Ci sono giochi che lasciano il segno e diventano un modello non solo per il loro gameplay, per le loro idee o per i loro twist.
Ma anche per come sono prodotti e confezionati: in una parola per la loro estetica.
L'estetica, in un gioco, è come il regolamento viene trasposto in qualcosa di materiale, tattile, visivo, ergonomico ed iconografico.
L'estetica, da sola, non basta a fare un grande gioco. Ma può aiutare un grande gioco ad emergere e ad arrivare all'Olimpo, a diventare un modello per tutti gli altri che lo seguono.
É il caso di 7 Wonders, ideato da Antoine Bauza ed edito nel 2010 dall'editore belga Repos Games.
Già dalla presentazione si capisce che c'è qualcosa di diverso in questo gioco: le illustrazioni sono di Miguel Coimbra,
si vedono bellissime immagini, quasi cinematografiche, in 16:9, che saranno poi quelle delle sette meraviglie del mondo antico.
Poi le carte, ognuna con un'immagine personalizzata. E non solo: la misura non è standard, non è quella a cui siamo abituati: sono più belle. E più grandi.
Nelle carte di 7 Wonders l'immagine ha più risalto e, al contempo, c'è un'iconografia chiara, definita, che elimina tutte le necessità di testo. Per farla breve, l’ergonomia ne esce trionfante: una volta impilate nel proprio tableau, le carte mostrano solo le icone, permettendo di avere sott’occhio immediatamente la situazione, così da agevolare quel minimo di conti che il gioco richiede quando dobbiamo capire se abbiamo abbastanza pietra per costruire la nostra meraviglia.
Con buona pace degli imbustatori ci vogliono bustine 65x100, non proprio formato tarocco ma quasi: una bella novità, nel mondo delle Mayday verdi o azzurre che andavano per la maggiore, per non parlare dei giochi dotati solo di minicarte, con scritte minuscole e quasi privi di illustrazioni.
Anche il divisorio interno è studiato per creare un perfetto alloggiamento ai materiali: pure questa una novità, per il tempo.
Ma come dicevo, gli elementi estetici da soli non bastano.
7 Wonders ha dalla sua le meccaniche perfette per sfondare nel mondo dei giocatori e al contempo per avvicinare al gioco anche chi, fino a quel momento, lo aveva fatto con titubanza.
Partiamo dalla sua meccanica base: il draft.
Nei giochi con il draft i giocatori scelgono elementi (di solito carte) da una riserva limitata per guadagnarne un immediato vantaggio o migliorare il proprio gioco con lo scopo di ottenere benefici e punti vittoria per la partita.
I giochi in cui gli elementi sono semplicemente pescati casualmente da una riserva non sono considerati di Draft, in quanto questa meccanica implica che ci sia una scelta.
In 7 Wonders le carte, dopo averne scelta una per sé stessi, vengono passate direttamente al giocatore a fianco, pronte per una nuova scelta.
Ogni carta selezionata può essere giocata nel proprio tableau, scartata per ottenere tre monete, oppure piazzata coperta sotto la propria meraviglia, per edificarne uno stadio.
Questo introduce un altro concetto insito nel draft: il counterpick. Ovvero lo scegliere una carta non tanto per i benefici che porta a sé stessi, quanto per sottrarla a un avversario che ne beneficerebbe. La possibilità di usarla per ottenere soldi o costruire la meraviglia fa sì che in 7 Wonders il counterpick sia non solo possibile, ma anche tutt’altro che subottimale, aumentando la profondità del gioco.
C'è un'altra caratteristica però che salta all'occhio di tutti i giocatori appena prendono in mano la scatola.
7 Wonders si può giocare anche in 7. E non è una forzatura; anzi: zoppica più in due, che non in tanti giocatori.
Non solo: il draft contemporaneo delle carte fa in modo che anche in sette, la partita abbia una durata contenuta, tra i trenta e i quaranta minuti.
Usando questa meccanica, l'autore combatte efficacemente il difetto del downtime.
È un pregio non da poco per un gioco che comunque garantisce una buona profondità e diversi approcci strategici.
Ma non è tutto: il suo autore, il francese Antoine Bauza, non ha nemmeno trascurato l'interazione.
Certo, non è che a 7 wonders ci si scanni; ma è vero che si dipende anche da alcune risorse dei vicini. Le guerre inoltre portano interazione diretta, dando punti vittoria a chi le vince e togliendoli a chi le perde.
E, a proposito di vicini, anche qua c’è un altro piccolo colpo di genio: si hanno rapporti commerciali o bellicosi solo con i propri vicini di gomito, è il caso di dire, come se effettivamente fossero i confinanti della nostra civiltà.
Chi ne esce sacrificato è ovviamente l’ambientazione: mai vi sentirete davvero dei pianificatori urbanistici dell’antichità. Ma è un sacrificio indolore che il gioco paga volentieri all’altare del successo.
E il successo di 7 Wonders è tale che, per darvi un'idea dei numeri, ha ottenuto ben 26 nomination in diversi premi e categorie e addirittura 24 vittorie, tra cui ricordiamo il Kennerspiel des Jahres e l'International Gamers Award.
Arrivano presto le inevitabili espansioni: Leaders introduce un nuovo mazzo, i leader appunto, e una Meraviglia per noi imprescindibile: il Colosseo.
Seguono Cities, che introduce nuove forme di attacco economico contro i propri rivali e, in compenso, l'uso di alcune carte “diplomazia” per evitare le guerre. Arriva inoltre una nuova modalità per giocare in otto e anche a squadre, cosa che personalmente vi consiglio, perché rende il gioco ancora più profondo e interessante.
Arriva anche un pack di meraviglie alternative.
Poi il tutto inizia a perdersi e ingigantirsi un po' troppo, 7 Wonders Babel è un'espansione forse eccessiva e Armada introduce le flotte e un tracciato apposito per la guerra per mare.
7 Wonders inizia insomma a perdere un po' la sua natura di gioco family, o family +, come verrebbe inquadrato ora, e a veleggiare verso il peso medio.
C'è anche uno spin-off, 7 Wonders Duel, che risolve brillantemente quello che in fondo era l'unico vero tallone d'Achille del gioco: la modalità per due giocatori.
7 Wonders Duel ha un sistema nuovo per il draft, che lascia alcune carte coperte e non ancora disponibili da quelle che non sono ancora state scelte. Se possibile, 7 Wonders Duel è ancora più bello e ispirato di 7 Wonders.
È però a 7 Wonders, l'originale, che va il merito di aver dato il via a una serie di giochi che possono interessare sia le famiglie, sia i giocatori abituali tramite non solo il gameplay che porta al tavolo, ma anche valorizzando l’estetica di gioco, sempre più imprescindibile per il successo di un gioco da tavolo.