Articolo meraviglioso
“E curr de scià e curr de là
cume un ratt cun la divisa,
sempru in man ‘na quaj valìsa
che però l’è mai la mia.”(E corri di qua, corri di là
come un topo con la divisa,
in mano sempre una valigia
che però non è mai la mia.)Grand Hotel, Davide Van De Sfroos band
Da pochi giorni il bel gioco di Simone Luciani e Virginio Gigli ha un’espansione, “Let’s Waltz!”, che la Lookout Games ha pensato bene – per loro, quantomeno – di distribuire mediante kickstarter, accompagnata da varie ed eventuali quali i dadi personalizzati, la torre lanciadadi e altre cose poco più che inutili.
(Personalmente ho aggiunto soltanto l’upgrade pack, una scatolina venduta a peso d’oro che contiene segnalini di legno e risorse sagomati e, come ovvia conseguenza, una nuova stampa delle carte del gioco base con disegnati strudel e tazze di caffè Julius Meinl laddove c’erano degli anonimi cubetti che smettevano di essere cibi e bevande tipo un secondo dopo l’inizio della spiegazione. Molto carini, detto en passant, il nuovo segna round – la pendola – e le casseforti per il tracciato delle corone. Il quale, per inciso, grazie a uno stretch goal è fornito su una plancetta a parte che ho messo via quasi subito, dato che quello stampato sulla plancia dell’hotel è comunque più comodo.)
E no: il grigio topo è ancora uno dei colori disponibili.
A piccole dosi
Sale da ballo ballo ballo da capogiro
Il modulo principale, quello che del resto dà il nome a tutta l’espansione nonché decisamente il più invasivo, è quello del valzer, una roba che di più viennese c’è solo la cotoletta quella battuta con un rullo compressore.
Molto brevemente, a fianco del tabellone ci sono tre sale da ballo (estratte a caso da cinque totali) in cui, in cambio di bonus e punti vittoria durante la partita e alla fine, si possono mandare gli ospiti serviti in alternativa al mandarli in camera.
(I paracarri in legno che identificano i ballerini e su cui, volendo, si possono attaccare degli adesivi, vanno prelevati da una plancia che a sua volta sblocca bonus, ché i bonus sono come le cialde nespresso, non bastano mai.)
Tutti i materiali legati al modulo hanno un loro simbolo – una croma. No, non quella – e la cosa è importante perché taluni componenti di altri moduli con questo simbolo richiedono che si utilizzino anche le sale da ballo, altrimenti vanno rimossi.
La scelta di come gestire gli ospiti, sacrificando o meno gli obiettivi delle stanze in favore dei punti delle sale da ballo (non mi dilungo sulla loro struttura, ma il succo è: più champagne paghi, meglio ti trattano), introduce un elemento molto invasivo nel gioco, ampliando ulteriormente le cose da tenere d’occhio e i bonus ottenibili a catena e, peraltro, allungando ulteriormente i tempi di gioco che, come ben sa chi apprezza il gioco, sono un po’ il tallone d’achille di Grand Austria Hotel, specialmente in quattro giocatori.
La faccio breve: chi apprezza i gestionali con risorse che volano per il tavolo, cose che danno cose e chiodo che scaccia chiodo apprezzerà il modulo; io non particolarmente.
Indovina chi viene a cena?
Il primo è costituito da una serie di tessere con personaggi famosi dell’epoca (per esempio Mata Hari, Marie Curie, perfino la creatrice del proto-Monopoly Lizzie Magie) che possiamo attirare in hotel per un round in modo da beneficiare dei loro poteri (a mo’ di esempio, Churchill fornisce un punto imperatore aggiuntivo ogni qual volta se ne guadagnano da qualsiasi fonte). Tali tessere, disponibili sempre in numero di tre, sono associate a un dado colorato che, se scelto, dietro pagamento di compenso – allora non esisteva ancora il concetto di pagare in visibilità – permettono appunto di ospitare il pezzo grosso fino alla fine del round corrente.
Anche qui si tratta di catene potenziali di bonus che farebbero stramazzare al suolo anche Feld; ma l’impatto sul gioco è decisamente minore e soprattutto non distoglie da quello che è il cuore del gioco base. (Personalmente tendo a non apprezzare granché le espansioni che introducono cose che non siano mero contorno o correttivo ma che invece mirano proprio a scardinare un gioco introducendo azioni nuove, possibilità ulteriori, generando un motore esponenziale di entropia: un esempio, oltre al modulo del valzer suddetto, può essere Agorà per 7 Wonders Duel, sulla quale potrei anche scrivere qualcosa prima o poi).
A l’entrada del temps clar
La seconda, forse il modulo che ho preferito, prevede di personalizzare l’entrata dell’hotel con una plancetta riportante un diverso potere attivo per tutta la partita (oltreché un diverso set di risorse in partenza); si tratta di effetti anche molto impattanti sul modo di approcciare la partita, ma è un apporto del tutto strategico e in nessun modo complicato: niente materiali aggiuntivi, tranne che in un caso con dei gettoni; niente azioni aggiuntive; niente elucubrazioni superflue. Un po’ sulla falsariga dei personaggi di Sulle tracce di Marco Polo, per intenderci.
È gradita la prenotazione
Il quarto modulo – tenete duro, su – prova a mettere una pezza al suddetto problema dei tempi di attesa legati alla struttura a doppio giro a senso inverso dei round.
A dei talloncini con una normale struttura a giro (per esempio 1-4, 2-5 e 3-6 giocando in tre) che normalmente ruoterebbero nel senso di gioco, è associata un’estensione del tabellone azioni in cui, in buona sostanza, si può scegliere di essere primo giocatore per il round successivo, al costo di rinunciare a prendere un dado dei quattordici, sanguinosi dadi che si possono prendere in tutta la partita. (Sì, va bene, in realtà l’azione “primo giocatore” regala un dado virtuale spendibile in ciascuna delle cinque possibilità regolari, che pure non può essere potenziato con la benedetta azione secondaria che prevede di pagare una corona per migliorare un’azione; ma parliamoci chiaro: è un’azione in meno, tanto più che gli eventuali avversari che nel round seguente partiranno terzi e quarti si beccano pure un contentino economico.)
Ha senso? Posto che la bellezza di un’espansione modulare è appunto nel fatto che uno ci mette dentro quel cazzo che gli pare, il problema di un’azione “primo giocatore” in Grand Austria Hotel è legato al fatto che non si può sapere quali dadi saranno disponibili nel round successivo: vero che lanciando dieci o più dadi ci sarà bene o male sempre un’azione particolarmente appetibile; ma è comunque una sorta di salto nel buio, quasi una scommessa. Ovviamente pensateci se siete almeno in tre (ma direi quattro): in due la plancia con la chiave del primo giocatore dà solo fastidio.
Sarà, sarà l’automa
Lo premetto: ho solo letto il regolamento, sapete che non sono un grande amante del gioco in solitario, a meno di prodotti ideati proprio come tali (come per esempio, giusto per citarne due che casualmente ho recensito, Pavlov’s House e Castle Itter).
D’ogni modo ci sono due mazzetti dedicati: il primo (il mazzo “Leopold”, dal nome del mascellone che fa bella mostra di sé sulla scatola del gioco base) per le partite senza espansioni e i moduli tre e cinque (quelli meno invasivi), il primo dei quali richiede una di quattro entrate speciali riservate al bellimbusto; il secondo, il mazzo “Elisabeth” come la vecchietta che introduce le espansioni, per giocare con sale da ballo e celebrità. Le carte dicono che ospiti prende l’automa, che dadi toglie dalla plancia, che obiettivi prova a perseguire: solite cose che potete ben immaginare.
Come in una partita contro avversari reali, ovviamente, anche in solitario si può usare qualunque combinazione di moduli; se siete particolarmente fantasiosi, peraltro, potete usare anche quello del “primo giocatore”, a patto che vi incazziate quando voi stessi vi sottraete la possibilità di giocare per primi nel round successivo.
Sturm der Liebe
Quindi?
Personalmente trovo che di moduli imprescindibili non ce ne siano, a meno di non voler integrare in pianta stabile le carte del quinto (o quelle ulteriori ancora fornite come esclusiva kickstarter). Ammetto però che se penso a come vorrei giocare Grand Austria Hotel penso che il terzo modulo, quello delle entrate uniche con poteri personali, lo terrei dentro volentieri.
Anche le celebrità non sono un’aggiunta che vien per nuocere; certo sono molto più situazionali, laddove i poteri unici condizionano la partita a livello strategico.
Detto questo, se non vi siete fatti un’idea su questa espansione per capire se possa fare al caso vostro, tenete presente che Grand Austria Hotel è così stretto e ansiogeno e ricco di suo che, nel dubbio, potete farne a meno.
Del resto è il Grand Hotel Austria, mica la pensione Nagy e figli sul lago Balaton.