegnarvi numeri in base ai dadi che si tirano ogni round. Il gioco dura 3 round di nove turni ciascuno. Ogni round si selezionano casualmente tre delle 11 schede e tutti i giocatori faranno i punti per tutto il round con le stesse tre. Alla fine, dunque, si saranno usate 9 schede diverse per i tre Round di gioco, nove regole e nove modi di assegnare i dadi e fare punti. Ogni round prevede di lanciare nove volte la coppia di dadi e di assegnarne uno per ogni scheda (due delle tre disponibili). A seconda della scheda assegnandovi i numeri si ottengono punti e/o risorse utili a manipolare i dadi. Vince chi ha ottimizzato meglio i dadi usciti. L’idea è molto carina ma per il genere di gioco ho trovato sia un pochino troppo lungo e un tantino faticoso (almeno le prime partite) capire e gestire 9 modi diversi di usare i dadi. La differenza di punteggio poi è sempre minima ed è uno dei pochissimi giochi che ho visto usare la virgola nei punti (io ho chiuso con 24,7 punti se ricordo bene). Carino ma non è scattato l’amore.
Mentre giochiamo rollando dadi si palesa anche l’amico Phalanx per salutare e restare un pochino con noi. Purtroppo andrà poi per fumetti e mostre e quindi, al contrario di Essen, questa volta riusciamo a passare pochissimo tempo insieme ma tocca accontentarsi. Ciao Phal! Sempre nello stand di Gate On Games ci siamo fermati a provare anche Orchard, un gioco in solo, ma noi lo abbiamo fatto tutti insieme ottenendo ugualmente un punteggio piuttosto basso.
Orchard
Giochino semplicissimo formato da 9 carte e una serie di dadi colorati personalizzati. Le nove carte sono divise in 9 settori uguali ognuno dei
quali riporta un albero di diverso colore (lo stesso dei dadi). Una nuova carta deve sovrapporsi almeno per un riquadro ad una già sul tavolo cercando di far coincidere i colori dei settori sovrapposti. Se i colori coincidono si mette un dado di quel colore sopra o si aumenta il valore del dado già presente, se invece non coincidono si deve togliere l’eventuale dado e mettere un segnalino “frutta marcia”. Alla fine del gioco i punti sono dati dai valori dei dadi presenti sulle carte. È un tentativo continuo di ottimizzare le sovrapposizioni delle carte per far crescere di valore i dadi cercando di non far marcire la frutta. Noi abbiamo chiuso a 30 punti che secondo il regolamento sono medio-pochi. Gioco minimal nato ad un concorso di giochi con forti vincoli sui materiali da utilizzare e si vede. Non brutto ma davvero troppo “ristretto” per risultare interessante per più di qualche partita. Sufficiente.
Alla fine della giornata torniamo stanchi allo stand della Pendragon per farci spiegare e provare il nuovo nato tra i titoli di Diabolik.
Diabolik: la lama della vendetta
Gioco per 1 – 2 giocatori della durata di circa 90 minuti (o meno se giocate male come abbiamo fatto noi). Dopo una spiegazione non proprio semplicissima, ma fatta molto bene iniziamo questo titolo cooperativo tratto dall’omonimo fumetto del nostro abilissimo ladro in calzamaglia. Da piccolo ho divorato decine di numeri di questo, tutto sommato dimenticabile, fumetto e quindi ero contento di provare il mio primo gioco con tale ambientazione. Le meccaniche sono relativamente semplici e ci si trova a spostarsi lungo la riga di carte che rappresenta le zone della città. Si devono evitare poliziotti ed investigatori che altrimenti ci portano allo scoperto e ci fanno avanzare nella track della cattura che, arrivata ad un certo punto, decreterà la nostra sconfitta. Oltre a muoversi o tornare nascosti si può interagire con le carte nei luoghi dove ci troviamo, carte che seguono una storia precisa e narrano le vicende dei protagonisti e le azioni che dobbiamo fare per proseguire e vincere. Noi, complice un turno in cui ancora non ci eravamo bene resi conto di come si muovono i poliziotti, abbiamo perso miseramente dopo meno di 30 minuti di gioco ed avendo visto sì e no i primi tre capitoli della storia. Tuttavia, il gioco non mi ha convinto molto, sia perché mi pare che l’interesse possa scemare in fretta una volta letta e vista tutta la storia, sia perché alla fine pare tutto abbastanza scriptato e le variabili degli oggetti da pescare ed usare e gli eventi che escono casualmente da un mazzo apposito appaiono troppo poche per dare variabilità e brillantezza a questo gioco. Si tratta di una bocciatura dovuta sicuramente ad una prova troppo breve per essere affidabile, ma al momento è l’unico giudizio che mi sento di dare.
Esausti, ma contenti usciamo dal padiglione e torniamo alla macchina, anche questa volta con qualche critica da fare all’organizzazione (che mai come quest’anno aveva buone scuse per non essere perfetta), ma sempre contenti di aver partecipato all’ennesima fiera lucchese. Si possono trovare tanti difetti a questo evento, ma rimane sempre unico ed inimitabile tra tutti quelli di questo settore, sia per la location inarrivabile per suggestiva bellezza sia per la sua atmosfera onirica generata dai tantissimi “cosplayer” e dalla gente sempre allegra e disponibile che si incontra e vive i 4 giorni di fiabesca magia. Devo dire che ho trovato solo spiegatori eccezionalmente bravi e preparati e i pochi tavoli che c’erano erano sempre facilmente accessibili ed hanno ovviato egregiamente alla scarsa disponibilità di titoli da provare. Sicuramente non mi sono seduto sempre a tavoli di titoloni da gamer come piacciono a me, ma alla fine ho potuto provare ben sei giochi diversi e non mi posso proprio lamentare. Speriamo si tratti di una fiera “sui generis” che segnerà solo un necessario banco di prova per tornare alla piena normalità il prossimo anno.
Mi scuso per le imprecisioni che sicuramente ci saranno in questo mio report ma era interamente basato sui ricordi di qualche giorno fa e non mi ero appuntato molte informazioni che quindi potrebbero essere passate su carta un pochino “offuscate”. Alla prossima dal vostro affezionato pelleverde con le ali.