High Frontier 4 all. Spazio, ultima frontiera

Ion Games Design

Gaeruil ci racconta un gioco ultrasimulativo di Phil Eklund che ha a che fare con lo spazio e la sua esplorazione. E con notevoli digressioni nella psicoanalisi. 

Giochi collegati: 
High Frontier 4 All
Voto recensore:
10,0

È chiaro che i primi coloni nello spazio saranno persone entusiaste: irrequieti, curiosi, indipendenti, molto probabilmente più ostinati e posseduti da più "malcontento creativo" rispetto ai loro parenti nel Vecchio Mondo. (The High Frontier: Human Colonies in Space, Gerard K. O'Neill)

Gan Eden

Mi è capitato spesso di interrogarmi su quale sia il posto del gioco nella vita, cioè in quell’insieme di scenari che, almeno nella nostra cultura occidentale, tendiamo a classificare attraverso criteri di desiderabilità, necessità, priorità. Gli scenari sono il lavoro, la famiglia ed i rapporti sociali più allargàti, le incombenze organizzative, la regolazione degli stati fisiologici (nutrizione, termoregolazione, ecc…), il cosiddetto tempo libero. Nel tempo libero trova spazio il gioco, messo in tensione con il lavoro, dal quale si distingue perché liberamente scelto e non ha fini sostentativi. In realtà ci sono giocatori professionisti (nel calcio, nel poker, negli scacchi, ecc…) ma, in generale, consideriamo il gioco come improduttivo, a volte costoso, o, addirittura, capace di dilapidare patrimoni. Attribuendo tutti – in fondo, anche i giocatori più incalliti, perché tutti siamo formati nella medesima cultura – un giudizio di leggerezza innecessaria al gioco e di seria necessità alle attività indispensabili alla vita. Fra le quali il lavoro, soprattutto quando necessario al sostentamento, deve avere un posto privilegiato. È questo il retaggio di una umanità condannata a sudarsi il pane a seguito della caduta dal Gan Eden (il Paradiso Terrestre) che in antico semitico significa: luogo di letizia recintato. Cioè un parco giochi. Qualcosa nel Nuovo Testamento è cambiato ed infatti, proprio mentre scrivo queste righe, Papa Francesco, in occasione di una partita di beneficienza, ha detto che un adulto è maturo, fra le altre cose, se sa giocare.

Possiamo osservare tre modalità ludiche: nell’ambito educativo il gioco, soprattutto per i più giovani, è considerato una necessità ed un potente strumento di crescita; un secondo ambito, presente anche nell’antichità, ma oggi fortemente potenziato dalla cultura capitalistico-consumistica, è quello che si esprime soprattutto come competizione, con dinamiche individualistiche più che gruppali ed ideali: qui troviamo il gioco d’azzardo, gli sport professionistici ma anche i giochi da tavolo quando l’esperienza di gioco passa in secondo piano a favore del possesso, del collezionismo; infine, come ben detto da Cambi, un ambito in cui “il gioco ed il giocare servono a vivere le instabilità, la leggerezza, le ambiguità […] Un gioco ben fatto offre verità e le nega, costruisce alleanze e le sgrètola, affina cooperazioni ed accetta tradimenti, offre momenti di piacere e fa spuntare il dolore, diventa il luogo del disimpegno ma, allo stesso tempo, richiede sforzo, disciplina, regola”. Con quest’ultima definizione siamo molto vicini a ciò che noi consideriamo più una modalità lavorativa, se non fosse che in questa il disimpegno, il tradimento ed il dolore sono eventi disfunzionali, di rottura, talora traumatici. Perché nel lavoro si fa sul serio, per davvero, è reale, mentre il gioco è finzione, simulazione. Il gioco abita il tempo libero, perché l’altro tempo, la maggior parte, è prigioniero delle necessità. I rapporti sociali oscillano ora di qua ora di là in questa polarità. 

E se, per ipotesi, questa polarità si basasse su di un presupposto erroneo? Se la vita, in generale, non fosse così reale come immaginiamo? Cosa ne sarebbe, a cascata, di tutto l’assetto che da questa credenza discende? Se né il lavoro né il gioco, di conseguenza, fossero reali? Se la differenza fosse solo nel grado di approssimazione al reale che permettono?

La questione è complessa: partiamo dal postulato che tutta la nostra vita sia, in realtà, una simulazione, che viviamo nel sembiante, nell’approssimazione. Perché il Reale è separato ed inattingibile. E gli altri animali sono molto più lontani di noi, vivendo in un’approssimazione ancora più imprecisa e, soprattutto, limitata dagli istinti.  “Questo è il mondo che tu conosci e che ora esiste solo in quanto parte di una neuro-simulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix” dice Morpheus a Neo. La differenza con il film, le filosofie gnostiche, la promessa paolina (tunc autem [videbimus] facie ad faciem) e con la paccottiglia new age è che non è possibile uscire. Quello che si può fare è approssimarsi, senza mai raggiungere il Reale dell’Universo Mondo (con le scienze), di Se Stessi (con la psicoanalisi). Quando la tecnologia permetterà a tutti di non dover sudare per il pane ecco che tutto sarà soprattutto o soltanto gioco. Per alcuni è quasi già così oggi perché fanno un lavoro (cioè un insieme di regole, operazioni che servono a raggiungere un certo obiettivo, condizioni di successo/vittoria) che li appassiona e che svolgono con letizia. Cioè giocano. Che poi è la risposta a: ma perché quel tale che potrebbe campare di rendita continua ad affannarsi in tal lavoro e addirittura si cimenta in nuovi progetti? Perché sta giocando. Questo diventa evidente nel caso degli artisti nei quali la dimensione giocosa e quella lavorativa coincidono – anzi può capitare che preferiscano la propria arte alla dimensione sostentativa, cioè che siano spinti dal proprio demone a giocare senza andare incontro alle richieste del mercato. Ma finché la maggior parte degli esseri umani dovrà lavorare per vivere – e spesso vivere per un lavoro che non piace – rimarrà la linea immaginaria di demarcazione tra gioco e lavoro. E chi gioca dovrà sorbirsi la comprensibile ironia di parenti ed amici che faticano da mane a sera. Anche se si tratta di giochi complessissimi ed importanti come il Giuoco delle perle di vetro (ricordiamo che il Magister Ludi che guida il gioco ha anche funzioni pubbliche) oppure come la Lotteria a Babilonia, gioco praticamente indistinguibile dalla realtà.

Come tutti gli uomini di Babilonia, sono stato procònsole; come tutti schiavo; anche ho

conosciuto l’onnipotenza, l’obbrobrio, il carcere. (J.L. Borges)

È per questo che gioco ad High Frontier 4 all: sfido chiunque a dire che non sia un lavoro per quanto è serio e faticoso! Scherzo, ma loro non lo sanno… Per studiarlo ci ho messo un paio di mesi – ma io sono lento per carità. L’ultima partita è durata 9 ore, con una pausa pranzo di 15 minuti e sono stato quasi tutto il tempo in piedi. Nell’altro mio lavoro, mi prendo una pausa pranzo simile, ma sto seduto quasi tutto il tempo. Però ci ho messo 10 anni per studiare il regolamento e qualche anno ancora per imparare a giocarlo bene; certo, il mio lavoro di psicoanalista è una simulazione molto più accurata. L’autore di High Frontier, Phil Eklund, cresciuto negli USA, è un ingegnere aerospaziale che ha lavorato per una delle più grandi compagnie aerospaziali del suo paese. Quando ha mandato i suoi razzi di lavoro nello spazio l’ha fatto certamente ad un livello di approssimazione molto più elevato che non con il suo gioco.

Ma noi che non siamo ingegneri aerospaziali e ci dobbiamo accontentare di un livello simulativo più basso che cosa possiamo fare con HF4? Se dicessi che puoi fare aste; costruire e gestire la tua mano di carte; pianificare e muoverti attraverso percorsi; pick-up and delivery; aumentare le tue abilità; tutto questo sarebbe tanta roba ma non direbbe niente di quello che è l’esperienza con HF4 e che chi si cimenta cerca. Per esempio, giorni fa sono riuscito, nel giro di qualche anno, a costruire un razzo non molto efficiente, ma quanto bastava per raggiungere un sito così grande da essere praticamente certo di trovarvi risorse e quindi industrializzare per la produzione extraterrestre. Questo è, di solito, il primo passo che farai se vorrai lasciare il nostro amato pianeta Terra. Il nostro bellissimo pianeta blu. Che visto da lontano mentre lo lasci per cercare fortuna nel freddo e buio spazio fa accartocciare il cuore per quanto è bello, per quanto è casa. Che diavolo, lì mi aspettano mia moglie e mio figlio. Se avrò fortuna li porterò con me, prima o poi. Chissà, forse riuscirò a costruire un Bernal, una stazione orbitante, e farò vedere a mio figlio quant’è bella la Terra, che ti si accartoccia il cuore a vederla tutta insieme da lassù. Va bene, coraggio, partiamo.

Ed è con il cuore accartocciato ma pieno di speranza che sono arrivato sull’asteroide della fascia principale chiamato Igea Borbonica, scoperto da italiani nel lontano 1849, dall’osservatorio di Capodimonte a Napoli, che oggi è la splendida ed avveniristica capitale degli Stati Federati del Mediterraneo. Poi la tragedia: vado a prospettare per vedere se ci fossero risorse ed incredibilmente Igea è solo un grandissimo sasso inutile lontano dal blu. Sono rimasto così, come un sasso anch’io. Avevo voglia di piangere su questo sasso di merda, ma ero troppo furioso per le lacrime. A pugni serràti, una lama nel petto, ho volto gli occhi al cielo-nero-spazio-lontano, ancora un po’ e sarebbe stata visibile casa mia, la casa di tutti. Ho visto il blu, mi sono aggrappato a quelle gocce di speranza, al sorriso di mio figlio, alla carezza ultima di mia moglie. Ho estratto un po’ di propellente da quel sasso di merda mentre compulsavo le mappe del sistema solare, controllavo i brevetti a mia disposizione e cercavo di inventarmi una nuova speranza, un altro sasso nel buio lontano dal blu. Mentre spremevo quel sasso di merda l’occhio mi cade su un altro asteroide, classe spettrale M, molto appetibile. Potrei trovarci metalli, ma è un po’ piccolo, rischio un altro buco nell’acqua. Mi viene sete, bevo. Mi siedo, tiro un sospirone e mi metto con l’antica passione a fare due calcoli: in un paio d’anni dovrei farcela, siamo nel periodo dei pericolosi brillamenti solari ma ho una discreta schermatura e sono abbastanza distante dal Sole. Qualche rischio, comunque, devo correrlo se non voglio restare troppo indietro alle altre compagnie spaziali. Cerco sul mercato un brevetto per un buggy robonauta, che aumenta sensibilmente le probabilità di trovare risorse. Non c’è, però ce n’è uno in mano alla concorrenza; contrattiamo, mi sveno, ma non posso permettermi di sbagliare ancora. Lascio il sasso di merda con un pezzo di cuore e d’orgoglio; la speranza, quella avanzata, la porto con me, accanto all’ultima foto di famiglia. Che belli che siamo, lì, sul blu.

3…2…1… DECOLLO! 

Rotta verso Hertha, nome della dea norrena della fertilità.  

E fu l’inizio di una splendida avventura che mi portò a costruire la mia prima fabbrica extraterrestre, poi vennero quelle su Ganimede e Callisto. Tornai a casa dopo 6 anni, per un abbraccio lunghissimo nel blu; per il suo diciottesimo compleanno portai mio figlio sul nostro Bernal ancorato nel punto orbitale di stabilità lagrangiano Terra-Sole L2 che mi aveva permesso di raggiungere facilmente e prosperare nella zona gioviana con industrie che producevano manufatti avanzatissimi grazie alla microgravità, tanto da potermi permettere di costruire una seconda stazione spaziale, una Standford, ancorata in orbita intorno a Callisto. 

Voci di Terra lontana (A.C. Clarke)

Qualche tempo fa un detrattore sosteneva che non si va nello spazio per costruire cose, che è una fesseria del gioco. Nel magico mondo dei giochi da tavolo puoi incontrare di tutto e proprio nel mio gruppo di HF4, la RASA (Rome Aeronautics and Space Administration), c’è un ingegnere aerospaziale che lavora all’Agenzia Spaziale Italiana e gli ho sottoposto la questione. La sua risposta è stata, ovviamente: assolutamente sì! Per esempio, la prossima colonizzazione lunare servirà ad arrivare su Marte, costruendo in loco, grazie alla minore gravità, oggetti grandi e pesanti che potranno da lì decollare molto più agevolmente verso il pianeta rosso. Il tutto utilizzando grandi stampanti 3d – concetto già presente ed utilizzato in HF4.

È chiaro che ti deve affascinare il tema, l’esplorazione spaziale. Beninteso, io non ci andrei mai nello spazio con le tecnologie attuali, preferisco andare per mare. Però è innegabile che sia l’ultima vera frontiera, oggi il simbolo più autentico del perenne slancio umano verso l’ignoto, la possibilità di incontrare ambienti ed esseri che nemmeno riusciamo ad immaginarci. Prima o poi, sarà anche una necessità dell’umanità. Proprio per il suo fascino il tema spazio è utilizzato in molti giochi. Qual è lo specifico di HF4? In primis, lo stiamo dicendo, il livello altissimo di simulazione: tutte le tecnologie presenti nei brevetti e nelle meccaniche di gioco sono già esistenti o futuribili e nell’appendice potete trovare i riferimenti bibliografici. L’attenzione alla simulazione è tale che nella fascia principale degli asteroidi c’è un bel sassone di classe M, Lutetia, che sulla mappa ha anche un percorso evidenziato perché promettente. Peccato che qualche anno fa la sonda Rosetta in un passaggio ravvicinato abbia scoperto che la sua idratazione – caratteristica centrale nelle attività di prospezione ed estrazione di propellente – fosse di molto inferiore a quella stimata. Niente panico, il nostro Phil ha laconicamente aggiunto una piccola tessera nel Modulo 3 da sovrapporre al tabellone – mentre il meraviglioso playmat in neoprene è già aggiornato. Lutetia è diventato così un sito meno ambìto, come ce ne sono altri che non vengono quasi mai visitati o comunque molto di meno. Datevi pace: il sistema solare non è bilanciato. Dove, forse, si poteva intervenire per bilanciare era sulle abilità di fazione, che non sembrano tutte essere egualmente allettanti ma, in fin dei conti, è solo una delle tante variabili da tenere presenti – e non così impattante – quando ti costruisci la tua epopea spaziale.  

Per il resto, avrete capito, c’è una tale profondità strategica che dire quanto pesi un elemento o tal altro diventa arduo mentre cerchi di trovare il tuo percorso nel sistema solare. Rappresentato in maniera magnifica tramite un lavoro che ha impegnato l’autore per lunghi anni: la mappa del sistema solare che vedete non è una mera rappresentazione spaziale, bensì è una mappa spazio-temporale, per meglio dire delle rotte e dei Dv (variazione impulsiva di velocità) necessari per muoversi sfruttando i campi gravitazionali dei corpi celesti, le fionde gravitazionali, i punti di oscillazione di Lagrange, i trasferimenti alla Hoffman. Ca-po-la-vo-ro! Se restate affascinati da questa immagine non esitate a prendere il gioco; se non vi dice nulla o, addirittura, la trovate inutilmente complicata lasciate perdere. Io ne sono rimasto così affascinato che volevo prenderne un’altra da appendere in casa – e mia moglie era anche d’accordo, a patto che lo affiggessi nel casotto e che io ci andassi a dormire… ma nel casotto sarei stato d’intralcio ai gatti che cacciano i topi, allora ho desistito.

Qui, molto velocemente, dobbiamo fare un volo radente sui concetti di complicatezza e complessità, perché hanno a che fare con il livello simulativo: complicato è come una strada piena di curve e complanari, ci metti tanto ma per andare da A a B la strada è più o meno quella. Come un gioco con un regolamento molto corposo – che può al contempo non essere complesso perché, magari, ha poche linee strategiche. Per complesso, invece, immaginiamo reti che collegano diversi punti o, per dire meglio, agenti. In questo caso le strade diventano molte e, soprattutto se gli agenti hanno diversi stati possibili, i percorsi diventano pluridimensionali e la profondità strategica esplode. Più è alto il livello di simulazione, maggiore sarà la complessità – perché la realtà è complessa. Ma non pensiate che per giocare ad HF4 serva fare calcoli difficili o sciogliere astratte formule matematiche: il colpo di genio è stato rendere tutta questa complessità facile, direi, quasi immediata. E tremendamente divertente. HF4 è un gioco complesso con un regolamento complicato, per niente oscuro anche grazie al continuo sforzo degli autori, che, per mezzo delle living rules, lo aggiornano costantemente sulla base dei feedback della comunità dei giocatori. Dal 2021, anno in cui sono cambiate un paio di importanti regolette, che sono incluse nelle ultime ristampe, si è trattato al momento solo di piccole correzioni e chiarificazioni. Considerando che l’antenato di High Frontier (la cui prima edizione è di 20 anni fa) veniva concepito in modo embrionale carta e matita quasi quarant’anni fa, pubblicato come Rocket Flight nel 1992, è ammirevole lo sforzo dell’autore che continua a studiare e modellare la sua creatura – quando ci sono giochi che hanno meno anni con errori segnalati e conosciuti che non correggono e magari ne aggiungono altri con le nuove ristampe. Quest’ultima edizione si chiama “4 all” nel senso che è la quarta ma soprattutto indica che è “per tutti”, scopo perseguito attraverso lo spacchettamento del gioco in moduli, bella furbata. Nel “core game” ci sono anche due modalità semplificate, una che permette di familiarizzare sostanzialmente con la mappa, l’altra con buona parte delle regole base; il modulo 1 aggiunge razzi più potenti e astronavi cargo, il modulo 2 stazioni orbitanti e coloni. Non chiamiamole espansioni perché sono proprio moduli che vanno aggiunti uno dopo l’altro per giungere al gioco completo. Noi della RASA ci siamo arrivati dopo 4-5 partite (il che vuol dire alcuni mesi, visto che riusciamo a fare circa una partita al mese). C’è poi il modulo 3 che introduce la guerra, il quarto in arrivo nel ’23 che presenta dei contratti ed ha la funzione di legarsi ad Interstellar (gioco stand alone sempre in uscita nel ‘23) che racconta la migrazione dell’umanità fuori dal sistema solare e, per il momento solo nella testa dell’autore, altri due moduli, uno prettamente economico e l’altro di eventi. Dopo Interstellar è stato annunciato Arrival che dovrebbe, a naso, avere a che fare con l’arrivo su altri mondi.

Politica, strategia, tattica (Carl von Clausewitz)

In un’intervista di Volpe Giocosa, Eklund ha affermato che “tutti i giochi sono in una certa misura simulazioni della realtà” […] “dopotutto, sia la realtà che i giochi sono governati da regole, come le leggi naturali. I giochi aiutano un ragazzo a dare un senso al mondo.” Come non essere d’accordo, a patto ovviamente di considerare anche le leggi naturali dei manufatti simulativi. E, soprattutto, di essere consapevoli che quando queste leggi riguardano la sfera psicosociale non c’è proprio nulla di naturale. Cioè, la loro logica, non dipende dal substrato fisico o biologico, essendo bensì frutto di un’autorganizzazione complessa. Su questo ho capito di non essere in sintonia con il nostro autore il quale, mi sembra, ritenga le leggi naturali sia fisiche che psicosociali degli oggetti reali, dipendenti queste ultime dal reale biologico. Quando usiamo il termine realtà, invece, dobbiamo essere consapevoli che stiamo usando una variabile che definisce il grado di approssimazione a come le cose sono per davvero – da qualche parte, là, lontano da noi, nel reale – cioè quale sia il grado stimato di bontà del modello. Le leggi della fisica sono modelli più attendibili e più facili da ottenere perché da dopo il Big Bang ad oggi il reale della fisica è stato il medesimo – e non è totalmente vero nemmeno questo; mentre la realtà psicosociale dell’Homo Sapiens nasce con il linguaggio, l’altro ieri, che istituisce un nuovo dominio: simbolico, mutevole, una nuova realtà. Da cui si genera l’oscura complessità del mondo umano, del mondo sociale. Seppure ci siano alcuni meccanismi che ci fanno assomigliare a tutti gli esseri umani vissuti altrove o in altre epoche (o addirittura ad altri animali), queste somiglianze spesso sono solo superficiali. Le leggi psicosociali cambiano nel tempo e nello spazio ed anche quando osserviamo delle invarianti, magari come le funzioni fisiologiche o l’accudimento della prole, il modo (il senso) in cui invece noi le facciamo ed esperiamo può essere radicalmente diverso, secondo le “leggi in vigore” che è quell’oggetto che chiamiamo cultura. Che informa la vita, sia privata che pubblica, in un sistema ricorsivo nel quale la politica è lo strumento che a sua volta tenta di orientare o cambiare la cultura. La politica è un motore ed il filtro che permette di esprimere, motivare, sostenere alcune linee dell’attività umana – come anche di ostacolarle o frustrarle – ed è quel livello dove si osserva il difficile rapporto fra i diversi gruppi umani.

Gli USA sono andati sulla Luna per fare prima dei sovietici, all’interno del complesso scenario politico di guerra fredda del secolo scorso. Adesso, ci andremo di nuovo per fare prima dei cinesi ad arrivare su Marte. Avere il primato nello spazio, con le sue risorse praticamente illimitate, vorrà dire avere un predominio economico, militare, politico: su un singolo asteroide ci sono minerali facilmente estraibili – ed utilizzabili grazie alla microgravità – in quantità anche decine di volte maggiore che su tutto il pianeta Terra. Se vuoi giocare alla corsa spaziale, aggiungere un modulo politica permette un’ulteriore accuratezza simulativa (modulo 0 compreso nel "core game"). Questo atteggiamento di schietta simulazione è valso ad Eklund qualche attacco, una paccottiglia di giudizi ed atteggiamenti che sono di solito espressione di ignoranza o, peggio, di un malcelato desiderio di autoritarismo, cioè di eliminare la complessità della realtà per imporre una propria visione riduttiva e, falsamente, pacificante. Quando Eklund nei suoi giochi affronta tematiche storico-politiche si avvale di trattàti, articoli scientifici, comunicazioni che puntualmente cita, che quasi sempre rappresentano il pensiero più consolidato della comunità scientifica di riferimento per quel tema. Può non piacere che il mondo sia fatto così come lo descrive, ma, di solito, ne fornisce, in termini ludici, la migliore rappresentazione. Qualche giorno fa un ragazzo che si avvicinava alla serie BIOS mi ha chiesto, un po’ risentito o forse solo dubbioso, se io non provassi fastidio per la visione del mondo dell’autore.

Gli ho risposto che mi danno fastidio molte cose del mondo in cui viviamo (che, però, è migliore, almeno dalle nostre parti, tutto sommato, di ogni mondo del passato) e che l’autore si limita a fotografarlo: per esempio, in HF4 l’agenzia spaziale cinese ha come abilità di fazione la possibilità di commettere crimini, come assassinare un suo proprio colono per un tornaconto tattico-strategico. Qualche mese fa ho parlato lungamente con Eklund nell’occasione del mio studio di Bios Origins, gioco che riguarda la coscienza umana e la sua evoluzione nella cultura. C’era un elemento del gioco, l’arte, che non riuscivo a collocare: (senza entrare nel dettaglio, magari vi ammorberò nello specifico dopo che ci avrò giocato) non capivo in che modo lui la mettesse in opposizione alla religione. Siamo arrivati al burrone che separa le nostre visioni quando ho affermato che il libero mercato non solo non è una legge universale ed eterna (come nessun complesso fenomeno psicosociale può essere) ma, per giunta, non può funzionare da solo, quindi non è assolutamente libero, in quanto richiede una qualche entità regolatrice, la Mano (entità immaginaria che gli economisti hanno inventato per rendere coerente il modello) o (più realisticamente) lo Stato. Poi nel gioco l’arte funziona più o meno come dovrebbe anche secondo il mio punto di vista e, per il resto, ha sottolineato alcuni fattori nello sviluppo della coscienza che solo gli addetti ai lavori più competenti conoscono.

Mi ha divertito ed innervosito molto l’accusa di “suprematismo” perché nei suoi giochi molte vicende dolorose hanno come causa fattori economici. Innervosito perché è la solita ignorante e violenta paccottiglia complottista/inclusivista/politically-correct; divertito, e molto, perché in realtà quella di Eklund è una visione materialista (per la precisione marxista) che è ovviamente agli antipodi del suprematismo – e mi divertirebbe ancóra di più vedere la sua faccia a qualcuno che gli dà del marxista. (Per inclusivismo intendo la violenza cieca di chi vuole appiattire le differenze. Non ci credete che l’inclusivismo/politically correct è violento? Guardate come la serie Gli Anelli del Potere ha violentato Tolkien e la nostra intelligenza). 

Ma come si interagisce negli spazi siderali? Nell’asta dei brevetti (market), nella corsa ad accaparrarsi i siti più appetibili (prospect) o ad arrivare prima nelle diverse zone eliocentriche (glory chit), nel rubare la preindustrializzazione agli altri (claim jump) o nello sfruttare industrie non proprie (factory hijack), nel negoziare la cessione di beni e servizi (negotiation), nel cooperare per il raggiungimento di obiettivi avanzati che danno molti punti vittoria (future), nell’accaparrarsi i migliori coloni, umani o robot che siano (exomigration), infine, naturalmente, nell’assemblea politica (delegate, fundrise, lobby, vote). C’è anche la guerra, il modulo 3, che però non ho ancora giocato: so solo che non è una guerra alla Risiko, si tratta dell’indipendenza di chi ha colonizzato mondi lontani – quasi mai conviene iniziarla ed è meglio finirla il prima possibile. Chi ci ha giocato lo utilizza stabilmente perché aggiunge complessità, profondità ed anche tensione e divertimento. Inoltre c’è una sorta di interazione indiretta: segretamente, godi anche nel vedere gli altri che raggiungono i loro epici obiettivi, anche se questo rappresenta un avanzamento dell’avversario. Rosichi ma godi. Nella mia esperienza HF4 inizia come un multisolitario: per qualche partita sei più che altro concentrato su te stesso, cercando di capire come funziona, cosa fare, dove andare, di non perderti nello spazio. E comunque, come solitario, funziona molto bene: nella succulenta appendice sono previste alcune modalità dedicate solo a questo. Ad un certo punto ti rendi conto che sfruttando le varie occasioni di interazione c’è un’altra esplosione di possibilità tattico-strategiche. La scalabilità è ottima: se come solitario funziona molto bene, all’aumentare dei giocatori (fino a 6 con l’espansione) il gioco diventa più stretto, ma si aggiungono possibilità ed occasioni sia di scontro che di cooperazione che pongono i giocatori di fronte a nuove scelte.

Per quanto riguarda l’àlea è evidente che un gioco altamente simulativo debba contenerne, ma in HF4, come nel resto della vita, ci sono molti modi di gestire o mitigare il caso.

Avevano fame di esplorare l'Universo e scoprire le sue verità... Loro, i membri dell'equipaggio del Challenger, erano pionieri... Il futuro non appartiene ai deboli di cuore. Appartiene ai coraggiosi. L'equipaggio Challenger ci stava trascinando nel futuro e continueremo a seguirli (Ronald Reagan)

Se mi avete seguìto fin qui, non faticherete a trarre la logica conclusione che la vita è un gioco ed a volte il gioco può veicolare elementi di verità in modo anche più accurato di quanto non faccia una qualsiasi altra attività ritenuta più seria, necessaria, “reale”. Ciò che conta tra lavoro, gioco e quant’altro è il grado di simulazione e la conseguente responsabilità. Bisogna essere preparatissimi e totalmente concentráti durante un trapianto di cuore mentre si può attaccare l’Ucraina in una partita a Risiko con tutta la leggerezza di cuore, tirando dadi a caso – anche se un altro giocatore che si è a fatica ritagliato quello spazio di gioco potrebbe rimanerci male perché stai rovinando la partita con una mossa senza senso; viceversa si può giocare all’Allegro Chirurgo e sbagliare volontariamente anche solo per vedere l’effetto che fa, mentre nessuno sano di mente, oggi, si sognerebbe di attaccare un paese libero nel cuore dell’Europa, consapevole delle tremende conseguenze di un’azione del genere. 

Vivere giocando, dunque, perché un approccio giocoso alla vita ci fa abitare il Gan Eden. D’altronde come Paracelso risponde al suo mancato giovane discepolo: “E in quale altro luogo siamo? Credi che la divinità possa creare un luogo che non sia il Paradiso? Credi che la caduta sia altro dall’ignorare che siamo nel Paradiso?”

Spazio, ultima frontiera. La RASA è lieta di darvi il benvenuto nel futuro. Dai nostri Bernal potete osservare il Pianeta Terra. Che ti si accartoccia il cuore per quanto è bello. Siate pronti a partire per l’infinito-nero-spazio-universomondo-lontano. Per poi tornare. O forse no. Perché a volte ce ne andiamo per non tornare. Perché siamo irrequieti, siamo una specie sempre in bilico sul prossimo passo ed anche se siamo nel luogo più bello conosciuto ci manca qualcosa. Manca sempre qualcosa ed allora giochiamo. Giochi più o meno seri, faticosi o leggeri, divertenti, appassionanti. L’importante è giocare, perché la vita è un breve gioco dove vincere è bello ma l’esperienza vale comunque tutto il tempo a disposizione. Come in HF4.

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Commenti

Bellissima recensione dalla quale si apprezza la passione e la soddisfazione per questo gioco. Io l'ho preso ma non ho ancora avuto il coraggio di cimentarmi...ora magari ho uno stimolo in più, grazie.

fangorn scrive:

Bellissima recensione dalla quale si apprezza la passione e la soddisfazione per questo gioco. Io l'ho preso ma non ho ancora avuto il coraggio di cimentarmi...ora magari ho uno stimolo in più, grazie.

 Il futuro non appartiene ai deboli di cuore. Appartiene ai coraggiosi! :-D

spaventa e ci vuole un po' ma poi ti ripaga con gli interessi di tutto lo sforzo

 

mamma mia, ce rece

bella recensione.

Ma il gioco contiene già tutti i moduli di cui parli o vanno acquistati separatamente?

Zadrow scrive:

bella recensione.

Ma il gioco contiene già tutti i moduli di cui parli o vanno acquistati separatamente?

Il gioco base è giocabilissimo, contiene solo il modulo politica, Modulo 0. Poi tutti gli altri moduli vanno acquistati separatamente, hanno un costo dai 14€ ai 20€ circa. DIrei che il gioco completo è con i moduli 1 e 2, gli altri possiamo considerarli espansioni

Riduttivo definire questa una recensione. C'è tanto, tanto di più.

condivido molto dello scritto, ma non tutto.

per quanto possa sembrare strano, un pensiero materialista - che quindi si, affonda le sue radici nel marxismo -  può essere anche suprematista. lungi da me aderire alle fesserie che vanno di moda in rete ma non credo che questo sia il giusto argomento da contrapporre.

glitcher scrive:

condivido molto dello scritto, ma non tutto.

per quanto possa sembrare strano, un pensiero materialista - che quindi si, affonda le sue radici nel marxismo -  può essere anche suprematista. lungi da me aderire alle fesserie che vanno di moda in rete ma non credo che questo sia il giusto argomento da contrapporre.

chiaramente sono andato in modo grossolano su molte cose, anche su questa. Poi però devo dire che proprio perché siamo nell'ambito delle idee è tutto possibile: essere un socialista di destra, un suprematista di sinistra e così via. Non c'è un ordine naturale sottostante, quindi è tutto possibile

Spettacolare!

Dopo lo stupendo articolo sulla fortuna, questa recensione, che definire tale è a dir poco riduttivo..

Spero ci allieterai in futuro con altri pezzi. Complimenti 👏

Vado controcorrente. La recensione è scritta bene, molto bene. Il gioco è bellissimo. Ma francamente mi pare davvero poco utile come RECENSIONE di un gioco simile. Mi pare un bell'articolo, non una recensione che dia qualche lume a chi vuole capire se il gioco fa per lui...

pennuto77 scrive:

Vado controcorrente. La recensione è scritta bene, molto bene. Il gioco è bellissimo. Ma francamente mi pare davvero poco utile come RECENSIONE di un gioco simile. Mi pare un bell'articolo, non una recensione che dia qualche lume a chi vuole capire se il gioco fa per lui...

non hai torto, io ho scritto un articolo, la Redazione ha pensato di pubblicarla come recensione sui generis. Però, c'è un però. Fermo restando che sono d'accordo che non sia una recensione nel senso che intendiamo, per ciò che questo gioco è, credo sia più utile leggere queste mie righe per capire se possa piacere. Perché le meccaniche, come scrivo ad un certo punto, sono meccaniche, nemmeno originali. Se uno togliesse l'ambientazione resterebbe probabilmente un faticoso complesso gioco con un regolamento complicato con cui nessuno (già ora siamo pochi) vorrebbe cimentarsi. Se invece l'ambientazione ti affascina e ti piace fare quello che descrivo allora ti piacerà sicuramente giocarci. Intanto benvenuto nella RASA 😁

meradoc scrive:

Dopo lo stupendo articolo sulla fortuna, questa recensione, che definire tale è a dir poco riduttivo..

Spero ci allieterai in futuro con altri pezzi. Complimenti 👏

grazie troppo buono 🙏

Grazie per il tempo che hai speso a descrivere le sensazioni che ti suscita HF4All. Io e mio figlio lo stiamo studiando in questi giorni (lui vorrebbe seguire questa strada anche nella vita).

P.S. come ci si iscrive alla RASA? 🙂

romendil scrive:

Grazie per il tempo che hai speso a descrivere le sensazioni che ti suscita HF4All. Io e mio figlio lo stiamo studiando in questi giorni (lui vorrebbe seguire questa strada anche nella vita).

P.S. come ci si iscrive alla RASA? 🙂

splendido! Il mio ha quattro anni e mezzo e quindi giochiamo a far volare i razzi da una parte all'altra, dovrò aspettare un po'... iscriviti al gruppo Facebook High Frontier 4 all ITA e chiedi, saremo molto felici di accogliervi.

Splendido articolo, splendide citazioni e gioco da 10 e lode

non è la prima volta che leggendo e sentendo parlare di eklund si parla di tutto fuorchè di meccaniche. mi viene il dubbio che dunque meccanicamente i  suoi giochi non siano niente di che, e si risolvano alla fin fine in una questione più "esperienziale", uno zombicide da 9 ore (anche se di zombicide trovo notevole più di una meccanica).

ovviamente la mia è una provocazione, fatta nella speranza che qualcuno abbia voglia di prendersi la briga di spiegare bene perchè non è cosi: ma parlando di meccaniche e di come abbiano luogo nell'esecuzione del gameplay, e non delle sensazioni che l'astronauta prova nel lasciare la moglie e il figlioletto, cosa che magari qualcuno pure non vedrebbe l'ora di fare :D

mi auguro che questo commento non venga letto come un attacco personale perchè non lo è: l'articolo è scritto benissimo, e sarebbe gradito che una tale prosa andasse a coprire anche l'oggetto principale del gioco, cioè il suo funzionamento.

nel mentre, per non sbagliare, nel carrello ho messo black plague

niconiglio scrive:

non è la prima volta che leggendo e sentendo parlare di eklund si parla di tutto fuorchè di meccaniche. mi viene il dubbio che dunque meccanicamente i  suoi giochi non siano niente di che, e si risolvano alla fin fine in una questione più "esperienziale", uno zombicide da 9 ore (anche se di zombicide trovo notevole più di una meccanica).

ovviamente la mia è una provocazione, fatta nella speranza che qualcuno abbia voglia di prendersi la briga di spiegare bene perchè non è cosi: ma parlando di meccaniche e di come abbiano luogo nell'esecuzione del gameplay, e non delle sensazioni che l'astronauta prova nel lasciare la moglie e il figlioletto, cosa che magari qualcuno pure non vedrebbe l'ora di fare :D

mi auguro che questo commento non venga letto come un attacco personale perchè non lo è: l'articolo è scritto benissimo, e sarebbe gradito che una tale prosa andasse a coprire anche l'oggetto principale del gioco, cioè il suo funzionamento.

nel mentre, per non sbagliare, nel carrello ho messo black plague

Innanzitutto ti ringrazio per l'apprezzamento. Per quanto alle tue provocazioni ed argomentazioni direi che semplicemente ci troviamo di fronte a modi diversi di stare al mondo: per te l'oggetto principale di un gioco è il suo funzionamento, per me è l'esperienza che permette. (Puoi saltare il resto della mia risposta ed andare direttamente alla recensione che ti spiega il funzionamento già presente qui in Tana). Tutto il mio articolo cerca di dimostrare il valore aggiunto del gioco come esperienza globale, per fare ciò deve coinvolgere necessariamente più dimensioni – in primis la fantasia. Mi piacciono molto i giochi di Eklund perchè lo permettono. Prendi Bios Genesis: poca agency, tiri una marea dadi (o pochissimi se ti va male), aumenti le abilità (se le statistiche te lo concedono), arrivano eventi che ti mutilano quel poco che hai fatto. È comprensibile che a molti non piaccia; se invece entri (se ti va, se è una cosa che ti aggiunge valore) nella simulazione si genera un'esperienza per me molto divertente ed appassionante dove le meccaniche sono solo da supporto (anche se coerenti, molto coerenti). Detto questo, niente in contrario al tuo modo, agli altri modi, se uno gode nel suo modo sono contento per lui. Tant’è che per molte altre persone il gioco non è né meccaniche, né ambientazione ma solo distrarsi dal resto, oppure rilassarsi senza pensare a niente. Certo si perdono un bel pezzo di mondo (dal mio punto di vista), ma ciascuno fa quel che può, sperando che dia senso alla sua vita. Mentre per chi non vede l'ora di allontanarsi da partner e figlioletto, direi che è un modo triste di stare al mondo ma oltre a dispiacermi direi che ci sono modi meno complessi che andare in missione nello spazio: c'è il "vado a comprare le sigarette", il divorzio, la psicoterapia :-D

Se sei ancora interessato al funzionamento c'è già una recensione di quel tipo, quindi probabilmente la valutazione è stata che si poteva aggiungere qualcos'altro con il mio articolo. La recensione come piace a te la trovi qui: https://www.goblins.net/recensioni/high-frontier-capolavoro-spaziale. In più, grazie alla politica dell'autore, trovi il regolamento sempre online ed aggiornato che puoi agevolmente studiare a questo indirizzo: https://docs.google.com/spreadsheets/d/1dt1g3XGxMcQPIij1uLAc-x9-TiZXiwHTX8-jYK-3hEg/edit#gid=0
Infine, è probabile tu non abbia sbagliato a prendere black plague. Non mi piace l'ambientazione quindi non ci gioco, ma molti miei cari amici ci si divertono un sacco.

I miei più sinceri complimenti per lo splendido articolo, anche a me piacciono i giochi di Eklund proprio per l'esperienza che vivi giocandoli.

In quanto alle meccaniche, spesso sono, a mio avviso, il modo che e stato reputato il migliore per poter trasportare nel gioco quello che è successo o quando succederà nel gioco.

Prendendo come esempio greenland, lanci parecchi dadi e i risultati alti il più delle volte sono letali, ma l'esperienza che si vive, fa comprendere quanto era dura la vita in quel periodo, la facilità con cui si poteva morire, e il fatto che le persone non vivessero molto a lungo.

Cmq bel articolo, e spero di poter leggere un articolo simile su Bios origins altro gioco che mi piace davvero tanto.

ok, forse questa non è una recensione "standard", non segue alla lettera i canoni dettati dalla "guida del recensore provetto"... 
personalmente però ci trovo molto di più... non spiega in dettaglio come si gioca magari (che però non è mai il fulcro di una recensione, ma un elemento accessorio), ma elenca le meccaniche principali, parla dei materiali, di come scala il gioco, della possibile interazione e della profondità del titolo... e amplifica il tutto diventando in certi frangenti un report ed in altri un approfondimento. 
Io non posso che complimentarmi con l'autore, che mi ha trasmesso tutto il suo entusiasmo e mi ha fatto tornare la voglia di cimentarmi nella scoperta di questo gioco.

Il fatto è che i format di recensione canonici sono inadeguati per comunicare giochi come quelli di Eklund, che sono innanzitutto esperienziali.
Conoscete altri giochi in cui la lettura e comprensione del regolamento stesso è, a tutti gli effetti, un viaggio come il gioco stesso?

inoltre, molto più che tutti gli altri giochi, l'apprendimento si fa "giocando le regole", e non semplicemente leggendole, perché attraverso la lettura astratta ti assicuro che non capisci il senso di quello che capita, giocandoci invece (e sperimentando gli incastri pratici delle meccaniche, sovente difficile da descrivere) si. 
Aggiungo, mio parere personalissimo, che questi giochi di Eklund sono la vera evoluzione dei vecchi american (molto più che i più celebri Nemesis e Rebellion); o almeno la mia preferita.
 

Di recensioni che spiegano le meccaniche ce ne sono già altre due...almeno una, va, visto che l'ho scritta io qualche mese fa.

 

Ad ogni modo quoto totalmente ogni parola e il voto. In tutta la mia collezione ci sono 4 giochi ai quali do' un bel 10 tondo, e HF4All è uno dei quattro.

 

Ebbene sì.

Lapidatemi.

Sono io il responsabile.

Non prendetevela con Gaeuril.

Io sono il "redattore" che si è preso la licenza di trasformare il semplice "articolo" ricevuto in "recensione". Ovviamente ne ho parlato prima con Gaeuril al quale ho prospettato la possibilità di renderla recensione perché a mio giudizio la vedevo meglio così.

Siamo d'accordo: non è una "classica recensione" da manuale del bravo recensore provetto dove ci devono essere i vari capitoletti con le meccaniche, il materiale, l'interazione, come gira eccetera eccetera eccetera. Ma però secondo me questo articolo non deve essere visto limitandosi al fatto che sia una "recensione", ma deve essere goduto per tutto quello che c'è intorno e soprattutto dentro. Come giustamene dice Thegoodson o Kopalecor ed anche Demo di recensioni "dure e pure" del gioco ce ne sono ma questa meritava la possibilità di fornire il voto di eccellenza che questo gioco merita.

E come il gioco è qualcosa di diverso dal normale (come peraltro il suo Autore) ritengo che pure questa "recensione" dovesse esserlo.

Quindi se qualcuno deve essere vituperato, quello sono io.

Ritorno nel sottobosco.

va boh tranqui, c'è stato uno scambio di idee, non ne farei una questione di stato, non credo che qualcuno volesse rimproverare o attaccare qualcun altro. 

la sezione commenti credo serva per scambiarsi opinioni o chiedere chiarimenti o approfondimenti.. se non è cosi toglietela e si fa prima

 

 

 

kopalecor scrive:

ok, forse questa non è una recensione "standard", non segue alla lettera i canoni dettati dalla "guida del recensore provetto"... 

personalmente però ci trovo molto di più... non spiega in dettaglio come si gioca magari (che però non è mai il fulcro di una recensione, ma un elemento accessorio), ma elenca le meccaniche principali, parla dei materiali, di come scala il gioco, della possibile interazione e della profondità del titolo... e amplifica il tutto diventando in certi frangenti un report ed in altri un approfondimento. 

Io non posso che complimentarmi con l'autore, che mi ha trasmesso tutto il suo entusiasmo e mi ha fatto tornare la voglia di cimentarmi nella scoperta di questo gioco.

grazie, mi fa piacere possa servire ad avvicinare qualcuno al gioco, non nascondo era uno dei miei principali intenti

Thegoodson scrive:

Il fatto è che i format di recensione canonici sono inadeguati per comunicare giochi come quelli di Eklund, che sono innanzitutto esperienziali.

Conoscete altri giochi in cui la lettura e comprensione del regolamento stesso è, a tutti gli effetti, un viaggio come il gioco stesso?

inoltre, molto più che tutti gli altri giochi, l'apprendimento si fa "giocando le regole", e non semplicemente leggendole, perché attraverso la lettura astratta ti assicuro che non capisci il senso di quello che capita, giocandoci invece (e sperimentando gli incastri pratici delle meccaniche, sovente difficile da descrivere) si. 

Aggiungo, mio parere personalissimo, che questi giochi di Eklund sono la vera evoluzione dei vecchi american (molto più che i più celebri Nemesis e Rebellion); o almeno la mia preferita.

 

concordo in toto

Demo scrive:

Di recensioni che spiegano le meccaniche ce ne sono già altre due...almeno una, va, visto che l'ho scritta io qualche mese fa.

 

Ad ogni modo quoto totalmente ogni parola e il voto. In tutta la mia collezione ci sono 4 giochi ai quali do' un bel 10 tondo, e HF4All è uno dei quattro.

 

ottima la tua recensione che avevo letto appena uscita con molto piacere

Toscano scrive:

Ebbene sì.

Lapidatemi.

Sono io il responsabile.

Non prendetevela con Gaeuril.

Io sono il "redattore" che si è preso la licenza di trasformare il semplice "articolo" ricevuto in "recensione". Ovviamente ne ho parlato prima con Gaeuril al quale ho prospettato la possibilità di renderla recensione perché a mio giudizio la vedevo meglio così.

Siamo d'accordo: non è una "classica recensione" da manuale del bravo recensore provetto dove ci devono essere i vari capitoletti con le meccaniche, il materiale, l'interazione, come gira eccetera eccetera eccetera. Ma però secondo me questo articolo non deve essere visto limitandosi al fatto che sia una "recensione", ma deve essere goduto per tutto quello che c'è intorno e soprattutto dentro. Come giustamene dice Thegoodson o Kopalecor ed anche Demo di recensioni "dure e pure" del gioco ce ne sono ma questa meritava la possibilità di fornire il voto di eccellenza che questo gioco merita.

E come il gioco è qualcosa di diverso dal normale (come peraltro il suo Autore) ritengo che pure questa "recensione" dovesse esserlo.

Quindi se qualcuno deve essere vituperato, quello sono io.

Ritorno nel sottobosco.

:-D ma no figurati, a conti fatti la tua scelta editoriale è stata apprezzata dalla stragrande maggioranza. Ti avviso che sto giocando molto a Bios Genesis in questi giorni.............

Ieri mi ha scritto Eklund, mi ha ringraziato, mi ha scritto in italiano...

crom84 scrive:

I miei più sinceri complimenti per lo splendido articolo, anche a me piacciono i giochi di Eklund proprio per l'esperienza che vivi giocandoli.

In quanto alle meccaniche, spesso sono, a mio avviso, il modo che e stato reputato il migliore per poter trasportare nel gioco quello che è successo o quando succederà nel gioco.

Prendendo come esempio greenland, lanci parecchi dadi e i risultati alti il più delle volte sono letali, ma l'esperienza che si vive, fa comprendere quanto era dura la vita in quel periodo, la facilità con cui si poteva morire, e il fatto che le persone non vivessero molto a lungo.

Cmq bel articolo, e spero di poter leggere un articolo simile su Bios origins altro gioco che mi piace davvero tanto.

concordo. Sto giocando a Genesis in questi giorni e sto studiando Megafauna. Mentre non ho ancora mai messo mano a Greenland né a Neanderthal, ma voglio prima finire la trilogia - quando dico finire intendo non solo conoscerli bene dal punto di vista regolistico ma soprattutto farci abbastanza partite da comprenderli pienamente e "padroneggiarli", per poi fare una folle campagna BIOS-->>HF4, giusto in tempo per l'arrivo di interstellar :-)

Per Gaeruil: Sono pronto!

Grandissimo! Tanto lo sapevi che mi avevi già convinto, ma è stato bellissimo leggere questa "recensione". Io sono un pò atipico (o forse sono solo superficiale, chissà). Apprezzo le meccaniche del gioco, per cui i miei voti alti vanno ad un TGZ, o un Terra Mystica, ma anche l'esperienza che ne deriva motivo per cui il mio personale top rimane MageKnight e TTA. MA mi trovo d'accordo con te su Eklund: ho giocato Genesis ... e cazzo quanti dadi... ma vuoi mettere che ho visto nascere la vita! Da non crederci... Ora sono troppo impegnato in altrattanti mesi di studio per guidare la 5ta divisione dei Marine in FoF2, ma appena torno dalla guerra, mi preparo a lasciare questo mondo per l’infinito-nero-spazio-universo-mondo-lontano. Poi ti chiederò aiuto per lo "spiegone" :-)

Korsus scrive:

Grandissimo! Tanto lo sapevi che mi avevi già convinto, ma è stato bellissimo leggere questa "recensione". Io sono un pò atipico (o forse sono solo superficiale, chissà). Apprezzo le meccaniche del gioco, per cui i miei voti alti vanno ad un TGZ, o un Terra Mystica, ma anche l'esperienza che ne deriva motivo per cui il mio personale top rimane MageKnight e TTA. MA mi trovo d'accordo con te su Eklund: ho giocato Genesis ... e cazzo quanti dadi... ma vuoi mettere che ho visto nascere la vita! Da non crederci... Ora sono troppo impegnato in altrattanti mesi di studio per guidare la 5ta divisione dei Marine in FoF2, ma appena torno dalla guerra, mi preparo a lasciare questo mondo per l’infinito-nero-spazio-universo-mondo-lontano. Poi ti chiederò aiuto per lo "spiegone" :-)

ti aspetto!

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