Wargame: cosa sono e quali sono

Tank

Il nostro vecchio utente Claudio77 ci fa una splendida panoramica dei wargames che un cultore dovrebbe provare almeno una volta nella vita.

Approfondimenti
Giochi

[01] STANDARD/OPERATIONAL COMBAT SERIES

Un bel giorno ad un simpatico signore dell'Illinois di nome Dean Essig venne una bella idea, perchènon creare un set di regole standard, a livello operazionale, molto compatto (appena 7 paginette) ma sufficientemente dettagliato, per poi produrre una serie di scenari con un piccolo supplemento di regole dedicate per ciascuno?

Nasce così la STANDARD COMBAT SERIES (SCS) con l'ottimo Stalingrad Pocket (1993) ma soprattutto con il pluripremiato Afrika (1994): applicare il mordi-e-fuggi di Rommel in nordafrica con solo una decina di pagine di regole, pur mantenendo un ottimo livello di dettaglio (specialmente nelle regole sui rifornimenti, d'altronde lo scenario storico si presta particolarmente), colpisce nel segno e la serie si espande fino a coprire altri momenti iconici della WW2 (Normandia, Ardenne...), della WW1, lo Yom Kippur ed altri. A tutt'oggi comprendente circa 20 titoli, e diverse seconde edizioni, il successo della SCS non accenna a rallentare e l'ultimo (per ora) titolo Panzer Battles: 11th Panzer on the Chir River (2016) introduce un'efficace meccanica di chit-pulling (pesca di counters per determinare quali unità vengono attivate). La seconda edizione di Afrika (MMP, 2006) o Bastogne: Screaming Eagles Under Siege (MMP, 2009) possono essere ottimi introduttivi al genere, appena un pizzico sopra altri di livello base come complessità di gestione (cosa fare con l'artiglieria? Come sfruttare il collegamento stradale?), e sicuramente non strettamente storici dal punto di vista simulativo, vista sia la semplicità delle regole che la natura seriale di uno scheletro di regolamento valido per tante situazioni molto diverse; SCS è comunque anche capace di gestire monstre-games, tipo It Never Snows (Market Garden) o Day of Days (sbarco in Normandia), nel qual caso i tempi di gioco, e di setup!!, si dilatano notevolmente e la “mole” di regole addizionali raddoppia rispetto al base, suscitando legittimi dubbi sulla natura di “serie” (sono difatto giochi diversi che condividono alcune definizioni di base uguali), pur restando dei “mostri” straordinariamente giocabili anche se, come detto, non simulazioni accuratissime; ma sinceramente era dai tempi di A Victory Lost (MMP, 2006) del bravissimo Tetsuya Nakamura che non si vedevano titoli così globalmente immediati e divertenti, eredità che nuovi designer come il recente Battles of the Bulge: Celles (RG, 2016) stanno raccogliendo.
La copertina del wargame Case Blue, della serie Operational Combat Series
Case Blue

Ottimo introduttivo generale ai wargames tradizionali, magari come secondo titolo, la SCS prevede  una classica sequenza con movimento libero per tutte le proprie forze in base ai punti-movimento (PM) spesi per esagono; come in altri sistemi, durante il movimento è possibile spendere una quota di PM per fare subito un attacco “travolgente” (Overrun); se ci si trova nella zona di controllo nemica (ZOC) a termine movimento invece si verifica il combattimento classico, basato sul rapporto tra attacco:difesa e risolto in termini di perdita di capacità di combattimento (girando la pedina) e/o ritirata. Chiudono il turno un'ulteriore fase di exploit (solo per alcune unità, tipicamente con la “banda gialla”) ed il classico controllo del supply da tracciare fino ad un punto di rifornimento. I singoli giochi poi possono aggiungere altri piccoli dettagli, come il fuoco d'artiglieria che “disorganizza” le unità, o gli sbarchi, il supporto aereo, ecc. Tutto comunque molto tradizionale, “old-school” ma spiegato in termini comprensibilissimi anche (e soprattutto) ai non addetti ai lavori.

Ma è con la OPERATIONAL COMBAT SERIES (OCS), inizialmente pubblicata dalla casa stessa di Essig (The Gamers) e poi acquistata dalla MMP, che arriva l'enorme successo. Per i grognards che desiderano il dettaglio in più rispetto alla SCS, arrivò Guderian's Blitzkrieg (1992) ed apparve subito come un solidissimo primo titolo (oggi però superato dalla sua seconda edizione); è però con il successivo Enemy at the Gates (1994), conosciuto ai più come la sua edizione riveduta e corretta (per esempio con l'aggiunta del Caucaso), Case Blue (2007), che OCS diventa il nuovo emblema dei monstre-game a livello operazionale.

Se nei forum leggerete i vecchi grognards che maliziosamente consigliano Case Blue ai novizi in cerca di titoli introduttivi, ora sapete di cosa si tratta: un epico affresco dell'intero fronte orientale a livello operazionale, specie se combinato con Guderian's Blitzkrieg; scordatevi le comode lusinghe dei CDG, qui troverete solo counters, distese sterminate di esagoni su cui impiantare le vostre riserve (tanto importanti quanto le linee al fronte) ed i preziosissimi punti-rifornimento che dovrete portare fisicamente ai reparti per attivarne le capacità belliche, con tutto ciò che ne consegue. L'effetto finale è enormemente diverso dal “tracciare una supply line” fino al più vicino HQ come si vede in altri sistemi o ad altre scale; negli OCS viene premiata la preparazione “sicura” dell'operazione, la strategia, lo studio del terreno, e la logistica, tanto quanto il conteggio dei fattori di attacco.

Altri OCS notevoli sono DAK 2 (MMP, 2004) dedicato al Nordafrica, anche lui un titolo meritatamente pluripremiato; e l'introduttivo Reluctant Enemies (MMP, 2014), sulla campagna africana del 1941, sicuramente il punto di inizio insieme a Tunisia II per avvicinarsi al sistema grazie al basso numero di counters (rispetto ai “fratelli maggiori”) e tutta una serie di manuali introduttivi che conducono passo-passo il wargamer di media esperienza nell'affascinante mondo operazionale, di cui l'aggiornata edizione di Sicily 2 (MMP, 2016) rappresenta l'ultimo titolo per il momento.

Autore prolifico, fine cesellatore di regolamenti che vengono continuamente aggiornati, Dean Essig non ha esaurito la sua vena creativa con queste due serie ma si è cimentato a livello Tattico (TCS), esplorando anche la ACW a livello di Brigata (CWB) e Reggimento (RSS/LOB), la Brigata napoleonica (NBS) ed il nuovissimo sistema a livello di Battaglione WW2 (BCS) di cui Last Blitzkrieg (MMP, 2016), dedicato alla Bulge, è la prima tappa.

[02] UNCONDITIONAL SURRENDER!

La notte del 21 Giugno 1941 circa 4 milioni di soldati dell'Asse aspettano di invadere l'Unione Sovietica dalla Finlandia al Mar Nero: bavaresi, prussiani orientali, sassoni, austriaci, nazisti e non, l'esercito di Hitler era reduce dai trionfi in Polonia, Francia e Balcani, ed aveva chiara l'idea (anche se non proprio condivisa da tutti) che la battaglia a venire sarebbe stato anche uno scontro tra due visioni del mondo diversissime.
Copertina di Unconditional Surrender! World War 2 in Europe
Unconditional Surrender!

Cominciava l'Operazione Barbarossa e la WW2 sarebbe stata vinta o persa proprio qui, sul fronte orientale.
Inevitabile quindi il fiorire di una pletora di wargames dedicati nello specifico alla campagna di Russia o più globalmente ad entrambi i fronti europei, in acronimo americano ETO (incluso quindi Overlord, Market Garden, Bulge...). Tra i migliori in questo campo, a livello strategico, segnalo l'eccellente lavoro di Salvatore Vasta, Unconditional Surrender! World War 2 in Europe (USE). Già noto come coautore di un altro monstre-game come Axis Empire, con USE Vasta snellisce e modernizza molti dei classici concetti a partire dalla mappa, una rappresentazione di Lambert (invece che la solita Mercatore), più adeguata e più "realistica" per le distanze usando esagoni, anche se al primo impatto sembrerà distorta; la seconda cosa è che i counters (a livello di Armata, quindi molto pochi sulla mappa rispetto a giochi simili) non hanno valori numerici ma indicano solo il tipo di unità (fanteria, corazzati, velivoli...), la nazionalità ed il lato (full/ridotto). Dopodichè tutte le unità tipo "leg" muovono di 8, tutte le altre di 10, tutti gli aerei hanno un raggio di 5 e così via (con qualche eccezione). Questa apparente semplicità parrebbe stridere con un manuale di quasi 50 pagine, peraltro di una chiarezza cristallina ed offerte con un tono colloquiale e rilassato. Come funziona un gioco simile? Con il concetto di Punti Produzione, vincolati alle fabbriche (ma non pensate di conquistare altri territori ed annettere le loro fabbriche, capitata raramente ed in modo molto centellinato) ed alla strategic warfare (che riduce la produzione), il tutto moltiplicato per dei bonus: nel sistema di USE tutto costa PP, dall'attivare unità, al ripristinarne le perdite o reintegrare le unità eliminate mobilizzandole. Le unità vengono attivate una alla volta per combattimenti durante il movimento, oppure assalti preparàti e coordinati con counters adiacenti; questo vuol dire che diversamente da molti altri titoli, qui puoi vedere una singola pedina che si apre la strada da sola e combatte più volte nella stessa fase, magari "preparando la pista" ai tank che poi, con i loro 10 punti movimento, muovono subito dopo e finiscono il lavoro sbaragliando le fila nemiche.

E' inoltre presente una fase politica, molto ben fatta nella sua semplicità, dove si dichiara guerra, si stringono patti, minacce ed altro, basate sul chit-pulling (successo, fallimento, favorisci altre nazioni...) per cui non si è mai sicuri del tutto del risultato, peraltro modificabile spendendo sempre PP per "manipolare" il tipo di chits da estrarre e quindi cambiare la percentuale di successo. Integrato alla politica è il concetto, anche qui semplice ma solido, di volontà nazionale: non è possibile semplicemente usare le unità delle nazioni alleate come "carne da cannone", perderle porta
a conseguenze precise.

Il risultato finale è un gioco estremamente dinamico dove il combattimento (strategico, terrestre, navale, aereo) è gestito su un'unica tabella basata sul calcolo di numerosi DRM, e poi un confronto tra tiri di dado di entrambi i giocatori (il che lo rende sempre coinvolgente per entrambe le parti).

Tra le alternative abbiamo solo l'imbarazzo della scelta, ripercorrendo la storia stessa dei wargames tradizionali: in principio infatti era John Prados con Rise and the Decline of the Third Reich (AH, 1975), che già nel titolo evocava la maestosità di un'opera di Edward Gibbon. Se non ci giocavi ancora, la rivista The General (house-organ della AH) ti piazzava lì, tra un Afrika Korps (1964) prima ed un Dune (1979) poi, vale a dire tra un capolavoro ed un altro, un articoletto sul Third Reich (TR), giusto per ricordartelo: e questo per anni. Poi ad un bel gruppo di appassionati australiani venne l'idea di creare moduli, storicamente ricercati, dettagliati, sui singoli teatri della Seconda Guerra Mondiale (WW2), passarono gli anni ed il sistema venne limato, e poi unito insieme a formare una singola simulazione colossale, la cui ultima edizione (che io sappia) si estende su 7 mappe utilizzando 3600 counters (no, non è un refuso): sto parlando naturalmente di World in Flames (WiF) monstre-game multi-teatro che esce nel 1985 con lo zampino dell'aussie Harry Rowland; all'estremo opposto del concetto di “introduttivo”, una partita a WiF può arrivare a coinvolgere 6 giocatori per la durata di parecchi mesi. Verso Ottobre 2017 dovrebbe uscire la Collector's Edition, un'edizione “definitiva” e rimodernata del vecchio WiF. Pubblicizzato come un WiF “compatto”, ma in realtà solo molto vagamente simile nei concetti (come complessità siamo dalle parti di un Axis & Allies avanzato) e quindi giocabile da un pubblico decisamente più ampio, Blitz! A World in Conflict usa unità a livello di armata ed un efficace sistema di modificatori; a parte qualche scivolone nei componenti (mappa decisamente troppo piccola) ed un rapporto qualità/prezzo che lascia l'amaro in bocca (allo stesso prezzo, l'ottima simulazione delle Ardenne a livello di battaglione Bitter Woods, sempre della Compass, offre 2 mappe e 3 countersheets...) Blitz! è una buona scelta casalinga al contrario di WiF, più adatto ad un club a causa della sua estensione.

Tra parentesi, è appena uscito Fatal Alliances: The Great War ovvero una versione di WiF dedicata alla Prima Guerra Mondiale (WW1). Ma tornando agli ETO WW2, è impossibile non parlare dei CDG di cui WW2: Barbarossa to Berlin è un ottimo esponente: simile al precedente design WW1 di Paths of Glory, ogni carta si usa per attivare le unità, ricevere rinforzi o attivare un evento, o meglio una catena di eventi, tutti storici. Non è quindi un gioco adatto ad esplorare condizioni drasticamente ipotetiche, come potrebbe esserlo invece un Triumph & Tragedy, o anche il recente Festung Europa (seguito “europeo” del famoso Shifting Sands, entrambi a loro volta CDG di complessità medio-bassa). Tra i tantissimi titoli sul tema, chiudiamo con due estremi recenti, da un lato The War: Europe 1939-1945 (Compass, 2012), vasto e complesso, introduce alcuni nuovi elementi negli strategici WW2 ETO, al prezzo però di un manuale bizantino ed un supporto da parte dell'Autore piuttosto conflittuale; dall'altro lato, abbiamo No Retreat! The Russian Front (GMT, 2011) recentemente ristampato (2016), con un regolamento molto semplice e ben organizzato, bassa densità di counters ed addirittura regole in solitario: consigliatissimo come introduttivo, è un gioco eccellente per rievocare in modo semplice ma accurato l'operazione Barbarossa; proprio come faceva (in modo ancora più semplice) il vecchio Holdfast, di cui la prossima riedizione (Holdfast: EastFront 1941-1945) è da tenere sott'occhio.

[03] COIN SERIES

I wargames, a differenza di qualsiasi altro gioco da tavolo, sono spesso libri di storia interattivi, finestre su eventi realmente accaduti in cui l'aspetto del conflitto è centrale e trattato con realismo, a seconda del livello rappresentato (strategico, operazionale, tattico). La chiave di lettura dei wargames, e quindi la confusione tra appassionati e non, risiede però proprio nella definizione di “cosa sia” un conflitto. Se nella nostra mente ci appare chiarissimo lo scontro tra le legioni di Cesare ed i popoli dell'Armorica, o Napoleone alla Battaglia delle Nazioni, in epoche più o meno recenti si sono verificate condizioni dove la disparità di forze prettamente militari era tale da impedire automaticamente qualsiasi confronto “tradizionale”, mentre invece una guerriglia poteva colpire, con enorme efficacia, le linee di comunicazione e le retrovie, sollevare la popolazione, minare le basi politiche e così via, infliggendo pochi ma costanti danni all'esercito invasore, in modo da fiaccarne la volontà e la capacità bellica nel lungo periodo. Così capitò nella “Guerra Peninsulare” dove gli spagnoli alla fine respinsero i francesi durante le guerre napoleoniche; e così capitò nella rivolta degli arabi contro gli ottomani durante la WW1; ed in mille altre occasioni, alcune tutt'ora in corso (Sri Lanka, Irlanda, Kashmir, Chad, Ucraina/Donbass...).

Inevitabile quindi che prima o poi il wargame si spostasse in quest'ambito, multiplanare rispetto alla (relativamente lineare) logistica di due eserciti che si affrontano in campo aperto. A concretizzarla ci ha pensato Volko Runhke, analista sulla sicurezza nazionale negli uffici di Langley (comunemente conosciuti come CIA): la serie, pubblicata da GMT, è semplicemente chiamata COIN, dalla moderna teoria della COunter INsurgency (contro-insurrezione) per l'appunto.

In termini di gioco l'idea fondamentale è piuttosto semplice. Un unico mazzo di carte detta l'ordine di turno delle fazioni (fino a 4, ma se si è in meno giocatori quelle rimaste sono guidate da intriganti diagrammi di flusso), quando si è di turno si possono scegliere azioni da un menù personalizzato, oppure l'evento sulla carta, con l'effetto (in genere) di modificare i pezzi presenti sulle aree della
mappa (semplici cubetti o cilindri in legno) e quindi il controllo, il supporto e le connessioni tra le varie zone.

La complessità nasce dal sistema di “costrizioni” e di “leve” del meccanismo: non tutte le fazioni possono eseguire il turno, e chi lo fa per primo decide le opzioni aperte agli altri (per esempio se il primo sceglie di eseguire operazioni, il secondo è vincolato ad operazioni limitate oppure evento, oltre che passare). Le operazioni stesse presentano una serie di condizioni logiche (“se presente una
base, aggiungi x, altrimenti y”) che si intersecano al controllo delle aree ed alla gestione di alcuni ulteriori tracciati da tenere sott'occhio. La pesca di una carta particolare, diversa a seconda del titolo (es. colpo di stato, propaganda...) apre una sequenza di turno particolare in cui si controllano le condizioni di vittoria, si distribuiscono le risorse e così via.
Copertina di Fare in the Lake, wargame sul Vietnam
Fare in the Lake

Personalmente divido la serie in 2 gruppi: il quartetto originale era mirato sull'argomento: COntro INsurrezione, ovvero guerriglie fondate sulla popolazione contro eserciti regolari, usando tattiche non convenzionali. Tra questi Cuba Libre (2013) è il più semplice per iniziare (mappa ridotta, operazioni non troppo intricate) e Fire in the Lake (2014) il più complesso per finire (ma resta uno dei migliori titoli globali sul Vietnam; già solo le risorse condivise US/ARVN aprono molte considerazioni); Andean Abyss (2012, narcotraffico colombiano) ed A Distant Plain (2013, Afghanistan) sono intermedi come complessità. Pur avendo ovvie differenze tra loro, sono in genere presenti concetti come le Linee di Comunicazione (LoC) tra le varie aree, il Terrore tra la popolazione ed altre condizioni che fanno toccare con mano come si tratti di una guerra non convenzionale.

La serie è poi proseguita con altri titoli che si scostano un po' dall'analisi della guerriglia di per sè: Liberty or Death: The American Insurrection (2016) tratta la guerra d'indipendenza americana,
considerando i nativi americani come un'unica fazione ed introducendo un vero e proprio sistema di combattimento; Falling Sky: The Gallic Revolt Against Caesar (2016) è uno scontro tra eserciti, con tanto di pedine ad indicare i leaders, assenza di LoC e Terrore, introduzione di una quinta fazione e sistema di combattimento molto più semplificato. Tra i prossimi titoli, Pendragon: The Fall of Roman Britain addirittura dice chiaro e tondo che non parlerà di counter-insurgency. Colonial Twilight: The French-Algerian War, 1954-62 sarà invece dedicato a 2 giocatori, invece dei tradizionali 4. Gandhi: The Decolonization of British India, 1917–1947 analizzerà ovviamente la componente non-violenta come forma di lotta e resistenza ad eserciti tradizionali.

Ci sono wargames che trattano di contro-insurrezione pur non essendo parte della serie COIN, ovviamente. Ici, c'est la France! The Algerian War of Independence 1954-62 (LW, 2009) è uno di questi, il periodo è lo stesso del COIN che Brian Train sta sviluppando, ma probabilmente il risultato è molto più dettagliato. BCT Command: Kandahar (MCS, 2013) a sua volta rimanda al COIN sull'Afghanistan, ma anche e soprattutto all'ottimo Bulge 20 il che non sorprende considerando che Joe Miranda è autore di entrambi: invece di pescare carte, si è liberi di scegliere carte ispirate alle reali “Joint Military Staff” (J2 per l'intelligence, J9 per la cooperazione con i civili...) e che, in termini di gioco, permettono di pianificare accuratamente le operazioni un passo alla volta.

Ad un livello puramente operazionale, non-politico, Year of the Rat: Vietnam, 1972 (S&T #35, 1972) resta un titolo notevole per almeno tre motivi, uno perchè uscì praticamente in contemporanea con gli avvenimenti reali, due perchè segnò il debutto di John Prados come autore, qui anche scrittore dell'ottimo articolo storico di accompagnamento ma ancora lontano dal suo opus magnus (ricordate Rise and the Decline of the Third Reich visto nel capitolo sulla WW2?), tre perchè il sistema di gioco è invecchiato benissimo.

Chiudiamo con un titolo conosciuto pochissimo, come in molti casi per ragioni del tutto inspiegabili (almeno al sottoscritto), Cuba: The Splendid Little War (VPG, 2013) simula l'ultima guerra
d'indipendenza cubana (dagli spagnoli) sul finire del 1800. I giocatori si alternano spendendo punti operazione per combattere, bruciare (o proteggere) i raccolti, ingraziarsi il supporto della popolazione, e la possibile entrata in guerra degli USA. Sostanzialmente semplice ma molto efficace, non sfigura a fianco dei ben più blasonati “colleghi”.

[04] LA BATAILLE

Il 9 Novembre 1799 Leclerc e Murat, dietro preciso ordine del loro giovane (appena trentenne) generale Bonaparte, sgombrano le camere del Consiglio dei Cinquecento con le baionette innestate sui moschetti: finisce la Rivoluzione Francese ed inizia un Consolato di transizione, che sfocerà 5 anni dopo nella deriva imperialista, “cesaristica”, ed in un decennio di feroci guerre attraverso l'Europa continentale ed oltre (ovviamente non solo quello: in Francia c'erano Victor Hugo e Stendhal, Hector Berlioz e Chopin, Delacroix e Corot... in Italia come scordare il Manzoni, che proprio per la morte di Napoleone compose la famosissima ode Il Cinque Maggio; ed ovviamente Ugo Foscolo, grande celebratore del “piccolo caporale”).

Potevano forse mancare wargames dedicati ad “una delle più grandi menti militari mai esistite” (Chandler), “genio militare” (Tulard), “maestro senza eguali di tattica e strategia” (Lefebvre), direttamente ed indirettamente responsabile di un'enorme parte di storia europea – che ci tocca anche da vicino (Piemonte, Risorgimento, Unità d'Italia tanto per ricordarne i capitoli)? Retorica la domanda, vastissima la risposta: non resta che scegliere il livello di riferimento: tra i tanti, La Bataille è probabilmente la migliore serie a livello battaglione/reggimento mai prodotta. Creata da Dennis Spors, Monte Mattson e James Soto nel 1975, e portata avanti da Ed Wimble, La Bataille de la Moscowa (Marshall Enterprises), ristampata come terza edizione per il duecentenario della battaglia in una sontuosissima versione “definitiva”, ha il merito storico di avere introdotto i wargames-monstre (4 mappe, migliaia di counters) ed un livello di dettaglio tipico degli anni '70.

L'idea generale è che i counters indicano da un lato delle informazioni generali, come l'organizzazione (reggimento, brigata...), i punti incremento (cioè circa di che quantità di uomini è composta l'unità) ed il valore di movimento; sul retro della pedina invece ci sono le informazioni specifiche, come i vari punteggi di combattimento ed eventuali bonus. Ulteriori markers indicano le perdite ricevute, il grado di disordine ed il tipo di formazione (es. i famosi quadrati inglesi).

Il cuore del gioco prevede la creazione di Unità di Manovra, in base alla spesa di punti comando forniti dai leader, e quindi un relativo marker che designa il gruppo attivato viene messo in una tazza per poi essere pescato (un classico chit-pulling) e quindi attivare il gruppo relativo: movimento in colonna o linea, o quadrato, e fuoco di moschetto o assalti alla baionetta; cariche e controcariche di cavalleria (al prezzo dell'immancabile fatica); artiglieria “limbered” o meno, e con effetti diversi a seconda della distanza di tiro... ogni elemento studiato nella storia napoleonica reale trova, più o meno, il suo riscontro in questa minuziosissima serie.
La copertina del gioco Bataille de la Moscowa
La Bataille de la Moscowa

Aldilà delle regole specifiche, il colpo d'occhio del tavolo imbandito con un migliaio di counters dipinti con uniformi individuali di ogni reparto napoleonico possibile ed immaginabile è, francamente, eccezionale.
Il discorso regole però non è banale: dall'edizione originale infatti ci sono stati diverse immancabili revisioni, tanto che per esempio l'ultima edizione della Moscowa include un set particolare, chiamato Le Rèlement des Marie-Louise, particolarmente adatto per iniziare. I giocatori in cerca di un realismo totale invece potranno rivolgersi al dettagliatissimo Le Règlement de l'An XXX: entrambi peraltro liberamente scaricabili.

Oltre alla Moscowa, la serie include battaglie note e meno note, più o meno impegnative: si va dal (relativamente!) introduttivo Auerstaedt (1991, CoA), agli ottimi Quatre Bras (1991), d'Orthez (2000), Ligny (1991), Preussisch-Eylau (1978) e molti altri. Per chi volesse avvicinarsi al sistema e magari provarlo senza spendere, sono disponibili diversi titoli print & play, come Halle 1806 o Schoengrabern 1805.

Discorso a parte invece per i wargames napoleonici in generale: ce ne sono per tutti i gusti. Partiamo dagli strategici, Age of Napoleon (Mayfair, 2003) rimane ancora uno dei migliori introduttivi in rapporto alla semplicità delle regole con la verosimiglianza storica ed il divertimento generale. Un deciso passo in più con il mastodontico Napoleon Against Europe (Hexasim, 2013) di cui consiglio caldamente la seconda edizione del regolamento, ben 2 mappe (montate e splendidamente illustrate) ed il collaudato sistema CDG, unito ad un'eccellente resa storica e tempi di gioco nella media del genere (30-45 minuti per turno). Chiudo i consigli strategici con il gold standard, Empires in Arms (AH, 1986), del quale dico solo che è stato fatto dagli stesso autori, e con lo stesso spirito, di World in Flames: allo spettro opposto dell'introduttivo, ma caldamente consigliato per un pubblico di fans in grado di apprezzarne il dettaglio. Altri titoli strategici sono meno consigliabili, da Le Grand Empire (Pratzen, 2007) gravato da una pessima qualità produttiva e notevoli errori, e la sua versione “rivista e corretta” Nations in Arms (Compass, 2012), purtroppo quasi ingiocabile con le regole incluse, attualmente (2016) è disponibile un set ulteriormente “limato”, il che lo rende sicuramente un buon strategico che copre anche la Francia pre-napoleonica (Rivoluzionaria), cosa rara da trovare, ma sta a ciascuno decidere se stamparsi oltre 100 pagine di manuale per un gioco comunque ancora bizantino in molte aree valga la pena o meno.

A livello operazionale-tattico, partiamo sempre “dal basso” ovvero da titoli dedicati a giocatori alle prime armi: la serie Napoleonic 20, affettuosamente chiamata “Nappy 20”, è l'ennesima trovata dell'infaticabile Joe Miranda; il “20” nel titolo si riferisce ai counters in gioco, pochissimi dunque, da cui le critiche dei detrattori sulla scarsa “napoleonicità” del sistema che, in definitiva, è una classica ZOC degli anni '70 con un po' di altre regole attorno, e mappe che, pur a livello operazionale, omettono importanti dettagli del periodo (strade, fiumi). Dall'altro lato della medaglia, è difficile trovare qualcosa di più semplice per simulare Jena, Waterloo, Borodino, Austerlitz, Bussacco ed innumerevoli altre battaglie più o meno note: consigliato quindi, ma senza pretese.

Passiamo al poco conosciuto Vive l'Empereur!, sistema ideato dal francese Didier Rouy che comprende vere e proprie chicche come Le Retour de l'Empereur (Pratzen, 2011) dedicato alle ultime 4 battaglie di Napoleone: molto meno complesso della Bataille, con una grande enfasi sulla manovra, è un buon compromesso tra dettaglio e giocabilità. Ricordate la Standard Combat Series per la WW2? Essig (The Gamers) ha fatto qualcosa anche in tema tricolore, la Napoleonic Brigade Series è conosciuta per la resa eccellente del sistema di comando: con un paio di print-and-play (Espinosa, Montebello) per provare di persona, non ci sono scuse per non verificare di persona. E' però con la serie Eagles of the Empire (EotE) che vediamo la scala gran tattica in tutto il suo fulgore; ben prima dei più conosciuti esperimenti della Simmons con blocchi di legno e mappe geomorfiche (Bonaparte at Marengo, 2005; Napoleon's Triumph, 2007) la serie EotE apriva con Borodino (1994) ed un innovativo sistema ad aree, ma dove i counters mantengono comunque l'orientamento, meccaniche di combattimento e controllo semplici e collaudate ma verosimili: veloce e divertente, gli ultimi due titoli per ora sono stampati dalla Compass e dedicati alla guerra di Spagna, con Spanish Eagles (2008) e la sua espansione, giocabile anche come stand-alone, Medina de Rioseco (2012).

Oltre a Wimble per La Bataille, parlare di wargame napoleonico evoca negli appassionati sicuramente almeno altri 2 nomi: Frédéric Bey con il suo sistema Jours de Gloire, apparso soprattutto nella rivista francese Vae Victis, semplice e con una quantità di titoli molto ampia tra cui scegliere; e soprattutto Kevin Zucker: “vecchio” designer ai tempi della mitica SPI, Zucker è considerato da molti uno dei più importanti punti di riferimento del wargame napoleonico a tutto tondo (ricordo che un po' di anni fa organizzava anche viaggi guidati sui campi di battaglia, discutendo di storia in prima persona con il pubblico). Il suo sistema si è evoluto nel tempo, dal più semplice Napoleon's Last Battles fino a Leipzig (cavalleria), Four Lost Battles (catena di comando), fino a The Last Success e la creazione dell'attuale The Library of Napoleonic Battles. Tradizionale e relativamente immediato, è pressochè una tappa imprescindibile nello studio gran tattico.

Chiudiamo con l'ottimo wargame a blocchi Napoleon: The Waterloo Campaign, 1815 (Columbia, 2013), assolutamente consigliato anche come introduttivo; l'italianissimo Battles of Napoleon: The Eagle and The Lion (Nexus, 2010) un tattico con miniature 1/72 (qualità Italeri) e tabellone montato ed illustrato fronte-retro; strizza l'occhio ai wargame con carte, risoluzione ad impulsi e gestione degli ordini per unità, restando un godibilissimo wargame, leggermente più “sofisticato” del sistema Commands & Colors, e non brevissimo come tempi di gioco, ma di cui si spera di vedere presto nuove espansioni. Ed infine, meriterebbe un capitolo a parte ma impossibile non citare i wargames navali dell'Età della Vela: dal bellissimo e perfettamente introduttivo Fighting Sail: Sea Combat in the Age of Canvas and Shot 1775-1815 (S&T #85, 1981), con la sua originale mappa squadrata ed una risoluzione dei turni incrementale, invece che alternato; al grande classico Wooden Ships & Iron Men (AH, 1974) perfettamente godibile a tutt'oggi; fino ad eccellenti design moderni con miniature come l'italianissimo Sails of Glory (Ares, 2013). Nicchia nella nicchia, il mondo della vela, con il suo gergo specifico e la potenza di fuoco centinaia di volte superiore a quella degli eserciti di terra, è ricco di fascino al pari (se non più, per chi scrive) delle più famose battaglie campali napoleoniche. Non per niente, dopo la WW2, questo è il periodo storico più simulato!

[05] GREAT BATTLES OF HISTORY

Richard Berg è l'indiscusso “grande antico” del wargame design, e non solo. Avvocato, scrittore, attore teatrale, Berg è affettuosamente conosciuto come “Il Papa”, con oltre 150 wargames pubblicati è quasi sicuro che su 10 titoli random almeno uno sia suo. Impossibile non includerlo quindi in questa lista.

Tra i suoi lavori, in genere dedicati al periodo antico o medioevale, sicuramente uno dei più noti e con più impatto tra i grognard è la serie a livello tattico GBOH. Co-disegnata dal “mitico” Mark Herman, esordisce con The Great Battles of Alexander (GMT, 1991) per poi espandersi simulando le battaglie dell'impero romano (SPQR; 1992), e di Giulio Cesare in particolare (The Great Battles of Julius Caesar: The Civil Wars 48-45 B.C.; 1994; ci sono anche altri titoli dedicati alla guerra in Gallia), l'era dei Samurai del 16° secolo (Samurai; 1996), l'impero bizantino di Giustiniano il Grande – ricordate i mosaici a Ravenna? – (Cataphract; 1999) e molti altri.

Denominatore comune è la ricerca storica impeccabile e continuamente aggiornata negli anni (con numerose seconde edizioni “deluxe”), ad esempio l'inclusione in bibliografia dell'ottimo Lost Battles del professor Philip Sabin (2007) nell'ultima edizione sulle battaglie di Alessandro; ma il vero punto su cui la serie è considerata il riferimento negli scontri dell'antichità è l'accurato sistema di comando, dove tutto è in bilico tra le capacità dei leaders di impartire ordini, e la disciplina delle truppe nell'eseguirli, resistendo all'inevitabile logoramento della battaglia.

In genere la struttura del turno si apre proprio con l'attivazione di un leader, l'esecuzione dei suoi ordini (armi a distanza, mischia...) ed una fase finale di “Momentum” dove provare a far eseguire un altro turno allo stesso leader, cosa alla quale l'avversario può rispondere cercando di “inserirsi” nella sequenza. Dato il periodo, i dettagli sulla qualità dei leaders e la coesione delle truppe sono moltissimi e se da un lato rendono il sistema molto storico, dall'altro non si tratta assolutamente di un regolamento introduttivo né facilmente gestibile, dato l'elevato numero di segnalini per notificare la perdita di coesione, unità in rotta, la perdita di Momentum, shock e così via.

Come se non bastasse, così come abbiamo visto per altre serie (tipo SCS/OCS), spesso le singole scatole offrono modifiche e sistemi diversi tra loro, rendendo da un lato giustizia ai diversi periodi storico (la coordinazione tra i samurai giapponesi è diversa dagli opliti macedoni, ovviamente), dall'altro però questo impone di studiare regole a volte totalmente nuove. Abbiamo così per esempio Chariots of Fire (2010) dedicato all'Età del Bronzo dove compare, a differenza del resto della serie, una meccanica chit-pulling che lo rende estremamente dinamico ed interattivo.

Era probabilmente inevitabile che prima o poi qualcuno proponesse di semplificare questa “massa” di regole, ottenendo da un lato un regolamento unico con cui giocare tutti i titoli, e dall'altro un sistema leggermente meno particolareggiato e dunque più snello nella risoluzione, pur mantenendo una più che dignitosa verosimiglianza (per qualcuno, addirittura superiore al “fratello maggiore”): stiamo parlando di Simple Great Battles of History (GMT, 2000), o semplicemente SGBOH. Decisamente consigliato, anche come introduttivo al sistema, dove perde in alcune minuzie (sistema di comando, danni alle unità, struttura del turno) ne guadagna in snellezza (i combattimenti richiedono meno passaggi per venire risolti).

Dall'altra parte, la famosa serie Musket & Pike di Ben Hull riprende alcune idee, come il sopraffare il turno all'avversario, aggiungendo poi un ottimo sistema di ordini impartiti alle diverse ali dello schieramento. Dettagliata ma godibilissima, con una ricerca storica tra le migliori mai viste nell'hobby, è consigliata a wargamer di una certa esperienza in cerca di un'esperienza storicamente accurata. Una versione più semplice (possiamo dire, l'analogo della Simple GBOH e forse con ancora parecchia complessità in meno!) è comparsa sulle riviste e giochi in busta della francese Vae Victis, tra queste segnalo gli eccellenti, sia come materiali che come divertimento, Avec Infini Regret (2014) ed il suo recente seguito (2016).

La produzione di Berg è decisamente variegata e, restando nel periodo pre-guerre mondiali, vale la pena segnalare anche: Blackbeard (AH, 1991), probabilmente a tutt'oggi il miglior wargame a tema pirati, particolarmente interessante anche (qualcuno dice soprattutto) in solitario; Pax Romana (GMT, 2015) è uno strategico che permette di ricreare 250 anni di storia tra Romani, Greci, Cartaginesi ed imperi dell'Est, reclutando e muovendo eserciti, conquistando vasti territori ed erigendovi sopra le vostre città, cercando sempre di tenere sott'occhio la stabilità interna per evitare che i vostri generali scatenino una guerra civile. Una sessione di gioco a 4 giocatori dura circa una decina di ore, ed il regolamento di una cinquantina di pagine è mediamente digeribile: nonostante questo, aprendo la scatola vi aspetta una mappa montata, P2P, quasi un migliaio di counters (dai colori pastellosi), ed un mazzo di carte che regolano eventi (traditori, rivolte di schiavi...) pronti ad immergere voi ed il vostro gruppo (essere in 4 è quasi obbligatorio) in combattimenti con danni percentuali e movimenti a punti variabili. Non un gioco introduttivo e neanche intermedio, benchè non sia eccessivamente complesso alla fin fine, ma certo in grado di restituire tutta l'epica della conquista in età antica. Tra le alternative: obbligatoria la citazione di Sword of Rome, un CDG di Wray Ferrel, anche questo multigiocatore, ambientato agli inizi della Repubblica romana, purtroppo di difficile reperibilità; Italia di Andreas Steding (Mayfair, 2006) usa il sistema di Britannia su due scenari, da 3 e 4 giocatori (non scalabili), dalla nascita di Roma alla sua caduta e punta più sul gioco che sulla simulazione; The God Kings di Julien Bonnard (Compass, 2012) e Genesis: Empires and Kingdoms of the Ancient Middle East dello stesso Berg (GMT, 2015) sono entrambi dedicati agli imperi antichi (egizi, ittiti...), il primo più semplice e leggero, il secondo molto simile al design di Pax Romana anche se le civiltà hanno meno caratteristiche uniche; entrambi multigiocatore.

Tornando ai lavori di Berg, sempre del periodo antico, impossibile non ricordare proprio la serie Ancient World che a tutt'oggi comprende solo due volumi, uno dedicato a Pirro e l'altro alla Prima Guerra Punica: si tratta di un sistema elegante, dalle battaglie campali agli scontri navali fino alle schermaglie politiche, ricchissimo di dettagli (messa alla fonda delle flotte durante l'inverno...) e particolarmente indicato per il wargamer più esigente. Probabilmente uno dei suoi titoli più noti,  versione multigiocatore dell'ottimo Hannibal: Rome vs. Carthage” (il cui designer, Mark Simonitch, è coautore di Successors assieme a Berg): Alessandro Magno e morto ed i suoi generali, ovvero i giocatori, devono spartirsi quel che rimane del suo impero a colpi di carte con punti OP, tiri di dado per i punti movimento in base alle qualità dei generali ecc. Un setup variabile ad ogni partita garantisce buona variabilità e diverse condizioni di vittoria.

Un'altra serie di Berg molto nota è quella di Men of Iron: non più periodo antico ma grossomodo medievale, da cui il nome (che evoca l'iconica armatura di piastre), comprende finora 3 titoli dal 14° secolo del titolo omonimo, alle Crociate (Infidel; GMT, 2011) fino alla guerra civile inglese tra Lancaster e York (Blood & Roses; GMT, 2014). Il sistema è giocabile e la tempistica tutto sommato contenuta, un ottimo consiglio per chi è alla ricerca di un tattico sul periodo con qualche guizzo nel design, tipo la mancanza di turni fissi.

Decisamente non dedicato al periodo antico, cito però per valore affettivo un titolo poco noto di Berg ma meritevole sia come gioco che come cultura personale (specie se magari accompagnato ad una bella visita del Carignano a Torino, con il suo ingiustamente poco conosciuto ma ottimo museo), Risorgimento 1859 (GMT, 2000) è ovviamente dedicato alla seconda Guerra d'Indipendenza Italiana, ricorderete sicuramente che l'anno seguente Garibaldi partì con i “Mille” dalla Liguria verso la Sicilia. La formazione del Regno d'Italia nel 1861, signori. Il wargame di Berg mostra la fase precedente, tra Cavour ed il suo alleato Napoleone III da un lato, contro l'austriaco Franz Joseph I dall'altro. Un gioco strategico/operazionale su mappa P2P e due tattici con la classica esagonata, Magenta e Medole-Solferino-San Martino, con oltre un migliaio di counters su cui spicca l'assenza di punti forza (il focus è piuttosto sul morale) permettono all'appassionato di rivivere un capitolo storico poco simulato.

[06] COMBAT COMMANDER: EUROPE

La WW2 è il periodo storico più simulato nei wargames, ed i tattici sono il livello di simulazione più giocato: è naturale quindi ritrovare in questo capitolo alcune delle serie assolutamente più diffuse e giocate (e strenuamente difese!) dai grognards. La mia personale scelta ricade su Combat Commander: Europe (GMT, 2006), CC:E, un titolo che modella il caos e la fog-of-war degli scontri tra fanteria (soltanto) ad una granularità molto bassa, 30 metri per esagono (circa come ASL): dato che le gittate per gli 88mm andavano nell'ordine dei 2000 metri, si capisce come per simulare anche i tanks sarebbero servite mappe di centinaia di esagoni. CC:E si presenta invece con un nutrito numero di piccole mappe singole su cui i due schieramenti muovono i propri counters: squadre di 2-4 soldati, singoli leaders, ed armi pesanti individuali rappresentate da pedine più piccole – immediato il deja vu con il vecchio Squad Leader (AH, 1977) del compianto John Hill.

Da un altro classico come Up Front (AH, 1983) viene invece ripreso il sistema di carte con ordini e generazione casuale di numeri, vero cuore del gioco. Per compiere azioni basilari (muovere, attaccare) è infatti necessario giocare una carta che attivi una squadra, o meglio ancora un leader che a sua volta attiverà tutte le unità entro il suo raggio di comando; ne consegue che non avere la carta giusta al momento giusto significa non poter agire, né reagire, magari con un fuoco di opportunità, al nemico che magari sta accerchiando la boscaglia dove crediamo di essere al sicuro. Croce e delizia, sulle carte (esattamente 72 per ciascun giocatore: 2 serie di 36 risultati, ovvero tutte le combinazioni del tiro di 2D6 stampato su ciascuna) si trovano anche eventi, azioni speciali e particolari condizioni che “vivacizzano” la altrimenti banale struttura di gioco.

Ecco quindi che quella carta con ordini nulli (confusione), apparentemente inutile, ha poco sotto un'azione che conferisce +2 in un attacco adiacente (granate a mano). E tentando il tutto per tutto in corpo a corpo, chissà se l'avversario ha in mano una carta con Agguato in grado di devastare la mia squadra. Casualità nella pesca delle carte? Certo, ma anche come disporre le unità nel setup in modo da favorire o meno una tattica iniziale (a chi affido la mitragliatrice pesante? Metto il sergente al riparo con i coscritti o pronto ad entrare in azione con quel gruppo forte?), quando scartare le carte e cosa tenere, se interrompere o meno l'avversario con un fuoco di opportunità e molto altro che si impara con l'esperienza.

Rinforzi imprevisti nel momento più disperato, campi minati, filo spinato (e genieri che miracolosamente vi aprono un varco sotto il fuoco delle mitragliatrici), bombardamenti che mancando il bersaglio fanno crollare palazzi, obiettivi segreti trasmessi dal comando che impongono drammatiche decisioni nel pieno dell'azione: questo ed altro in un gioco che mette la qualità dell'esperienza, viscerale ed intensa, oltre che il divertimento davanti alla stretta e “fredda” simulazione (che qui è presente, ma è meglio rappresentata in altri titoli, vedi sotto).
Lodevole il manuale, chiaro e compatto, un ottimo riferimento, e praticamente eterna la giocabilità grazie ad un generatore casuale di scenari e numerose espansioni, tra cui il complementare Combat Commander: Mediterranean (GMT, 2007) che introduce inglesi, francesi ed eserciti minori (tra cui i fantaccini tricolore!); e numerosi altri moduli più piccoli (Stalingrado, ecc.). Combat Commander: Pacific (GMT, 2008) evolve il sistema sul fronte PTO, ed è in preparazione anche una versione dedicata alla WW1 (Great War Commander).
Copertina del gioco Combat Commander: Europe
Combat Commander: Europe

Tra le alternative non mancano certo le scelte, a partire dal già citato Squad Leader e dalla sua evoluzione più nota, organizzata e notevolmente dettagliata, ovvero Advanced Squad Leader (AH, 1985); ASL ha il vantaggio di offrire un sistema unico e coerente per gestire qualsiasi situazione, sia di fanteria che di veicoli, al prezzo dello studio di un manuale (ad anelli) che, al netto delle espansioni (da inserire come in un raccoglitore), supera le 600 pagine. D'altra parte con oltre 3000 scenari tra cui scegliere (il primo, Beyond Valor, è necessario per cominciare a giocare dato che regole e materiali di gioco sono venduti separatamente) ed una folta schiera di appassionati, ASL è ancora una realtà concreta oggigiorno; complice l'edizione introduttiva proposta dalla MMP dello ASL Starter Kit #1 (2004, ristampato nel 2010), sicuramente il punto di partenza per questo mondo. Vale la pena ricordare che l'autore di ASL, Don Greenwood, ha fatto pubblica ammenda nel 2013 pentendosi di essersi chiuso 2 anni in ufficio a rendere ancora più complicato Squad Leader, invece di snellirlo come avrebbero fatto altre case con tattici WW2 sempre più alla portata di un pubblico ampio, piuttosto che di specialisti.

Ecco quindi un altro sistema molto noto, di complessità paragonabile a CC:E, ovvero Conflict of Heroes (2008), COH, di Uwe Eickert; anche lui come SL/ASL integra più classicamente fanteria, artiglieria e veicoli che qui vengono mossi con la spesa di punti-azione e counters da pescare per simulare la variabilità di danni ricevuti. Notevole l'attenzione data all'orientamento delle pedine, una cosa che non si trova spesso. Da notare inoltre l'espansione, di qualità eccezionale, dedicata al gioco in solitario (Conflict of Heroes: Eastern Front – Solo Expansion; 2015), e la generale qualità altissima dei componenti.

Più aderente alle tattiche di guerra specifiche della WW2 ed ancora più leggero nelle regole, davvero essenziali e pulite, è la serie iniziata (ed attualmente in espansione) con Band of Brothers: Screaming Eagles (2011), BOB: qui le unità che subiscono il fuoco nemico piuttosto che subire ferite hanno una graduale riduzione della capacità di risposta, risolta con un semplice tiro di dado, il che incoraggia ad inchiodare il nemico con un grande volume di fuoco mentre una squadra alleata manovra alle sue spalle e lo finisce.

Va in tutt'altra direzione invece l'Ufficiale di Fanteria dei Marines Benjamin Hull, grandissimo designer che meriterebbe un capitolo a sé ma che riassumo, senza rendergli giustizia, parlando di
Fields of Fire (GMT, 2008): il suo sistema, in solitario, è concettualmente nuovissimo e sposta l'attenzione dai soldati, qui poco più che “automi”, ai loro comandanti. La mappa è formata da carte-terreno su cui si muovono i plotoni che apriranno automaticamente un volume di fuoco contro tutto ciò che si muove in linea di tiro: toccherà ai comandanti spostarsi di posizione in posizione (o comunicare via radio, o via fumogeni di colori diversi e significato concordato in precedenza...) per dirigere le squadre, tramite un sistema di punti attivati dalla pesca di carte (vagamente simile ad Up Front). L'enorme realismo dell'approccio (superiore a qualsiasi altro titolo attualmente in commercio, compreso ASL) garantito dalla reale esperienza di Hull, spiazza le vecchie tradizioni dove un leader al massimo dava “un bonus +2” alle truppe entro il proprio raggio di comando, e concentrare il fuoco poteva essere un piano valido: non qui, dove gli ordini fluiscono in stretta gerarchia, dal Battaglione alla Compagnia al Plotone, ci si preoccupa di creare aree protette dove raccogliere i feriti ed in attacco si piazza un unico marker che tiene conto del volume di fuoco più alto indipendentemente da quante unità stanno sparando. Un manuale estremamente complesso ricco di gergo militare ed acronimi, laboriosità nella gestione di molti counters e tabelle (specialmente dopo il contatto col nemico), unite ad un gioco esclusivamente in solitario ne hanno purtroppo limitato la diffusione, ma ne è attesa la riedizione ed un secondo capitolo (With the Old
Breed).

Chiudiamo con 2 titoli, uno è il poliedrico sistema Lock 'n Load che unisce ad un dettaglio elevato (maggiore di CC:E, COH e BOB) un sistema di eventi semi-casuali legati agli scenari; e l'ultimo è, in realtà, il... primo di una nuova serie del buon Jensen, che dopo le feroci critiche al suo CC:E ha finalmente creato un tattico con fanteria e veicoli, stiamo parlando di Fighting Formations (GMT, 2011), sistema vagamente “euro” (si eseguono azioni spendendo punti che si accumulano su una barra graduata, quando il segnalino si sposta nel campo avversario è il suo turno di agire, consumando a sua volta punti che spostano il segnalino verso di noi e così via) e tempi di gioco più dilatati rispetto a CC:E, segue la storia delle tedesche Grossdeutschland Motorized Infantry Division ed è previsto a breve un secondo capitolo sulla campagna di Kharkov.

[07] PATHS OF GLORY

Ciascuno ha le proprie passioni: Ted Raicer scoprì la sua quando mise mano sulla bella simulazione del mitico Jim Dunnigan, 1914 (AH, 1968). Difficile, difficilissimo rendere la Prima Guerra Mondiale (WW1) in una simulazione; in bilico tra il vecchio mondo (si combattè con mazze ferrate, le ali dei primi aerei erano in canapa) e l'avvento della nuova tecnologia (i gas, i carriarmati), riprende le trincee della Guerra Civile Americana ed il coinvolgimento a carattere globale della Guerra dei Sette Anni, trascinando per sempre il mondo dall'epoca degli Imperi a quella delle Nazioni. La claustrofobia del film di Losey, la gente piccola tra massacri ed eroismi di Monicelli, la poesia algida di Olmi.

E Raicer ci prova, a rendere tutto questo. I suoi primi giochi, dedicati alle fasi più dinamiche della WW1, escono sulla rivista Command (che a quel tempo era ancora in auge, sostenuta dall'inesauribile Ty Bomba), tra cui il lodato 1918: Storm in the West, seguito da When Eagles Fight e 1914: Glory's End (entrambi poi riuniti in scatola unica dalla GMT nel 2014), ed un paio di altri titoli. All Quiet on the Western Front viene pubblicato in scatola e vince un premio, ma non ci siamo ancora, manca la visione d'insieme.
Paths of Glory: copertina del gioco da tavolo sulla prima guerra mondiale
Paths of Glory

Siamo nel 1999, ed appena 5 anni prima l'ottimo design del grandissimo Mark Herman, We the People, aveva scosso il modo tradizionale di creare i wargames unendo le famose carte con punti operazione ed eventi alla tradizionale struttura di gioco. L'idea è ambiziosa. Raicer si lancia. Ed è così che nasce Paths of Glory. Pubblicato dalla GMT, fino ad allora un'onesta casa di wargames con qualche successo all'attivo, Paths of Glory scuote i grognards cuori di ghiaccio: un titolo giocabile e divertente, uno strategico con un'ottima aderenza storica in grado di ricoprire (con qualche limite) l'intera WW1? Provare per credere. Le vendite proiettano la GMT alle stelle, vengono ristampate 5 edizioni (via via corrette nelle regole), tra cui in cinese e polacco, una guida strategica, un “seguito ufficiale” (Pursuit of Glory). Non si parla d'altro, la WW1 non è mai stata così attuale dai tempi di World War I uscito sulla rivista Strategy & Tactics #53 nel 1975 grazie a Dunnigan/Miranda (e ripubblicata nel 2015).

Cosa fa di giusto Paths of Glory? E' un CDG, innanzitutto, dove ciascun giocatore ha il proprio mazzo individuale; questo è suddiviso in 3 ere (non un mazzo unico come i primi CDG), ciascuna con i propri eventi, capacità logistiche e punti da spendere per garantire il rifornimento di truppe. Come nei giochi migliori vorremmo fare tante cose, ma le risorse (le carte) a disposizione non sono molte: le pedine grandi (Armate) si degradano in Corpi (più piccoli), quindi le riserve vanno mantenute; d'altra parte per attivare eventi più o meno fondamentali (mobilizzazione per la guerra, la Rivoluzione Russa, l'intervento americano...) bisogna sacrificare carte magari importanti per i rifornimenti, o rinunciare all'assedio di una fortezza chiave. Il tutto con il lento amplificarsi del conflitto ed il disgregarsi delle forze, complice un severissimo regolamento sul mantenimento delle linee di rifornimento.

Non son tutte rose e fiori naturalmente, per uno strategico ad un livello così alto si perdono numerosi dettagli, tra cui gli scontri navali (ma c'è Battlewagon per quello; TFG, 1981) e quelli aerei (e c'è Canvas Eagles del bravissimo Phil “Blue Max” Hall, rilasciato gratuitamente; o la serie tridimensionale Wings of Glory del nostrano Andrea Angiolino); inoltre perchè avvengano alcuni eventi è necessario incastrare specifiche sequenze di carte, cosa che a lungo andare fa crollare la “sospensione dell'incredulità” (o immersione nel gioco che dir si voglia).

Ma sono vizi di poco conto, Paths of Glory resta un classico, anche se sempre più accerchiato da vecchia e nuova concorrenza, come i lavori di David Bolt sulla campagna della Marna (Home Before the Leaves Fall), il dettagliatissimo sistema operazionale di David Schroeder (Der Weltkrieg), o il vecchio capolavoro di David Isby (To the Green Fields Beyond), fino al grande classico strategico di Rob Beyma (The Guns of August) ed alle recenti “insidie” di The Lamps Are Going Out (Compass, 2016), strategico leggero con carte tecnologia che progrediscono la guerra; o viceversa la dettagliatissima opera omnia di Rader/Rowland, Fatal Alliances (Compass, 2016): una struttura ed un designer che gli estimatori di World in Flames non potranno non riconoscere.

[08] GCACW

Marcette e masse di uomini che si scontrano in brutali carneficine, manovre politiche e sogni romantici di gloria, blocchi navali e guerra di trincea: lo scontro tra nord e sud degli Stati Uniti parte da lontano, precisamente da quando Jefferson firmò la nascita del nuovo stato nel 1776, unito nella rivoluzione contro il giogo britannico, ma profondamente diverso nell'economia ed ideali. (Nulla di nuovo sotto il sole per noi italiani, naturalmente: corsi e ricorsi storici.) Andando bene a scavare nella storia, varrebbe la pena approfondire esattamente il rapporto tra Lincoln e la schiavitù, come l'estremismo razzista di alcune aree del sud, almeno a livello di cultura personale, vista anche la produzione di recenti film tanto blasonati dalla critica quanto (più o meno volutamente, chissà) sornioni ed evasivi riguardo ad alcuni punti fondamentali.

Gli stessi punti che giustificarono le violente battaglie della Guerra Civile Americana, trattate magistralmente nell'eccellente serie Great Campaigns of the American Civil War (GCACW). Iniziata dal geniale designer Joe Balkoski nel 1992, ai bei tempi dell'Avalon Hill, e dunque espansa sulla loro rivista dell'epoca The General, è attualmente pubblicata dalla MMP. Balkoski non era nuovo all'idea dato che il “papà” della serie, Lee vs. Grant (VG, 1988) era già giocato ed apprezzato: GCACW, con il suo primo titolo dedicato alla seconda Manassas (Stonewall Jackson's Way), ne rappresentò la naturale evoluzione.

La prima cosa che si nota è il livello operazionale del sistema, con turni della durata di un giorno: se la cosa potrebbe apparire quasi scontata ai nostri giorni, con titoli come Forged in Fire (Worthington, 2006), Not War but Murder (Against the Odds, 2007), Birth of a legend (Against the Odds, 2011) ed altri, ai tempi l'idea era abbastanza nuova e praticamente l'unica rivale era la
bellissima serie della Clash of Arms, Civil War Campaign, con movimento ad aree (su mappe meravigliosamente disegnate a mano dal mitico Rick Barber) ed alcune trovate decisamente ben riuscite per la risoluzione della “fog of war”; un'altra ottima rivale, uscita purtroppo solo su rivista, era la serie Campaigns In The Valley di Robert Markham: mappe esagonate di qualità mediocre, ma un sistema raffinatissimo al pari (se non superiore) di altri più blasonati.
LA copertina del gioco in scatola A House Divided
A House Divided

In cosa si distingue GCACW? Nella forte interattività: ogni turno consiste in una serie di azioni, in base all'iniziativa, portate avanti da unità che accumulano steps di fatica come conseguenza; dopo che un'unità ha agito, si tirano i dadi per determinare nuovamente l'iniziativa e così via, con l'unico limite dato dall'evitare, se possibile il raggiungimento di 4 punti fatica, pena il flippare l'unità dal lato esausto: ancora in grado di combattere, ma molto più suscettibile alla fatica. Il combattimento è semplice ed originale: i classici “odds” (rapporto di forze, es. 3:1, 1:2...) qui servono solo come modificatori al tiro, ad esempio 3:1 dà un +2, mentre 1:2 dà un -1 (partendo da un 1:1 che dà ovviamente zero), mentre gli altri più importanti modificatori vengono dall'eccellente regola sugli attacchi ai fianchi. Elemento che unisce l'aspetto operazionale a quello più “tattico”, le unità non hanno orientamento ma, in modo estremamente elegante, si considerano impegnate sui fianchi se sono circondate (anche solo parzialmente) da unità nemiche, il tutto tenendo conto anche dei terreni non transitabili (ad esempio un fiume senza un ponte). Unito al fatto che il combattimento fa parte del movimento, e che tutti i modificatori vanno applicati ad un tiro di dado eseguito sia dall'attaccante che dal difensore, fa si che l'attenzione si sposti continuamente dalla “big picture” della battaglia alla microsituazione specifica: dove attaccare, con chi, con un attacco preparato o frettoloso, con o senza artiglieria e molto altro, tra cui l'attenzione a non finire senza munizioni. Studio del terreno, manovra, combattimento e logorio delle unità sono le parole chiave qui.

Pochissime le ragioni per non provare questo storico sistema, graziato da alcune tra le più belle mappe viste nell'hobby (il colpo d'occhio, grazie ad artisti del calibro di Eskubi ed il cartografo della serie Charles Kibler, è sinceramente fenomenale), tra cui la scarsa reperibilità dei primi scenari e probabilmente una certa confusione nell'imparare le regole per le prime partite (cosa che si risolve drasticamente dopo che si è presa l'adeguata confidenza con i modificatori e le regole per i terreni, per esempio come si modificano in base alla pioggia... mettete in conto almeno sei partite). L'ultimo titolo per ora è Stonewall Jackson's Way II (MMP, 2013) preceduto nel 2009 dal bellissimo Battle above the clouds: entrambi dovrebbero essere ancora reperibili e costituiscono un buon punto di partenza.

Altri titoli sulla ACW costituirebbero un capitolo a sé, brevemente a livello strategico impossibile non partire da A House Divided (GDW, 1981), storico gioco di Frank Chadwick, eclettico autore di innumerevoli wargames tra cui l'originalissimo titolo di fantascienza Imperium (GDW, 1977), una chicca nascosta. A House Divided distilla in poche semplicissime regole l'intera ACW senza perdersi in dettagli minuziosi e con un sistema di combattimento basato su semplici tiri di dado. E' da oltre 35 anni un titolo che viene continuamente ristampato per un motivo. Assolutamente consigliato a chi cerca qualcosa di introduttivo. Ma probabilmente quello che tutti ricordano con più affetto è l'indimenticabile The Civil War (VG, 1983), capolavoro di Eric Lee Smith: su una bella mappa esagonata divisa (correttamente) nei 3 storici teatri, si alternano le vicende di tutti i generali dell'epoca (oltre 50) e dei loro eserciti. Dettagliato e ricercato, simula con precisione gli scontri navali e l'intervento degli stati neutrali, la possibilità di reazione al movimento nemico (vedi di successi del generale Lee), e l'attrito tra le parti con la brillante idea del differenziale tra un tiro di dado a testa per determinare i punti azione da spendere nel turno. Recentemente riproposto, almeno “nello spirito”, in una edizione che ne riprende delle parti integrandole con nuove idee, The U.S. Civil War (GMT, 2015), riproposto dal veterano dei wargames Mark Simonitch, è sicuramente molto più reperibile e con materiali di qualità: sul fatto che sia “migliore o meno” rispetto al titolo di Smith, ciascuno può dare la sua valutazione, basta ricordarsi di usare le regole aggiornate a Novembre 2016 che cambiano drammaticamente diverse parti.

Finora si è parlato soltanto dell'aspetto militare, trascurando quello politico: ci pensa l'onnipresente Mark Herman con For the People (GMT, 1998), un CDG su mappa P2P (come quella di A House Divided, ovviamente molto più dettagliata) con l'eccellente idea di rendere la volontà di combattere uno dei pilastri della simulazione, il tutto integrato con i vari generali, catturando così l'importanza storica di un McClellan così come le conseguenze del rimuovere lo scadente Braxton Bragg. Punti negativi, laddove il titolo di Smith ha delle regole navali lineari, in quello di Herman la maggior parte dei giocatori (sottoscritto incluso) ammette candidamente di non averle comprese del tutto. La cosa non è nuova nei design, peraltro eccellenti, di questo decano del wargame, basti ricordare lo straordinario Empire of the Sun (GMT, 2005), sulla WW2 nel Pacifico, che si regge sull'idea di operazioni condotte muovendo counters per oltre 20 esagoni e zone di influenza estesi al secondo “raggio” di 12 esagoni adiacenti: tutto storicamente preciso ed entusiasmante da giocare, quanto faticoso da gestire.

Tornando alla ACW, si segnala ancora Lincoln's War (MMP, 2013), tutto sommato un buon strategico e che incorpora, con molta più semplicità del titolo di Herman, la gestione politica così come quella militare, ed una sufficiente modalità in solitario: il tutto però sepolto in mezzo ad una produzione abbastanza mediocre, ed un regolamento che in prima stesura era francamente imbarazzante per il prezzo richiesto.
Chiudo con una chicca: Blue vs. Gray (GMT, 1999) è un gioco totalmente di carte, mappa inclusa, pieno di spunti interessanti: come tutte le chicche, si trova con difficoltà ma (durata troppo elevata a parte) ne vale la pena!

[09] COMMANDS & COLORS: ANCIENT

A parte qualche titolo dedicato, finora abbiamo visto soprattutto wargames di fascia medio-alta. Titoli che richiedono una certa dedizione o comunque la conoscenza del “linguaggio” del wargame: ZOC, CRT, DRM, Supply Lines, e quant'altro sia parte della storia dell'hobby. Ma se un giocatore curioso volesse avvicinarglisi pur essendo totalmente a digiuno? Eccoci in coda quindi con la sezione “Non ho alba, non ho conoscenze pregresse, ma vorrei provare un wargame”. E direi che Richard Borg è uno dei punti di riferimento qui. (Attenzione: Borg, non Berg. Visto che in rete c'è ancora chi lo confonde. Rileggetevi le puntate precedenti su chi è Richard Berg!)

Il sistema Commands & Colors (C&C) ha un'idea di fondo estremamente vincente: tutto è molto visivo. C'è un campo di battaglia, una mappa esagonata, diviso in tre aree: centro e due ali. Ciascun schieramento ha unità i cui “punti vita” sono pari alle pedine in gioco (miniature in plastica o blocchi di legno, a seconda del titolo): queste unità vengono mosse spendendo carte dalla propria mano che ne attivano un certo numero, in una o più parti della mappa. I combattimenti possono causare danni (rimuovendo i “pezzi” che compongono l'unità, es. 4 pezzi per la fanteria, 3 per cavalleria e così via) o ritirata, a seconda del risultato abbinato al tipo di truppa, molto immediato, del tiro di dado. Ecco così che il giocatore deve digerire relativamente poche regole, potendosi concentrare sul fronte migliore per investire il “comando” invece che contare esagoni e tirare dadi sperando che i propri leaders trasmettano efficacemente gli ordini alle truppe.

C&C: Ancients (GMT, 2006) nello specifico enfatizza, sempre in modo astratto, il comando (che determina la pescata di carte, in base allo scenario), la gestione delle truppe (ogni carta comando può ordinare una delle 3 zone di campo, una truppa specifica – fanteria, cavalleria leggera... -, un comandante e quindi tutte le unità attorno, oppure azioni speciali come cariche di cavalleria o di linea ecc.), la distruzione dell'esercito avversario (i punti vittoria si conquistano eliminando unità o generali nemici), e la gestione piena di implicazioni tattiche dei leaders. E' notevole come altri titoli della serie, per esempio l'ugualmente famoso C&C: Napoleonics (GMT, 2011), pur partendo dalla stessa struttura base come abbiamo detto, se ne discosti rendendo i giochi decisamente diversi: il triangolo tra artiglieria, cavalleria e fanteria e la progressiva degradazione delle unità, oltre che i tempi di gioco leggermente maggiori, lo rendono infatti “più napoleonico” (pur nella sua astrattezza) rispetto al “più classicista” Ancients.

Simili paragoni si possono applicare agli altri titoli: dal primo Battle Cry (AH, 2000) dedicato alle battaglie della ACW e recentemente ristampato come edizione anniversario (2010); al blockbuster Memoir '44 (DoW, 2004), uno dei wargames leggeri più giocati dai non-wargamer dedicati alla WW2 ed espanso da una quantità poderosa di moduli; al fantasy di Battlelore (FFG, 2006) la cui seconda edizione (2013) ha il vantaggio di una componentistica eccezionale, scenari casuali ed in genere bilanciati (cosa che le situazioni storiche raramente propongono) ed un regolamento che unisce il meglio dei predecessori; è coperto anche il giappone feudale con il visivamente impressionante Samurai Battles (Zvezda, 2012), che include anche un regolamento addizionale per una simulazione più dettagliata; e la fantascienza spinta di Abaddon (Toy Vault, 2012) dove però il sistema è diverso dagli altri della serie. Gli anni recenti hanno visto, a fianco delle espansioni per le serie “di punta” (Ancients, Napoleonics e Memoir 44), una scatola sulla WW1 (The Great War; PSC, 2015), una sulla rivoluzione americana (C&C: Tricorne; Compass, 2017) ed una recentissima, molto attesa, sull'età d'oro della padronanza della cavalleria sulla fanteria, con un campo esagonato più ampio e, verosimilmente, molta più mobilità (C&C: Medieval; GMT, 2017).

Difficile rivaleggiare con la serie C&C in termini di offerta e semplicità del sistema. Ci prova la serie Hold the Line della Worthington (2008), che ne condivide alcuni elementi tra cui la mappa esagonata, montata, ed una serie di esagoni in cartoncino da sovraimporre per creare diversi scenari; ma se ne discosta nella struttura di gioco usando un più tradizionale sistema di “punti” da spendere (in base al tiro di un dado più una quota fissa) per attivare le unità: il che rimuove la possibilità di trovarsi “senza la carta giusta” che a volte si trova giocando al sistema C&C. Il combattimento è basato sulla riduzione dei punti morale e si risolve con un semplice tiro di dado in base alla distanza. La serie finora comprende la scatola base dedicata agli scontri tra americani ed inglesi, con un ottimo numero di scenari; un'espansione sulla guerra franco-indiana (2008) ed un'altra sulla guerra giacobina (2013). Una versione che usa meccaniche leggermente diverse tratta invece il periodo della successione austriaca (Frederick's War, 2013). Annunciata una recente ristampa del sistema (2016).

Chiudiamo con la serie Folio della Decision Games, titoli in genere del livello di complessità dei giochi su rivista, dedicati ai periodi storici più disparati, sia per più giocatori che in solitario ed assolutamente consigliati nel novero degli introduttivi, naturalmente valutandone la qualità di caso in caso.

[10] WARGAME IN SOLITARIO

Spesso capita che per ragioni di tempo non si trovino “avversari”, tuttavia l'analogico eserciti ancora un fascino sul digitale (e questo, per il sottoscritto, vale dallo sfogliare le pagine cartacee di un libro, al muovere fisicamente i counters su una mappa di carta NON montata...). Cosa fare?
La maggior parte dei wargamers usa titoli “classici”, privi di informazioni nascoste (es. non i CDG), giocando semplicemente entrambe le parti. Esistono però tutta una serie di ottimi titoli espressamente dedicati al singolo giocatore, ovvero dotati di una “intelligenza artificiale” contro cui misurarsi.

Eccoci quindi al capitolo conclusivo dedicato al wargame in solitario, di qualità. Entro subito in argomento parlando, qui come non mai, dei singoli autori piuttosto che di titoli specifici, dato che se in 2 o più il “bello” deriva anche dalla condivisione dell'entusiasmo con gli altri giocatori, in solitario ciascuno è libero di scegliere esattamente quel che gli pare più opportuno, dal periodo storico alla regola più o meno stringente da applicare.

Impossibile non iniziare da John Butterfield, autore prolifico e mitico designer di Ambush! (VG, 1983) considerato ancora da molti una delle più intense esperienze tattiche WW2 in solitario: ogni esagono poteva contenere un cecchino, una mina o una situazione inaspettata regolata da un sistema di paragrafi da leggere. Non a caso titoli recenti come i citati Combat Commander, o Lock 'n Load, hanno poi ripreso (ciascuno a modo proprio) questa idea. Purtroppo difficilmente reperibile, Ambush! vanta tutt'ora una schiera di appassionati per cui non è impossibile da ritrovare sul mercato dell'usato. Tra gli altri design notevoli di Butterfield, troviamo RAF e la sua recente ristampa, consigliata, RAF: The Battle of Britain 1940 (DG, 2009). Ben più che una semplice revisione, quest'ultima edizione contiene sia il gioco in solitario originale (aviazione inglese contro tedesca), che l'inverso, oltre che il gioco per 2. Pur nel suo sistema astratto rimane un titolo sfidante che terrà occupati per svariate ore. Uno schema di gioco simile c'è anche per l'eccellente Enemy Action: Ardennes (Compass, 2015), assolutamente consigliato, che come il titolo lascia intuire illustra l'ultima grande offensiva tra tedeschi ed alleati. L'aspetto eccezionale qui è dato dal sistema di combattimento basato sul chit-pulling: invece che consultare tradizionali tabelle e cercare i rapporti di forza, qui i risultati sono “spezzati” sui chit da pescare e che causano danni in base a semplici condizioni da verificare, in parte basate sui classici rapporti di forza (es. maggiore di 3:1?) ed in parte su condizioni tattiche (es. il difensore è un mezzo corazzato?), il tutto espresso come danni tra attaccante e difensore, ulteriormente ridotti in base al tipo di terreno (es. una foresta riduce di 1 il danno subito dal difensore). Questa enorme variabilità unita alla scelta, lasciata al giocatore, di “spingere” l'attacco continuando a pescare chit (entro un limite) rende ogni combattimento nuovo, viscerale, ed enormemente coinvolgente. Purtroppo come sempre il rapporto qualità/prezzo della Compass non è dei migliori, ed a fronte di un sistema così notevole ci si trova a pagare oltre 130 euro per mappe in carta non proprio resistente e counters di spessore decisamente inferiore alla produzione della stragrande maggioranza degli altri titoli. A ciascuno le proprie valutazioni, come sempre.
Copertina del gioco da tavolo per un giocatore D-Day at Omaha Beach
D-Day at Omaha Beach

Ma il vero blockbuster degli ultimi anni arriva con la serie D-Day. Evoluta dal gioco in rivista Operation Jubilee: Dieppe, August 1942 (S&T, 2010), e successivamente pubblicati dalla Decision Games, la serie comprende per ora l'osannato Omaha Beach (2009) e due titoli dedicati agli sbarchi nel Pacifico, l'ottimo Peleliu (2015) ed il buon Tarawa (2014). Punto in comune della serie, la mappa tattica (o gran tattica) esagonata su cui spendere punti azione muovendo le proprie unità, cercando di snidare le postazioni nemiche gestite da un sistema ingegnosissimo che combina pallini colorati (l'arco di tiro delle postazioni) con la pesca di carte (chits nel primo titolo) che indicano il colore della postazione attiva. L'effetto netto è, come tipico dei giochi di Butterfield, assolutamente viscerale: le truppe da sbarco vengono bombardate, la linea della spiaggia mitragliata cercando di togliere “i nostri ragazzi” dalle zone esposte, stabilendo le prime teste di ponte mentre ondate di rinforzi successivi portano supporti ed HQ che, una volta impiantati in zone sicure, iniziano a coordinare le unità estendendo il raggio entro cui possono essere attivate. La pesca di “lettere specifiche”, man mano che passa il tempo, doterà gli avversari di nuove abilità, dai mortai alle armi pesanti, bilanciando i nostri rinforzi (sempre che siano rimasti vivi...) e rendendo il gioco tesissimo dall'inizio alla fine. Quando finalmente toccherà a noi agire, un ingegnoso sistema di combattimento senza dado ma basato sia sul rapporto di forza che sulla disponibilità di equipaggiamento specifico (es. radio per coordinare l'attacco, cariche esplosive...) determinerà l'esito dello scontro; se unite questo al fatto che le nostre unità perderanno equipaggiamento man mano che verranno logorate (simulando perfettamente per es. l'uccisione degli addetti alle varie armi, o l'esplosione delle riserve del lanciafiamme ecc.), si capisce come ogni decisione diventi vitale (preservo l'unità a piene forze per garantirmi l'assalto, o le faccio assorbire danni evitando di eliminare quell'altra unità già stremata e che andrebbe a far crollare il morale?): in una parola, uno dei migliori sistemi in solitario mai provati.

L'altro grande designer del solitario è Dan Verssen. Anche lui estremamente prolifico, si differenzia da Butterfield per un approccio molto più semplice, magari meno simulativo ma enormemente più adatto ad un wargamer alle prime armi. Tre serie degne di nota: la prima è quella Leader, tra cui Thunderbolt/Apache Leader (dedicato agli scontri aria-terra con i bombardieri A-10 e gli elicotteri AH-64) ed Hornet Leader (dove invece l'aereo F/A-18 è la guest star) sono probabilmente i migliori. La differenza tra i due titoli sta negli obiettivi: bombardieri ed elicotteri sono impiegati in campagne per cui oltre a decidere dove colpire, in base alla diversa capacità di avanzata dei reparti nemici, bisognerà volare fisicamente su un'area ed eliminare le varie unità, spendendo le munizioni di cui siamo dotati (il tutto con una semplice risoluzione in base al tiro di dadi); nel caso dei jet, si pesca più semplicemente una carta bersaglio e si svolge la missione. Eventi imprevisti durante il volo, condizioni politiche, esperienza e stress accumulato dai piloti e molto altro vivacizzeranno la vostra carriera in entrambi i titoli.

L'altra serie è quella Leader, dove invece vengono simulate, in modo molto astratto ma divertente, le campagne militari di Rommel, Alexander (Alessandro Magno) e Napoleon. Pur prevedendo un sistema simile, di movimento ad aree, i tre titoli sono di complessità crescente in termini di “precisione storica” (comunque sempre medio-bassa) e dettaglio nella risoluzione degli scontri, tra il semplice tiro di dado del primo titolo al “complesso” display separato dove risolvere le singole battaglie napoleoniche, con linee di approccio, riserva e fronte, passando continuamente dalla situazione strategica a quella tattica.

Infine la nuovissima serie Warfighter è tutta dedicata agli scontri ultratattici tra singoli soldati, in epoca moderna ma anche (recentissima uscita) WW2.
Cito ancora in chiusura l'editore Victory Point Games, famoso per alcune semplici ma molto giocabili produzioni con la serie States of Siege che abbiamo già visto in alcuni capitoli precedenti; alcuni titoli dell'infaticabile Joe Miranda, per esempio segnalo la seconda edizione di Struggle for the Galactic Empire; ed una recente scoperta Joel Toppen, la cui serie First Nations sta riscuotendo un buon successo grazie ad una “intelligenza artificiale” ricca ed imprevedibile: Navajo Wars ed il recente Comancheria, entrambi editi dalla GMT, sono titoli raccomandati e decisamente freschi in termini di design.

Che siate in gruppo o da soli, amanti del dettaglio o della semplicità, mi auguro che in questa
veloce rassegna (necessariamente parziale) abbiate trovato qualcosa in grado di stimolare la
vostra curiosità; se non altro, la nozione che a fianco di cubetti german da spostare e dadi
american da rollare, esiste un mondo dove la storia ed il confronto (e divertimento) ludico si
uniscono. Libri interattivi, se volete. Buon gioco! Saluti, Claudio

Commenti

Articolo splendido: da stampare e spuntare!

Grazie Claudio77 per il solito prezioso contributo.

Bellissimo articolo, l'ho letto tutto d'un fiato e ho rischiato grosso ma ne è valsa la pena!!

Labyrinth non può essere considerato un war-game?

Articolo eccellente, Claudio complimenti. Meglio di così non se poteva. :)

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